martedì 30 giugno 2015

Compte à rebours

- Questo è un sogno?
- Il più bello dei sogni, amore mio.
- Si, ma perché qui? Perché ora?
- Perché qui? Perché ora? Quale posto migliore di Parigi per sognare?
da Ratatouille (2007), regia e sceneggiatura di Brad Bird
     
-30 giorni (fonte: youthlabprato.wordpress.com)

Trenta giorni. Solo più trenta giorni.
Poi sarà Parigi, la Ville Lumière, la città più bella del mondo...

lunedì 29 giugno 2015

E adesso?

Ciao a tutti!
Alla fine l'hanno proprio chiusa. Tornando da Bad Mergentheim, nel cielo finalmente azzurro dopo molti giorni di maltempo, non spiccavano come al solito quei punti di riferimento che da molti mesi, fin dal mio primo giorno a Schweinfurt, sono state le torri di raffreddamento della centrale nucleare di Grafenrheinfeld. Le torri e il vapore acqueo che da esse ne usciva costantemente, senza soluzione di continuità, erano quasi una bussola. Una garanzia.

La centrale nucleare di Grafenrheinfeld vista dal Baggersee

Due giorni fa, sabato 27 giugno, è giunto il momento è stato dunque il giorno dell'Abschaltung, l'ora di spegnere il reattore nucleare. La storia di questa centrale, lunga trentatré anni, è giunta dunque alla fine. La linea verde del governo Merkel sta vincendo e a poco a poco cala il sipario sulle centrali nucleari tedesche. Pro e/o contro? Tendenzialmente non sono a favore del nucleare, soprattutto quando si parla di costruire nuove centrali. Ma questo - come tante altre centrali tedesche - era un impianto avviato da molti anni e con quasi nulle percentuali di rischio. Non ho mai incontrato colleghi, per esempio, preoccupati di vivere a breve distanza da questa struttura (che, tra l'altro, forniva energia ad una vastissima zona, nonché a tutta l'area industriale di Schweinfurt). Personalmente, chiuderla non mi sembra la scelta migliore, ma queste sono decisioni che hanno un impatto solo nel lungo termine, dunque gli effetti non sono facili da prevedere.

Un angolo alla rovescia (© Julia Zimmermann)

Ma non è il timore di un incidente o il timore di un blackout elettrico che mi fanno rispettivamente gioire o rattristare per l'annuncio della chiusura. È che dopo quasi due anni... a quelle torri ci ero affezionato. Non le distruggeranno per molti anni, o forse non lo faranno mai, ma quelle due colonne di fumo erano un segnale... Mi mancheranno, perché quando si stava per arrivare a Schweinfurt, sia da sud ma soprattutto da nord, era il momento di dire "siamo quasi arrivati". Mi mancheranno, perché la loro immagine sulle acque del Baggersee al tramonto è una delle cose più belle che abbia avuto modo di vedere in questi ultimi due anni. Mi mancheranno, perché hanno accompagnato i miei primi allenamenti nelle campagne franconi, perché hanno accompagnato Giulia nel suo primo giro in bicicletta in questo territorio. Mi mancheranno, perché, molto più semplicemente, sono un pezzo che viene spento, come con un bottone, degli ultimi due anni della tua vita.
Sigh!
Stefano

domenica 28 giugno 2015

Weimar

Ciao a tutti!
Weimar è, per motivi storici e culturali, una tappa che ogni tedesco, ogni amante della Germania, ogni turista in visita in questa nazione, deve mettere in conto di affrontare. Sostanzialmente i motivi sono tre: Weimar è universalmente nota per essere la città di Goethe e Schiller (senza dimenticare che qui vissero personaggi come Bach, Nietzsche, Liszt, Wagner e Klee), la città dove venne fondata ufficialmente la Bauhaus, la città dove nacque – al termine della Prima Guerra Mondiale – la costituzione che diede vita alla famosa “Repubblica di Weimar”, un'esperienza storica che ebbe una fine tragica, con l'avvento del nazismo.

Weimar, terra di scrittori e dramamturghi

Weimar è una città da visitare, punto. Per i motivi che ho citato sopra, ovviamente, ma anche perché Weimar è una città vivibilissima, assolutamente a misura d'uomo: un piccolo centro storico, molto vivace ma mai caotico, piazze ampie, il tutto circondato da molta natura. Insomma, un modello della miglior città tedesca, che non esagera nelle dimensioni e lascia all'uomo gli spazi giusti.

Rathaus

Tutto in sviluppa principalmente lungo tre piazze: Platz der Demokratie, Markt e Theaterplatz.
La prima, Platz der Demokratie, può voler indicare un riferimento alla democrazia, che in Germania è nata a Weimar, ma in realtà questa piazza si affaccia su alcuni degli edifici più eleganti della città, come il castello (qui chiamato Schloss, ma sarebbe meglio parlare di Residenz, date le sue forme raffinate e poco austere), il Rotes Schloss e la Fürstenhaus.

Herderplatz

A pochi passi da Platz der Demokratie si arriva alla Markt, vero gioiello di Weimar. La piazza è dominata con vigore dal Rathaus, ma ogni lato della Markt, si distingue a suo modo: il lato nord è quello della fontana del Nettuno (ottima per rinfrescarsi in una calda giornata come quella incontrata da noi a Weimar); il lato est è quello della Cranach-Haus, l'abitazione presso la quale il pittore Lucas Cranach il Vecchio trascorse gli ultimi anni di vita; il lato sud è quello dell'Hotel Elephant, che ai più (me compreso, fino alla mia visita a Weimar) non dirà molto ma qui è stato ambientato un romanzo di Thomas Mann, Carlotta a Weimar.

Lo Schloss di Weimar. Più una Residenz

Tramite la Schillerstraße si arriva in uno dei luoghi più simbolici di tutta la Germania, la Theaterplatz. È la piazza in cui campeggia la famosa statua che la patria ha dedicato a Goethe e Schiller. Dietro, il Teatro Nazionale, che però non ha nulla a che vedere con i due noti drammaturghi. Qui, nel 1919, la Nationalversammlung proclamava la Repubblica di Weimar, un momento storico di importanza fondamentale per la Germania, in quanto, nonostante la sua fine coincise con l'inizio del Terzo Reich, questo fu il primo esperimento di democrazia liberale sul suolo tedesco.

La Fontana del Nettuno al centro della Markt

Sempre sulla Theaterplatz si trova il Bauhausmuseum, una vasta raccolta di oggetti ed opere degli artisti che hanno lavorato al Bauhaus (che a Weimar è stato fondato). La sede, un palazzo neoclassico dal lato opposto rispetto al Teatro è però temporanea. Nell'autunno 2015 dovrebbe iniziare la costruzione di una nuova futuristica sede, per la quale è stato indetto un concorso internazionale al quale hanno aderito più di duemila architetti. Non vediamo l'ora che sia conclusa: è il nostro “buon motivo” per tornare a Weimar…
Bis bald!
Stefano

sabato 27 giugno 2015

L'attesa che svanisce in un battito

"Al romeo pieno di fede, a cui dopo lungo pellegrinaggio, apparve d'un tratto imponente dinanzi agli occhi la cupola di San Pietro non palpitò più forte il cuore che a me in quel momento in cui vidi drizzarsi immenso, vaporoso, fra due quinte verdi della valle, il Cervino! Rimasi affascinato: era più alto e più grande che non avessi mai immaginato. Provai contemporaneamente un profondo scoramento ed un'immensa brama di giungere io pure a toccare quella vetta, in un giorno lontano, quando ne fossi degno. E, ancor oggi, quando lo rivedo mi riprende questo senso d'inquietudine e di desiderio, un senso che forse provano soli quelli che hanno l'animo stregato da questa benedetta passione di salire."
Guido Rey, Il Monte Cervino

La cartolina italiana più classica del Cervino

venerdì 26 giugno 2015

Si corre fino alla fine

Ciao a tutti!
Ebbene si, questo post arriva esattamente due mesi dopo la maratona di Amburgo. Sembra passata un'eternità da quando domenica 26 aprile 2015 conclusi la mia sesta prova con la distanza più affascinante dell'atletica leggera. Nel mezzo, tanto riposo ma anche tante idee nuove. Per l'estate e soprattutto per l'autunno: al momento ho intenzione di provarci nuovamente su questa distanza, per fare meglio e per godere dei brividi che solo una maratona può dare, dei quali spero di nutrirmi ancora a lungo.
Il ricordo della Haspa Marathon Hamburg 2015 è ben saldo dentro di me, chiuso a doppia mandata e morirà con me. Con questo post, lo voglio condividere, tramite le foto più belle fornite da MarathonFoto® e dalla pagina Facebook di Haspa Marathon Hamburg, e i link ai post in cui ho raccontato, giorno dopo giorno, chilometro dopo chilometro, il mio avvicinamento alla maratona di Amburgo. Per raccontare e narrare quanto sia bello correre, quanto sia bello correre una maratona e soprattutto quanto sia fantastico il percorso per arrivare a correrla. In fondo, nulla (o quasi) è impossibile, se ci si crede veramente.
Bis bald!
Stefano

Un grande sorriso per una grande gioia

25/01/2015: voglio correre ad Amburgo!
26/02/2015: ricomincia l'allenamento verso una nuova maratona

Let's run!

04/03/2015: allenamenti sulle strade di casa (in Italia)

Fuori dalla Speicherstadt

06/03/2015: pensieri sul tapis roulant

Tieni duro...

13/03/2015: una mezza di allenamento, a Schwäbisch Gmünd
14/03/2015: 1.35.06 a Schwäbisch Gmünd
19/03/2015: il racconto della Halbmarathon Widmann-Cup a Schwäbisch Gmünd

Tutti eroi quelli che arrivano

24/03/2015: nuove tecniche di allenamento, la cyclette

Momenti di caos

26/03/2015: l'iscrizione alla 30. Haspa Marathon Hamburg

Un occhio sul porto

01/04/2015: la ripetuta nella ripetuta, il metodo "30-20-10"
07/04/2015: allenamenti su diversi terreni, diverse condizioni meteo e diverse nazioni

Alla ricerca della linea blu

12/04/2015: 35 km, il lungo più faticoso e doloroso

Atteso per 42 chilometri

16/04/2015: -10, inizia il conto alla rovescia

Il momento della medaglia

17/04/2015: in corsa a Schweinfurt, è l'ultimo allenamento
21/04/2015: il racconto della Fußodentechnik Schmitt Halbmarathon

Ancora pochissime decine di metri

22/04/2015: il percorso della 30. Haspa Marathon Hamburg
24/04/2015: riflessioni su ciò che potrà essere la maratona di Amburgo

Lepri

25/04/2015: il cibo del maratoneta, ciò che non può mancare...

I lunghi viali amburghesi

25/04/2015: momento importante, il ritiro del pettorale

Fenomeni

26/04/2015: l'annuncio, 3.15.43 e nuovo personale!

Il taglio del traguardo

27/04/2015: una medaglia e un piccolo punto della situazione

Premio per i mesi di sacrifici

29/04/2015: il potere delle immagini @Amburgo
13/05/2015: il racconto personale della maratona di Amburgo

Jungfernstieg

19/05/2015: pensieri all'arrivo di una maratona

giovedì 25 giugno 2015

Facce da Giro

"Fotografo la gente che segue le tappe. Poi anche i corridori, ma più che altro mi interessano quelli che tifano, aspettano, mangiano lungo il percorso, raccolgono come invasati i gadgets lanciati dalla carovana. Uno spettacolo antropologico, mutevole tappa dopo tappa. Dalla pianura alla montagna, nei piccoli paesi e in mezzo ai boulevards delle grandi città un popolo che si specchia nella sua manifestazione più rappresentativa..."
Alessandro Dutto, Sangue sul Tour

Polacco al lavoro

Tutte le volte che sono andato ad assistere ad una tappa del Giro d'Italia o del Tour de France mi sono sorpreso a chiedere a me stesso se mi trovavo più lì per i corridori, per la gara in sé, o per lo spettacolo umano che i tifosi del ciclismo sanno regalare, quello che a me piace chiamare il "folklore ciclistico". Sono ormai otto gli anni trascorsi dalla prima tappa vista - era una calda domenica di luglio e il Tour arrivava a Tignes - in questi anni è cresciuta in me la convinzione che sì, certo, i corridori sono importanti, ma il popolo del ciclismo lo è ancora di più.
Dopo un 2014 lontano, volente o nolente, dalle strade di Giro e Tour, ho finalmente riabbracciato questa passione popolare in quel di Cervinia e del Colle delle Finestre. Ed era inevitabile, che il mio obiettivo fotografico si ponesse sulle più belle facce da Giro, sui sostenitori più bizzarri, sul tifo più spensierato, probabilmente il vero motivo per cui questo sport non morirà mai.
Bis bald!
Stefano

Un redivivo compagno di Fausto Coppi

Motociclista in rosa

Conquistatori del Colle delle Finestre

Con una bici di secoli e secoli fa

Come morire disidratati

Total pink

Nel centro di Valtournanche

Polenta... loading

Un altro coraggioso

Per non rimanere mai senza birra

Tifo a ritmo di campanacci

Bellezza in bicicletta

L'inizio della carovana

Si sale in qualsiasi stato

mercoledì 24 giugno 2015

Bücher: La donna giusta

"Non abbiamo mai il coraggio di ridurre a dimensioni umane coloro che il nostro desiderio ha trasformato in ideali."
Sandor Márai, La donna giusta



Quando presi in mano questo romanzo mi ritrovavo pieno di incertezze. Certe volte si capisce dal titolo, dalle prime parole, o anche solo dal tatto, che quello non è il libro che fa per te. La donna giusta è personalmente uno dei migliori esempi di questa sensazione. In realtà, ho trovato un testo interessante, di quelli che mi piace definire un “trattato di filosofia spiccia”, che ha per colonne portanti l'amore e il rapporto tra i ceti sociali.
Márai mette al centro di questa sua opera, essenzialmente ambientata a Budapest in diverse fasi storiche, un triangolo amoroso composto da: marito, prima moglie e seconda moglie. I tre capitoli della vicenda (alla quale segue un epilogo) sono tre monologhi in cui i vertici del triangolo prendono la parola e spiegano la vicenda a modo loro, facendo finta di dialogare con un interlocutore (quasi inesistente). Non sono loro che parlano, ma è la loro mente, il loro cuore. Diventano fiumi in piena in cui riversano tutte le angosce sentimentali ed esistenziali di una vita, si mostrano per quello che sono, descritti con eleganza da Márai che, nonostante un po' di incertezza iniziale, riesce a descrivere perfettamente una storia semplice fatta di personaggi complessi: un tormentato imprenditore, una cameriera scaltra, uno scrittore nichilista.
Complessa è anche l'ambientazione storica del romanzo stesso. È stato infatti pubblicato in tre diverse tornate: la prima risale al 1941 e comprende i primi due capitoli, ambientati nel periodo tra le due guerre; la seconda è del 1949, alla quale Márai aggiunse il terzo capitolo, a mio parere il più importante, ambientato in buona parte durante il secondo conflitto mondiale; con la terza, edita nel 1980, Márai mette fine alla vicenda con l'epilogo che chiude la storia.
Il contesto storico può distrarre ma i sentimenti raccontati da Márai non possono lasciare indifferenti. È l'anima che parla e che racconta le grandi verità taciute dell'amore: la paura di amare e di farsi amare, la capacità di essere felici per ciò che si è e si ha, la passione, la determinazione, l'imperfezione di una relazione, l'incapacità di essere felici perché la felicità, a volte, è qualcosa che si trova un po' più in là.
Bis bald!
Stefano

Giudizio: 7/10 ««««««««««

martedì 23 giugno 2015

German ghost town

Ciao a tutti!
Il fine settimana in Sassonia-Anhalt e Turingia non è stato scevro di delusioni. La più grande in assoluto, a mio modo di vedere, ce l'ha data una cittadina che nel contesto storico della Germania assume importanza massima, nonostante le sue dimensioni contenute. Parlo di Eisleben, la località che visto nascere, crescere e morire uno dei "figli" di questa nazione più famosi di sempre, Martin Lutero. Ed è proprio merito o causa del noto teologo che rivoluzionò lo scenario politico-religioso in Europa, che Eisleben è stata ribattezzata come Lutherstadt Eisleben, "città luterana".

Il lago più dolce (che però è salato)

Beh, non avevo di certo molte pretese da questa città. Di ritorno da Quedlinburg, decidiamo di fermarci qui più per una necessità di cenare che per una reale volontà di visitare Eisleben. Col senno di poi, ringrazio di non avere pensato di visitarla con attenzione. Eisleben è l'esempio perfetto di città in cui non c'è assolutamente niente, il nulla più totale. Non parlo di monumenti o di attrazioni storico-artistiche: quelle ci sono e sono tutte ovviamente legate alla figura di Lutero. Arriviamo intorno alle 18 ad Eisleben. Nelle vie di questa città non vi è anima viva. Nella piazza più centrale del paese, dove campeggia il monumento a Lutero, vi sono una gelateria senza clienti, un ristorante in cui si vedono camerieri tutt'altro che indaffarati e un supermercato ideale per rifugiarsi al fresco nella più torrida giornata di giugno. E basta. Ci muoviamo verso la zona più alta della città, verso la chiesa e la casa natale di Martin Lutero. Pensiamo e speriamo di trovare qualcosa in più. Ma ci sbagliamo. Anche qui zero assoluto. C'è chi critica Schweinfurt per la sua scarsa mobilità, ma questa Eisleben è diversi ordini di grandezza peggiore rispetto alla nostra tana francone.
Come è andata a finire con la cena? Beh, per mangiare qualcosa dobbiamo rivolgerci al McDonald's del centro commerciale (fuori città).

La statua di Martin Lutero, il cittadino più illustre di Eisleben

Va beh, noi ci siamo consolati con una piacevole scoperta, di quelle fatte per caso guardando l'atlante stradale e dicendo "qui ci dev'essere qualcosa di interessante". A pochi chilometri di distanza da Eisleben c'è un lago chiamato Süßer See, che tradotto vuol dire qualcosa come "lago più dolce". Paradossalmente, l'acqua che lo compone è salata, in quanto il lago si trova in un terreno ricco di depositi salgemma. Pur essendo carico di sale, è carico di tanto romanticismo, grazie allo Schloss Seeburg che vi si affaccia, alle colline boscose che lo circondano a nord e ai frutteti presenti a sud. Sicuramente un buon posto per dimenticare la triste Eisleben...
Bis bald!
Stefano

lunedì 22 giugno 2015

Ispirazioni vol.1

"L'avventura non può più manifestarsi là dove nell'uomo scadono l'ingegno, l'immaginazione, la responsabilità; là dove si demoliscono, o almeno si banalizzano, fattori naturali come l'ignoto e la sorpresa. E ancora non può sussistere avventura là dove vengono alterate, persino distrutte peculiarità come l'incertezza, la precarietà, il coraggio, l'esaltazione, la solitudine, l'isolamento, il senso della ricerca e della scoperta, la sensazione dell'impossibile, il gusto dell'improvvisazione, del mettersi alla prova con i propri mezzi, e non ultimo, senza più inventiva. Tutte cose che oggi sono ormai represse o addirittura cancellate nel quotidiano. L'avventura è un impegno che coinvolge tutto l'essere e sa cavar fuori dal profondo ciò che di meglio e di umano è rimasto in noi. Là dove il mazzo non è stato truccato per vincere ad ogni costo, esistono ancora il gioco, la sorpresa, la fantasia, l'entusiasmo della riuscita e il dubbio della sconfitta. Dunque l'avventura."
Walter Bonatti, I miei ricordi

Sempre all'avventura... (© Contrasto)

Forse quello che per me è l'ispiratore numero uno in assoluto, Walter Bonatti.
Oggi nasceva, in un posto che più orizzontale non potrebbe essere, il più grande conquistatore del verticale che il mondo abbia mai conosciuto.
E a mio modo di vedere, un grande uomo, forte, cristallino, puro. Un esempio per tutti.

domenica 21 giugno 2015

La ripidità assoluta

"So di muovermi ai limiti del possibile, sono conscio di trovarmi talmente fuori dal mondo che se penso a qualcosa di vivo, alla normalità, mi afferra l'emozione. La parete qui è più che mai incrostata di ghiaccio, è persino deforme vista in prospettiva; ecco, sembra l'incavo di un'enorme conchiglia al cui centro sono io nell'atto di arrampicare. Se alzo gli occhi non scorgo la vetta, se li abbasso non vedo Zermatt."
Walter Bonatti, I miei ricordi

Solo, su quella parete

sabato 20 giugno 2015

venerdì 19 giugno 2015

Il borgo più bello di Germania?

Ciao a tutti!
Quedlinburg era una delle mete che ci eravamo prefissati di visitare nel nostro weekend in Sassonia-Anhalt e Turingia. Per me era una città sconosciuta, fino a quando un giorno Giulia non me la segnalò nella maniera più bizzarra che si possa immaginare. Tornando a casa, mi disse che in un esercizio del suo libro di tedesco, il protagonista di una conversazione affermava che Quedlinburg era il paese più bello di Germania. Mah, sarà veramente così? Andiamo a verificare.



Dire se sia il più bel borgo della Germania è molto difficile. Qui di borghi meravigliosi ce ne sono veramente molti. Ne ho già visti tanti, come Rothenburg ob der Tauber, Meersburg, Miltenberg e Goslar; tanti altri sono ancora in attesa di una visita, come Dinkelsbühl, Gengenbach, Cochem o Nördlingen. Arduo stabilire quale sia il più bello. Ciò che è certo è che l'atmosfera romantica di questo centro storico, di queste case a graticcio, di vicoli stretti alternati a piazze ariose, di torri e di fortificazioni, rende Quedlinburg un posto più che speciale. E non a caso il centro storico ha valso nel 1994 a Quedlinburg il titolo di Patrimonio dell'Umanità.



Si potrebbero raccontare tante cose su questa città. Stavolta vorrei farlo tramite le immagini. Credo che sia questo il modo più diretto ed incisivo per raccontare lo splendore di Quedlinburg.
Bis bald!
Stefano













  








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