Visualizzazione post con etichetta Maratona di Roma. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Maratona di Roma. Mostra tutti i post

martedì 2 gennaio 2018

Tutti i colori delle maratone

Dieci maratone. Dieci volte i 42,195 chilometri. Dieci medaglie sudatissime. Dieci preparazioni. Dieci emozioni diverse, dieci storie che si possono riassumere in modo molto semplice.
Con un colore.

Dieci colori per dieci maratone

Il bianco è indubbiamente il colore della mia prima maratona, nel 2012 a Torino. Perché è stata la mia prima esperienza con questa distanza. Il bianco è il colore della prima pagina da riempire di ricordi. E chi l'avrebbe mai detto, che poi di ricordi ce ne furono ancora così tanti...
Alla mia seconda maratona, a Barcellona nel 2013, associo il rosa. Un colore lieto e pieno di speranza, al quale collego il bel ricordo di una settimana catalana ma soprattutto i giorni in cui poi mi stavo innamorando... di colei che poco più di tre anni dopo sarebbe diventata mia moglie.
L'azzurro è il colore della mia prima maratona a Venezia, sempre nel 2013. L'azzurro è colore di positività (e come non esserlo dopo aver migliorato il mio personale di oltre quattro minuti?), ma è il colore del cielo di Venezia dopo aver sfondato il muro di nebbia della pianura, è il colore delle acque del Canal Grande, un momento per il quale vale la pena essere un maratoneta.
Il grigio è il colore della mia seconda maratona a Torino, nel 2013. La sintesi del bianco e nero che indossai quel giorno, ma soprattutto è la giornata plumbea, un esito di certo non brillante (rimane tuttora la peggior performance) e molti episodi che mi hanno deluso - mi riferisco alla scadente organizzazione e ahimè, mi duole ammetterlo, ai torinesi stessi. Episodi che mi hanno allontanato da quella maratona che dovrebbe essere "di casa".
La mia seconda volta a Venezia, nel 2014, in cui sono fortissimamente voluto tornare dopo la bella esperienza dell'anno precedente, è quella che senza dubbio alcuno lego al colore rosso. Il colore dell'amore per una maratona, in cui sì, limai di un minutino il mio personale, ma che io ricordo solamente per aver chiesto a Giulia se voleva sposarmi...
La mia prima volta all'estero è stata nel 2015, ad Amburgo: la maratona che io abbino al colore verde. Per un percorso, per l'appunto, ricco di verde, ma soprattutto per l'equilibrio che mantenni per tutta la corsa. Per una speranza concretizzatisi nel nuovo personale e finalmente, per la prima volta, in una maratona completata in 3h15' (e qualcosina).
Dunque è il turno del viola, il colore della sofferenza. E mai come nel 2015 a Firenze sperimentai questa sensazione negli ultimi cinque chilometri. Quelli che furono i chilometri molto probabilmente più lenti che abbia mai corso in una maratona.
Anno 2016, maratona di Berlino. Una chance di miglioramento sfruttata male, per una preparazione troppo lunga, un allenamento svoltosi in un caldo fuori dalla norma, la sfiga. E soprattutto il ritorno a casa con un piede rotto. C'è poco da aggiungere, il colore che associo a questa maratona è certamente il marrone.
La maratona che a livello di risultati ritengo la più bella di sempre la lego al colore arancio. Parlo della maratona di Roma, nel 2017: un percorso duro scelto per ritornare sui 42,195 chilometri dopo mesi per rimettermi in forma dopo la frattura al piede, convinto di non poter mai e poi mai migliorare il mio miglior tempo. E invece, in una giornata tetra, dopo due acquazzoni (e un terzo evitato per questione di minuti) e sampietrini che diventano saponette, arrivo ai Fori Imperiali con il miglior tempo di sempre. Nelle gambe, quel giorno, avevo il fuoco.
Il giallo, che per me è sinonimo di maturità, lo voglio associare alla mia decima maratona, la terza a Venezia. Decima maratona che corsi più per romanticismo che per vera volontà: era la decima, e avrei desiderato tanto che fosse a Venezia. Per innumerevoli ragioni. Ma le gambe non sempre vanno di pari passo con la testa. E se manca quella, non si va lontano. Solo con l'esperienza di dieci maratone sono arrivato al traguardo senza massacrarmi. Già proiettato verso la prossima volta...
Bis bald!
Stefano

sabato 2 settembre 2017

Fulmini sulla capitale - Il racconto della mia maratona di Roma 2017

Dopo un piede rotto, un mese di totale inattività, e settimane di recupero, si dovrebbe badare a ritornare a correre, invece di pensare a ritornare a correre più forte. Proprio per questo avevo scelto di correre a Roma: è una maratona dura, sulla quale non nutrivo ambizioni particolari, ideale per un rientro su questa distanza. Quello che voleva essere per me un viatico primaverile in vista di un bel miglioramento in autunno, si è trasformato in una maratona indimenticabile, perché in condizioni climatiche non ideali e su un percorso tosto, ho chiuso la maratona di Roma con un tempo che rappresenta il mio attuale miglior tempo sui 42,195 chilometri: 3:13:06, oltre un minuto dal vecchio record stabilito a Firenze. Un tempo tutto da raccontare.

Tutti dietro!

Fino al venerdì pomeriggio antecedente la domenica di gara, avrei immaginato di soffrire il caldo della capitale. A Roma, ad inizio aprile, il clima può essere già rovente per un maratoneta. Ma venerdì sera - ricordo bene quel momento, ero sotto il colonnato di San Pietro - ecco il pesce d'aprile: cambio repentino delle previsioni e temporali previsti per domenica mattina. Cerco di consolarmi dalla sconfortante notizia pensando che sì, in fondo è meglio una maratona bagnata che una maratona afosa, se si vuole puntare alla prestazione pura.
Eppure quando mi sveglio e lancio un'occhiata dalla finestra, sembra ancora tutto asciutto. E fresco. Inizio a nutrire qualche speranza per una maratona in condizioni perfette. Non ci voglio pensare, e col mio passo svogliato ed addormentato scendo alla reception per prelevare un non troppo ricco pacco-colazione (è troppo presto per l'albergo per servire la colazione) che integro con altre provviste acquistate nei giorni precedenti, in modo da fare il pieno di nutrienti che dovranno alimentare le mie gambe di lì a tre ore, il momento della partenza. Prima di uscire controllo di avere tutto ciò che mi può servire prima dell'ingresso nella gabbia, e fisso il pettorale alla mia canotta, con rigoroso scrupolo. Dunque si esce: la Via Nomentana è viva solo grazie alle luci dei negozi e di bar che iniziano ad accendere la loro domenica di lavoro. Nel sottopassaggio della stazione Nomentana i barboni dormono ancora.

L'ora della partenza si avvicina (fonte: facebook.com/maratonadiroma)

Alla stazione Libia della metropolitana, c'è già un capannello di maratoneti. Avvicinandosi alla fermata del Circo Massimo, da dove usciranno tutti gli atleti che raggiungono la zona di partenza in metropolitana, il vagone nel quale sono seduto anch'io si riempie progressivamente di alcuni tra le migliaia di maratoneti che calcheranno Via dei Fori Imperiali nel giro di qualche decina di minuti. Ci sono tante lingue, tante bandiere e soprattutto i tanti colori - maglie, scarpe e accessori (alcuni veramente discutibili, trattandosi di una corsa su strada). Nello spazio di mezz'ora, trascorso nelle viscere della metropolitana di Roma, il giorno sorge sulla Città Eterna e, di fronte alla spianata del Circo Massimo, si rivela per ciò che sarà durante tutta la giornata: coperto da nubi plumbee.
Per raggiungere la zona di partenza, c'è da scarpinare e non poco. Un pre-riscaldamento leggero, lo si potrebbe definire. La splendida Via di San Gregorio è il portale di accesso al Colosseo, attorno al quale sono stati parcheggiati i camion messi a disposizione dall'organizzazione per contenere le borse con gli effetti personali dei maratoneti. Di fronte al Colosseo sono stati parcheggiati anche i bagni mobili, scelta che ha fatto molto scalpore tra i turisti e sui social network: ma ci si rende conto che stiamo parlando di un evento che dura un giorno, uno? Prima di entrare nell'area riservata ai maratoneti, dalle quali famiglie si devono ora separare, mi incontro con il mio compagno di squadra Maurilio, il quale sarà di non indifferente aiuto. Infatti, nella fretta di lasciare l'albergo mi sono completamente dimenticato di portare con me la vaselina che spalmo sui capezzoli prima di ogni corsa superiore ai 25 chilometri, onde evitare il loro insopportabile sanguinamento. Mi faccio prestare un po' di crema e anche questo pericolo è scampato. Ora si può entrare nel mondo della maratona di Roma.

Davanti a San Pietro, sotto la pioggia battente

Cerco il camion al quale è destinato il mio zaino. Consegnare i propri effetti personali è un momento topico della domenica di corsa, perché da quel momento si è da soli contro la maratona. Dentro quello zaino c'è una piccola parte di te. Soprattutto, dopo la consegna non ho più conforto alcuno da amici, familiari, moglie. Solo un corpo al vento per oltre tre ore.
Guardo il cielo color cobalto e cerco di rimanere fiducioso: concretamente, rinuncio a indossare il visore che utilizzo normalmente negli allenamenti sotto la pioggia. I camion sono stipati attorno al Colosseo. Sono tantissimi, serve tempo per superarli e immettersi in Via dei Fori Imperiali, dove si trova la zona di partenza. Non entro subito nella gabbia a me destinata (la più veloce, professionisti esclusi!). Eseguo un quarto d'ora di riscaldamento vero e proprio, seguito da stretching, tra altri atleti pronti a dare il massimo sui sampietrini di Roma. Di certo, non una sessione lunga, perché l'innata paura di fare tardi alle gabbie alla fine prende il sopravvento.
La partenza è quasi alla fine di Via dei Fori Imperiali. Bisogna percorrerla tutta per raggiungere la propria gabbia - ovviamente dopo aver lasciato gli ultimi liquidi nei vari bagni chimici dislocati lungo l'area di partenza (in alternativa, ci sono i muri di quelli che mi sono apparsi come uffici del turismo). Una volta dentro la gabbia, si prega che le lancette possano scorrere velocemente, che il momento del via arrivi in fretta. Il batticuore si fa insostenibile, e le musiche de Il gladiatore non aiutano certo ad attenuarlo. I dolorini escono all'improvviso, tutti quanti insieme, quasi come un monito: "fra tre ore, sentirai ben altro!". Alzo lo sguardo al cielo per qualche secondo, come faccio sempre prima della partenza di una maratona. Sono secondi in cui ripenso a mesi di allenamento, iniziati con il gelo sull'asfalto e terminati con i primi fiori tra i ciuffi d'erba, di fatiche, di gambe stanche. Mi riportano sulla terra le poche parole del sindaco di Roma, in procinto di sparare il colpo che darà il via alla corsa. Sì, sono a Roma, nella città eterna, e tra le sue meraviglie fra pochi secondi correrò una maratona...

Primo passaggio davanti al Vittoriano (fonte: facebook.com/maratonadiroma)

VIA! La maratona di Roma inizia sotto un cielo che fa paura ma intanto, nelle prime centinaia di metri, bisogna trovare i varchi giusti per non rimanere intrappolati nella bolgia della partenza. Cosa che puntualmente mi accade dopo pochissimi metri, dietro a due sudafricani che partono come se fossero in una scampagnata primaverile, sobbarcandosi gli insulti (meritati, si) di un paio di maratoneti romani. L'andatura è abbastanza ridotta nei primi cinquecento chilometri, dove si assaggia il primo tratto di sampietrini. Bisogna arrivare in Via Petroselli per trovare quell'ampiezza di carreggiata che permette di poter allargarsi e correre più comodamente senza un continuo rallentare e accelerare. Mi tengo sulla sinistra nel chiudere il primo chilometro (4'34"/km), perché so che la curva che conduce alla prima salita, quella del Circo Massimo svolta proprio sul lato mancino. Una salita di riscaldamento, perché arriverà molto di meglio nel corso della maratona. Ma non è la salita il problema.

Piazza Navona, inizia l'ultimo tratto nel centro più centro

Una curva a destra collega Via dei Cerchi (il viale che costeggia l'area del Circo Massimo) e il Viale Aventino. Proprio qui, sento sulla pelle la prima goccia di pioggia. Pochi metri dopo, quando ormai il percorso punta dritto verso il quartiere Ostiense, ecco i primi tuoni che arrivano da sud. Le gocce di pioggia si intensificano sempre di più, ma se tutto rimanesse così proprio non ci si potrebbe lamentare. Anzi, meglio correre al fresco che nell'afa. I primi chilometri li prendo proprio tranquillamente, forse un po' spaventato da cosa potrei incontrare: pioggia? salite? Il ritmo tra 4'30" e 4'40"/km, è comunque positivo, perché sicuramente non è lento e altrettanto non è eccessivo. Premere sull'acceleratore già dalle prime battute è un problema di tanti maratoneti, e anche mio. Perché quando si ha benzina, la si vuole usare, dimenticando che il distributore per un maratoneta compare solo due giorni dopo la corsa.

Via!

Sul Ponte Settimia Spizzichino incontro le prime avvisaglie di ciò che sarà: un vento fortissimo che sposta tutti gli atleti sulla destra della carreggiata. Curva a sinistra per immettersi sulla Via Ostiense e, poco prima di intravedere la Basilica di San Paolo fuori le Mura, inizia a piovere copiosamente. E in pochi secondi diventa diluvio. Questo è un vero e proprio temporale, verso il quale mi sto avvicinando. Da esso mi riparo per qualche decina di metri, trovando conforto sotto i folti alberi tra i due sensi di marcia di Viale San Paolo, ma poi il percorso prevede una curva a sinistra per ricongiungersi nuovamente con Via Ostiense. E la sento tutta.
In pochi secondi la maglietta è un tutt'uno con il mio corpo e anche le scarpe sono presto fradicie. Schivare le pozzanghere già è attività complessa normalmente, farlo in Italia, dove le strade sono normalmente in condizioni pietose, è praticamente impossibile. Canottiera bagnata, pantaloncini bagnati, scarpe bagnate. "Coraggio, stavolta ti tocca andare in fondo così, sotto il diluvio". Poco prima del Ponte Marconi, inciampo in un'altra pozzanghera che sì, mi fa imprecare, e cerco positività nelle parole della mia amica Margherita, che Roma la conosce bene, e che il giorno prima mi aveva indicato (potrei quasi dire che fu un monito) come nella capitale i temporali sono tanto improvvisi quanto veloci nell'estinguersi. Infatti, appena arrivati sulla riva destra del Tevere, tutto si placa: quindici minuti di ira del cielo, dunque la calma. La pioggia continua a scendere ma con ben altra intensità.

Piazza del Popolo

Il primo tratto sulla sponda destra del Tevere è quello più brutto, non tanto per l'intensità e la qualità di corsa (stabile tra 4'35" e 4'40"/km), ma per le zone attraversate dal percorso. Devo attendere qualche chilometro per oltrepassare nuovamente il Tevere, al Ponte Testaccio. Qui il percorso ritrova un'altra Roma, una Roma più consona alle mie aspettative. Ma il ritmo non cambia - e questo è un bene, perché mantenere un passo costante per molti chilometri è una delle chiavi per riuscire nell'intento di non crollare negli ultimi chilometri. C'è pure qualche piccola nota positiva: un po' di sole si affaccia tra le nuvole, e mi accompagna per i chilometri lungo il tratto alberato del tratto di Lungotevere tra il Ponte Sublicio e il Ponte Cavour. Nulla di serio, ma la presenza di qualche pavido raggio di sole mi conforta e mi dà vigore per provare ad incrementare leggermente il ritmo di corsa fino alla soglia dei 4'30"/km. Non è un accelerazione importante, ma un piccolo" colpetto" alla media di corsa.

La prima salita, verso il Circo Massimo (fonte: facebook.com/maratonadiroma)

Superato per la terza volta il Tevere, mi ritrovo a fare i conti nuovamente con la pioggia. Mi trovo in Piazza Cavour quando ricomincia a piovere. Qui mi rendo conto appieno di come i sampietrini siano un terreno insidioso reso ancora più infido dalla pioggia. I piedi lo percepiscono appena, ma quanto basta per capire che sui sampietrini bagnati bisogna correre con cautela. Se volessi trovare una formula che spieghi cosa significa correre su un sampietrino bagnato direi che è quasi come correre sul sapone, soprattutto quando la pioggia non è intensa.
Via Crescenzio, Via di Porta Castello, una curva a destra ed eccoci in Via della Conciliazione. Il passaggio alle porte di Piazza San Pietro avviene sotto la pioggia battente, ma non per questo è un momento meno emozionante. Vedo i maratoneti che mi precedono, e nonostante stiano tutti facendo qualcosa di grande, sembrano così piccoli di fronte alla maestosità della Basilica di San Pietro, minuscole particelle nell'imponenza di Roma.

Meno di un chilometro, so già bene che è stata una grande maratona

Superato il Passetto di Borgo, il percorso punta verso nord, dove si vanno ad incontrare ampi e lunghi viali raccordati da curve ad angolo retto. Questo lungo tratto, che separa San Pietro dai chilometri che precedono lo Stadio Olimpico, sono forse i più difficili, perché vissuti nell'incertezza. L'unico conforto arriva dal cielo, che smette di scaricare acqua pochi minuti dopo aver lasciato alle spalle il Vaticano. Per il resto, sono chilometri di titubanze e di tentennamenti. Mi sono sentito palesemente in difficoltà nel leggere i segnali che arrivano dalle gambe. Mille domande attraversano la mia mente. Fin dove posso spingermi in questa maratona? Posso provare ad incrementare il ritmo senza andare fuorigiri? O è meglio puntare a mantenere un ritmo accettabile per arrivare in condizioni accettabili fino al chilometro 37/38 e dunque scaricare tutto il serbatoio nel finale? Sono domande che non trovano immediatamente risposta, perché è anche dal cronometro - che registra più metri di quelli effettivamente percorsi - che non trovo aiuto. Nell'indecisione, tuttavia, registro alcuni chilometri corsi ad un passo relativamente veloce. Tra il chilometro 18 (appena dopo Piazza San Pietro) e il chilometro 23 (dove il percorso riabbraccia il corso del Tevere) registro una accelerazione nel passo gara che mi mantiene costantemente sotto i 4'30"/km - una soglia importante, perché correre sotto i 4'30"/km significa chiudere una maratona in 3h10'.
Non è il mio obiettivo chiudere in 3h10', so che è troppo ambizioso in un percorso duro come quello della maratona di Roma, per di più affrontato con la pioggia e dopo un ciclo di allenamento affrontato al termine di un lungo stop dalla corsa. Però non voglio avere rimpianti al traguardo, non voglio guardarmi indietro e dover constatare che potevo fare di più. In questi chilometri mi chiedo cosa è meglio fare, se attendere a dare tutto oppure iniziare il forcing. Mancano ancora tanti chilometri e già tanti ne ho percorsi, questo è il momento delle decisioni più complicate. Quello che succede nella realtà (senza che io lo volessi appositamente) è che accelero, ma senza strafare, mantenendo sempre un po' di margine per un ulteriore cambio di passo.

I più forti hanno già fatto il vuoto in pochi metri (fonte: facebook.com/maratonadiroma)

Quando arrivo nella zona del Foro Italico e dello Stadio Olimpico, mi trovo intorno al chilometro 25 e i dubbi mi tormentano. Interpretare i dati che arrivano dal cronometro diventa qualcosa di cervellotico, perché bisogna considerare anche l'errore di misurazione (ampio). Questo è il momento in cui mi sento le energie iniziare a calare. Non un crollo repentino, ma piccoli segnali di cedimento. E non so perché, attorno a me, ci sono tanti maratoneti che mi superano con vigoria. Appena superato il Ponte Duca d'Aosta - l'ultimo ponte sul Tevere - mi supera a velocità tripla un maratoneta che secondo me è partito con la seconda ondata. Cazzo, quanta benzina aveva nelle gambe. Questo è il momento più difficile della mia maratona.
Da quel momento, faccio fatica ad ingranare. Sento le mie gambe come addormentate e incapaci di svegliarsi dal torpore. Non mi sento stanco, bensì come sotto l'effetto di un sonnifero. Dopo quel sorpasso, dico a me stesso "basta, dopo la salita, molli tutto ciò che c'è da mollare". So bene, avendo cercato i punti più critici del percorso, che dopo aver abbandonato il Tevere c'è la salita di Via della Moschea. Non è una salita durissima ma è piuttosto lunga. Arriva al chilometro 28, dopo esattamente due terzi di corsa: quello è il momento giusto per sfruttare quel che rimane dell'energia migliore a disposizione. La salita non va affrontata a perdifiato ma con cognizione: rallentare è obbligatorio ma sempre cercando di mantenere un ritmo buono (la affronterò a 4'45"/km) dal quale ritornare ad accelerare una volta tornati sul piano. La salita di Via della Moschea è la svolta della mia maratona, in quanto al termine di essa mi rendo conto di poter imprimere più forza alla mia corsa. Da quel momento, i riferimenti cronometrici saranno sempre (esclusa una giustificata eccezione) sotto la media di corsa. Il quartiere Parioli lo supero senza problemi, ma è quando entro nel Flaminio, ed è il chilometro 31, che inizia la cavalcata finale. Stavolta non ci sono muri, le mie gambe sembrano ancora fresche.

Ultimissimi metri di fatica

Sul Lungotevere Flaminio succede un fatto decisivo. Il viale è ampio, così esteso che la “cordata” di maratoneti tende ad allargarsi dando quasi la sensazione di sfilacciarsi. Il temporale ormai è passato, anzi, si affaccia un timido sole, tiepido quanto basta ad asciugare la canotta: la visibilità è ottima. Nonostante il viale curvi costantemente verso sinistra, vedo in fondo dei palloncini. Sono le "lepri" delle 3h15'. Sono indietro, ma non indietrissimo. Nulla e nessuno, peraltro, può negare che le lepri stiano correndo anche più forte di 3h15'. Quel riferimento visivo, però, è un valore aggiunto importante. Il Lungotevere Flaminio segna l'inizio della rimonta. Qualche numero per chiarire meglio il concetto di rimonta: dal trentesimo al trentacinquesimo chilometro ho superato 132 atleti. Un atleta superato ogni 37 metri di corsa. Oppure, poco meno di tre atleti raggiunti e superati ogni cento metri. Quando si corre così, sulle ali dell'entusiasmo e sospinti da grande forza e convinzione morale, si può raggiungere qualcosa di importante.
Sarei molto probabilmente sceso sotto le 3h15' e altrettanto presumibilmente avrei anche stabilito il nuovo record personale, ma resto convinto che quello che è successo sul Lungotevere Flaminio sia stata la scintilla decisiva per realizzare questo tempo, un crono che ritenevo quasi impossibile potessi realizzare ora, a Roma.

Il vincitore 2017 della maratona di Roma, l'etiope Tola

Il chilometro 35 è posto sul Lungotevere Arnaldo da Brescia. Qui inizia un sottopasso che dà ulteriore slancio alla mia azione, e quando si esce per imboccare la stretta Passeggiata di Ripetta, vedo molto bene le ultime lepri delle 3h15'. Sono ad un passo. Tutta benzina che ritrovo improvvisamente nelle gambe, benzina che fa in fretta ad incendiarsi, perché l'arrivo alla Passeggiata di Ripetta significa essere rientrati nel centro storico di Roma. Ancora un po' di Lungotevere, poi una curva a destra, prima di concludere il chilometro numero 37, di lì a breve si entra in Piazza Navona e di fianco alla Fontana dei Quattro Fiumi. Da qui in avanti, nonostante il maltempo, siamo accompagnati costantemente da due ali di folla più o meno folte. Supero l'angusto passaggio per entrare in Corso del Risorgimento e dunque in Corso Vittorio Emanuele II. Lo supero in grande scioltezza, perché mi sento ancora molto bene. Infatti, questi chilometri in centro tra Piazza Navona e Piazza del Popolo risulteranno essere tra i più veloci dell'intera maratona, con un ritmo che varia tra 4'18" e 4'21"/km. I primi cenni di cedimento arrivano solamente in Via del Corso, una via dal fondo difficile e soprattutto che sembra essere infinita. Stretta e lunghissima, Via del Corso collega Piazza Venezia a Piazza del Popolo ed è l'arteria che inaugura l'ultimo ed insidioso settore della maratona di Roma. Mancano pochi chilometri, tuttavia i segnali sempre più inequivocabili non sono quelli di un crollo verticale, come spesso mi è capitato in maratona. I muscoli sono sempre più rigidi e meno reattivi ma hanno ancora il carburante per mantenere un ritmo mai corso prima d’ora negli ultimi chilometri: inizio Via del Corso dopo 2 ore, 52 minuti e 20 secondi di corsa, ne esco dopo 2 ore, 59 minuti e 24 secondi. Sette minuti per percorrere 1600 metri circa vuol dire che corro, alla soglia del completamento del quarantesimo chilometro, in 4'22"/km. È un ritmo che mi pare impossibile poter sostenere dopo così già tanti chilometri incamerati nei muscoli. Eppure, so di correre spinto da gambe ben allenate, una forza morale che non può che attestarsi ai massimi livelli – sono conscio che sto correndo alla grande! – e da tanto tifo sui marciapiedi di Via del Corso. Tanti turisti che, spesso nell'attesa di poter attraversare la via per recarsi dalla Fontana di Trevi a Montecitorio, applaudono e incitano i maratoneti. Tra di loro anche tanti bambini, e ai bambini, un cinque con la mano non glielo neghi mai. Perché è bello, perché loro ne saranno felici, perché noi maratoneti ne trarremo nuovo vigore.

Chilometro 40

Piazza del Popolo è un passaggio da prendere con le molle, perché i sampietrini sono ancora umidi e se ne esce solamente girando attorno all'Obelisco Flaminio, un lungo curvone che porta in Via del Babuino. Purtroppo davanti a me incontro alcuni atleti più lenti, in una più che probabile fase di calo fisico, e sono costretto a spendere risorse per superarli. Via del Babuino è invece un'impercettibile salita che porta la maratona di Roma in Piazza di Spagna. La affronto ancora con un ottimo ritmo, perché copro i 530 metri di Via del Babuino in 2 minuti e 20 secondi. E sto parlando di un tratto che è un lungo falsopiano in salita. Sto correndo forte, ma realizzo solo in Piazza di Spagna, dove cade esattamente il chilometro 40, che questa maratona sarà foriera di grande soddisfazione. Proprio di fronte alla scalinata di Trinità dei Monti mi ricongiungo ai primi pacer delle 3h15'. Sanno di poter concludere con un tempo decisamente migliore e allora rallentano per aspettare altri atleti. Li supero, involandomi verso gli ultimi due chilometri. Ma è proprio qui che arriva il bello.

I centurioni scortano l'arrivo dei maratoneti

Da Largo del Tritone inizia la seconda vera salita della maratona di Roma, meno dura di quella di Via della Moschea... con la differenza quest’ultima che non arriva dopo oltre quaranta chilometri di corsa. La quantifico in 360 metri di lunghezza e qualche metro di dislivello: è la salita del Traforo Umberto I. Dopo così tanti chilometri questa asperità diventa un macigno e anche la velocità, ovviamente, ne risente: 4'50"/km nei metri di salita. Il peggio, ahimè, deve arrivare: è lo stesso traforo che buca il colle del Quirinale ad rappresentare uno dei momenti più complicati della maratona. Oltre ad essere in salita, è un ambiente chiuso, ovattato, in cui le orrende luci e un’acustica da incubo diventano un contorno straniante. Bisogna tenere duro, perché il culmine di questa salita coincide con il chilometro 41 e rappresenta l’ultima vera difficoltà della maratona di Roma. Dopo, si può solo volare.

Un bacio all'ombra della cupola di Santa Maria di Loreto

Poche ancora le curve. Una verso destra, dove sostanzialmente iniziano gli ultimi metri, per imboccare Via Nazionale, dove mi aspettano i miei genitori da un’intera mattina: con loro, il segno del cinque per prendere da loro ulteriore slancio, una rassicurazione ("sono tutto intero") e la sensazione del momento ("vado a fare il personale"). Una volta raggiunto Largo Magnanopoli, inizia il discesone finale di Via IV Novembre, una curva a destra seguita da una controcurva a sinistra, per riprendere finalmente Piazza Venezia: non serve aggiungere con quale stato morale ho percorso quella discesa. Entusiasmo alle stelle, euforia, esaltazione. Il traguardo è sempre più vicino, io continuo a guardare l’orologio perché tutto ciò non mi sembra vero. Dopo un piede rotto, mesi di inattività, un allenamento proficuo ma sul quale non ho mai voluto riporre particolari speranze... arrivare a Roma, correre per parecchio tempo sotto la pioggia, su sampietrini spesso umidi, nel saliscendi dei colli della capitale e migliorare di oltre un minuto il proprio personale... era per me fantascienza!
Sono finalmente in Piazza Venezia, davanti ho tutta la mole del Vittoriano e inizio a vedere l'arrivo. Non so più come sto correndo, so solo che di fronte ho la linea dell'arrivo, una meta che a tratti ho pensato di non poter più toccare. Ci sono ancora pochi metri di sampietrini a separarmi da Via dei Fori Imperiali, dal traguardo con vista Colosseo. Guardo un po' in aria, dove il cielo è plumbeo come alla partenza. Guardo e riguardo la fede al dito, perché a tanti chilometri di distanza c'è chi ha sofferto e soffre con me. Poi mi prendo gli ultimi metri e me li godo tutti quanti. Metri di brividi, perché il Colosseo ancora lontano è ormai lì. Metri di liberazione, in quanto solo pochi mesi prima non so se avrei scommesso di essere nuovamente al quarantaduesimo chilometro. Metri di gioia senza fine, perché sono di nuovo qui, ma anche perché nonostante questo percorso e questa pioggia, ho corso veloce come mai prima su questa distanza. C'è tutto quello che serve per poter esternare un urlo liberatorio sul traguardo e poi finalmente rallentare. Roma mi ha portato fortuna e su questo meraviglioso percorso ho fermato il cronometro dopo 3 ore, 13 minuti e 6 secondi. Il che significa nuovo personale, grazie ad un miglioramento di oltre un minuto. Qualcosa che non ritenevo assolutamente possibile e proprio per questa ragione, ha trasformato questo fine settimana romano in qualcosa di ancora più dolce...

Che arrivo sia!

E va beh, poco importa se quindici minuti dopo il mio arrivo, già medagliato, dissetato e (parzialmente) sfamato, si scatena un diluvio ancor peggiore di quello incontrato ad inizio corsa. I viali attorno al Colosseo sono fiumi d'acqua, le stazioni della metropolitana diventano spogliatoi. Mi riparo con il telino ricevuto all'arrivo e scappo velocemente in albergo. Confidavo in un riposo tranquillo, all'ombra del Colosseo, ma così non sarà. Vado a prendermi tutto il riposo che serve, al Colosseo ci tornerò in serata, per la foto di rito con medaglia.
Quello che conta è essere arrivati al traguardo ancora una volta, ancora più bello è sapere di averlo fatto alla grande, migliorando ancora una volta il proprio limite. Realizzare tutto questo a Roma... è una dolce soddisfazione!
Bis bald!
Stefano

lunedì 3 aprile 2017

Un piacere inatteso

We made a promise
we swore we’d always remember
no retreat, believe me, no surrender
like soldiers in the winter’s night
with a vow to defend
no retreat, believe me, no surrender 
Bruce Springsteen, No surrender

Una medaglia davanti al grande spettatore della maratona, il Colosseo

Non mi sono arreso, no. Fino alla fine ho tirato fuori il meglio che il mio fisico poteva esprimere.
E, all'ombra del travertino del Colosseo e del marmo dell'Altare della Patria, ho ottenuto la mia personale vittoria.

domenica 2 aprile 2017

Rombo di tuono! 3:13:06 a Roma!

Ciao a tutti!
Immaginavo una grande maratona, speravo in un bel tempo finale per questa attesa maratona, i primi 42.195 chilometri dopo l'infortunio di Berlino. Non credevo che potesse essere un'esperienza così indimenticabile. La maratona di Roma segna il miglioramento del mio record personale, ritoccato di oltre un minuto rispetto a quello fatto segnare a Firenze: il tempo stabilito sul l'arrivo di Via dei Fori Imperiali è di 3:13:06! 

Riposo per gambe e piedi. Con una medaglia in piedi

Nessuna caduta, nessun infortunio, nessun crollo fisico lungo lo spettacolare tracciato della maratona di Roma. Questa corsa è stata semplicemente perfetta, nonostante i tuoni e i fulmini preludio del diluvio nei primi dieci/quindici chilometri. Il maltempo non ce l'ha fatta a fermarmi: gli ultimi chilometri sono stati quelli dell'accelerazione decisiva, sebbene il sampietrino iniziasse a lavorare sulle gambe e l'asperità del traforo Umberto I potesse rivelarsi micidiale. Invece così non è stato. È stata una corsa che mi rende molto soddisfatto, perché tutte le preoccupazioni e le fatiche delle ultime settimane si sono concretizzate in un risultato finale che non potevo realisticamente prevedere.
Ora, in albergo, a riposare, ritrovare le energie e rendersi conto di quanto successo!
Bis bald!
Stefano

Adrenalina vol.5

And if I only could,
I'd make a deal with God,
And I'd get him to swap our places,
Be running up that road,
Be running up that hill,
With no problems
Kate Bush, Running up that hill

Dajetutta! 

sabato 1 aprile 2017

Sarà pesce d'aprile?

Ciao a tutti!
Il giorno di vigilia è arrivato, finalmente o purtroppo. Dipende dai stati d'animo che attraversano la mente di un maratoneta il giorno prima di una gara lunga oltre quaranta chilometri, che si palesa in tutta la sua forza dopo mesi di oscura e intensa preparazione atletica e psicologica. Da una parte c'è l'attesa sana, perché ci si prepara a lungo e si cerca di fare bene. Dall'altra vi è vera propria ansia: di arrivare in fondo, di farlo con le proprie gambe senza spaccarsi qualche osso sui tenaci sampietrini romani, di non trovare maltempo.

Via dei Fori Imperiali è pronta

In effetti, fino a ieri - dopo il giovedì mattina in cui ho ritirato il numero di gara - non ho pensato all'appuntamento di domani, se non relativamente all'alimentazione, in questi ultimi giorni molto ricca di carboidrati, e al percorso, che ho visionato quà e là durante gli itinerari turistici. Poi, ho voluto guardare le previsioni meteo, per controllare se le temperature estive previste per domenica erano confermate. E voilà, ecco lo scherzetto del primo aprile servito su un vassoio d'argento: perturbazione in arrivo sul centro-Italia, con pioggia e temporali in arrivo sulla capitale. La pioggia non è mai un bel cliente durante una maratona, ancora di meno lo è a Roma, dove i sampietrini sono una difficoltà oggettiva e nel complesso la rete stradale mi pare piuttosto dissestata. Sommando le cose penso già a pozzanghere e piedi inzuppati di acqua. Oltre a tutto ciò che deriva dal correre con la pioggia. Che è sempre meglio dell'afa ma non è mai una condizione desiderata. Domattina, tuttavia, non è ancora arrivata.

Pioggia, pioggia, pioggia

Parlando di percorso, ho visionato alcuni punti interessanti. Uno è il temuto traforo Umberto I, una salita che sembra impercettibile ma in realtà a poche centinaia di metri dall'arrivo potrebbe fare veramente male. L'altra è la discesa di Via IV Novembre, bella, veloce, l'ultima spinta verso il traguardo.
I sampietrini non mi sono sembrati particolarmente insidiosi, però tutti sono preoccupati del duro fondo stradale tipico di Roma. Molto dipende dalla loro manutenzione. Se sarà quella incontrata oggi a Trastevere, ci sarà da imprecare. 

Piatto di pasta n.2

La giornata del sabato prima della maratona è dedicata normalmente al riposo e alla ricca alimentazione. Oggi ho fatto un po' meno il turista in giro per la città e ho badato di più a non stancarmi. Gambe sotto il tavolo, e nello stomaco ben tre piatti di pasta. Il bello di Roma, per me che sono celiaco, è che più di un ristorante propone nel suo menu molti piatti a base di pasta nella loro versione senza glutine. Immaginate la mia soddisfazione nel gustare una vera pasta all'amatriciana...

Pronto per tornare sotto il Colosseo dopo 42 chilometri

Ora si va a preparare tutto l'occorrente per domani, canotta, spille, pettorale. Applicare i cerotti antivesciche, rifilare le unghie per l'ultima volta, mettere l'orologio in carica, preparare lo zaino. Inizio a respirare un po' di paura, tensione, nervosismo, la miscela di stati d'animo tipica della vigilia e delle ore prima della maratona. Può sembrare strano, ma è per queste emozioni che vive un maratoneta, è per questi momenti che ci si allena mesi, si suda e si fatica. Questa è l'ora in cui si inizia a percepire che gli sforzi fatti vengono riassunti in tre ore di corsa.
Ed è anche l'ora del riposo. Domani si corre!
A presto!
Stefano

giovedì 30 marzo 2017

Numerato, con furore

Ciao a tutti!
Atterrato a Roma in mattinata, dopo una levataccia senza precedenti (alle 3:20), neanche ai tempi d'oro delle alte vie e dei trekking in alta quota. Trasferito via bus alla stazione Termini, decido di spendere immediatamente la mia prima mattinata nella capitale procurandomi il numero di gara per la maratona. Meglio levarsi subito la preoccupazione, e dirigersi nel quartiere EUR per sbrigare le pratiche "amministrative" per la corsa di domenica. In fondo, prima risolvo la questione pettorale e prima posso iniziare a fare il turista e concentrarmi sulla bellezza di Roma - e se proprio devo pensare alla maratona, posso farlo andando a vedere i punti più salienti del percorso.

Presente a Roma con il numero 8005

Recarsi nel quartiere EUR vuol dire anche farsi un tour nell'architettura dell'epoca fascista e nella cifra stilistica più moderna di Roma. Unire l'utile al dilettevole è sempre cosa piacevole. Il ritiro del numero di corsa e del pacco gara è fissato presso il Marathon Village allestito nel Palazzo dei congressi. L'atrio di ingresso è pressoché deserto: entro proprio quando l'area è stata aperta da un'ora circa, ed è noto che è il sabato il giorno prediletto dagli atleti per il ritiro del pettorale. Meno di un minuto e già posso disporre del mio numero di gara, di colore blu, ad indicare la mia qualificazione nella prima gabbia di partenza, ovviamente dopo quella riservata ai professionisti. Il numero è facile da ricordare, 8005. Non molto più tempo è necessario per ritirare anche il pacco gara.

Prime dediche

A quel punto posso dedicarmi a gironzolare con calma presso il Marathon Village. In realtà è una delusione. Gli stand sono pochi in proporzione alla dimensione dell'evento e peraltro poco forniti. Cercavo un paio di pantaloncini nuovi per i miei allenamenti e invece mi ritrovo a mani vuote, è vero che sui pantaloncini ho i gusti difficili, ma a scelta era poca. Poi, un sacco di "buttadentro" pronti a vendere prodotti più o meno credibili. Eh, questo è il prezzo da pagare per essere uno dei coraggiosi del giovedì mattina. In compenso, la plancia da imbrattare con incoraggiamenti e dediche è quasi intonsa. Non posso lasciarla vuota di certo, dunque mi invento una formula mezza italiana e mezza tedesca, con sprazzi di romanesco: "aus Bayern mit furore, dajetutta Stefano". Frutto di intuizione e suggerimento esterno, direi che è una frase di autoincoraggiamento di cui avrò bisogno parecchio domenica, specie nei chilometri finali.

Uno sguardo sul Marathon Village

Mi fermo allo stand della Venice Marathon, che spero sia la prossima maratona dopo Roma, per un confronto sulle corse organizzate dal gruppo veneto e sul percorso stupendo che termina nella Serenissima. Tra l'altro, lo stand di Venice Marathon si trova a fianco di quello di Turin Marathon. Peccato che a rappresentare non ci fosse nessuno. Altra occasione persa, altra figura di m****, per la maratona della mia città e del suo comitato organizzatore.
Quando ero ormai pronto a salutare l'EUR, ecco la sorpresa. Incontro niente popòdimeno che Franca Fiacconi e Giorgio Calcaterra, due dei più importanti esponenti dell'atletica leggera romana, del passato e del presente, intenti ad inaugurare il Marathon Village con autorità e organizzatori. Per chi non li conoscesse, Franca Fiacconi è stata una delle più grandi maratoneti italiane di sempre, trionfatrice a Roma, New York e Praga; Giorgio Calcaterra è una leggenda vivente dell'ultramaratona, vincitore di undici edizioni consecutive della 100 km del Passatore, uomo dotato di un'integrità fisica fuori dal comune. Incontrarli è stata una bella sorpresa, i loro volti sorridenti sono un bello spot per la maratona di Roma e per l'atletica leggera tutta.

Con Franca Fiacconi e Giorgio Calcaterra, seconda e terzo da sinistra

Il pettorale è ora con me, assieme alle spille con cui verrà fissato alla mia canotta rossa. Ancora due giornate da turista nella capitale, e poi si penserà esclusivamente a correre quarantadue chilometri nella storia di Roma. Il conto alla rovescia sta per finire, endlich!
A presto!
Stefano

mercoledì 29 marzo 2017

Maratona di Roma 2017, il percorso

Meno quattro giorni dalla maratona di Roma. Un giorno alla partenza per la capitale, città nella quale non torno (come turista) da quasi dodici anni. Beh, mica pochi. Anche per questo, probabilmente, l'attesa per la maratona di domenica è veramente ai valori massimi. Il percorso di oltre quarantadue chilometri che si snoderà tra le vie e i corsi della capitale sembra essere una meravigliosa cartolina della Città Eterna. Come già scrissi in un precedente post, sono oltre cinquecento i siti artistico-storici che verranno raggiunti dal popolo della maratona: a conti fatti, uno ogni ottantacinque metri! Quale altra città può garantire tanta grazia nel percorso di una maratona? Una tale densità di meraviglia storico-artistica non si può trovare neanche a Venezia o Firenze, due città in cui tuttavia il percorso della maratona è assolutamente spettacolare.

Via dei Fori Imperiali (fonte: fanpage.com)

Lo scenario di partenza è già di quelli da brividi, per dimensioni, capacità e spettacolarità di gran lunga il migliore dove convergere la grande massa di atleti, oltre sedicimila, che si riverserà nelle strade di Roma: Via dei Fori Imperiali. Alle spalle dei partenti, il Colosseo, il simbolo della Roma che fu; davanti, la mole dell'Altare della Patria; ai lati la storia che ha reso grande questa città nei secoli. Si può trovare un posto migliore per la partenza di una simile fatica? Difficile a credersi. Bello è pensare come la grande fatica dei 42,195 chilometri abbia inizio e fine ad un tiro di schioppo dal luogo dove i gladiatori, nell'antica Roma, conoscevano il ritorno alla vita o la loro morte. Partire per una maratona con il Colosseo alle proprie spalle e terminare guardandolo suscita in me un fascino irresistibile.

Il percorso della Maratona di Roma


Il tempo di partire e già ci si troverà in Piazza Venezia, all'ombra dell'Altare della Patria, che spero possa infondere carica non incutere timore. Poi una grande curva a sinistra per immettersi a fianco del Circo Massimo - in corrispondenza del quale si ha la prima asperità del percorso - e puntando dunque con decisione in direzione sud. Il tracciato segue questo senso di marcia dirigendosi sulla Ostiense, la cui linea viene seguita per diversi chilometri, con alcune deviazioni nei pressi della Garbatella. È il chilometro 6 quando si raggiunge la Basilica di San Paolo fuori le Mura, e questo è quasi il punto più a sud del percorso. Da questo momento inizia la lunga risalita verso la zona più settentrionale di Roma, una risalita lunga una ventina di chilometri e qualche attraversamento sul Tevere.

Tutta la meraviglia di Castel Sant'Angelo (fonte: artslife.com)

Il chilometro 8 cade sul Ponte Marconi, che è il primo dei quattro ponti che verranno toccati dalla corsa. Solo due chilometri o poco più sulla riva destra del Tevere, per poi ritornare sulla riva sinistra dopo aver superato il Ponte Testaccio. Da qui, dal Lungotevere Testaccio, inizia un lungo e quasi ininterrotto tratto di corsa a fianco del Tevere, un tratto scandito da undici ponti: Sublicio, Palatino, Fabricio, Garibaldi, Sisto, Mazzini, Amedeo di Savoia, Vittorio Emanuele II, Sant'Angelo, Umberto I e finalmente, Cavour. L'undicesimo ponte riporterà la corsa sulla sponda destra del Tevere. Nel frattempo, nei sei chilometri che separano il Ponte Testaccio dal Ponte Cavour, quasi esclusivamente sul Lungotevere, i maratoneti incontreranno l'Isola Tiberina e l'imponente stazza di Castel Sant'Angelo. Il passaggio sul Lungotevere degli Altoviti e sul Lungotevere Tor di Nona, dal quale sarà evidente la sagoma dell'antica fortezza papale, sarà uno dei momenti più spettacolari dell'intero percorso.

Piazza Navona, dove iniziano gli ultimi cinque chilometri (fonte: edizionipontesisto.wordpress.com)

Castel Sant'Angelo. Non lo si vedrà solamente dal LungoTevere ma gli correremo dietro, tra i chilometri 16 e 17. Tutto questo è solamente l'antipasto ad uno dei momenti più "pubblicizzati" della maratona di Roma, il passaggio in Via della Conciliazione, di fronte alla Città del Vaticano. Giù, sotto il Passetto di Borgo, una curva a destra ed ecco che compare la Basilica di San Pietro. Un piacere per gli occhi e, come tutti i piaceri, dura poco. Si raggiunge il colonnato del Bernini, ma si svolta velocemente a destra per riprendere il cammino verso nord.
La mezza maratona cade a breve distanza da San Pietro, per la precisione in Viale Mazzini, ad una manciata di passi dalla sede della RAI. Il percorso qui appare tortuoso ma, come appare dall'altimetria, privo di sostanziali asperità. Per quelle c'è ancora tempo... C'è ancora da riprendere il corso del Tevere, all'altezza del Lungotevere Oberdan e percorrere la grande ansa del fiume che porta all'area degli impianti sportivi, dove si trovano la sede del CONI, il Foro Italico e lo Stadio Olimpico. Chissà se riuscirò ad intercettare con lo sguardo il profilo di questo stadio... ricco di soddisfazioni per i colori bianconeri!

1,6 km: Via del Corso (fonte: zingarate.com)

Superati gli impianti sportivi, si è già al chilometro 25. Qui, superando il Ponte Duca d'Aosta si ritorna definitivamente sulla sponda sinistra del Tevere. E si incontra la prima delle due salite impegnative dislocate sul percorso: Via della Moschea, settecento metri in cui si recuperano una decina di metri di quota. Quindi, un po' di decompressione per poi ritornare in basso affrontando la discesa di Via Gaudini. Quando si entra nell'area dell'ex villaggio olimpico, sarà il trentesimo chilometro e qui potrebbero iniziare a farsi sentire i primi segnali di cedimento alle gambe. Ma ci sono ancora più di dieci chilometri da correre, e ancora molto da incontrare.
Dopo aver affiancato lo Stadio Flaminio e il MAXXI, si ritorna sul Lungotevere, per altri tre chilometri che inesorabilmente portano verso il cuore nevralgico di Roma, e laddove inizia il tratto più atteso ma anche più duro di tutta la competizione. Al Sottopasso di Ripetta si saluta il Tevere (anche se un occhio vi rimarrà ancora per molti metri) per salire al Mausoleo di Augusto, che si lascia velocemente in direzione Piazza Navona.

Il traforo Umberto I, la mia incognita oltre il quarantesimo (fonte: panoramio.com)

Da Piazza Navona iniziano gli ultimi cinque chilometri, in quel tripudio che è il centro storico di Roma. Ultimi cinque chilometri che, io lo so già, passeranno troppo velocemente. Dopo un veloce saluto alla Fontana dei Fiumi, ci si immette in uno degli assi portanti di Roma, Corso Vittorio Emanuele II. Da qui si continua fino in Piazza San Marco, dove ci apparirà per la seconda volta il Vittoriano. Ma non si tira dritto o non si svolta a destra, per accorciare la fatica e puntare ai Fori Imperiali, no. Si svolta a sinistra e si imbocca Via del Corso, una delle più famose vie di Roma, lunga 1600 metri, il naturale collegamento tra Piazza Venezia e Piazza del Popolo. La si percorre tutta e si, sarà infinita. Poi Piazza del Popolo, un giro attorno all'obelisco per invertire la direzione e per raggiungere il passaggio decisivo del percorso. Ai piedi del Pincio, inizia Via del Babuino. Qui la maratona va a toccare il chilometro 40 proprio in corrispondenza di Piazza di Spagna. Chissà se ci saranno ancora le forze per voltarsi verso sinistra e fugacemente ammirare la scalinata di Trinità dei Monti. Noi si tira dritto, verso il Traforo Umberto I, il tunnel che salta a più pari il Quirinale e che è anche la grande asperità del percorso. Se ho ben capito, ci sono dodici metri di differenza altimetrica, tutti o quasi in questo sottopassaggio. Niente male. All'uscita del tunnel mancherà ancora un chilometro.
Un chilometro che però si comincia dall'alto, per un finale a tutta birra. Via Nazionale, Via IV Novembre e Via Cesare Battisti per poter rientrare in Piazza Venezia. Per l'ultima volta, perché a quel punto sarà fatta. L'arrivo ai Fori sarà questione di metri. La forza del pubblico romano, che immagino molto accogliente, e lo stimolo del traguardo ai piedi del Colosseo, renderanno quegli ultimi metri un giochetto da ragazzi. E poi, braccia alzate!

Un'ultima fatica per raggiungere Piazza Venezia (font: wikimedia.com)

Questo percorso è bellissimo, fare di meglio a livello di tracciato è obiettivamente difficile. Sarà così duro come la tradizione vuole? Ci sono due salite veramente impegnative, che sicuramente non aiuteranno, con altrettante discese, l'ultima a fine maratona. Difficile dire ora se possono veramente influire. I sampietrini potranno rendere una maratona ancora più dura? Quando corro sul pavè, per poche centinaia di metri, non sento differenze sostanziali, ma quando ci sono oltre sette chilometri di pietre forse qualcosina potrebbe cambiare. E poi c'è l'incognita caldo. Questo è un percorso che ho provato a scoprire, ma ci sono ancora bellezze e incognite che non conosco. Per svelarle, mi serve attendere ancora poco più di tre giorni. Un'attesa più che snervante...
Bis bald!
Stefano

lunedì 27 marzo 2017

Tutte le strade portano a Roma: un ultimo sforzo

Ciao a tutti!
Nelle ultime due settimane di preparazione prima della maratona è necessario ridurre il carico di allenamento per poter arrivare freschi alla domenica attesa da settimane. E infatti, ho diminuito decisamente il lavoro: due uscite infrasettimanali a velocità sostenuta ma costante (a quello che vorrebbe essere il ritmo maratona), più un ultimo "lungo" nel fine settimana. Una mezza maratona, all'incirca, sulla quale poter fare raffronti e trarre indicazioni sullo stato di forma e sul possibile risultato realizzabile a Roma. E di conseguenza, sulla tattica da seguire in gara. In altre parole, a che ritmo dovrò correre, specie all'inizio?
L'ultimo - ultimissimo! - allenamento mi dà lasciato indicazioni più che confortanti. Dopo un inizio un po' stentato, in cui mi sentivo incredibilmente senza fiato e con le gambe molli, con chilometri che oscillavano tra 4'30"/km e 4'40"/km, ho finalmente iniziato a lasciare sull'asfalto ben più apprezzabili velocità. Devo aspettare l'ottavo chilometro per scendere sotto 4'20"/km, velocità di tutto rispetto. A quel punto i muscoli sono caldi, mi sento in gran condizione e dunque perché non continuare a spingere, per capire cosa posso veramente fare o non fare? Se pensavo di aver toccato l'apice a metà allenamento, tra i chilometri 12 e 13, dove corro in 4'12"/km, mi sbaglio di grosso. Si può correre ancora più veloce: 4'08" al chilometro 18. Velocità che non ricordo di aver toccato durante un (seppur breve) lungo. Nel finale rallento, volutamente, e termino la seduta in 4'22"/km. Due anni e mezzo fa, prima della maratona di Venezia 2014, per fare un chilometro mi servivano mediamente quattro secondi in più.

Con la testa già a Roma (fonte: gazzetta.it)

Questo è il dato di partenza per provare a capire a cosa posso ambire tra sei giorni. Facendo un raffronto tra l'ultimo allenamento (svolto una settimana prima della maratona) di circa 21-22 chilometri e il tempo conseguito in gara sui 42,195 chilometri, i numeri mi dicono che posso ambire a chiudere la maratona di Roma in 3h14'05". Se invece mi applico in un calcolo simile, ma utilizzando l'ultimo lungo-lunghissimo, il mio tempo teorico sarebbe ben più lento, 3h19'18" - va detto che quest'anno non ho spinto al massimo delle mie capacità sui lunghi. Questi sono paragoni tra i tempi delle passate maratone e i dati di allenamento. Ma la formula principe per calcolare il tempo teorico raggiungibile è un'altra: moltiplicare il tempo dell'ultima mezza maratona per il fattore aerobico di maratona, che negli amatori è circa 2,15. Risultato: 3h11'31". Sarebbe un tempo pazzesco. Sicuramente si può fare una bella corsa, perché, al di là di strani giochetti matematici su numeri e tempi del passato, questa è la sensazione che ho nelle gambe. Ma non ci voglio ancora pensare.

Asfalto o sampietrino? Bella sfida a chi è più duro, ma vince la pietra (fonte: affaritaliani.it)

Perché ci sono altri parametri che vanno considerati. Fra sei giorni sarà aprile. Le temperature previste per domenica, al momento si posizionano tra gli undici e i quindici gradi, non proprio l'ideale (quattro/cinque in meno sarebbe perfetto). Fra sei giorni si corre a Roma, e se Roma è la città dei sette colli non riesco ad immaginarmi una corsa pianeggiante. Roma è la città dei sampietrini e nel percorso della maratona ce ne sono ben 7.6 chilometri. Tutto terreno che le gambe pagheranno alla fine, come mi immagino con facilità dopo le fatiche sul duro lastricato di Firenze.
Insomma, sognare è lecito, rimanere con i piedi per terra (e soprattutto integri!) è altrettanto, se non di più... doveroso!
Bis bald!
Stefano

domenica 26 marzo 2017

Tutte le strade portano a Roma: sognando i Fori

16107 atleti.
7600 metri di sampietrini.
7289 podisti stranieri.
3471 donne in corsa.
500 (e oltre) siti storici toccati dal percorso.
131 nazioni rappresentate.
77 curve da affrontare.
74 televisioni collegate da tutto il mondo.
42,195 chilometri.
23esima edizione.
2 aprile.
UNA maratona.

Un scenario più bello per la partenza di una maratona è inimmaginabile (fonte: facebook.com/romacapitaleofficialpage)

Tutto questo è la maratona di Roma. La più grande maratona d'Italia.

sabato 25 marzo 2017

Tutte le strade portano a Roma: parole al vento

Ciao a tutti!
Spingersi oltre i propri limiti, anche durante un allenamento. Questo sta alla base di un lungo non preventivato ad inizio preparazione, oltre i miei soliti 34-35 chilometri. A due settimane dalla maratona di Roma, ho voluto esplorare aree inesplorate (o quasi) in allenamento, oltre la normale soglia chilometrica. Uscire di casa e dire a tua moglie, "vado a correre 37-38 chilometri", beh, posso garantire che non lo si fa proprio a cuor leggero. La distanza è lunga, e non è come in una gara, in cui sai che ci sarà qualcuno dell'organizzazione a darti una mano. Qui sei tu e le tue gambe. E magari bisogna mettere nel conto che la giornata scelta per questo allenamento sia una delle peggiori sotto il profilo climatico.
E infatti, sabato 18 marzo non è stato il giorno baciato dalle divinità del cielo e del tempo. Cielo plumbeo, temperature abbassate a causa dell'acquazzone del giorno prima, una sottile pioggerellina, più fine della seta. Eppure mi tocca correre. Di fare tutti quei chilometri in palestra non ci penso neanche, morire disidratato è l'ultimo dei miei desideri. Soliti preparativi, solito abbigliamento, con un cappellino in più: ciò che meno digerisco del correre con la pioggia non è l'essere bagnati ma il sudore che le gocce di pioggia trascinano negli occhi. Il cappellino è l'antidoto a questo insopportabile problema.

Jean-François Millet, La rafale de vent (1871)

I chilometri da correre, dicevo non sono pochi. Proprio per questo mi ritrovo costretto a dover forzarmi a rallentare. Non voglio correre gli ultimi dieci chilometri come se fossi alla ricerca disperata di un aiuto soprannaturale. Il target è rimanere, almeno nella prima metà di corsa, tra 4'55" e 5'/km. I primi chilometri sono veloci, come al solito, ma poi riesco a schiacciare sul freno. La prima metà di allenamento, tra una pioggia di poco conto e due interruzioni svuota-vescica se ne va in un'ora e mezza di corsa a 4'53"/km. Poi, appena mi giro di 180° per ritornare sulla via di casa, sento tutta la forza d'urto di un vento contrario che soffia intenso, a folate, contro di me. A tratti alterni, sarà così per tutta la seconda metà, e sarà tanto più intenso quanto più mi troverò a correre in campo aperto: la Mainradweg associa tratti "protetti" da alberi e tratti che attraversano prati e campi. Proprio lì, sentirò maggiormente il disturbo del vento del Meno.
E come se non bastasse, ho dovuto anche fermarmi per... ehm, quei mal di pancia ai quali non si può resistere (il prato a fianco mi ringrazierà). Ebbene, nonostante tutto questo corollario di disavventure non ho mollato - e qual è il maratoneta che molla? - e ho corso una seconda parte di lungo a ritmi sostenuti. Più veloce della prima parte, in quanto ho registrato un negative split di circa quaranta secondi. I chilometri della seconda parte sono interessanti: mai sotto i 5'/km, sintomo di crollo fisico, ma spesso sotto 4'50"/km. Su una tale distanza è sempre un buon ritmo.

Tutti gli allenamenti "lunghi" per la maratona di Roma 2017, da gennaio a marzo

La serie dei lunghi si è conclusa con i trentasette chilometri - in attesa di una ventina di chilometri "di rifinitura" a sette giorni di distanza dalla maratona di Roma. Che dire, è stata una serie di allenamenti più che positiva, senza incidenti, senza infortuni, senza problematiche di sorta. Senza muscoli doloranti e senza caldo asfissiante, senza preoccupazioni, neanche per il piede fratturato a Berlino, che non è mai più tornato a farsi sentire. Quello che dovevo fare, l'ho fatto. Ora, riposo, riposo, riposo.
Bis bald!
Stefano

domenica 19 marzo 2017

Tutte le strade portano a Roma: un vecchio amore che torna

Ciao a tutti!
Per l'ultima parte di allenamenti prima del tanto atteso, meritato e sospirato riposo pre-maratona, sono tornato ad un "vecchio amore" che tante soddisfazioni mi aveva regalato negli anni passati. Dopo un programma che vedeva cambiamenti di ritmo estremi - perché passare da correre da 5'30"/km a 3'50"/km non è mica così agevole - ma che si mantenevano costanti per alcuni minuti, ho concluso la serie di estenuanti (ma sempre soddisfacenti) allenamenti infrasettimanali con la metodologia di allenamento che prevede la più repentina altalena nella velocità di corsa. 30-20-10. 30 secondi a ritmo maratona, 20 secondi veloci, 10 secondi a perdifiato. Per otto volte. Per quattro/cinque serie. Con un po' di recupero, s'intende, ma è roba che mette a dura prova la tenuta fisica.

Ripetute 30-20-10: servono gambe giovani e cuori forti (fonte: federicousuelli.com)

Nelle ultime settimane si è passati dai fiumi ghiacciati alle piogge senza soluzione di continuità, fare questo allenamento all'aria aperta poteva compromettere la mia salute. Ho optato dunque per qualcosa di apparentemente estremo: replicare queste variazioni di velocità in palestra, sul tappeto. Perché cambiare velocità sul tappeto, mettendo mano sul pulsante ogni trenta, poi venti, poi dieci secondi, e poi ancora per altre N volte, è... sfibrante. Più sfiancante della corsa stessa. Però, come ho già detto in passato, impostare una velocità sul tappeto ti costringe a correrla. Zero cali psicologici, solo corsa. Ora posso dire che non è stato un gioco da ragazzi, ma in fondo non è stato male. E i risultati si sono visti, sul tappeto (ottimi i dati) e sull'asfalto (ancora più positivo il risultato della mezza maratona corsa a Francoforte).

Qualche numero sulle ultime ripetute

Quello che è emerso da questi allenamenti va comunque preso con beneficio di inventario. Correre su un tappeto non è come correre all'aria aperta, sull'asfalto. Innanzitutto non c'è l'effetto del vento - che può essere a favore ma anche a sfavore; solitamente i miei allenamenti go and back annullano l'effetto vento, ma l'attrito dell'aria, all'aperto, è ben diverso da quello in un ambiente chiuso. Di contro, c'è il fatto che il ripristino della temperatura corporea, per mezzo della sudorazione, trova meno ostacoli all'aria aperta; in palestra non si corre mai in condizioni ambientali ottimali, e questo posso garantirlo, solitamente è sempre troppo caldo e/o troppo umido.
Detto ciò, quello che è emerso è che la performance appare sovrapponibili a quella precedente alla maratona di Firenze, se non superiore, soprattutto per la velocità mantenuta nel periodo di massimo sforzo (vedi post per confronto). Più di due chilometri corsi in otto minuti, per più volte, sì, è un gran bel correre.
La gamba c'è. Non può che esserci, se riesco a toccare i 17 km/h.
Parola d'ordine: mantenerla! (ancora un paio di settimane)
Bis bald!
Stefano

LinkWithin

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...