- In una parola, che si vedeva da lassù, com'era?
- Mi sentivo uomo.
Walter Bonatti
|
22 febbraio 1965, Bonatti è il primo uomo a salire la nord del Cervino in inverno (fonte: bergamo.ouei.it) |
Dici parete nord del Cervino e non si può che pensare ad una sola cosa: l'ultima scalata di Walter Bonatti.
È il pomeriggio del 22 febbraio 1965, quando un elicottero, che si alza nei cieli dominati dal Cervino, avvista qualcosa. Sembra un piccolo puntino. È un uomo che cammina, lentamente, su una cresta rocciosa ricoperta dalla neve. È Walter Bonatti, il più grande alpinista dell'epoca e forse il più grande di sempre. E ha appena superato un muro di roccia e ghiaccio apparentemente invalicabile, la tremenda nord del Cervino. Mai scalata in solitaria, mai scalata d'inverno, quando sulla roccia non batte mai il sole e le gelide tormente sono all'ordine del giorno. Ed aggiungere una nuova difficoltà, per una via totalmente nuova. Dal punto di vista alpinistico non è una montagna come altre, il Cervino, soprattutto la parete nord.
|
A Cervinia, trionfante (fonte: corriere.it) |
Va ricordato che assieme alle pareti nord di Grandes Jorasses, Cima Grande di Lavaredo, Eiger, Pizzo Badile e Petit Dru, fino all'inizio degli anni Trenta la parete nord del Cervino è stata considerata uno degli “ultimi problemi delle Alpi”, uno degli ultimi bastioni inviolati dall'uomo. Solo nel 1931, i fratelli Schmid compirono l'impresa. Ma scalare la nord del Cervino rimane ancora oggi un'impresa sensazionale. Immaginate ora di farlo negli anni '60, quando l'esasperazione tecnologica era agli albori, ma non era riuscita a farlo con l'animo puro e sincero di Bonatti.
|
Quella parete, sempre in ombra |
Il 1965 è un anno speciale per l'alpinismo. È l'anniversario di un grande evento: nel 1865 il Cervino era stato scalato per la prima volta dalla cordata guidata dall'inglese Edward Whymper. Un'impresa pagata a caro prezzo: delle sette persone componenti la cordata vittoriosa, ben quattro delle quali morirono durante la discesa, un conto che Whymper pagherà per tutta la vita. Whymper è un monumento dell'alpinismo al quale Bonatti vuole rendere omaggio, a suo modo, nonostante già da un anno in cuor suo aveva deciso di lasciare le grandi scalate. Vuole chiudere la sua epopea ripetendo la salita alla “Gran Becca”, tentando quello che veniva considerato da tutti gli esperti qualcosa di totalmente impossibile. Non per lui, che si accingeva a lasciare l'ultimo sigillo sulle sue Alpi.
|
Il più forte del mondo, così titola Paris Match (fonte: alpen.sac-cas.ch) |
Dapprima tenta una salita in compagnia di due fidati alpinisti, Alberto Tassotti e Gigi Panei. Ma il maltempo li respinge, le bufere di vento e neve sono troppo forti e devono desistere dal tentativo. Bonatti, sempre al centro dell'attenzione mediatica quando si tratta di tentare una nuova impresa, è circondato da voci che lo danno ormai per sconfitto e che lo rendono molto nervoso. A complicare la questione sono gli impegni professionali di Panei e Tassotti. Bonatti è solo, ora. Se vuole salire in cima al Cervino deve farlo in solitaria. E lui lo fa. La mattina del 18 febbraio lascia il rifugio, fingendo una gita con gli sci. Lo accompagna un amico che lo scorta fino ai piedi della parete. Da quel momento è un uomo solo contro il Cervino. Ma solo un uomo tanto pazzo e contemporaneamente lucido come Walter Bonatti potrebbe fare tanto.
|
Verso la croce di vetta (fonte: corriere.it) |
È una salita micidiale quella che apre Bonatti, tanto più se fatta in solitaria. Salire una parete scoscesa come la Nord del Cervino, tanto che “guardando verso l'alto non si scorge la vetta, guardando verso il basso non si vede Zermatt”, può apparire una vera e propria pazzia. Le difficoltà alpinistiche sono elevatissime: la roccia friabile del Cervino va approcciata con grande cautela in qualsiasi versante, figuriamoci sulla nord dove lo strapiombo è massimo. Non è facile trovare punti per piantare chiodi; spesso vi è da liberare dalla neve e dal ghiaccio tutti i punti a cui era possibile appigliarsi. In più, salire la parete da solo è ben diverso dal salire in due: in sostanza, Bonatti percorre la parete nord due volte in salita e una in discesa, dovendo aprire la via e successivamente scendere per schiodare e risalire sulle corde.
E poi, c'è la solitudine, quella più dura, che ti ammazza dentro. Ecco, io credo che la solitudine di quei giorni senza sole, senza luce, nel gelo e nel ghiaccio, sia stato in quei giorni un grande catalizzatore. Scalare una parete impossibile per abbattere il muro della solitudine, una solitudine lunga cinque giorni... talmente forte che all'inizio della salita Bonatti sperava addirittura che una tormenta lo costringesse alla ritirata.
|
Un muro impressionante (© Urs Lerjen) |
C'è da superare un passaggio chiave, quello che lui stesso ribattezzò
Traversata degli angeli, in quanto fu affrontata "a volo d'angelo". È un punto fondamentale nella sua ascesa al Cervino, più di cento metri di salita in obliquo, scivolosa, da ripulire costantemente dal gelo. Oltre si deve puntare alla vetta, in quanto la
Traversata degli angeli non può essere ripetuta in senso opposto se non a costo di manovre più che impossibili. L'unica vita di uscita è la cima. Superata la
Traversata degli angeli, la strada verso la croce in vetta al Cervino è quasi una passeggiata, nonostante fessure durissime e distese di ghiaccio.
Gli elicotteri che si alzano in volo il pomeriggio del 22 febbraio 1965 vedono un uomo attaccato alla croce di vetta del Cervino. È Walter Bonatti. Ce l'ha fatta, il Cervino è suo. A valle lo attenderà una folla festante e un nutrito numero di giornalisti pronti a celebrare la sua ennesima impresa. È un trionfo.
|
Intervistato al termine della sua ultima impresa (fonte: corriere.it) |
Quando si arriva in cima ad una montagna, oltre non si può andare. Più in alto c'è solo il cielo. Il Cervino è per Bonatti l'apice del suo cammino alpinistico. Quella al Cervino sarà la sua ultima scalata, l'ultima salita al confine tra il possibile e l'irrealizzabile, prima di dedicarsi all'esplorazione di terre lontane. E il Cervino la montagna sulla quale scrivere uno dei più indimenticabili momenti della storia dell'alpinismo di tutti i tempi.