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sabato 21 novembre 2015

Quella vetta così ammirata

"Guardi, se lei chiede il nome di una montagna ad un bambino, non c'è partita. Everest, K2, Monte Bianco? No, c'è solo il Cervino. È una montagna esemplare."  
Reinhold Messner
 
Una freccia dorata nel cielo

mercoledì 14 ottobre 2015

Bücher: Walter Bonatti. Il fratello che non sapevo di avere

"Walter è stato l'ultimo grande dell'alpinismo tradizionale, che a lui era sacro, l'ultimo alpinista forte su tutti i terreni contemporaneamente, nello stesso periodo. È chiaro che l'alpinismo di oggi non è più la stessa cosa. però, chi entra davvero nella psicologia e nella storia dell'alpinismo capisce che lui è la direzione giusta, quella che lascia maggiore possibilità di fare esperienze. Walter ne ha avute di fortissime e ha saputo anche esprimerle e trasmetterle. Per questo oggi lui non manca all'alpinismo, ma mi manca come compagno di discussione e di vita. Fra noi si era creata una forte e intima conoscenza dell'altro. La compassione anche, intesa come condivisione dei sentimenti, il capire l'altro attraverso le gioie e le sofferenze vissute. È stato un grande dolore perdere l'amico, l'alpinista, però in me c'è la consapevolezza che se n'è andato con la massima purezza e rimane questo cristallo, senza età, sempre giovane nella mia memoria, forte, idealista, creativo, genuino verso gli altri, senza invidia. Un grande uomo, dotato di una grande umanità, come ne ho trovata in poche altre persone. Lo stimo molto. E più ancora delle grandi capacità di alpinista stimo la sensibilità che ha saputo esprimere nei suoi scritti, raccontando quello che ha visto, sofferto, capito nella sua vita."
Reinhold Messner, Walter Bonatti. Il fratello che non sapevo di avere.


Difficile dire chi siano stati i più grandi. Personalmente, non ho dubbi. Assieme a Riccardo Cassin, sono loro due i più forti alpinisti italiani del XX secolo: Reinhold Messner e Walter Bonatti. E quando il primo racconta il secondo, non possono che scaturire emozioni a raffica, di quelle che fanno sfiorare il pianto.
Walter Bonatti. Il fratello che non sapevo di avere è un libro scritto "a quattro mani" da Messner con il giornalista Sandro Filippini, amico di entrambe le leggende della montagna. Pubblicato nel 2013, a due anni dalla scomparsa di Bonatti, questo libro vuole essere per Messner il suo personale omaggio a questo gigante delle Alpi, l'alpinista che con le sue solitarie e l'etica ferrea e senza compromessi ha saputo ispirare la carriera dell'altoatesino. È un omaggio più che affettuoso, verso un personaggio, Bonatti, che ha sempre ammirato ma dal quale - come spiega nel libro - la stampa ha saputo allontanarlo. Semplici incomprensioni, che verranno sanate nel 2004, molto tardi ma mai troppo tardi: da quel momento trascorreranno sette anni di proficuo scambio di esperienze.
Esperienze dalle quali nasce questo meraviglioso volume, che alterna una cronaca a tratti romanzata della storia di Bonatti e soprattutto dell'episodio più controverso che lo riguarda (la conquista italiana del K2) all'esperienza di Messner e di egli stesso con Bonatti. Descrizioni dettagliate, commenti sempre appropriati, un meraviglioso dipinto dei retroscena alpinistici del XX secolo, quasi un testo di filosofia dell'alpinismo... Per scoprire infine che i due scalatori italiani, per quanto divisi da numerosi fattori (dal tempo, dalla storia e dall'esperienza) hanno vissuto momenti di vita analoghi fra loro. Uno dei momenti più toccanti è proprio la trascrizione di un dialogo tra Bonatti e Messner, che lui definisce "come se fossimo stati in quota, in una tenda". Un confronto epico, tra due monumenti della montagna.
Per appassionati e non solo.
Bis bald!
Stefano

Giudizio: 10/10 

domenica 11 ottobre 2015

C'è sempre qualcosa di nuovo da imparare...

"La montagna più alta e difficile è sempre quella che portiamo dentro di noi. Perché alla fin fine siamo noi a crearci le nostre montagne e il desiderio di superarle."  
Walter Bonatti

Campaniletto, Grigna: laddove nacque il mito Bonatti (fonte: summitpost.org)

Leggendo di Bonatti, delle sue vicende e della sua carriera di alpinista, c'è sempre qualcosa di nuovo da scoprire, qualche insegnamento speciale e soprattutto mai banale.
Penso a questa affermazione e dico: averne, di queste montagne da superare. Questa frase, citata da Messner in Walter Bonatti. Il fratello che non sapevo di avere, fa parte di quell'infinito bagaglio di saggezza che Bonatti ha lasciato ai posteri. Un bagaglio dal quale, una volta aperto, non si riesce più ad estrarne tutto il contenuto. Di imparare, non si smette mai.

giovedì 3 settembre 2015

Bücher: Cervino. Il più nobile scoglio

"La battaglia per il Cervino segnò l'inizio di questa evoluzione, da cui discende anche una radicale trasformazione della disciplina: da alpinismo di conquista ad alpinismo della difficoltà. Ed entrambi i pionieri del Cervino, Whymper e Carrel, sono figure simboliche. Del trionfo del Cervino, tuttavia, è rimasto solo il nome di Whymper: un giovane uomo, grande come la montagna che ha scalato per primo. Ancora oggi è famoso come pioniere, ammirato come disegnatore, letto come scrittore. Non c'è dubbio che fosse uno scalatore sufficientemente capace, dotato i ideali, obiettivi e un'etica autoritaria. Soltanto, non voleva assumersi la responsabilità delle proprie azioni."
Reinhold Messner, Cervino. Il più nobile scoglio


Se un gigante dell'alpinismo racconta una delle più grandi ed importanti vicende che la montagna ha vissuto, beh, non può che uscirne un grande libro. Il gigante dell'alpinismo è Reinhold Messner e la vicenda, nel centocinquantesimo anniversario, è ovviamente la prima scalata del Cervino. E Cervino. Il più nobile scoglio, è forse il libro definitivo sua vicenda che ha messo di fronte Jean-Antoine Carrel e Edward Whymper (vedi post).
Messner analizza tutti i documenti sulla vicenda e illustra un quadro ben diverso da quello che viene comunemente descritto quando si parla di ciò che successe il 14 luglio 1865 e nei giorni successivi (come ne La salita del Cervino dello stesso Whymper e ne Il Monte Cervino di Guido Rey). Le figure di Whymper e Carrel, due immagini dell'alpinismo poste agli antipodi, ma con lo stesso medesimo obiettivo, vengono analizzate nei minimi dettagli. Messner, di un'altra generazione di alpinisti, "vuole scalare con loro". Tutto ruota al ruolo delle responsabilità da prendersi durante la salita. Il valligiano Carrel, la guida di Valtournenche, viene esaltato come il vero eroe del Cervino grazie al senso di responsabilità nei confronti dei suoi clienti; il "dandy" Whymper viene ridimensionato: è sì, il vincitore della sfida, ma con il fardello delle responsabilità che non si prese dopo la nota tragedia durante la discesa. Non aggiungo altro, meglio scoprirlo da soli: una simile storia, raccontata da Messner, si beve tutta d'un fiato. O visto l'argomento, si scala senza fatica...
Bis bald!
Stefano

Giudizio: 8/10 

lunedì 20 luglio 2015

Il Cervino racconta...

Ciao a tutti!
Come già raccontato venerdì, in occasione della conclusione dell'Alta Via n.2 della Valle d'Aosta, questo momento per me di grande emozione ha coinciso con un grande anniversario: l'anniversario dei centocinquanta anni della prima salita al Cervino nel suo versante italiano. Era il 17 luglio del 1865 quando Jean-Antoine Carrel, Jean-Baptiste Bich, assieme a Jean-Augustin Meynet e all'Abbé Gorret, salirono per la prima volta il Cervino seguendo quasi integralmente la cresta sud-ovest, detta "del Leone". E lo fecero "per la Valtournenche, per l'Italia".

Mario Calabresi, Sandro Filippini, Reinhold Messner, Hervé Barmasse e Catherine Destivelle a Cervino sopra le righe

Valtournenche non poteva rimanere indifferente a questo evento. Venerdì 17 luglio, due eventi hanno caratterizzato la giornata della valle italiana del Cervino. Il primo, nel pomeriggio, è stato "Cervino sopra le righe", un incontro a sfondo letterario svoltosi nell'Auditorium di Valtournenche, condotto dal direttore de La Stampa Mario Calabresi, con tre alpinisti d'eccezione, Reinhold Messner, Hervé Barmasse e Catherine Destivelle, e con la partecipazione di Mario Filippini. Il secondo, nella serata, è stato "Il Cervino racconta", a Saint Vincent, in cui Kay Rush ha condotto, assieme ai già citati alpinisti, ai quali si è unito un altro fuoriclasse dell'alpinismo di oggi, Simon Anthamatten, una serata multimediale. Entrambi gli eventi hanno avuto come tema unico questa grande montagna, che ha acceso i sogni degli uomini centocinquanta anni fa, e continua a farlo oggi.

Selfie con Hervé...

...e dedica

Tutta il mio programma dell'Alta Via è stato studiato in funzione di venerdì. Volevo tremendamente esserci: gente come Barmasse e Messner, figure che rappresentano il radioso presente e il glorioso passato dell'alpinismo italiano, non le puoi incontrare ogni giorno. A modo loro, sono due figure straordinarie. Messner è un narratore eccezionale, sa incantare la platea con spiegazioni dettagliate, che non cadono in fredde citazioni, ma che provengono chiaramente dal cuore, con animosità (e senza autocelebrazionismi). Barmasse, l'alpinista di casa, rappresentante della quarta generazione di guide, emoziona tutti, raccontando con un sorriso genuino, il significato che ha per lui, nativo della Valtournenche, questa montagna. E con la stessa serenità firma e dedica libri ai suoi fan. Personaggi che sono ricchezza, personaggi di cui l'Italia deve essere orgogliosa.

I quattro alpinisti con la piccozza celebrativa della Grivel

Per vederli, ho chiuso con estrema rapidità l'Alta Via, ho preso i primi treni disponibili, corso notevolmente in autostrada e sulla statale della Valtournenche. Ne è valsa la pena. Sono stati due eventi memorabili per chi ama la montagna e i suoi uomini, in grado di incollare i presenti alle parole dei protagonisti. Dal ricordo degli eventi di centocinquanta anni fa, di quelle salite e di quella tragedia che, secondo Messner, "ha reso più famosa la salita svizzera del Cervino", alla memoria di Walter Bonatti, un pilastro dell'alpinismo che sul Cervino aveva capito che oltre non era più possibile fare. Dalle discussioni sulla montagna di oggi, per Messner solamente più sport (non velati gli attacchi lanciati a Ueli Steck e soprattutto a Kilian Jornet) o turismo, alle speranze per la montagna di domani, dove si spera che grazie a figure come Barmasse, possa nuovamente germogliare il seme dell'avventura, quello spirito di Ulisse che le giovani generazioni devono continuare a mantenere vivo.

Pazza gioia!

Sono tornato in Germania, oltre che alle immagini straordinarie dell'Alta Via ancora impresse negli occhi, con le parole di questi straordinari "artisti" della montagna. Ispirazione che mi accompagnerà, impulso che ha già rimbalzato da una parte dell'altra della mia testa durante il mio viaggio di ritorno di ieri. E che continuerà imperterrito nei prossimi mesi. Da Valtournenche e da Courmayeur ho fatto man bassa di letteratura alpina, per future immersioni nei racconti dei grandi alpinisti.
Bis bald!
Stefano

sabato 6 settembre 2014

Come l'ultimo desiderio

"Ma io mi sento uomo soltanto là dove il paesaggio è ancora quale la natura l'ha voluto."
Reinhold Messner

Contemplazione di fronte alla Conca del Prà

Ciao a tutti!
Questo è il personale saluto alle montagne che mi hanno accompagnato per tanti anni.
Ho voluto ancora una volta faticare sulla salita, emozionarmi di fronte a meravigliosi panorami, sentire l'aria fresca sulla mia pelle. Loro non spariranno, e nemmeno io. Ma non saranno più lì, a portata di mano. Ne sentirò la mancanza. Anzi, la sento già ora, che il momento del distacco non è ancora giunto ma è quantomai vicino. Una lacrima riga il viso.

giovedì 6 febbraio 2014

Bucher: Sul tetto del mondo

Ciao a tutti!
Tutto il gotha dell'alpinismo è racchiuso in questo volume, Sul tetto del mondo, un'antologia di racconti proposta da Newton&Compton, che hanno come unico filo conduttore la montagna e il mezzo più estremo per viverla, l'alpinismo. La gioia più sfrenata per la conquista della vetta, e la disperazione per la perdita di un compagno, questo è l'alpinismo. Questo è ciò che si respira in queste pagine, nei trentuno racconti tratti da altrettanti libri che raccontano alcune tra le più grandi imprese o tragedie dell'alpinismo, dalle Alpi all'Himalaya.


I nomi che affollano l'indice dei racconti è di quelli che illumina gli occhi di ogni amante della montagna: Bonatti, Herzog, Mallory, Messner e molti altri. Ma è l'intensità di questi momenti di storia dell'alpinismo che tiene il lettore incollato. Non mancano momenti memorabili nel lungo viaggio dell'uomo alla conquista delle vette più inaccessibili, pietre miliari come la salita del Cervino da parte di Edward Whymper e della sua cordata, la prima salita in solitaria senza ossigeno dell'Everest da parte di Reinhold Messner o la prima scesa del Nanga Parbat da parte di Hermann Buhl.
Due racconti su tutti ho trovato più avvincenti di altri, forse perché ad essi è stato dedicato più spazio, e quindi una descrizione più corposa. Uno è in La scalata, che racconta il tentativo di René Desmaison di aprire una via sullo sperone Walker delle Grande Jorasses, terminato tragicamente con la morte del suo compagno di avventura. L'altro è Il ragno bianco, dall'omonimo libro di Heinrich Harrer, e racconta la prima ascensione all'Eiger tramite la sua leggendaria parete nord.
La tragedia e la felicità sono due facce della stessa medaglia, quella durissima della montagna. Concentrate in poco più di cinquecento pagine, che a detta delle persone che hanno letto questo libro, "fanno tornare la voglia di scalare"...
Bis bald!
Stefano

Giudizio: 7/10 ««««««««««

sabato 7 settembre 2013

Dedicato a tutti gli skyrunner

"Camminare per me significa entrare nella natura. Ed è per questo che in montagna cammino lentamente, non corro quasi mai. La Natura per me non è un campo da ginnastica. Io vado per vedere, per sentire, con tutti i miei sensi. Così il mio spirito entra negli alberi, nel prato, nei fiori. Le alte montagne sono per me un sentimento."
Reinhold Messner

La valle con in fondo il Lago Gabiet vista dall'Alta Luce (Hochlicht). Foto di archivio, 20 agosto 2011.

sabato 6 luglio 2013

La traversata dei boschi

Ciao a tutti!
Sapeste da che posto vi sto scrivendo... Sono piacevolmente seduto ad un tavolo del Rifugio Dolomites al Monte Rite (meta della quinta tappa conclusasi qualche ora fa) e sono di fronte ad un immenso skyline...tutte le Dolomiti di Zoldo sono di fronte ai miei occhi: Sas da Mezdì, Sassolungo di Cibiana, Sfornioi, Sasso di Bosconero, Spiz di Mezzodì, Cima de la Gardesana, Cima Nord di San Sebastiano, per chiudere in bellezza con Moiazza e Civetta.

Il botton d'oro, re incontrastato dei boschi zoldani

Una tappa decisamente tranquilla, quella di oggi. La partenza dal Rifugio Venezia comincia con estrema calma: so che la frazione è breve e voglio ancora godermi quello show della natura che è il Pelmo. Il Rifugio Venezia diventa, allontanandosi in direzione est, un indifeso avamposto contro un gigante di oltre 3100 metri.

Imponenza del Pelmo vs. impotenza del Rifugio Venezia

Difficile allontanarsi, da questa visione paradisiaca. Ma l'Alta Via continua. Ed è ora di muoversi verso le Dolomiti di Zoldo. La tappa non offre panorami particolarmente suggestivi, se non qualche breve scorcio su Pelmo ed Antelao, in quanto è quasi interamente nel bosco. Non per questo è meno interessante, anzi, camminare nei boschi è un'attività molto rilassante. E gradevole agli occhi: sono fortunato, la fioritura del sottobosco è assai rigogliosa, probabilmente è al massimo. Sono i Trollius europaeus (conosciuti anche come "botton d'oro") a dominare la scena floreale.

Il guardiano dei segnavia

La presenza di una folta foresta aiuta a superare meglio questa calda giornata: non ci sono salite particolarmente impegnative, oggi, ma appena il bosco si interrompe per qualche decina di metri, la violenza del sole si fa sentire eccome. Il percorso prevede una lunga discesa, aggirando il Monte Pena, verso il Rifugio Talamini, e poi la salita, mai troppo ripida e sempre in mezzo ad una fittissima boscaglia, verso il Monte Rite.

Si fa notte sul Cadore

Il Monte Rite è una cima di circa 2200 metri, sulla quale fu costruito un forte da parte dell'esercito italiano durante la Grande Guerra, forte poi preso dagli austriaci e successivamente riconquistato dagli italiani. Il forte fu nuovamente utilizzato dai partigiani durante la Resistenza. Ora, quell'astuto personaggio che risponde al nome di Reinhold Messner l'ha trasformato in uno dei cinque centri museali dedicati alla montagna che portano il suo nome. Questo del Monte Rite ha come tema "Dolomiti - Il mondo verticale". L'esposizione, lungo una grande galleria, consiste in due tipologie di oggetti. In primo luogo, si trovano reliquie e particolari oggetti di alpinisti del passato (cito con piacere l'agenda del 1934 di Emilio Comici) che hanno fatto la storia dell'esplorazione prima e della conquista dopo, delle Dolomiti. In secondo luogo, si può ammirare una collezione speciale di quadri e sculture, che vanno dal Romanticismo fino ai giorni nostri, raffiguranti le Dolomiti e, voglio dirla così, la loro "interpretazione".

Il Messner Mountain Museum al Monte Rite

Una tappa irrinunciabile per chi ama la montagna e per chi, come me, ammira ciò che Messner ha fatto in e per la montagna.
Aspetto la cena, ora. Ma soprattutto il tramonto, la grande attrazione del Monte Rite!
A presto,
Stefano

martedì 8 gennaio 2013

La natura, la più grande artista di sempre

"La bellezza della montagna è nascosta a tutti coloro che cercano di scoprirla dall'alto, supponendo che, in un modo o nell'altro, possano raggiungere questo luogo direttamente. La bellezza della montagna si rivela solo a chi l'ha scalata..."
"The beauty of the mountain is hidden for all those who try to discover it from the top, supposing that, one way or an other, one can reach this place directly. The beauty of the mountain reveals only to those who climbed it..."
Antoine de Saint-Exupery

Il Gruppo del Gasherbrum

venerdì 30 novembre 2012

Il gusto della salita

"Colui che sale le vette più alte, se ne ride di tutte le tragedie serie e di tutte le tragedie da gioco."
Friedrich Nietzsche, Così parlo Zarathustra

Foto: "He who climbs upon the highest mountains laughs at all tragedies, real or imaginary.”


― Friedrich Nietzsche, Thus Spoke Zarathustra.
K2, Ghiacciaio Abruzzi

lunedì 1 ottobre 2012

Berg Heil

Concentrato di montagna in poche parole, pazzesco...

"Le montagne ti fanno piccolo, ti fanno uomo di paura, di insicurezza; ti costringono a domandarti se, andando avanti, riuscirai a sopravvivere o, al contrario, se sia meglio tornare indietro per non morire".
Reinhold Messner

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