domenica 28 settembre 2014

Cinque giorni

"Salutarsi è negare la separazione, è dire: oggi giochiamo a separarci ma ci vedremo domani." 
Jorge Luis Borges, L'artefice, 1960 
    
Ciao a tutti!
Quasi una settimana è trascorsa dal mio ultimo post. Immagino che i miei amici, i miei cari e i lettori più assidui di questo blog abbiano capito celermente il motivo. Solo cinque giorni fa ho lasciato l'Italia assieme alla mia compagna Giulia, alla volta della Germania. È (e sarà, per un certo numero di mesi) un drastico cambiamento nella nostra vita, accompagnato da tanti dubbi e molte speranze ma anche innumerevoli certezze. Nuovo lavoro, nuova casa, nuova lingua, nuova città, nuove persone, nuove abitudini. Di sicuro non ci sarà di cui annoiarsi.
E infatti non ci siamo annoiati in questi primi cinque giorni di "Deutsch Leben" nella città bavarese di Schweinfurt. Il tempo per scrivere, raccontare quanto vissuto, è stato praticamente nullo. Con la dovuta calma, racconteremo tutto quanto: i pregi (molti) del vivere in una nazione all'avanguardia, le bizzarrie (alcune) di un popolo estremamente orgoglioso di sé e gli svantaggi (pochi) di risiedere da stranieri in un paese straniero. E soprattutto, nulla a che vedere con i miei primi otto mesi trascorsi tra il 2013 e il 2014. Cinque giorni che valgono molti mesi, questi.

C'è aria di trasloco

Per una settimana almeno avrò poco spazio per racconti e aneddoti, il tempo libero è veramente raro. A tutti quelli che ci chiedono come stiamo, rispondiamo: bene. Siamo felici qui, nonostante la lontananza dalla nostra madre patria, con tutto ciò che conporta. E chiudo con un sentito "grazie" a tutti coloro che, con un sms, un messaggio su Whatsapp, una telefonata o una mail, un "mi piace" su Facebook, oppure anche solo col pensiero (con l'auspicio che esso sia stato anche accompagnato da un sorriso) hanno pensato a noi e augurato "una buona vita".
Bis bald!
Stefano

lunedì 22 settembre 2014

Quante cose avrei voluto

Ciao a tutti!
Quando un momento importante arriva, e sta arrivando, sempre più imminente, mi giunge spontaneo il desiderio di guardarmi un attimo indietro. Pensare, pensare. In ogni momento della tua giornata: al lavoro, prima di addormentarsi, abbracciato a Giulia, durante la cena, sotto la doccia o in corsa - correre dà molto spazio alla riflessione interiore. Inevitabile, non se ne può fare a meno. Come una gabbia dalla quale non si può fuggire.
Domani lascerò "per sempre" l'Italia. E lo farò assieme a Giulia.
Quel "per sempre" non va inteso in senso letterale. Vuol dire che ora i miei ritorni saranno meno frequenti. Natale, Pasqua, ponti, vacanze, occasioni speciali... E per quanto tempo non lo posso proprio dire. Sicuramente anni. Inutile ragionarci su, nel momento in cui si prova a stilare un programma, vi è qualcosa che subito lo disfa. Gli ultimi due anni ne sono stata la prova...

Casa nostra, fra poche ore

Lascio tantissimo qui in Italia. Una famiglia che mi ha sempre sostenuto e supportato. Tanti amici che mi hanno voluto bene e ne vorranno ancora. I colleghi di sei anni di gioventù, i migliori che si possa immaginare. I soci della palestra, i compagni di avventure alpinistiche del CAI Uget Torino, i compari della Podistica None. A tutti loro non può che andare il mio "grazie", per tutto ciò che mi hanno fatto vivere e un rassicurante "arrivederci", sapendo che nulla è irreversibile e ci sarà sempre uno spiraglio o un portone per rientrare. Lascio qui un sacco di passioni, tra cui il trekking, che più abbandonare dovrò ridefinire sulle colline franconi, o la Juventus. La corsa, la bicicletta, la lettura, beh quelle non le abbandonerò, anzi...

Ciò che lascio/1

Arrivo alla fine di questo pezzo di vita - sì, lo chiudo veramente! - con tanti desideri e cose incompiute o lasciate a metà, tanti progetti. Avrei voluto fare di più in questi mesi, gli ultimi da residente in Italia. Avrei voluto salutare tutti, ma proprio tutti. Non ce l'ho fatta: perdonatemi, sono umano e non extraterrestre. Avrei voluto ancora vedere una partita della Juventus allo Stadium, ma non c'era più spazio e tempo. Avrei voluto godermi fino in fondo gli ultimi istanti di Italia, ma i preparativi per la partenza imminente me l'hanno negato. Avrei voluto raggiungere cime a lungo sognate e mai raggiunte, come lo Chaberton e l'Emilius, oppure completare il tour attorno al Monviso, ma l'estate inclemente e altri progetti hanno rimosso molte possibilità. Non mi preoccupo, questa è l'agenda del futuro.

Ciò che lascio/2

In compenso, tante altre cose mi fanno partire sereno. Ho esultato una volta ancora con i miei amici per una vittoria della Juventus, ho salutato i miei cari quasi arrivando alle lacrime, ho ancora avuto l'onore di correre un'ultima corsa con la mia squadra, ho rivisto vecchie amicizie che per strani casi della vita non avevo più visto per tanti, troppi, anni. Belle sensazioni, ed è quello che basta... La malinconia per un mondo che si chiude qui, il tuo mondo, c'è. Quello degli altri andrà avanti, come è giusto che sia, senza di te. Tu ne apri un altro, tutto nuovo, sperando che sia come quello che si è sognato o quantomeno, diversamente magico. Ed è quella la chiave di volta per l'avventura che avrà inizio fra poche ore...
A presto, prestissimo!
Stefano

domenica 21 settembre 2014

Le ore che passano veloci

"Quando vi separate dall'amico, non rattristatevi: la sua assenza può chiarirvi ciò che in lui più amate, come allo scalatore la montagna appare più chiara dalla pianura."
 Khalil Gibran
               
Il countdown dentro (fonte: makerprojects.co.uk)

Pensieri a caso.
Seghe mentali, anzi.
Meno di quarantotto ore.
Sento che il conto alla rovescia sta per giungere alla conclusione.
Salutare gli amici di una vita, degli ultimi anni o mesi, fa male.
Ti fa riflettere oltre il lecito consentito.
"Speriamo di farcela" è l'unico augurio che posso fare a me e a colei che mi seguirà in questa avventura.

venerdì 19 settembre 2014

L'uomo più veloce del mondo

Ciao a tutti!
Ogni tanto penso che per abbattere limiti impensabili si debba far ricorso a gente con muscoli di acciaio e cervello in lega di nichel, inossidabile. Spesso i tedeschi, o comunque le popolazioni di stampo anglosassone, rientrano in questa categoria. Proprio un tedesco ha letteralmente demolito uno dei record simbolo della storia sportiva, il record dell'ora in bicicletta.
Prendi un ragazzone di quarantuno anni: un "ragazzo", perché ha il cuore forte, l'animo gentile, tanta voglia di superare e superarsi, ma sempre con il sorriso schietto stampato su un volto che non sembra neanche eccessivamente segnato da ventidue anni di traguardi, vittorie e anche tante sconfitte. Mettilo su una bicicletta. E lui riuscirà a correre, con quel mezzo, più di cinquanta chilometri. 51,115 per l'esattezza. Si chiama Jens Voigt. Mostruoso...

Monster Jens (fonte: gazzetta.it)

Le biciclette che migliorano, velodromi all'avanguardia, tecniche di allenamento sempre più sofisticate, alimentazione rigidissima, metteteci tutto ciò che volete. I più scettici e diffidenti ovviamente parleranno anche di doping. Io credo che quando quest'impresa di Jens Voigt sia il più bel coronamento alla carriera di un grande uomo. Che viene prima del grande ciclista, sempre al massimo, con coraggio e dedizione. E sempre al servizio della squadra, mai con una parola sopra le righe.
Il mondo del ciclismo acquisisce un record in più e allo stesso tempo perde uno dei più belli esempi professionali e umani. Che se ne va dall'agonismo nel migliore dei mondi. Farewell Jens...

giovedì 18 settembre 2014

Passo dopo passo, tappa 2: in griglia di partenza

Ciao a tutti!
La mezza maratona che ho corso domenica doveva fornire degli spunti interessanti per capire quale fosse il mio stato di forma attuale. E questi spunti ci sono stati. Alla Mezza di Monza non ho sfigurato, anzi, è andata decisamente bene. Come già raccontato domenica, ho chiuso la prova in 1h35'47". È un tempo ben lontano dal mio personale, ma non è questo ciò che mi interessa. Il riferimento è tutto all'anno scorso, in cui cominciai il mio allenamento per la maratona partendo da una lunga sosta e da uno stato di forma obiettivamente non ottimale. Esattamente una settimana prima rispetto alla Mezza di Monza, corsi a Parma la Cariparma Running Mezza Maratona (vedi post). E lo feci con un tempo superiore di 35". Non basta: il percorso di Monza mi è sembrato molto più duro, a causa dei saliscendi continui. Soprattutto quelli nella zona della curva Parabolica dell'Autodromo di Monza: due sottopassaggi micidiali, più un drizzone nei pressi della Cascina Casalta. Anche le temperature, lontani dalla frescura del bosco, erano elevate. Insomma, tanti indizi per una conferma. Se non interviene qualche problema fisico importante, non sono in ritardo di condizione atletica rispetto al 2013. A proposito di intoppi, il ginocchio non manifesta problemi. Qualche dolorino c'è, ad entrambe le ginocchia, ma è tipico della corsa, molto discontinuo. Tutto pare al posto giusto, insomma.

Tutta la fatica dei 21,097 chilometri in una sola immagine (grazie a Barbara per la foto)

A dirla tutta, il ricordo più bello che mi porterò con me dalla Mezza di Monza è la gara stessa. Un'atmosfera speciale in un luogo assolutamente speciale: l'Autodromo Nazionale e lo sterminato Parco di Monza. Si parte addirittura dalla linea di partenza del Gran Premio d'Italia, si compie un giro di pista quasi completo: alla curva Parabolica si esce dal circuito per entrare in zona paddock, dunque si esce dall'autodromo. Inizia il parco, per quasi quindici chilometri di corsa nella natura. Rettilinei e curve, asfalto e un po' di terra, salite toste e lente discese. Sguardo che volge alle praterie del parco, corpo che trova quiete nell'ombra del bosco. Bello correre qui, sì che i monzesi sono podisti fortunati! Intorno al chilometro 19 si inizia il rientro in autodromo...le ultime centinaia di metri sono quelle del Gran Premio! L'arrivo è proprio quello...

Il vincitore tra gli uomini, l'olimpionico Danilo Goffi (fonte: milombardia.gazzetta.it)

...quello dove tagliano il traguardo per primi solo i grandi campioni che guidano le macchine più veloci, lì dove sorge il podio più spettacolare della Formula 1, lì dove ho sentito suonare l'inno tedesco e quello italiano in rapida successione durante l'epopea di Michael Schumacher e della Ferrari, lì dove batte forte il cuore del Cavallino rampante. Quel giro di pista lo corro non troppo forte, un'esperienza del genere va vissuta e goduta fino alla fine. Quasi in maniera religiosa, ripercorro tutto il tracciato di Monza...Prima variante, Biassono, variante della Roggia, prima di Lesmo, seconda di Lesmo, Serraglio, Ascari, Parabolica. Tocchi i cordoli, per scegliere la miglior traiettoria. Un occhio all'asfalto, ancora pieno di segnacci di gomma. Un occhio in alto, dove ci sono i cartelli per aiutare la staccata in fondo ai rettilinei. Suggestioni, ricordi. Come alla Roggia, sede di quel memorabile sorpasso di Michael Schumacher ai danni di Mika Hakkinen.
Cose che solo qui a Monza...

In azione nel Parco (fonte: andocorri.blogspot.it)

E poi, l'arrivo. Ventuno e più chilometri di fatica per una gran bella ricompensa, quella di tagliare il traguardo lì dove scende una bandiera a scacchi. Mi sdraio sull'asfalto, voglio abbracciare quella superficie "fatata". All'arrivo c'è tutta la famiglia di Giulia ad aspettarmi, e questo aumenta il piacere dell'arrivo e di una fatica che è sempre tanta, mai troppa e sempre idilliaca. Taglio il traguardo felice, per l'ennesima volta sui 21,097 chilometri.

Abbraccio rilassato all'arrivo (grazie a Barbara per la foto)

Raramente ho provato una simile gioia dopo una mezza maratona. Forse la prima volta, a Torino, quando la corsa era più un hobby che una passione. Forse in occasione del personale, a Novara (vedi post). Se le sensazioni sono queste, allora un'idea mi frulla in testa. Monza come appuntamento fisso di settembre: ventuno chilometri e una seconda famiglia sono ottimi motivi per ritornare su questo storico rettilineo. Appuntamento al 2015, dunque...
A presto!
Stefano

mercoledì 17 settembre 2014

Ci va... Costanza

Ciao a tutti!
Costanza non è solo una città che lega il suo nome ad uno dei laghi più grandi d'Europa e ad eventi storici che hanno cambiato le sorti del Vecchio Continente. È una città in cui è veramente piacevole vivere, dove si percepisce una qualità della vita estremamente alta, un'anima felice e spensierata, perfetto connubio tra il moderno e l'antico, dove natura e cultura si fondono in armonia.

Marktstätte, il cuore di Costanza

Il nostro approccio a Costanza non è proprio dei migliori. Entriamo nel territorio di Costanza dopo una tappa trascorsa a schivare i vari scrosci di pioggia (vedi post), e il cielo non promette nulla di buono. La vista della Schnetztor, la porta più importante sul perimetro dell'antica cinta muraria, ci riconcilia un po' il morale. Siamo nel centro città e anche le secchiate di acqua che ci vengono riversate sono attutite dalla presenza di numerosi negozi e centri commerciali. Nei quali puntualmente ci rifugiamo, con la scusa di uno spuntino piuttosto che non sfogliare futuro materiale sul quale imparare il tedesco.

Luce sulla Schnetztor

Cominciamo la visita di Costanza dalle sue vie più anguste, dove effettivamente si può comprendere lo spirito più "antico" della città. Di antico è però rimasto ben poco. Anche qui si è fatta sentire la guerra e la successiva ricostruzione. Sono però degne di nota alcune facciate di palazzi completamente stuccate o pitturate. Nulla a che vedere con la stupefacente bellezza di Stein am Rhein (vedi post), ma non sfigurano di certo. Ad esempio, le immagini riprodotte sulla facciata del Rathaus fanno riflettere: cosa trattano? Sarà il racconto dei fatti della pace di Costanza?

La corona e la tiara

Una piccola idea di ciò che successe in questa città tra il 1414 e il 1418 (il famoso concilio) lo si può trovare nel porto di Costanza. Qui sorge una discutibile statua, datata 1993, che raffigura "la bella Imperia", una cortigiana ferrarese che la leggenda rappresenta come donna in grado di sedurre i potenti. Nell'allegoria di questa opera Imperia sorregge i due simboli del potere di allora, l'imperatore Sigismondo e il papa eletto (durante il concilio stesso) Martino V. Completamente nudi, privi di ogni vestito, solo con i simboli del loro potere, rispettivamente la corona e la tiara. Come a voler dire: la brama di potere ti spoglia di ogni dignità... Particolarità: la statua, incredibile da credersi, è rotante.

Tutto punta in alto

Costanza ha due fulcri vitali, che la rendono una città veramente accesa. Uno è la Marktstätte, la piazza che conduce verso il porto; è una piazza rettangolare in cui spicca una sorta di Maibaum, il tipico albero della cuccagna facilmente ritrovabile in Baviera. Cosa sia effettivamente non l'ho capito, comunque. L'altro è la cattedrale, il cui campanile, altissimo, è simbolo stesso della città. Oltre ad essere un punto di riferimento per l'orientamento di chi, come me e Giulia, ha bisogno di orientarsi per le vie cittadine. È veramente immensa, la guglia è talmente alta che è un'impresa poterla inquadrare tutta nel mirino della mia fotocamera. Anche l'interno è ugualmente imponente (d'altronde, ha ospitato il concilio che ha messo fine allo scisma papale) ma non pareggia, a mio modo di vedere, lo splendore dell'esterno, nonostante un coro ed un portale notevoli.

Un po' di lungolago

C'è arte, c'è storia, ma c'è anche lo spettacolo di un lungolago curato, tutto da passeggiare e da apprezzare. Tutto quanto, fino alla Rheintorturm e al Rheinbrücke, la torre ed il ponte dove ricomincia il Reno. Lì comincia un altro viaggio, un'altra storia. Ed è tutta un'altra storia.
A presto!
Stefano

martedì 16 settembre 2014

Un commiato

Ciao a tutti!
Metabolizzare una partenza come quella che mi attende fra pochi giorni non è proprio cosa facile facile. Lo è ancora di più quando ciò che ti trovi a salutare è qualcosa che direttamente o indirettamente ha circondato quasi ogni attimo della tua vita. Parlo delle mie montagne, quelle che per anni ho avuto il privilegio di ammirare dal balcone di casa, da strade percorse ogni giorno e da ripidi sentieri. Volevo accomiatarmi da esse in maniera un po'... speciale. Facendo qualcosa di speciale. C'erano tante opzioni, ma alla fine ho scelto di camminare ancora una volta tra i monti della Val Pellice. Non un trekking normale, ma il giro dei rifugi della Val Pellice.

Quale strada, quale direzione...

Questo è un trekking ad anello che ricalca in parte il percorso del trail con partenza ed arrivo a Bobbio Pellice, una classica per gli appassionati piemontesi di skyrunning. Ci sono diverse possibilità di percorso. Quello scelto da me ha come sede di partenza al Rifugio Barbara Lowrie, dunque subito la salita secca al Colle Manzol e la conseguente discesa verso la Conca del Prà, passando di fronte al Rifugio Granero. All'altezza del Rifugio Jervis riparte la salita, la seconda del giorno, per il Colle Barant dove sorge il quarto ed omonimo rifugio sul percorso. Poi discesa fino al Rifugio Barbara.

Alba dal Rifugio Barbara

Non sapendo bene quanto potrebbe essere lungo questo trekking (fattibilissimo in giornata), opto per una levataccia ben prima dell'alba. In modo da vederla già al Barbara, l'alba. Quando parcheggio la mia auto al termine della tortuosissima strada che porta nei pressi del Barbara, i colori sono già decisamente rossastri. Di lì a poco sarà giorno, e Pian Fons, dove sorge il Barbara, e tutto di fronte a me. La salita inizia subito secca, quasi sempre molto dura. Qualche tratto facile c'è, ma non sono molti i passaggi in cui prendere fiato. Io, ovviamente, non mi risparmio. Dopo la deviazione che condurrebbe in direzione Valle Po, si trova anche qualche tratto con le catene: più una comodità che una necessità. Dopo circa un'ora e mezza sono già in cima al Colle Manzol, il punto più alto del trekking. Gran panorama, e un lago più in basso. La prima salita è andata.

Il sentiero verso il Colle Manzol

Inizio la discesa di gran carriera, tra i fischi delle marmotte e lo specchio verdastro del Lago Nero più in basso. C'è un po' di malinconia in questa discesa. L'erba non è più verde come a giugno, segno inconfondibile che l'autunno è sempre più vicino. E la mia personale malinconia fa il resto. Anche al Rifugio Granero, a pochi minuti dal colle, sembra deserto. Settembre non è più tempo di affari e si vede. Nessuno affolla l'ingresso del rifugio e anche lungo la discesa sono pochi gli escursionisti che incrocio e che provano a salire su.

Il piccolo Lago Nero dal Colle Manzol

La discesa regala una meravigliosa visuale sulla Conca del Prà, una delle mete più amate dai valligiani e non solo. Un anfiteatro di roccia che culmina col Monte Granero che circoscrive una sterminata prateria attraversata dalle prime centinaia di metri del torrente Pellice: uno vero spettacolo di natura ed estetica. Me lo guardo a lungo, perché sarà un'immagine che per molto tempo i miei occhi potranno scordare. Dovrò tenermela a memoria nella mia testa, o guardare le fotografie, fra poco.

Il percorso del tour dei rifugi della Val Pellice, con altimetria

La discesa giunge al termine e qui ha inizio una bella passeggiata di piacere lungo la Conca del Prà. Panorami già visti tante volte, con gli amici, con mio papà, da solo. Sotto il sole o con la neve che tutto copre. Nient'altro che relax, per le gambe e per l'animo.

Splendore e magnificenza: la Conca del Prà

Poco prima del Rifugio Jervis, si gira a destra per imboccare la carrozzabile verso il Colle Barant. Ampia carreggiata, e numerose mountain bike in picchiata verso il Jervis. La salita non sale erta come sul Manzol, ma assai più dolcemente. A scapito del chilometraggio. Tornante dopo tornante si risale di quota. Quando si esce dal bosco, il sole e il caldo sono tali che sono completamente ricoperto di sudore. L'unico refrigerio è in qualche nuvola che a tratti oscura il sole. E intanto, mi faccio inebriare dal panorama del Prà, opposto a quello di poche ore prima, ma non per questo meno attraente. Quando inizia la parte rocciosa del percorso è chiaro che il colle è vicinissimo. Così, superate alcune curve sulle quali sorge il Giardino Botanico Peyronel, si giunge al Barant.

Ultimi tornanti verso il Colle Barant

Qui si trova il rifugio Barant che sembra riprenda un vecchio edificio militare (non so se sia veramente così). Beh, la memoria torna al Rifugio Dolomites al Monte Rite (vedi post) e le sue lunghe mura in parte adibite a rifugio ed in parte a museo. Le nuvole si addensano e un po' di vento inizia a farsi spazio. Forse è meglio non indugiare troppo e proseguire verso l'ultimo tratto, in discesa, verso il Rifugio Barbara. Si tratta di una strada tranquilla, riposante, immersa nel verde di prati ed alberi. Così fino al parcheggio laddove avevo lasciato la mia auto...

Il Rifugio Jervis al Prà, visto dalla salita verso il Colle Barant

La discesa è veloce, perché mi aspetta una serata con Giulia e non posso tardare eccessivamente. Però, nonostante ciò, la mia testa continua a vagare su questi monti, immersa in pensieri legati a tutto ciò che ho amato e sognato. Grandi percorsi di montagna che tanto avrei desiderato percorrere e ai quali dovrò probabilmente rinunciare, per quanto tempo non lo so. Sicuramente mesi, probabilmente anni. Non è psicologicamente facile separarsi da ciò che ami, e questo è il primo assaggio di ciò che mi capiterà nei prossimi giorni. Tutto sommato è meglio farlo qui, nell'ambiente più accogliente che conosca lontano dalle mura di casa. Ma non c'è nulla da fare. Quando intraprendo la strada che mi porterà fuori dalla valle, una lacrima è inevitabile. Che altro non è se non il risultato matematicamente più ovvio dell'equazione dell'abbandono.
A presto!
Stefano

lunedì 15 settembre 2014

Passaggio a Lindau

Ciao a tutti!
Questo è il racconto di tanti pensieri che attraversano la mente in maniera incontrollata, che affollano i meandri più reconditi dell'anima. Non è una storia d'amore, non è un'avventura in montagna e tantomeno una delle mie pazze idee podistiche, è un luogo che ha affollato i miei discorsi e i miei pensieri per tanti mesi e che, per una ragione o per l'altra, non sono mai riuscito a vedere come si deve. Si tratta di Lindau, l'avamposto bavarese al confine con l'Austria. Meta di passaggio dei miei viaggi tra la mia terra e Schweinfurt, Lindau è una località che era tassativo visitare. Perché l'ho sfiorata tante volte, perché era l'ingresso in territorio tedesco, perché qui ho sognato tanto e tante volte. Forse per qualcosa che non riesco a spiegare, forse perché è semplicemente una città incantevole come poche altre in Europa. La Bodensee-Radweg mi ha permesso, finalmente, di entrarvi.

Il porto di Lindau

Ovviamente Lindau non è una città come tutte le altre: lo si può capire anche solo grazie alla sua conformazione geografica: sorge su un'isola del lato nord Lago di Costanza, raggiungibile da un ponte in parte stradale e in parte ferroviario. Lindau è una città visibilmente ricca, e non per caso è una rinomatissima località di villeggiatura, anche grazie alla stazione termale di Bad Schachen poco distante. La prima via che incontriamo, Maximilianstraße, è sintomatica del benessere che pervade l'atmosfera di questa città. Gli eleganti palazzi - a gradoni, affrescati, o a graticcio, ma quasi tutti rinascimentali - spesso ospitano negozi di classe. Questa via concentra in sé tutto lo charme di questa città. Sempre su Maximilianstraße si affaccia l'Altes Rathaus, che rappresenta, grazie alla sua facciata affrescata, uno dei punti più attrattivi di Lindau.

Das ist Maximilianstraße

Un altro piccolo cuore della città è la Marktplatz, un piccolo simbolo della spartizione di poteri nei secoli scorsi: verso ovest troneggia la Haus zum Cavazzen (dal nome di una famiglia di commercianti italiani), un palazzo barocco dai particolari affreschi; verso est è visibile la già evidente contrapposizione all'interno del panorama ecclesiastico tedesco tra evangelismo e cattolicesimo. Da una parte vi è St. Stephan, dall'altra St. Maria. Non chiedetemi quale è quella evangelica e quale quella cattolica, chi si ricorda più. Un giorno o l'altro scriverò qualcosa a riguardo di questa divisione religiosa.

Haus zum Cavazzen

Ma, come tante città che si affacciano sul Bodensee, la grande bellezza sta nel porto di Lindau. Decisamente il più bello di tutti. Probabilmente perché anche il molo è un'opera d'arte e anche un po' di natura: la visuale dal porto spazia sulle montagne sopra Bregenz e su Bregenz stessa, nonché su buona parte della sponda elvetica del lago. E poi, la cornice, splendida, della Mangturm, una torre medievale che rende unico il porto di Lindau. Caratteristico è il suo tetto, che alla luce del sole sembra come ricoperto di porcellana. Il porto di Lindau ha un forte valore simbolico per tutto il Land della Baviera: proprio davanti al faro, sorge infatti un altissimo leone, simbolo della regione. Come a voler dire "a voi che entrate in questa città, questa è Baviera". E nonostante tutta la regione del tedesca del Lago di Costanza sia dominata dal Baden-Württemberg, gli abitanti di Lindau sono fieramente orgogliosi di esporre le loro bandiere a rombi bianchi e blu.

La meraviglia di Holbein il Vecchio a Lindau

Passeggiando per le vie del centro si respira veramente una bella atmosfera. A volte sono ampie e luminose, come in Maximilianstraße, talvolta sono più anguste ma non per questo meno interessanti. Un esempio è la zona della Peterskirche. Per raggiungere questa meraviglia dell'arte rinascimentale tedesca è occorsa molta pazienza e dedizione. Essa è infatti una chiesa celata da mura e dalla Diebesturm. Essa conserva ciò che rimane di un incredibile ciclo di affreschi di Holbein il Vecchio, dei quali rimane solo più una parte. L'uso scriteriato di questa chiesa comemagazzino e poi l'abbandono hanno fatto sì che di questo ciclo rimanesse solo qualche pittura sbiadita. Ma ciò che ne rimane è veramente meraviglioso, e merita assolutamente la pena.

Il solito, stupefacente, Rathaus

La visita lungo le vie di Lindau termina qui. Forse potevamo fermarci ancora un po', ma l'arrivo della prima tappa a Bregenz, poco distante, ci attira a rimetterci in sella. Noi siamo tranquilli: sappiamo bene che qui a Lindau ci passeremo ancora tante, tantissime volte.
A presto!
Stefano

domenica 14 settembre 2014

Roarrr! 1.35.48 a Monza!

Ciao a tutti!
In una meravigliosa giornata di settembre come quella oggi, completamente baciata dal sole, ho chiuso la prima nona prova sulla distanza della mezza maratona con quello che alla luce di molti fattori è un tempo non trascurabile: 1h35'48" è ben lontano dal mio personale stabilito ormai più di un anno e mezzo fa. La posizione n.524 assoluta, la n.36 di categoria non sono comunque da buttare. Ma non è il risultato netto che infine mi interessa, l'obiettivo non era migliorare questa distanza, cosa impossibile visto il periodo in cui mi trovo nella preparazione, il clima molto caldo e il percorso impegnativo.

La partenza dall'Autodromo Nazionale di Monza (fonte: mezzadimonza.it)

Mi premeva di più capire il comportamento delle mie ginocchia, che ritengo sia stato positivo, e valutare la mia performance tornando indietro nel tempo ad un anno fa, quando a Parma corsi la stessa distanza più lentamente di mezzo minuto. E credo di poter affermare, anche in un percorso più facile rispetto a quello incontrato oggi a Monza. Insomma, tutti segnali molto positivi, per una sensazione di fiducia verso la possibilità di fare una maratona decisamente maggiore rispetto a qualche settimana fa. Tutto in un contesto mozzafiato, come quello della combinazione autodromo/parco. Ci sarebbero tante cose da raccontare, ma ora è molto più importante riposare queste gambe che oggi hanno fatto un gran bel lavoro...
A presto!
Stefano

sabato 13 settembre 2014

Passo dopo passo, tappa 1: si comincia da Monza

Ciao a tutti!
La lunga corsa verso un nuovo sogno lungo 42,195 km è cominciata già da circa tre settimane, ma ora si fa sul serio! La prima tappa di avvicinamento verso quella che vorrebbe essere la mia quinta maratona avrà luogo in Lombardia, a Monza, per l'undicesima edizione della Mezza di Monza.


Domani ci riprovo con la distanza accorciata della mezza maratona, come sempre ottimo test per verificare la propria condizione fisica, come già fatto l'anno scorso in occasione delle maratone di Barcellona e Torino. Non sarà una maratona alla ricerca di un record personale, sarebbe impossibile ora, nel momento di pieno carico di lavoro tra palestra e strada. Preferisco pensare che sarà una mezza "di conoscenza", per comprendere quale è il mio stato di forma, quali potranno essere limiti ed obiettivi per la distanza lunga. E dulcis in fundo, testare nuovamente il ginocchio su una distanza importante come quella dei 21,097 chilometri. Non mi pongo paletti particolari, solo correre spensierato.

Il percorso della Mezza di Monza

Anche perché la Mezza di Monza non si svolge su un percorso qualsiasi... la partenza e l'arrivo coincidono proprio con la griglia dell'autodromo di Monza, tempio della velocità. Un giro (quasi) completo della storica pista, sullo storico asfalto calcato dai più grandi piloti della Formula Uno, prima di uscire per percorrere i secondi due terzi di gara in quello che, a detta di tutti, è una meraviglia, il Parco di Monza. Ultime centinaia di metri di nuovo in pista, per chiudere in bellezza, anche se senza bandiera a scacchi. Non so, fatta eccezione per il circuito, che tipo di percorso sarà, se piatto o ondulato, se veloce o lento. Io correrò, il resto verrà da sé...
A presto!
Stefano

martedì 9 settembre 2014

Salem e Meersburg per il gran finale

Ciao a tutti!
Il post dell'ultima tappa della Bodensee-Radweg, quella che ci porta (e riporta) a Friedrichshafen comincia da una località dal nome un po' arabeggiante, Salem. Non è un tipico nome tedesco di città. Non finisce in -berg, -furt, -hausen, -burg, come credo l'80% delle città tedesche. Eppure questa città, grazie alla sua abbazia cistercense, è uno dei centri più ricchi dell'intera regione del Baden-Württemberg.

Semplicemente Meersburg

La nostra ultima tappa sulle rive del Lago di Costanza parte proprio da qui, Salem, una città nelle colline a nord del Bodensee e quindi ben lontano dal lago. Salem è di sicuro una delle attrazioni più importanti del comprensorio. Merito di una abbazia, o di un castello, dipende dai punti di vista. Ufficialmente è una abbazia che risale al XII secolo, ma con lineamenti barocchi ben più recenti a causa di un incendio che la distrusse nel '700, in seguito al quale fu completamente ricostruita. Con la secolarizzazione gli abati vennero cacciati e Salem acquisì lo status di castello, proprietà dei duchi del Baden. Rimangono però i rigidi palazzi, spettacolari nella loro austerità, così come il Münster, la chiesa del complesso di Salem, uno dei migliori esempi del gotico tedesco.

Salem, l'abbazia/castello e il Münster

Una visita completa all'abbazia sarebbe molto interessante, ma non vi è molto tempo: perché una delle peculiarità di questo complesso è ciò che sta di fronte all'abbazia. Una lunga serie di botteghe di artigiani si trova infatti nel lato opposto del cortile principale di Salem: si va dal calzolaio al falegname, dal vetraio al pittore, dal ceramista al fabbro, fino alla cantina, forse (soprattutto per me) la vera attrazione di Salem. Non resisto alla tentazione di acquistare qualche bottiglia di vino del Bodensee, dopo tutti i vigneti che abbiamo attraversato in questi giorni. Si, cinque chili in più e poco spazio nello zaino sono un sacrificio, ma scommetto che ne valeva la pena...

Particolari da Salem

Lasciamo Salem per riconquistare il lago. Ci aspettavamo, data la posizione collinare, una lunga e rilassante discesa, ma così non è. Messe alle spalle le mura di Salem, ci tocca subito sudare su uno strappo di poche centinaia di metri, prima di ritrovare un po' di relax in discesa. Il saliscendi continua fino ad una che poteva essere la seconda attrazione. A metà strada tra i centri abitati di Salem e Uhldingen-Mühlhofen sitrova la collina dell'Affenberg, una piccola oasi in cui trovano posto centinaia di scimmie. Un posto per famiglie, ma anche semplicemente per chi ama gli animali. La coda immensa davanti all'ingresso ci fa desistere e ci porta a proseguire lungo la discesa. Percorrendo sempre in mezzo a campagne e boschi, ritroviamo il lago in quel Unteruhldingen.

Il Bodensee visto dall'alto di Meersburg

Siamo di nuovo in riva al Bodensee. Da un lato il lago, dall'altro la strada. Non è il massimo del piacere pedalare con le macchine che ti sfrecciano a fianco. Fortuna che Meersburg è vicina, per trovare la possibilità di riconciliarci con le nostre gambe (e il nostro stomaco). Nella piazza antistante alla Unterstadttor, il portale che guida al centro del paese basso di Meersburg, consumiamo gradevolmente il pranzo. Seduti di fronte al lago. Poi dedichiamo un'oretta abbondante a Meersburg. E Dio solo sa quanto ne è valsa la pena.

Tetti di Meersburg

Probabilmente Meersburg è il paese (escludendo le città vere e proprie, come Costanza e Lindau) più caratteristico tra quelli che si affacciano sul Lago di Costanza. Meersburg non è altro che un promontorio di roccia a picco sul lago, un meraviglioso luogo scelto dai principi-vescovi di Costanza per la loro villeggiatura estiva. È dominata principalmente da due edifici: uno è il Burg, un castello veramente antico (si parla del VII secolo d.C.) e anche un po' diverso grazie al suo ponte levatoio. L'altro è il Neues Schloss, la sede dei principi-vescovi di Costanza che artisticamente parla ben altra lingua rispetto al Burg. È una residenza alquanto regale, grazie al suo stile barocco; le forme ricordano la chiesa di Birnau (vista solamente il giorno prima). Tra questi due edifici si sviluppa una serie di meravigliose abitazioni, in parte dalla caratteristica struttura a graticcio (che non smetterò mai di ammirare), in parte nello stile gotico tedesco. L'innumerevole presenza di piccoli negozi fa di Meersburg un centro abitato decisamente vivace, nel quale non ci può annoiare. Se proprio si vuole fare un appunto su questa cittadina, si può contestare il fatto che le strade che portano al borgo vecchio siano veramente ripide. Senza di queste però non si potrebbe ammirare la sublime visuale sul lago e sui vigneti ad est di Meersburg.

Disposizione al limite della perfezione

Già, i vigneti. Per alcuni chilometri, abbandonata Meersburg, si pedala costantemente tra i ricchi vigneti del Bodensee, alcuni di essi proprietà della Staatsweingut Meersburg, di proprietà del ministero regionale delle Finanze. A mio parere, questi sono i più spettacolari, quasi paragonabili a quelli ammirati solo un anno fa sulla Wachau (vedi post). Rispetto a quest'ultimi impressiona ancora di più la grande precisione geometrica dei filari. Insomma, un tipico esempio di perfezione e precisione tedesca.

Il sottopassaggio di Hagnau am Bodensee

Non sono più molti i paesi che ci separano da Friedrichshafen. Lo sappiamo grazie alla mappa e grazie al fatto che parte del percorso ciclabile si sviluppa lungo la strada da cui siamo arrivati solo sei giorni fa (ma nel diluvio). Incontriamo qualche località degna di nota, come Hagnau am Bodensee, che per tutti i cicloturisti è nota per il passaggio sotto l'imponente municipio comunale. Oppure Immenstaad am Bodensee, dove un romantico porticciolo e un rilassante lungolago ci invitano a fermarci per qualche minuto. A sdraiarci sul prato, a cercare l'ultimo relax da cicloturisti. Poi ripartiamo, e senza più fermarci, raggiungiamo Friedrichshafen.

Pochi chilometri alla fine

Qui non c'è più tempo per il museo Zeppelin, ma in cuor nostro c'è voglia di tornare in questa zona. Per il museo, che mi rode non aver visitato; per l'Eurobike, la più grande manifestazione fieristica di biciclette a livello europeo; per tanti, tantissimi punti in sospeso che potremmo chiarire in un secondo momento. Magari in compagnia di qualche amico che fra poco potrebbe venirci a trovare in terra teutonica.
Raggiungendo il giallo cartello che ci segnala l'ingresso a Friedrichshafen, sappiamo di avercela fatta ancora una volta, alla faccia di 230 chilometri e svariate ed arcigne salite. Sappiamo che un'altra bella avventura si è conclusa e che un'altra, di lì a pochissime ore, inizierà. Quella che potrebbe definirsi "l'avventura della vita"...
A presto!
Stefano

sabato 6 settembre 2014

Come l'ultimo desiderio

"Ma io mi sento uomo soltanto là dove il paesaggio è ancora quale la natura l'ha voluto."
Reinhold Messner

Contemplazione di fronte alla Conca del Prà

Ciao a tutti!
Questo è il personale saluto alle montagne che mi hanno accompagnato per tanti anni.
Ho voluto ancora una volta faticare sulla salita, emozionarmi di fronte a meravigliosi panorami, sentire l'aria fresca sulla mia pelle. Loro non spariranno, e nemmeno io. Ma non saranno più lì, a portata di mano. Ne sentirò la mancanza. Anzi, la sento già ora, che il momento del distacco non è ancora giunto ma è quantomai vicino. Una lacrima riga il viso.

venerdì 5 settembre 2014

Si sale in carrozza

Ciao a tutti!
La quinta tappa della nostra Bodensee-Radweg è quella del saluto alla città di Costanza, la città più grande tra quelle che si affacciano sul lago e al quale essa stessa dà il nome. La salutiamo molto presto, perché sappiamo di avere di fronte a noi una tappa lunga ed impegnativa. Non è un chilometraggio impossibile, ma siamo coscienti che ciò che incontreremo sul percorso della penultima frazione di ciclovia ci farà "perdere" molto, molto tempo.

Un accenno di Mainau

Raggiungiamo Costanza molto velocemente, in quanto l'albergo dista qualche chilometro dal vero e proprio centro, ma sono quasi tutti in falsopiano discendente. Giunti al ponte sul Reno, che si apre sul Bodensee, svoltiamo decisamente a sinistra, verso nord, per entrare nella zona residenziale di Costanza. Prima la manteniamo alla nostra sinistra pedalando sul lungolago attraverso i suoi idilliaci giardini e poi vi entriamo, assaggiando un antipasto del percorso che incontreremo per tutta la tappa: saliscendi continui, a volte più "sali" che "scendi" e in alcuni casi con pendenze che toccano anche l'8%.

Pedalare tra i filari

A pochi chilometri da Costanza si raggiunge uno dei luoghi più famosi del comprensorio del Bodensee, la Insel Mainau. Non è altro che una piccola isola, collegata alla terraferma per mezzo di un ponte. La sua peculiarità sono i suoi giardini, resi spettacolari da sculture floreali, dalla presenza di numerose specie di fiori, dall'elegante castello dei principi di Svezia e soprattutto dalla gabbia delle farfalle, qualcosa di mai visto prima che ha reso per me indimenticabile questa visita e questa giornata. Qui trascorriamo quasi quattro ore e credo che un post dedicato a Mainau sia il giusto tributo per un luogo che entra di diritto tra i posti più memorabili mai visitati in vita mia.

Un po' di Bodensee dal traghetto...

Salutata l'incantevole Mainau, la ciclovia prosegue in direzione Wallhausen, da dove ci imbarcheremo sul traghetto, al fine di superare l'arcigno tratto collinare di ciclovia, molto impegnativo e che richiede una dose di allenamento supplementare per essere percorso. Non ci si avvicina quasi mai al lago, bensì si rimane spesso all'interno di rigogliose aree coltivate a vigneti e frutteti, o si attraversano i saliscendi tra le case delle frazioni di Costanza. Alcuni di essi sono veramente difficili da superare rimanendo sui pedali. Con un po' di sforzo riesco nell'intento, Giulia preferisce prendersela comoda e scendere dalla bici. Fortuna che non sono salite chilometriche ma piccoli strappi.

...e da Überlingen

Poco prima di giungere all'imbarco di Wallhausen, Giulia viene colpita da un cartello che indica una posizione in cui è possibile balneare. Aspettavamo questo momento dal giorno in cui partimmo da Friedrichshafen. Parcheggiamo la bici e ci fiondiamo sul prato, dove ci sistemiamo in costume. L'impatto con l'acqua del Bodensee è traumatizzante. Gelida? Ma vah, molto peggio. Non possiamo che bagnarci fino alle ginocchia, andare oltre sarebbe da pazzi. Pazzia, per l'appunto. E questi tedeschi che invece il bagno lo fanno fino al collo e nell'acqua del Bodensee ci sguazzano gioiosi? Come facciano non lo so. Una veloce foto di rito e ci asciughiamo e rivestiamo, per riprenderci il più velocemente possibile dal gelo.

Un bagno anche per noi!

Arriviamo a Wallhausen per il traghetto stupidamente tardi, in quanto non ci avvediamo degli orari (una corsa ogni ora) dell'imbarcazione per Überlingen. Quando giungiamo al molo, il traghetto ha appena mollato l'ormeggio. Ci tocca aspettare un'ora prima di poterci imbarcare, che occupiamo a scrivere cartoline, nutrire un papero della zona e a leggiucchiare sull'e-book reader. Fortunatamente, al sole. La perturbazione della prima parte di ciclovia ha definitivamente lasciato il Lago di Costanza.
Il traghetto per Überlingen ci consente di apprezzare il lago da un'altra angolazione. Non più dalle colline, non più da percorsi a fianco, ma dal centro del lago. E soprattutto, l'esperienza traghetto ci fa apprezzare una volta ancora tutta l'estrema differenza tra Italia e i paesi del Bodensee. Qui c'è il vero trasporto integrato. Caricare una bici su un altro mezzo di trasporto, che sia un bus piuttosto che un treno o una barca, non è un problema. Anzi, è qualcosa di estremamente facile ed incoraggiato.

Le luci della sera a Birnau

Überlingen, da dove riparte il nostro percorso, è una gradevolissima cittadina, come molte sul lato settentrionale del Bodensee. Grazie alle torri che punteggiano il centro storico, alle sue piccole ma vivaci piazze, alla possibilità di shopping nelle vie del centro e ai ristoranti e locali in riva al lago, Überlingen offre diverse opportunità di trascorrere del tempo di alta qualità. Non a caso, tutto il centro di Überlingen è veramente colmo di turisti. Tanti di loro si godono la bella giornata in riva al lago. Noi invece saliamo in sella e ricominciamo la pedalata verso Salem.

La chiesa cistercense di Birnau

Prima di giungere alla stazione di Uhldingen-Mühlhofen, da dove parte il treno che ci consente di tagliare la lunga salita per Salem, passiamo di fronte ad uno dei luoghi più affascinanti che si incontrano lungo la Bodensee-Radweg. Parlo della chiesa cistercense di Birnau: l'edificio è un complesso barocco posto alla sommità di una collina sulla quale si trovano favolosi vigneti. La sua sagoma è inconfondibile dalla ciclovia, perché il suo campanile (rosa, come il resto dell'edificio) spunta imperioso nel cielo. Davanti ad esso invece, da un maestoso piazzale si gode della miglior visuale sul Bodensee. I paragoni con Maria Taferl, vista l'anno scorso, si sprecano. Non sono la stessa cosa: qui c'è un lago e non un fiume, ma sono altrettanto suggestive nella loro diversità. L'interno della chiesa merita una visita, in quanto la volta è meravigliosamente stuccata e affrescata, come impone la miglior tradizione barocca.

L'ultimo viaggio (per oggi)

Lasciata alle spalle Birnau, c'è ancora da pedalare per raggiungere la stazione di Uhldingen-Mühlhofen. Non è facilissimo trovarla, in quanto è lontana dal percorso della ciclovia. La montagna mi ha reso bravo nella lettura delle mappe e ha acuito il mio senso dell'orientamento; grazie a questo riusciamo a limitare la perdita di tempo. In stazione non vi è da attendere molto, fortunatamente. Il treno per Salem è veramente una grande comodità: ci fa risparmiare dieci chilometri di salita e qualche metro di dislivello. E soprattutto accorcia il tempo che ci separa dall'ennesima cena (la sesta consecutiva) a base di carne. Saranno anche ripetitivi con i pasti, ma dopo quaranta chilometri (e anche di più, a volte) di bicicletta e ore trascorse a visitare posti, se la cucina è buona non ci si lamenta mai!
A presto!
Stefano

giovedì 4 settembre 2014

Una nuova corsa, un nuovo sogno

Ciao a tutti!
Settembre è il mese della corsa. È una consuetudine che si ripete da due anni a questa parte, ormai. Perché settembre, il preludio dell'autunno, è il momento in cui mi ritrovo a fare i conti con l'inizio della preparazione per un nuovo sogno, una nuova fantasia, rigorosamente lunga quarantadue chilometri (e 195 metri). Le mie parole lasciano trasparire chiaramente la mia intenzione, anche per quest'autunno, di voler provare a correre la distanza più bella, più affascinante e ricca di suggestioni dell'atletica leggera, la maratona. Con tutto un carico di certezze ma anche di dubbi ancora da sciogliere.

Move your legs

A partire dalle condizioni del mio ginocchio destro, mai del tutto comprese. In realtà il dolore patito durante l'ultimo inverno non si è più presentato, in nessuna tipologia e condizione: né dopo le mie (purtroppo poche) escursioni in montagna, né dopo i 230 chilometri della Bodensee-Radweg, né dopo tutte le corse degli ultimi giorni. Per ora, non posso che ascoltare i consigli della mia osteopata di fiducia, cioè facilitare il recupero con il ghiaccio al termine di ogni sforzo fisico e lavorare duro in palestra rinforzando il vasto mediale tramite un lavoro "eccentrico" sulla pressa.
Ai timori relativi alla condizione del mio ginocchio, si aggiungono quelli dovuti al prossimo trasferimento in Germania. Con un trasloco in vista e i vari adempimenti burocratici e lavorativi da sbrigare, non sarà facile trovare il tempo necessario per le varie sessioni di corsa e l'affinamento in palestra. Parto dall'indubbio vantaggio di conoscere i percorsi sui quali effettuare gli allenamenti. Però c'è una vita che deve andare avanti indipendentemente dalle mie passioni, maggiori responsabilità... e ciò significa che sarà più difficile conciliare tutto ciò con la corsa. Non si può far altro che tenere duro e dare tutto, proprio come in corsa.
Intanto, per tutti questi motivi, non c'è ancora la certezza assoluta che quest'autunno sia al via della mia quinta maratona. Non c'è ancora nessuna iscrizione formale ad alcun evento, sarà dunque una decisione "last-minute"...

Direttamente dall'ultima mezza maratona

Allo stesso tempo, c'è tutto un bagaglio di certezze inamovibili con me che mi fanno ben sperare di poter partecipare alla maratona. Si riparte da un'ultima mezza maratona corsa in poco più di 1h40' (vedi post): al rientro dopo un lungo periodo di inattività non è male, nonostante abbia corso la medesima distanza anche oltre dieci minuti più velocemente. Inoltre, avere corso in allenamento sessioni da 11 e 16 chilometri al passo di rispettivamente 4'45"/km e 4'50"/km è tutto sommato un buon punto di partenza, considerando un'estate di quasi totale inattività podistica. Una settimana fa ho anche avuto modo di fare una piccola corsa serale in zona, meno di sei chilometri. Correrla a 4'13"/km, seppur faticando e sputando fatica, mi ha fatto capire che in realtà la mia attuale performance non è poi così scarsa. Ovviamente, i miei pensieri vanno all'estate scorsa, quando le sensazioni non erano affatto migliori. 
E poi, ci sono tutta una serie di altri piccoli fattori che, se sommati, possono essere un ottimo aiuto per ritrovare un bel ritmo di corsa. A partire dal nuovo lavoro in palestra: talmente massacrante che se prima, mentre correvo, sognavo la palestra, ora in palestra sogno di correre. E poi nuove scarpe, nuove abitudini alimentari per ritrovare più velocemente il peso forma (al quale sono molto più vicino rispetto ad un anno fa).
Tanti piccoli dettagli che sommati possono concretizzare un sogno che si rinnova costantemente al termine dei 42,195 chilometri. Riprovarci, ancora una volta, per vivere nuovamente la dolce fatica della maratona...
A presto!
Stefano

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