Sassolungo, un gruppo montuoso che non ha eguali nelle Dolomiti, un gruppo montuoso che meritava di essere circumnavigato nella sua totale interezza. Il Sassolungo, infatti, è gruppo che annovera più vette, nove per la precisione, oltre a quelle più note e conosciute, come il Sassolungo stesso e il Sassopiatto: Cinque Dita, Sasso Levante, Torre Innerkofler, Dente del Sassopiatto, Punta Dantersas, Torri del Sassopiatto. Tutte assai ravvicinate tra loro, difficilmente accessibili, che si innalzano da dolci pascoli. Perché percorrere un itinerario ad anello attorno a questo atollo di roccia dolomitica? Perché il Sassolungo è un gruppo unico nel suo genere, e dai sentieri che lo circondano i panorami di cui si può godere sono numerosissimi.
Il Rifugio Pertini è la base di partenza della mia escursione attorno al Sassolungo. Piccolo ed accogliente, il rifugio è ovviamente dedicato a Sandro Pertini, Presidente della Repubblica dal 1978 al 1985 e assiduo frequentatore di queste montagne, soprattutto della Val Gardena. Dal Rifugio Pertini il sentiero corre verso ovest, sempre a mezza costa, sui pendii erbosi ai piedi del Sassopiatto. È un sentiero molto piacevole, che rimane sempre sulla stessa quota, e garantisce costanti scorci panoramici sul Catinaccio e sulla Val di Fassa. Poco prima di incontrare il primo rifugio sul percorso, superato il Giogo di Fassa (il collegamento tra Val di Fassa e l'Alpe di Siusi) incontro un sentiero che sale sulla destra. È il sentiero che sale in cima al Sassopiatto, l'unica cima del gruppo raggiungibile a piedi. L'unica cima che salirò con i miei piedi in questi giorni di Dolomiti.
La parete ovest del Sassopiatto |
Il sentiero risale prima una piccola valle erbosa, per portarsi sui pascoli alla base del Sassopiatto, quindi iniziano i cinquecento metri di dislivello per raggiungere la croce di vetta della cima centrale del Sassopiatto. Una salita non eccessivamente ripida, ricca di zig-zag e dalle pendenze sostanzialmente costanti. Bisogna fare attenzione, soprattutto in salita e nella prima parte, ai segnavia ed agli ometti di pietra. Le indicazioni del sentiero non sono perfette e il quadro di insieme quando si avanza in salita non è mai completo come quando si procede in discesa. Dal sentiero che porta al Sassopiatto risulta evidente il perché del nome di questo monte. La parete est è un dirupo verticale, mentre la parete ovest è un piano inclinato di 30°, dalla superficie apparentemente levigata composta da erba, roccia e ghiaia e una cresta sommitale dentata. Dopo cinquanta minuti di salita, intervallata continuamente da pause di orientamento (lo ammetto, ho perso un paio di volte la via giusta, ma c'erano tante false indicazioni), vedo finalmente la croce di vetta. Sono in cima al Sassopiatto! Essendo la cima in posizione ravvicinata con il Sassolungo, il panorama in direzione est è il Sassolungo stesso, ma girandosi e osservando in altre direzioni si può ammirare un bel pezzo di Dolomiti, nuvole permettendo. Il Catinaccio e lo Sciliar, in particolar modo, così come i sottostanti prati dell'Alpe di Siusi. Poi la verdissima Val Gardena e i gruppi delle Odle e del Puez che la sovrastano a nord. Ma soprattutto, un inferno di roccia, il paradiso per chi ama questo genere di montagna: le guglie del Sassolungo e delle vette che lo circondano hanno radici profonde, risalgono verso il cielo senza timore. Tra di loro corrono valloni angusti, circondati da pietra terrorizzante e ghiaioni non meno rassicuranti. Un ambiente semplicemente da brividi. Proprio per la notevole inaccessibilità di questo ambiente, il gruppo del Sassolungo non offre molte possibilità agli escursionisti. Se non girarvi attorno.
Sulla cima del Sassopiatto non rimango a lungo. Il giro completo del gruppo richiede sei/sette ore, tanto tempo, e dell'Alpe di Siusi stanno risalendo nuvole che potrebbero significare una discesa nella nebbia. Possibilità che vorrei scongiurare, poter vedere ometti e segnavia è essenziale. Fortunatamente sono partito presto alla conquista del Sassopiatto, lungo la discesa incontrerò almeno una trentina di escursionisti. Tutti ansimanti, alcuni mi chiedono quanto manca alla vetta; io penso invece che potrebbero fare un'alta via valdostana...
In cima al Sassopiatto |
Al fondo della discesa trovo una gran folla al Rifugio Sasso Piatto, una struttura datata 1935 ma decisamente rimodernizzata rispetto a qualche anno fa (sono già stato qui in ben tre altre occasioni). Il motivo di tutta questa folla è molto semplice: questo rifugio è una delle escursioni più classiche dell'area, facilmente raggiungibile sia dell'Alpe di Siusi che dal Passo Sella.
Non è di certo qui che voglio fermarmi, anzi. Il giro del Sassolungo e del Sassopiatto è ancora lunghissimo. Prima di raggiungere il prossimo rifugio (il Rifugio Vicenza, lo Zallinger Hütte lo lascerò alla mia sinistra) serve completare il giro attorno al Sassopiatto, che è veramente una montagna enorme. Il tratto che separa i rifugi Sasso Piatto e Vicenza è forse il più piacevole dell'intero tour, salita e discesa mai difficili si alternano regolarmente e piacevolmente. Tutto il tratto è dominato dalla mole del Sassopiatto, ma soprattutto dai panorami sulla Val Gardena, ma soprattutto sull'Alpe di Siusi. I suoi verdi pascoli, qua e là interrotti da boschi di conifere, rappresentano una delle aree più interessanti delle Dolomiti, ottime se si vuole sperimentare un turismo "lento": raggiungibile in cabinovia e solo parzialmente in automobile, molte possibilità di escursionismo a misura di famiglia, senza dimenticare che il Sassolungo è lì, a guardare il lento scorrere del tempo sull'alpe.
Salita al Sassopiatto esclusa, l'ascesa al Rifugio Vicenza è certamente il tratto più severo fisicamente. Il Rifugio Vicenza è incastonato al termine del vallone del Sassolungo, ai piedi della Punta Dantersas e circondato da tutto il circo di guglie e vette che costituisce il gruppo del Sassolungo: uno dei rifugi alpini più spettacolari che abbia mai incontrato in dieci anni di escursionismo. Per raggiungerlo, bisogna sudare non poco, però.
Salita al Sassopiatto esclusa, l'ascesa al Rifugio Vicenza è certamente il tratto più severo fisicamente. Il Rifugio Vicenza è incastonato al termine del vallone del Sassolungo, ai piedi della Punta Dantersas e circondato da tutto il circo di guglie e vette che costituisce il gruppo del Sassolungo: uno dei rifugi alpini più spettacolari che abbia mai incontrato in dieci anni di escursionismo. Per raggiungerlo, bisogna sudare non poco, però.
Lo sforzo è però ricompensato dall'ambiente incredibile del Sassolungo. Le pareti attorno al Rifugio Vicenza cadono verticali ed imperiose a poca distanza da questa vecchia struttura che nei giorni d'estate si riempie a dismisura di escursionisti. Da lontano appare come un nido d'aquila, ma sono le immense proporzioni delle vette circostanti che lo rendono così falsamente piccino. Il Rifugio Vicenza è uno dei tanti rifugi dolomitici passati in mano al CAI dopo la Grande Guerra. Questo era proprietà della sezione viennese del DÖAV, prima di passare al CAI di Vicenza al termine della guerra.
Lascio il Rifugio Vicenza diretto al Rifugio Comici, dedicato al grandissimo arrampicatore, morto a Vallunga per un banale incidente in falesia e che sulle pareti del Sassolungo ha firmato una delle sue tante imprese: la prima salita alla guglia che oggi prende il nome di Salame Comici (pare sia impressionante se visto da Santa Cristina in Val Gardena). Se da un lato il Sassolungo offre scarse opportunità escursionistiche, dall'altro ne offre parecchie alpinistiche. Non solo Comici ha lasciato il segno su questo gruppo, ma anche alpinisti di grande spessore, come Gino Soldà, Reinhold Messner, Angelo Dibona e Ivo Rabanser.
Il Rifugio Vicenza |
Questo è un tratto lungo e che mi ha provato fisicamente, il continuo saliscendi su sentiero "scomodo", pieno di sassi e roccette, l'aggirare lo sfasciume... si fa sentire sulle gambe. D'altro canto, il panorama sull'Alpe di Siusi e sulla Val Gardena (curiosità: si può vedere anche il tratto iniziale della Saslong, la pista in cui si disputano le gare di Coppa del Mondo di sci alpino) rimane immenso, fino alla Forcella Ciaulonch. Lungo tutto questo tratto, si può toccare con mano la possanza e la verticalità delle pareti del Sassolungo: rimanendo sul sentiero alto (dopo la Forcella Ciaulonch si può continuare il percorso su un sentiero più agevole in basso) ci si cammina a fianco, a volte su una piccola cengia. In alcuni tratti, invece, il sentiero "entra" nella pietra e si può camminare proprio sotto la nera roccia del Sassolungo. Proprio qui si può meglio apprezzare l'origine del Sassolungo e delle rocce che lo compongono, un enorme affioramento calcareo proiettato direttamente verso l'alto, dove non esistono fasce intermedie tra i pascoli e la roccia. Alzando lo sguardo, lo strapiombo del Sassolungo è assolutamente impressionante.
Al Rifugio Comici (più ristorante di classe che rifugio alpino, mi preme segnalare) appare finalmente anche il Gruppo di Sella. Ne approfitto per fermarmi e bere qualcosa di fresco. Caronte è arrivato anche qui, in quota, e ho una sete pazzesca. Dal Rifugio Comici fino ai rifugi del Passo Sella (Passo Sella, Valentini, Salei), il sentiero è un grande balcone sul Gruppo di Sella e sulle vette del gruppo. Da qui, le vette del Sassolungo iniziano finalmente a diventare chiare, o meglio, riconoscibili. Ci ho messo una giornata, ma infine sono riuscito a distinguere il Sasso Levante (o Punta Grohmann, dedicata al primo salitore del Sassolungo, Paul Grohmann) dalla Torre Innerkofler e il Sassolungo dalle Cinque Dita. Una curiosa leggenda è legata al nome di questa vetta, che in realtà è fatta di molteplici punte. Si narra che nei dintorni del Sella vivessero giganti pacifici in pace ed armonia con i montanari. Uno di loro, il Sassolungo, era però più discolo e si divertiva a farne di ogni colore agli alpigiani. I giganti non vollero credere alle sue bugie e per mezzo di un incantesimo venne seppellito sottoterra. Ma rimase fuori una mano, quella che oggi prende il nome di Cinque Dita.
Il Salame Comici |
Prima di arrivare al Passo Sella, si incontra un'area che è curiosamente denominata Città dei sassi. Si tratta di enormi e spettacolari blocchi che si sono letteralmente staccati dalla parete est del Sassolungo (circa diecimila anni fa). Questo è l'unica traccia intermedia tra la parete verticale e i pascoli circostanti nel gruppo del Sassolungo. Tutti i grandi giganti dolomitici sono circondati da ghiaioni e zone di frana (uno degli esempi più lampanti è il gruppo delle Tre Cime di Lavaredo), mentre il Sassolungo no. La Città dei Sassi è l'unica traccia di una frana nel gruppo del Sassolungo; il sentiero basso tra il Rifugio Comici e il Passo Sella si perde in questo labirinto di massi, un labirinto che suscita grande malinconia. Perché, presto o tardi, questa sarà la fine delle Dolomiti, indipendentemente all'antropizzazione di questa area o dai cambiamenti climatici.
Cerco di superare il più velocemente il bailamme di Passo Sella. Un paradiso rovinato dalla mercificazione del territorio: alberghi che si professano rifugi, orrendi impianti di risalita per sciatori, sentieri che sono stradone, orrendi parcheggi. Affronto l'ultimo dura salita del giro, quella alla Forcella Rodella, il passo che sta ai piedi del Col Rodella, ove arriva una funivia dalla Val di Fassa. Tutte le opere che si trovano qui sono decisamente invasive sul paesaggio del Passo Sella, assai poco rispettose dell'ambiente e del panorama di uno dei più meravigliosi passi dolomitici.
Dal Col Rodella il giro del Sassolungo e del Sassopiatto segue il sentiero noto come l'Alta Via Federico Augusto. Parte dal Col Rodella e termina all'Alpe di Tires, e prende il nome dal re di Sassonia, Federico Augusto III. Oltre ad essere un sovrano, Federico Augusto III era un escursionista e uno scalatore provetto. Quando veniva in montagna (soggiornava a Siusi allo Sciliar) amava rimanere nell'anonimato, mescolandosi a montanari e scalatori. Era un alpinista instancabile, i suoi accompagnatori lo descrivono come un amante della natura, è per amore della natura non si poneva problemi ad affrontare gelo e pioggia, o lunghe escursioni di oltre dieci ore. Proprio per questi motivi era molto amato dai montanari di Siusi e dalle sue guide. Nell'occasione della sua scalata al Großglockner, fece recapitare alle sue guide un prezioso premio: una fibbia d'argento decorata con il simbolo della corona sassone. Un monarca come pochi.
Praterie fiorite sotto il gruppo del Sassolungo |
A Federico Augusto III è dedicato anche un rifugio, l'ultimo prima di raggiungere nuovamente il Rifugio Pertini. Un rifugio meraviglioso, curato nei minimi dettagli, quasi un albergo in quota, e arricchito di tanti stereotipi di matrice tedesca. Cameriere in abiti bavaresi, tavoli sistemati come un Biergarten, la musica di Heidi dalle casse. È chiaramente un rifugio che vuole attrarre i gitanti di un giorno, vista la vicinanza con il Passo Sella, ed è meno interessato agli alpinisti.
Al Rifugio Pertini non manca più molto. Il sentiero si restringe e corre sempre vicino alla roccia, talvolta superando qualche canalone detritico. Occhi in basso per vedere dove si sta andando, occhi in alto per osservare lo spettacolo della roccia del Sassolungo, che proprio nel versante sud concentra diverse vette. Quando vedo che il Dente del Sassolungo, sotto il quale si trova il Rifugio Pertini, è più vicino, capisco che la fine delle fatiche è giunta, e il favoloso giro del Sassolungo e del Sassopiatto è concluso! Ora un po' di riposo è necessario, perché domani avrò ancora a che fare con il Sassolungo, e questa è una montagna che fa sudare...
A presto!
Stefano
Complimenti, bel post!
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