sabato 28 febbraio 2015

Sugli zingari e sulle lenzuola

Ciao a tutti!
Quando è ora di tornare in Italia, per un weekend o per più giorni, vivo sempre momenti di attesa molto piacevoli. La sera prima del viaggio è una sera dolce, in cui penso a tutto ciò che farò nei giorni di permanenza in Italia. Penso ai miei amici, alla mia famiglia, ai miei ex-colleghi, ai luoghi che ho lasciato mesi fa. C'è un sorriso dentro di me, sono allegro e pieno di gioia. I guai iniziano però quando supero il confine, nel momento in cui dovrei essere più felice. A maggior ragione ieri, quando ho visto che alcuni lavori stradali nei pressi della dogana, in corso da anni, erano finalmente completati. Poi accendi la radio e il nervosismo raggiunge livelli imprevedibili.

Il tipico fascino di un campo rom (fonte: ilgiornale.it)

A Roma ci si prepara agli scontri tra i manifestanti di Lega Nord e Casapound contro i movimenti antagonisti: la capitale è ancora sotto assedio, dopo l'impunito assedio dei tifosi olandesi del Feyenoord. A Torino, i preparativi per l'estensione della Sindone sono in fermento: si confonde quindi il sacro di un lenzuolo (molto probabilmente fasullo) con il profano del rimpinguare le casse di Santa Romana Chiesa, che si sa, non sono mai troppo piene, eh... Sempre su Torino, vengo a sapere che cinque milioni di euro (cinque!!!) sono stati stanziati per riqualificare l'area di Basse di Stura dove campeggiavano non so quante migliaia di rom (bene, in parte) ma soprattutto per trovar loro una nuova sistemazione (?!?!?!?). Una squadra di calcio, il Parma, che ha fatto la storia di questo sport, sta fallendo e nessuno sa quasi il perché.

2015, ostensione della Sindone: un evento di cui se ne sentiva proprio il bisogno (fonte: libero.it)

E poi, i fatti vissuti. Amici che si sbattono per trovare uno straccio di lavoro e amici che ce l'hanno ma non sanno per quanto, schiavi di assurde logiche aziendali e agenzie interinali. Le strade sono piene di buche - ma che dico, crateri. I semafori pullulano di zingari e ambulanti che amano disturbare la quiete degli automobilisti. Barboni che rovistano nella spazzatura. Ne avessi mai visto uno in Germania. Già, la Germania. Quanto mi sembra lontana: l'Italia a confronto sembra il terzo mondo. E alla fine mi sorge spontanea una domanda: "Perché sono tornato in Italia?". Non mi resta che confidare in tempi migliori...

venerdì 27 febbraio 2015

L'alternativa

Ciao a tutti!
Sull'atlante stradale della Germania, alla pagine 140 e 141, vi è una piccola chiazza azzurra, segnata a qualche chilometro a nord di Schweinfurt. Si chiama Ellertshäuser See. Per più di un motivo non mi ci sono mai recato durante i miei primi mesi in Germania: un'inverno lungo e freddo, una primavera senza patente e tanti altri posti da visitare (ricordate la Verrückte Idee?).
Una domenica di febbraio un po' così, in cui non si sa cosa il cielo deciderà di fare, se scatenare un uragano o squarciarsi per regalare un assaggio di primavera. In montagna (sarebbe meglio definirla collina) è meglio non andare e in città ci viviamo. Una gita fuori porta, specie se non troppo distante, è ciò che ci va. Vogliamo cambiare luogo, il Baggersee lo conosciamo già bene. Rispolvero dunque questa idea di qualche mese fa. Tanto per cambiare, questa piccola gita sviluppa in me un certo numero di considerazioni sulla Germania.

Landa ghiacciata

Innanzitutto: cosa è l'Ellertshäuser See? Un lago artificiale, un laghetto che si estende per qualche decina di ettari tra le colline della Bassa Franconia, a pochi chilometri dal confine con la Turingia (e quindi dalla ex-Germania Est). La presenza di acqua in Germania è decisamente superiore rispetto all'Italia. Laghetti come questo se ne possono rintracciare a centinaia sul territorio tedesco, soprattutto nelle zone più pianeggianti del nord e nei pressi di corsi d'acqua importanti. Laghetti che non sono mai lasciati fini a sé stessi. Sono curati, mantenuti alla perfezione, (quasi) nulla è fuori posto. E attraggono persone. Qualche post fa mi chiedevo sostanzialmente che fine facciano i tedeschi alla domenica. Forse la risposta è questa: si allontanano dalla città, trascorrono tempo di qualità all'aria aperta, incuranti del meteo del giorno. Domenica di febbraio, nuvole minacciose, temperatura che non supera i 3-4°C, lago ancora per l'80% ghiacciato: i parcheggi sono però esauriti e centinaia di persone smaltiscono il pranzo della domenica con una passeggiata di sei chilometri sulle sponde di un laghetto. Spazi per i bambini, possibilità di godersi un piccolo panorama sulle numerose panchine, cartelli didattici, nulla è imbrattato o rovinato dai vandali. E d'estate? Pare si possa nuotare, pescare, fare immersioni e praticare della vela. Io ho già adocchiato questo posto, ad una decina di minuti di auto da casa, come un'ottima variante per i miei allenamenti in vista delle prossime corse.

Un po' di sole sull'Ellertshäuser See

Penso all'Italia e a tutte le potenzialità che potrebbe esprimere, grazie alla bellezza della nostra natura. E invece vi regna la barbarie, l'incuria, il menefreghismo, il frutto di molte amministrazioni non lungimiranti e di una civiltà, quella italiana, che recentemente è difficile definire tale. Non mi diverto a fare queste affermazioni. Io vorrei poter raccontare ai tedeschi di un paese che potrebbe essere molto meglio di quello che è oggi...
Bis bald!
Stefano

giovedì 26 febbraio 2015

Road to Hamburg: sognando il rettilineo di arrivo

Ciao a tutti!
Con questo post inizia il racconto di un percorso che nel giro di nove settimane mi porterà, salvo imprevisti, in quel di Amburgo, a correre la mia sesta maratona. Concludere una maratona - in due ore o in sei non fa differenza - non è una semplice corsa che richiede un buon allenamento. È molto di più: è un indimenticabile viaggio alla scoperta di noi stessi, del nostro io e dei nostri limiti. È un percorso fatto da sacrifici (e non solo per chi corre), intricato di ostacoli, ma che regala una soddisfazione enorme, se viene terminato riuscendo a raggiungere il proprio obiettivo, e soprattutto se viene vissuto intensamente, fino in fondo, con passione. Per questo motivo, ho deciso di chiamare i post in cui racconterò le mie sensazioni in vista dell'appuntamento del 26 aprile 2015 "Road to Hamburg".


Dopo il fondamentale rinforzo muscolare condotto tra i mesi di gennaio e febbraio, è arrivato il momento di riprendere il gesto della corsa. Per la prima volta da quando ho cominciato a correre in maniera continuativa e la corsa è diventata non solo un modo per star bene, bensì un vero e proprio sport, mi sono ritrovato a dover utilizzare il tapis roulant per allenarmi. È una condizione sostanzialmente necessaria, in quanto il freddo della Franconia mantiene costantemente le temperature intorno allo zero; nonostante Schweinfurt sia posta a poco più di duecento metri di altitudine, talvolta nevica copiosamente - l'ultima volta qualche giorno fa - le strade sono spesso gelate e la sabbia che viene cosparsa non aiuta di certo l'aderenza tra la scarpa e il terreno. C'è il rischio di farsi male sul serio. Correre per un'ora sul tappeto è decisamente noioso. E dire che sono anche fortunato, dalle vetrate della mia palestra posso osservare lo scorrere del tempo in un angolo trafficatissimo della città. Ma un'ora è lunga: preferisco dedicarmi alla lettura, e gli e-book reader in questo senso sono fantastici.



L'inizio della preparazione di una maratona è contraddistinto da settimane di ripetute veloci: ad esempio, due minuti fatti a tutta birra, poi riposo. Il tutto moltiplicato per N volte: un allenamento sfibrante, che allena il cuore e la forza di volontà, nonché mette a dura prova il fisico. Ma è molto utile, perché la sofferenza è parte essenziale di una maratona, e perché va a incrementare alcune caratteristiche base per riuscire a concludere e a concludere bene i 42,195 chilometri. L'aumento della soglia anaerobica - ossia il limite oltrepassato il quale il corpo inizia a eccedere nella produzione di acido lattico - è sicuramente il beneficio più importante in questa fase di allenamento. La prima fase di allenamento è quindi quella dell'interval training, che sul tapis roulant si può eseguire bene se non forse meglio che all'aria aperta. Impostate le velocità (nel mio caso 11 km/h a "riposo" e 15 km/h nel momento di massimo sforzo) il gioco è fatto, non resta che correre. È ovviamente una fase tutt'altro che emozionante: non c'è il relax del lungo, manca il contatto con l'aria aperta, e il tappeto è uno strumento che riesco a digerire solo con qualche passatempo... Cercasi caldo e bel tempo, insomma!
Bis bald!
Stefano

martedì 24 febbraio 2015

Tutti a Borussia!

Ciao a tutti!
Fra pochi minuti verrà fischiato il calcio di inizio dell'ottavo di finale di Champions League tra Juventus e Borussia Dortmund. Sono ovviamente in fremente attesa di questa partita, come tutti i tifosi juventini. Ma non è della partita che parlerò in questo post. A parlare deve essere il campo, e non io.
Colgo invece l'occasione della partita di stasera per soddisfare la domanda di molti tifosi di calcio, spesso incuriositi dal nome delle squadre di calcio tedesche. Molte squadre infatti non recitano nel loro nome esclusivamente il nome della città da cui provengono. In Italia, gli esempi più conosciuti sono probabilmente quelli di Juventus, Inter e Sampdoria. In Germania, invece una delle squadre che risponde a queste caratteristiche sono proprio le "vespe" del Borussia Dortmund o i "puledri" del Borussia Mönchengladbach. Borussia... perché le squadre di Dortmund e Mönchengladbach hanno questo appellativo. È veramente semplice: Borussia è il nome latino della Prussia, lo storico regno che ha raccolto buona parte dei territori della Germania settentrionale e della Polonia, tra il XVII e il XIX secolo. Il nome Borussia è dunque un chiaro riferimento alle origini territoriali delle città, quasi un segno di appartenenza, come quello che dovrebbe avere ogni tifoso che si dichiara tale.

Die gelbe Wand, il "muro giallo" della tifoseria del Borussia Dortmund

I casi non sono di certo finiti qui. Cosa mai significheranno i vari Bayer, Hertha, Fortuna, Werder, Eintracht, Bayern e Schalke?
Bis bald!
Stefano

lunedì 23 febbraio 2015

Posti in cui non possiamo entrare...

Ciao a tutti!
Un'insegna luminosa esposta su un balcone non lontano da dove abito reca una scritta "open". Un'indicazione che può indicare tutto e può indicare niente. Ma se è accesa tutti i giorni inizia a venire un sospetto. Poi guardi il campanello e vedi che l'inquilino di casa di nome fa "girls". E allora il sospetto diventa quasi una certezza, benché non abbia fatto ulteriori indagini. Così come questo locale, molti altri se ne trovano nelle vicinanze. Alcuni molto ben celati, altri assai più spudorati e con chiare indicazioni che non lasciano spazio ad interpretazioni. Bordelli, case di tolleranza, chiamatele come volete.
A differenza dell'Italia, in Germania la prostituzione è regolamentata. Ogni Land ha la sua regola, ma fare la prostituta è una professione come un'altra. La riforma che ha messo ordine in materia, risalente al governo Schröder, è stata concepita proprio con questo fine, rendere la prostituzione un'attività non immorale. Non voglio aprire un dibattito a base di etica e di morali: c'è chi è contro e chi a favore del sesso a pagamento legalizzato, e individuare la via giusta è impossibile. La Germania rappresenta un esempio di come il suo "modello" liberalizzato sia tutto sommato efficace e comunque di anni luce superiore a quello italiano, decisamente sorpassato e da rivedere: sono ben cinquantasette gli anni che ci separano infatti dalla famosa legge Merlin.

Bordello (1562), opera di Joachim Beuckelaer

Il discorso è semplice, basta vedere quanti e quali siano i vantaggi. Ciò che subito salta all'occhio è il decoro urbano: nessuna donna sui marciapiedi (se non in alcune aree a loro dedicate nei maggiori centri urbani). Salute: se in alcuni Land è addirittura obbligatorio l'uso del preservativo (...), è certo che le prostitute si sottopongono a verifiche sanitarie obbligatorie per legge; questo significa una maggiore sicurezza per le prostitute e i loro clienti.
Profitti: essendo lavoratrici, i loro introiti sono soggetti a tassazione, sia che agiscano da "libere professioniste" o da lavoratrici dipendenti - le case di appuntamenti sono di fatto imprese registrate. Alcuni Land o alcune città applicano una tassa specifica. L'esempio più limpido è quello della città di Colonia, città famosa per il suo spirito libertino al pari di Amburgo, nonché prima municipalità ad introdurre una "sex-tax". Un'inchiesta di Der Spiegel ha rivelato che il beneficio per l'erario comunale ha superato gli 800.000 euro. Non sarà una cifra enorme e palesa anche una consistente evasione nel settore, ma essa risulta essere comunque un piccolo vantaggio a favore della collettività.

Uno scorcio del quartiere a luci rosse di Amburgo, St. Pauli

E perché no, magari anche favorire una sorta di "turismo del sesso". In questi tempi di vacche magre per l'Italia, potrebbe essere una buona risorsa da tenere in considerazione. Purtroppo, quando si toccano questioni etiche, la capacità italica di legiferare è pressoché nulla. E quando lo si fa, si crea un violentissimo quanto inutile fuoco di paglia mediatico. Tante parole, pochi fatti.
Bis bald!
Stefano

domenica 22 febbraio 2015

A volo d'angelo

- In una parola, che si vedeva da lassù, com'era?
- Mi sentivo uomo.
Walter Bonatti
                   
22 febbraio 1965, Bonatti è il primo uomo a salire la nord del Cervino in inverno (fonte: bergamo.ouei.it)
             
Dici parete nord del Cervino e non si può che pensare ad una sola cosa: l'ultima scalata di Walter Bonatti.
È il pomeriggio del 22 febbraio 1965, quando un elicottero, che si alza nei cieli dominati dal Cervino, avvista qualcosa. Sembra un piccolo puntino. È un uomo che cammina, lentamente, su una cresta rocciosa ricoperta dalla neve. È Walter Bonatti, il più grande alpinista dell'epoca e forse il più grande di sempre. E ha appena superato un muro di roccia e ghiaccio apparentemente invalicabile, la tremenda nord del Cervino. Mai scalata in solitaria, mai scalata d'inverno, quando sulla roccia non batte mai il sole e le gelide tormente sono all'ordine del giorno. Ed aggiungere una nuova difficoltà, per una via totalmente nuova. Dal punto di vista alpinistico non è una montagna come altre, il Cervino, soprattutto la parete nord.

A Cervinia, trionfante (fonte: corriere.it)

Va ricordato che assieme alle pareti nord di Grandes Jorasses, Cima Grande di Lavaredo, Eiger, Pizzo Badile e Petit Dru, fino all'inizio degli anni Trenta la parete nord del Cervino è stata considerata uno degli “ultimi problemi delle Alpi”, uno degli ultimi bastioni inviolati dall'uomo. Solo nel 1931, i fratelli Schmid compirono l'impresa. Ma scalare la nord del Cervino rimane ancora oggi un'impresa sensazionale. Immaginate ora di farlo negli anni '60, quando l'esasperazione tecnologica era agli albori, ma non era riuscita a farlo con l'animo puro e sincero di Bonatti.

Quella parete, sempre in ombra

Il 1965 è un anno speciale per l'alpinismo. È l'anniversario di un grande evento: nel 1865 il Cervino era stato scalato per la prima volta dalla cordata guidata dall'inglese Edward Whymper. Un'impresa pagata a caro prezzo: delle sette persone componenti la cordata vittoriosa, ben quattro delle quali morirono durante la discesa, un conto che Whymper pagherà per tutta la vita. Whymper è un monumento dell'alpinismo al quale Bonatti vuole rendere omaggio, a suo modo, nonostante già da un anno in cuor suo aveva deciso di lasciare le grandi scalate. Vuole chiudere la sua epopea ripetendo la salita alla “Gran Becca”, tentando quello che veniva considerato da tutti gli esperti qualcosa di totalmente impossibile. Non per lui, che si accingeva a lasciare l'ultimo sigillo sulle sue Alpi.

Il più forte del mondo, così titola Paris Match (fonte: alpen.sac-cas.ch)

Dapprima tenta una salita in compagnia di due fidati alpinisti, Alberto Tassotti e Gigi Panei. Ma il maltempo li respinge, le bufere di vento e neve sono troppo forti e devono desistere dal tentativo. Bonatti, sempre al centro dell'attenzione mediatica quando si tratta di tentare una nuova impresa, è circondato da voci che lo danno ormai per sconfitto e che lo rendono molto nervoso. A complicare la questione sono gli impegni professionali di Panei e Tassotti. Bonatti è solo, ora. Se vuole salire in cima al Cervino deve farlo in solitaria. E lui lo fa. La mattina del 18 febbraio lascia il rifugio, fingendo una gita con gli sci. Lo accompagna un amico che lo scorta fino ai piedi della parete. Da quel momento è un uomo solo contro il Cervino. Ma solo un uomo tanto pazzo e contemporaneamente lucido come Walter Bonatti potrebbe fare tanto.

Verso la croce di vetta (fonte: corriere.it)

È una salita micidiale quella che apre Bonatti, tanto più se fatta in solitaria. Salire una parete scoscesa come la Nord del Cervino, tanto che “guardando verso l'alto non si scorge la vetta, guardando verso il basso non si vede Zermatt”, può apparire una vera e propria pazzia. Le difficoltà alpinistiche sono elevatissime: la roccia friabile del Cervino va approcciata con grande cautela in qualsiasi versante, figuriamoci sulla nord dove lo strapiombo è massimo. Non è facile trovare punti per piantare chiodi; spesso vi è da liberare dalla neve e dal ghiaccio tutti i punti a cui era possibile appigliarsi. In più, salire la parete da solo è ben diverso dal salire in due: in sostanza, Bonatti percorre la parete nord due volte in salita e una in discesa, dovendo aprire la via e successivamente scendere per schiodare e risalire sulle corde.
E poi, c'è la solitudine, quella più dura, che ti ammazza dentro. Ecco, io credo che la solitudine di quei giorni senza sole, senza luce, nel gelo e nel ghiaccio, sia stato in quei giorni un grande catalizzatore. Scalare una parete impossibile per abbattere il muro della solitudine, una solitudine lunga cinque giorni... talmente forte che all'inizio della salita Bonatti sperava addirittura che una tormenta lo costringesse alla ritirata.

Un muro impressionante (© Urs Lerjen)

C'è da superare un passaggio chiave, quello che lui stesso ribattezzò Traversata degli angeli, in quanto fu affrontata "a volo d'angelo". È un punto fondamentale nella sua ascesa al Cervino, più di cento metri di salita in obliquo, scivolosa, da ripulire costantemente dal gelo. Oltre si deve puntare alla vetta, in quanto la Traversata degli angeli non può essere ripetuta in senso opposto se non a costo di manovre più che impossibili. L'unica vita di uscita è la cima. Superata la Traversata degli angeli, la strada verso la croce in vetta al Cervino è quasi una passeggiata, nonostante fessure durissime e distese di ghiaccio.
Gli elicotteri che si alzano in volo il pomeriggio del 22 febbraio 1965 vedono un uomo attaccato alla croce di vetta del Cervino. È Walter Bonatti. Ce l'ha fatta, il Cervino è suo. A valle lo attenderà una folla festante e un nutrito numero di giornalisti pronti a celebrare la sua ennesima impresa. È un trionfo.

Intervistato al termine della sua ultima impresa (fonte: corriere.it)

Quando si arriva in cima ad una montagna, oltre non si può andare. Più in alto c'è solo il cielo. Il Cervino è per Bonatti l'apice del suo cammino alpinistico. Quella al Cervino sarà la sua ultima scalata, l'ultima salita al confine tra il possibile e l'irrealizzabile, prima di dedicarsi all'esplorazione di terre lontane. E il Cervino la montagna sulla quale scrivere uno dei più indimenticabili momenti della storia dell'alpinismo di tutti i tempi.

sabato 21 febbraio 2015

Tripletta sul Matterhorn

"Dirò che quando ho raggiunto la vetta del Cervino per me quella croce raffigurò un amico, un essere umano, l'abbracciai come avesse un anima."
Walter Bonatti

La croce amica (© Giacomo Longhi)



venerdì 20 febbraio 2015

Bücher: L'avversario

"Ricalcando i suoi passi provavo pietà, una straziante simpatia per quell'uomo che aveva errato senza meta, anno dopo anno, chiuso nel suo assurdo segreto, un segreto che non poteva confidare a nessuno e che nessuno doveva conoscere, pena la morte. Poi pensavo ai bambini, alle fotografie dei loro corpi scattate all'Istituto di medicina legale: orrore allo stato puro, un orrore tale da costringerti a chiudere gli occhi, a scuotere il capo la realtà."
Emmanuel Carrère, L'avversario


Ciao a tutti!
L'avversario è il mio terzo confronto con un libro di Emmanuel Carrère, dopo Limonov e La settimana biancaÈ evidente, dopo la lettura de L'avversario, di come Carrère ami le storie torbide, che rimescolano le carte nel lato più oscuro degli uomini. Con L'avversario però, Carrère regala al lettore una storia agghiacciante, ispirata da una storia vera pescata in uno dei fatti di cronaca più eclatanti degli anni '90 in Francia.
Il protagonista è Jean-Claude Romand, il quale il 9 gennaio 1993 si macchia di un terribile assassinio: uccide brutalmente moglie, genitori e i due figli. Dà fuoco alla casa in cui ha vissuto con la famiglia, cercando inoltre, seppur inutilmente, di togliersi la vita. Le indagini smascherano Romand, la cui vita è stata basata su una clamorosa menzogna: dalla laurea fasulla in medicina all'incarico di ricercatore presso l'OMS, dalle truffe ai danni dei suoi familiari alle relazioni amorose clandestine. Quando la grande bugia costruita nel corso di vent'anni viene a crollare, Romand cerca nell'eccidio della famiglia e in un tentativo di suicidio la soluzione ai suoi problemi.
L'avversario è un romanzo atipico: Carrère narra la vicenda riportando le testimonianze di chi lo conosceva e di chi lo ha conosciuto bene, segue il filo logico della storia di Romand con precisi riferimenti alle udienze del processo, miscela la cronaca con il dialogo che l'autore instaura con l'assassino per dare forma al romanzo. Non c'è desiderio di sensazionalismo nell'opera di Carrère, vuole scavare nella profondità più mostruosa dell'uomo, così terribile da sterminare tutta la sua famiglia, vuole cercare il demone che è dentro l'uomo, quella sorta di "avversario" che ci porta a compiere le azioni più atroci, vuole descrivere il MALE. Lo compie in un'atmosfera di crescente suspense: dove potrà mai arrivare il livello di menzogna di Romand? Ad ogni pagina l'angoscia continua a salire, non solo per la narrazione di un efferato gesto - che potrebbe togliere il sonno ad ogni lettore - ma perché ci porta a fare delle domande a noi stessi: quali sono le nostre certezze nella vita? cosa si nasconde nella quotidianità di ognuno di noi? potrebbe la nostra esistenza essere costruita su una falsità?
Quasi un thriller, nonostante la vicenda de L'avversario sia conosciuta. Un libro che si legge tutto d'un fiato, merito di uno stile asciutto, quasi giornalistico a tratti, e di una storia che non lascia indifferenti e che scava nell'animo umano più recondito.
Bis bald!
Stefano

Giudizio: 10/10 ««««««««««

giovedì 19 febbraio 2015

Pure nature vol.17

Ma che starà mai cercando?
               
Schweinfurt, Baviera, Germania. Foto scattata l'01/02/2015.

mercoledì 18 febbraio 2015

Be multitasking

Fuori fa troppo freddo e la colonnina di mercurio è costantemente sotto zero?
Le strade sono ghiacciate?
Nel caso non fossero ghiacciate sono piene di sabbia e quindi a loro modo scivolose?
Quando ritorni dal lavoro è notte e non si può correre?
No problem! La soluzione c'è: un tapis roulant.

Ero fermo mentre scattavo, comunque...

Ok, ma correre per un'ora e oltre sul tappeto può essere qualcosa di veramente noioso (senza il "può", lo è).
Per la seconda volta: no problem! Portati un lettore di libri multimediali (altrimenti detti e-book) con te ed il gioco è fatto.
Be multitasking!

martedì 17 febbraio 2015

Preparazione ed ispirazione

"Di cosa dovrei lamentarmi: dei sessanta esami universitari dati in cinque anni, dei dodici allenamenti e dei 180 chilometri corsi a settimana? Imparassero i calciatori, che si lamentano dello stress. Provassero per un anno, un anno solo, ad allenarsi come noi dell'atletica o del nuoto. Io a fine corsa spesso non sono nemmeno in grado di parlare. E dopo il titolo europeo sono tornato a fare la vita di sempre."
Daniele Meucci
Campione europeo di maratona

Medaglia d'oro ai Campionati Europei di Atletica leggera - Zurigo 2014

È con l'ispirazione che mi dà questo grande atleta, campione europeo di maratona in carica, che do il via ad un nuovo viaggio lungo dieci settimane, quello che mi porterà a fine aprile ad Amburgo.
I sacrifici che fanno questi ragazzi sono immensi e nemmeno io, più sensibile di tanti altri a questa tematica (avendo corso al momento cinque maratone), posso rendermene conto. Il mio sacrificio per arrivare pronto il 26 aprile, e lo sforzo della maratona, non saranno quasi nulla a confronto. Ma farò di tutto per lasciarmi influenzare da questi pensieri...
Bis bald!
Stefano

lunedì 16 febbraio 2015

Metafisica della scalata

"La sua forma tende alla perfezione, ma è un po' come se avvertisse la fatica di salire, il profilo indugia nella tensione, quasi si concedesse una pausa, si incurva appena per il peso, ma poi si riprende agile e svelto...punta alla vetta. È un po' come se nel cammino riuscisse ad abbandonare il carico del superfluo. Sembra impersonare, quasi metafora della scalata, la determinazione a superare le capacità psicofisiche dell'uomo ammettendo cedimenti e provvisorie rinunce."
Grazia Varisco

Questa linea perfetta

domenica 15 febbraio 2015

Bücher: I miei ricordi - Scalate al limite del possibile

"Le montagne non sono che il riflesso del nostro spirito, hanno quindi il valore dell'uomo che le ama e vi si misura, altrimenti non rimangono che sterili mucchi di pietre."        
Walter Bonatti, I miei ricordi - Scalate al limite del possibile


Ciao a tutti!
Nonostante non sia riuscito a completare la lettura dei libri di Walter Bonatti, credo che I miei ricordi possa essere l'opera più introspettivo di colui che, a mio parere, è il più grande alpinista che l'Italia abbia avuto. I miei ricordi sono un viaggio introspettivo, dove, a stessa di detta di Bonatti, i monti da lui scalati sono un "mezzo per" e mai "un fine", una cornice dietro ai sentimenti e alle emozioni che lo hanno accompagnato lungo i diciassette anni di alpinismo sempre al limite.
Bonatti racconta le sue imprese più belle, Dru, Cervino, Grand Capucin, Pilier d'Angle, Gasherbrum IV, non dimenticandosi di tramandare l'etica alpinistica che lo ha contraddistinto fin dagli esordi in Grigna. I miei ricordi non è una cronistoria delle salite che hanno reso famoso Bonatti, ma qualcosa che assomiglia di più ad un'eredità morale, un lascito ai futuri alpinisti. Questa è la sensazione che traspare già nella prima parte del libro, più dedito alla gioventù, ma si conferma in maniera via via maggiore nella seconda parte, quando emerge il Bonatti maturo, cresciuto nella fatica della montagna e plasmato nell'animo dall'esperienza del K2, un episodio che condizionerà per sempre i suoi scritti e la sua visione dell'umanità. Questa vicenda trova ampio spazio in I miei ricordi, ennesimo segno di una forza incrollabile (come già in parete) nel volere portare alla luce la verità storica della conquista italiana della seconda vetta del pianeta.
Bis bald!
Stefano

Giudizio: 8/10 ««««««««««

sabato 14 febbraio 2015

Sul traguardo, ad aspettare

Corri più veloce del vento
il vento non ti prenderà mai
corri ancora adesso lo sento
sta soffiando sopra gli anni tuoi.
Dammi la mano fammi sognare
dimmi se ancora avrai
al traguardo ad aspettarti
qualcuno oppure no.
Nomadi, L'ultima salita

Il più forte di tutti (fonte: lefigaro.fr), qui nel trionfo del Tour 1998 a Plateau de Beille

venerdì 13 febbraio 2015

Satyricon (e oltre)

Ciao a tutti!
In questi giorni ho letto alcune notizie che mi hanno fatto sorridere non poco. Sono tutte contro la nazione nella quale vivo attualmente, la Germania. Un paese che si trova sotto una sorta di pressione da tante direzioni, dal Mediterraneo e dall’Est Europa. Per quali motivi? Per ragioni connesse ai due episodi più importanti della storia tedesca del XX secolo: la Seconda Guerra mondiale e la caduta del Muro di Berlino.
Alla prima si sta attaccando la Grecia, paese in profonda crisi economica. È già da qualche anno che i vari governi avvicendatisi alla guida del paese ellenico spingono per ottenere un lauto risarcimento (220 miliardi di euro!) per i danni di guerra causati dalla Germania. Dopo settant’anni, le profonde ferite del conflitto bellico di riaprono, in concomitanza di una complessa situazione che vede Germania e Grecia agli antipodi.
La seconda ragione, la caduta del Muro di Berlino nel 1989, è invece il pretesto che la Russia sta utilizzando per cercare di ripulire un’immagine mai limpida e ancora più offuscata dai recenti avvenimenti in Ucraina. Secondo alcuni parlamentari russi, infatti, l’annessione della Germania Est alla Germania Ovest è avvenuta secondo criteri non democratici. Nessun referendum fu infatti indetto nell’occasione.

Fulmini su Atene (fonte: lettera43.it)

Personalmente, ritengo queste richieste assolutamente grottesche, in grado di ridicolizzare le classi politiche sia della Grecia che della Russia. Come può la Grecia, dopo settant’anni e in un momento in cui l’Europa gode di pace (quantomeno non vi sono guerre di queste proporzioni), chiedere un risarcimento per degli eventi sui quali è stata posta una pietra tombale? Come può la Russia considerare illegittimo e antidemocratico migliaia di persone unite insieme per urlare con una sola voce la loro ritrovata unità? Non voglio difendere la nazione in cui vivo – sulla quale più di una volta mi sono dimostrato critico – ma credo che la Germania abbia pagato duramente quanto successo tra il 1939 e il 1945 nei quarantacinque anni che sono seguiti. Non serve appellarsi alla storia, per quanto controversa, della Germania, per correggere gli errori politici di Grecia e Russia negli ultimi decenni. E soprattutto non ha senso provare a riscrivere la storia. La storia è, per l’appunto, storia: ha senso cambiare ciò che è già stato?
Bis bald!
Stefano

giovedì 12 febbraio 2015

Losche figure, settecento giorni dopo

Ciao a tutti!
Sono trascorsi quasi due anni dalla mia ultima escursione sulla neve. Era il marzo del 2013, quando mi recai munito di ciaspole al Lago di Malciaussia. Una vita fa. Avevo da poco accettato di tentare un'esperienza lavorativa in Germania. Avevo conosciuto da poco Giulia, e qualcosa tra noi stava già germogliando. Mi apprestavo (a una settimana di distanza) a correre la mia seconda maratona, in quel di Barcellona. Un'eternità. Sono esattamente settecento, quegli infiniti giorni.

Si cammina in mezzo a una foresta da fiaba

Ecco, potete capire cosa provavo nei momenti in cui mi sono trovato nuovamente a calpestare la neve. Da solo, io e la natura attorno a me. Sentieri interamente ricoperti dal manto nevoso, alberi come sfigurati dalle precipitazioni invernali, un sole che abbellisce tutto quanto. Pochi rumori, ma di quelli buoni: il disgelo della neve nei pochi anfratti lasciati a disposizione, qualche goccia che scende dalle fronde degli abeti e i miei scarponi che affondano nella neve. Sensazioni che sapevo di non aver perso ma che per troppo tempo sono state lontane.

Una firma sul libro di vetta

La Bayerisches Wald, che ci ha ospitato nel weekend appena trascorso, mi ha visto ritornare a camminare nella neve. Niente più grandi cime ma dolci colline, che spesso non superano i mille metri. Personalmente non credevo, prima di rendermi conto cosa fosse la Bayerisches Wald, di poter raggiungere una sommità, e magari trovare un gran panorama assieme al libro di vetta. Gradite sorprese, queste, che mi fanno rivalutare le alture tedesche, da me ribattezzate spesso come "colline" (in confronto alla mole delle nostre Alpi).

Un corridoio di abeti

Non parto di buon ora, come al solito e come si conviene per una vera uscita sulla neve. Accompagno Giulia sulle piste di Eck e da lì mi incammino anch'io. Scendo un pochino lungo la strada che collega Arrach ad Arnbruck, dalla macchina avevo intravisto un ottimo punto dal quale iniziare il cammino. Senza sapere dove andare. Una meta non c'è. Voglio solo godermi ciò che mi sta attorniando, il resto verrà da sé.
Inizio dunque a camminare su una carrareccia già battuta in precedenza da qualche altro escursionista, completamente immerso nel bosco, fino a raggiungere la pista da fondo che da Eck si dipana verso Bodenmais. Qui si cammina più rilassati - non si affonda mai - ma si deve dividere lo spazio con i fondisti. Poi intravedo un cartello che indica una possibile meta: Mühlriegel. Sotto un'altra targa parla di Spitze, cima. Sta a vedere che in quella direzione, e a breve distanza (cento metri circa) vi è la cima dell'altura che ho risalito?

Il percorso registrato con Garmin Connect

Così è. Per salirvi devo anche appoggiare le mani su qualche roccia, ma ciò che si presenta dopo vale lo sforzo. Nel bagliore del mezzogiorno, tutta la Zellertal è di fronte a me, completamente coperta dalla neve, dove le uniche schiazze scure sono i boschi della Bayerisches Wald. La cima è indicata da una croce in legno, eretta nel 1999. Una scatola in alluminio contiene il libro di vetta. DEVO lasciare un pensiero, una testimonianza, una frase che raccolga tutta la mia emozione. Alla mia sinistra c'è il Großer Arber, un buon motivo per tornare nella Bayerisches Wald; a destra le piste di Eck, per ricordarmi che è ora di scendere. Senza fretta, la discesa sarà veloce ma ciò che mi circonda deve stare a lungo negli occhi.

I loschi figuri

Perché alla fine della giornata ciò che mi rimane impresso non sono i panorami dal Mühlriegel, il piacere di una gradevole escursione (da troppo tempo aspettata), una giornata soleggiata come poche durante questo inverno. Ciò che mi porterò per sempre nel bagaglio dei ricordi, sarà questa foresta coperta di neve, la quale modella le forme della natura a suo piacimento, per creare un mondo parallelo, quello che spesso viene narrato nelle leggende della montagna. Ignaro di codeste favole, descrivo nella mia mente una foresta che prende vita sotto la neve, dove gli abeti diventano maghi, stregoni, draghi. La neve può allargare i confini dell'immaginazione, in me crea figure fantastiche, quasi spaventose. La neve può anche questo e la Bayerisches Wald, così solitaria e quieta non può che essere il palcoscenico ideale...

Un sole che buca la fitta trama di abeti...

Bis bald!
Stefano

mercoledì 11 febbraio 2015

Sacrilegi

Ciao a tutti!
Tranquillità, riposo, serenità, quiete. Questi i migliori termini per descrivere il modo in cui i tedeschi affrontano la domenica. Affacciarsi in centro città durante una giornata festiva può essere molto deprimente per un italiano. Poche persone in giro, zero negozi aperti, località che paiono città fantasma, soprattutto laddove si vive meno di turismo (ne avevo già parlato quando avevo visitato Brandeburgo sulla Havel). Può essere difficile per chi, come noi italiani, è abituato a riversarsi in città la domenica pomeriggio sapendo bene che i negozi del centro storico e i centri commerciali sono tutti aperti. Ci va un po' di tempo, ma ci si abitua. È giusto così: la domenica è il giorno del relax, del riposare in vista di una nuova settimana lavorativa. Una volta assimilato questo concetto (peraltro molto giusto) il resto viene di conseguenza e non è difficile adeguarsi agli usi dei tedeschi.

Cirro Immobile, numero 9 del Borussia Dortmund (fonte: weltfussball.at)

Certo, all'inizio non è facile. Lo sa bene un italiano famoso, venuto in Germania in cerca di maggior fortuna. Ciro Immobile, centravanti ex-Torino e ora militante nelle fila del Borussia Dortmund, ha rischiato grosso a causa della sua scarsa conoscenza della cultura tedesca. Una domenica pomeriggio ha pensato bene di darsi al giardinaggio, dedicandosi alla tosatura del prato di casa. In un brevissimo lasso di tempo, i vicini hanno fatto notare che qualcuno avrebbe anche potuto rivolgersi alla polizia per far smettere i rumori molesti del tosaerba, vietatissimi nei giorni di festa. Non si sa se effettivamente la polizia sia intervenuta e abbia multato Immobile - probabilmente i media tedeschi hanno ingigantito la notizia, da sempre critici verso il mondo del calcio italiano - ma rimane il migliore esempio dell'attenzione che la Germania dedica al giorno di festa.

In versione montatore IKEA

La disavventura, curiosa e divertente allo stesso tempo, dell'attaccante italiano, è riuscita nell'intento di farci trascorrere molte ore di vera e propria angoscia durante i nostri primi weekend in Germania. Tra la fine di settembre e l'inizio di novembre ogni momento libero da lavoro e corsa è stato totalmente dedicato ai lavori per allestire la nostra piccola magione. In particolar modo, dei nostri mobili: armadio, letto, divano, libreria, eccetera eccetera. Il cacciavite elettrico non è che produca chissà quale rumore, ma il trapano alza esponenzialmente il livello di decibel. Fortunatamente l'inquilino del piano di sotto non era spesso a casa, ma trascorrere il weekend con la preoccupazione che da un momento all'altro ci può bussare alla porta la polizia e magari con un conto salato in mano... non è stato piacevole e non sarebbe neanche stata la maniera migliore per iniziare l'esperienza in Germania.
Per fortuna, nulla di tutto ciò si è concretizzato. E ci godiamo la nostra casa da poco arredata. Con tanto relax, domenica compresa!
Bis bald!
Stefani

martedì 10 febbraio 2015

Icona delle Alpi

"A Zermatt, da quando si scende dal treno a quando si arriva alla centrale Kirchplatz, gli occhi hanno già fatto un'indigestione di Matterhorn; quel triangolo stilizzato lo vedi stampato sulle fiancate dei taxi elettrici, sulle vetrine dei negozi, sulle giacche, le magliette, i cappellini esposti, sui menu dei ristoranti  e sui boccali di birra, sui muri e persino sui cassonetti dell'immondizia. Un'overdose iconografica che fa della montagna un brand commerciale, un logo con cui vendere servizi, panorami, esperienze. Però, quando il suo profilo appare dalle nubi è come se due secoli di litografie, dipinti, foto e cartelloni pubblicitari venissero spazzati via da una grandiosità primordiale."
Marco Rolando, da Meridiani Montagne n.72 - Cervino

Una montagna esagerata (© Uwe Kindermann)

lunedì 9 febbraio 2015

Nuove scoperte: un weekend nella Foresta Bavarese

Ciao a tutti!
Il fine settimana che si è appena concluso è stato quello dedicato ai piaceri personali che, per varie ragioni, avevamo temporaneamente accantonato. Da quando ci siamo trasferiti infatti, io e Giulia non avevamo ancora avuto modo di indossare, rispettivamente, ciaspole e sci, per una bella giornata nella neve. Abbiamo rimediato a questa lacuna nell'ultimo weekend, durante il quale abbiamo scoperto qualcosa di ancora totalmente nuovo per noi: la Bayerisches Wald, in italiano Foresta Bavarese.

Panorama dal Mühlriegel

Non immaginatevi che la Bayerisches Wald sia solamente un grande bosco. Esso è un'intera regione della Baviera orientale, parte della quale anche parco nazionale (esteso 240 chilometri quadri), che copre più di un circondario rurale. È un'area che va definita "di media montagna": la cima più alta, il Großer Arber, non tocca i 1500 metri, nonostante possa sembrare, alzando lo sguardo verso l'alto, che attorno a sé ci siano solo grandi montagne. Al confine con la Repubblica Ceca, la Bayerisches Wald rappresenta uno dei luoghi di villeggiatura più vicino alle città di Ratisbona e Passau: in inverno è una zona meravigliosa e immagino che in estate possa esserlo altrettanto, grazie alle ampie possibilità per gli amanti del trekking.

Nella tormenta di neve

Ma perché abbiamo scelto la Foresta Bavarese per andare a sciare (Giulia) o sulle ciaspole (io)? In Germania ci sono luoghi più vicini (la Rhön, per fare un esempio) o più universalmente noti (Garmisch-Partenkirchen). E non troppo distante, vi è l'Austria, ricca di piste attrezzatissime e con montagne da urlo. C'era voglia di trascorrere un weekend sulla neve, lontano dalle località adiacenti la Franconia, e senza spendere l'iradiddio. La Bayerisches Wald è stata un ottimo compromesso.

Gli immensi abeti della Bayerisches Wald

A detta di Giulia, gli impianti sciistici sono po' attempati, a partire dagli impianti di risalita. E i chilometri di pista a disposizione si contano su ben poche dita. Ma la neve è perfetta. Da Eck, una sorta di colletto che divide i circondari di Cham e Regen, abbiamo sciato e ciaspolato (o meglio, camminato sulla neve) con molta soddisfazione. Personalmente, ho trovato degli ottimi itinerari - faticosi ma non troppo - con panorami sublimi e tanti soggetti da immortalare con la macchina fotografica, come mai mi sarei immaginato. Con un sole splendente o con una bufera in corso. Ma la neve, si sa, può dare molte soddisfazioni a chi ama la montagna e la fotografia.

Lam, tipico elemento architettonico dell'area

La Bayerisches Wald non ci ha deluso, in sintesi. Anzi, non vedo l'ora di tornarvi in estate. Con la speranza di trovare qualche segno di vitalità in più. I paesi di questa zona appaiono infatti... assopiti, come caduti nel sonno. Una spiegazione non c'è: le valli della Bayerisches Wald non sono isolate, ma collegate tra loro da una rete di strade in condizioni perfette. Lam, dove abbiamo albergato ne è l'esempio migliore, ma in generale tutti i paesi appaiono molto... rilassati. Unica eccezione è parsa Bodenmais, anche grazie alla presenza del migliore impianto sciistico del comprensorio. Abbiamo provato a chiederci il perché di questa atmosfera intorpidita: la Bayerisches Wald è una zona di confine, e non un confine qualunque. A pochi chilometri in linea d'aria vi è il confine con la Repubblica Ceca, che fino a poco più di venticinque anni fa segnava anche il confine tra l'Europa di influenza occidentale e l'Europa di influenza sovietica, un fattore che va certamente considerato.

Un confine che sa di storia del Novecento

Repubblica Ceca: trovarvisi a due passi è stata una tentazione troppo grande. Una puntatina l'abbiamo fatta, proprio per curiosare un po' in questa nazione da entrambi mai toccata prima d'ora. Nel bel mezzo di una tormenta di neve abbiamo varcato il confine tra Germania e l'ex-Cecoslovacchia, ancora ben visibile dall'ex-dogana, un luogo dove i soldati americani e russi decine d'anni fa erano probabilmente abituati a guardarsi in faccia. Anche se ci siamo limitati a raggiungere il primo paese lungo la strada proveniente dalla Germania, Železná Ruda, il diverso tenore economico tra le due nazioni balza subito all'occhio. Non siamo lontani da questo stato, può darsi che a breve ci si ritorni. Per capirne un po' di più...

Gelo boemo

Resta comunque un ricordo di un gradevole fine settimana. Merito della Bayerische Wald, delle sue valli, dei suoi panorami e delle sue dolci montagne. Immagini che non mi dispiacerebbe incontrare di nuovo. In inverno ma soprattutto con la bella stagione. Per chi ama il trekking, c'è molto pane per i propri denti.
Bis bald!
Stefano

domenica 8 febbraio 2015

Vinciamo sempre noi!

Ciao a tutti!
È ben noto come a livello calcistico i tedeschi soffrano terribilmente gli italiani, soprattutto a livello di sfide tra selezioni nazionali. Le occasioni in cui gli azzurri hanno prevalso sulla Mannschaft sono moltissime, spesso in competizioni ufficiali. Proprio per questo siamo anche un po' (a buon diritto) odiati da loro. Siamo temutissimi, rispettati, come forse in nessun altra situazione.
Ho pensato a questo qualche sera fa. I miei colleghi hanno proposto un'iniziativa lodevole, un pomeriggio al bowling center di Schweinfurt. Per stare insieme, per scherzare un po', per ciarlare esulando completamente dall'ambito lavorativo. Glisserò sulla modesta partecipazione dell'intero "corpo colleghi" (intorno al 15%), preferisco concentrarmi sull'esito dell'appuntamento. Non sono partito con smania e desiderio di vittoria, a bowling non sono mai stato un fenomeno e i miei amici ben lo sanno. Mi difendo, tengo alto l'onore, penso solo a divertirmi - essenzialmente questo era lo scopo. Ma il livello non era dei più elevati, e intanto infilo qualche spare e qualche (pochini) strike. Risultato? Due vittorie su tre partite, tutte concluse oltre i cento punti, non da me. E conclusione da brividi, all'ultimo turno dell'ultima partita avevo infilato una tripletta di strike, che non si è materializzata per un fallo proprio all'ultimo tiro...

Erano tre strike di fila, gli ultimi!

Dunque, non può che scapparti il sorriso di soddisfazione. E una battuta, condita da pacca sulla spalla: "Italians do it better!". Certo, è una cosa da poco, ma aiuta a trascorrere una bella serata.
Bis bald!
Stefano

sabato 7 febbraio 2015

Finalmente...

Germania, Eck, Bayerisches Wald.
Dopo quasi due anni dall'ultima vera volta sulla neve... scatti di questo genere rappresentano per me la liberazione!

Nel cuore di un'imbiancata Bayerisches Wald

Bis bald!
Stefano

venerdì 6 febbraio 2015

Ma cosa vorresti imparare?

Ciao a tutti?
Cosa possiamo fare noi, italiani all'estero, se non esportare il meglio della nostra patria oltre i confini nazionali? Io cerco di farlo ogni giorno, nel migliore dei modi. Una delle maniere che più mi è congeniale, ed è anche più facile, è invitare i miei colleghi tedeschi a casa nostra, per una vera cena "all'italiana". È anche un'ottima (nonché sana) soluzione per instaurare rapporti che vanno oltre la semplice relazione di lavoro.

Allo zafferano e ai würstel

Nei miei primi mesi trascorsi da solo in Germania, tra il 2013 e il 2014, ho provato qualche esperimento culinario, con buoni risultati. E Giulia si è unita a me da settembre, con ottimi esiti anche da parte sua. La mia specialità è il risotto, la sua sono le torte. Invitare i miei colleghi a cena è divertente. Ci chiedono le ricette, i segreti. Vogliono capire, imparare: più che legittimo. Sono quasi commoventi: ho visto anche fare le foto con lo smartphone alle varie fasi di preparazione del mio risotto zucchine e gamberetti.
Ma c'è una cosa che gli stranieri non potranno mai comprendere della cucina italiana, che va al di là della varietà degli ingredienti e dei prodotti di qualità superiore. Noi italiani, cuciniamo con l'anima: un buon pasto è una missione, un obiettivo da raggiungere a tutti i costi. Per questo, non rimarranno mai delusi! In casa come al ristorante.
Bis bald!

giovedì 5 febbraio 2015

Beatitudine

"La neve è una poesia. Una poesia che cade dalle nuvole in fiocchi bianchi e leggeri. Questa poesia arriva dalle labbra del cielo, dalla mano di Dio. Ha un nome. Un nome di un candore smagliante. Neve."
Maxence Fermine

Nessuna pietà anche per le bici

Ciao a tutti!
Svegliarsi una domenica mattina a Monaco di Baviera.
Svegliarsi con una sorpresa: la città è ricoperta dalla neve. Eppure solo sette ore prima di neve, nemmeno l'ombra.
Dove alberghiamo, nel quartiere monacense di Riem, tutto tace. Se non ci sono ruote che spaccano la poltiglia sul manto stradale, l'unico rumore è quello lieve dei fiocchi che si depositano, inermi, su tutte le superfici che incontrano. Tutte quante, nessuna esclusa. La neve è democratica. Non guarda in faccia nessuno, si dispone su qualsiasi oggetto. Sui vetri di un'automobile, sulle tegole di una casa, su una bici.
Tutto è più chiaro. Il rosso del treno che ci porterà a Monaco, il giallo di una cassetta postale, il blu di un'orologio. Tutto è più evidente.
La neve della domenica mattina, tipicamente silenziosa in Germania, è unica. Sono percezioni sensoriali che fanno viaggiare a ritroso nel tempo. La neve ti fa tornare bambino, forse nell'età delle palle di neve e dei pupazzi. La neve è benessere, è aria pulita, è pace, è libertà, è beatitudine. Viva la neve!

Impossibile non vederlo

Bis bald!
Stefano

mercoledì 4 febbraio 2015

L'anno del Cervino

"Tremila metri sotto di noi erano i verdi campi di Zermatt, punteggiati di chalets da cui si alzava pigro un fumo azzurrastro. Meno di 2500 metri più sotto, sull'altro versante, erano i pascoli di Breil. C'erano oscure foreste nere, vividi prati ridenti; salti di cascate e acque immobili nei laghi; terre fertili e distese selvagge; pianure soleggiate e gelidi plateaux. C'erano le forme più irregolari e i profili più aggraziati, ardite pareti di roccia verticale e gentili pendii ondulati; montagne rocciose e montagne innevate, umili e solenni, o bianche e lucenti, con muraglie, torri, pinnacoli, piramidi, cupole coni e punte! C'era ogni tipo di combinazione che l'universo possa offrire, e ogni genere di contrasto che il cuore possa desiderare. Restammo sulla cima per un'ora, «un'ora colma di vita gloriosa»."
Edward Whymper, La salita del Cervino

"Verso le tre del pomeriggio, quando mi trovo a soli cinquanta metri dalla vetta, improvvisa e splendente appare la croce metallica fissata alla sommità. Il sole che la illumina da sud la fa apparire come incandescente. Sono quasi abbagliato dai suoi contorni luminosi. Gli aerei, ormai numerosi e che nell'ultima ora mi hanno assordato con il loro rombo, sembrano intuire la solennità del momento. Forse per discrezione si allontanano un po' lasciandomi percorrere gli ultimi metri in silenzio. Come ipnotizzato, stendo le braccia a quella croce fino a stringerla al petto."
Walter Bonatti, I miei ricordi (sulla scalata del 1965 al Cervino)

 Gigante tra le nuvole (© Nico Schaerer)

Ciao a tutti!
L'uomo è stato da sempre affascinato dalle grandi montagne. Perché sono maestose, affascinanti per quello che rappresentano esteticamente e simbolicamente. Perché è naturale il desiderio di conquista, raggiungere un punto dove più in alto, con le proprie gambe e con le proprie braccia, non si può proprio arrivare. Perché è innato nell'uomo il desiderio di conquista, e quale conquista più eroica vi è se non quella di poter abbracciare il mondo intero con lo sguardo, da una cima di oltre quattromila metri?
Le montagne sono entità mirabili, strabilianti. Tutte. Per la loro forma, per la loro verticalità. Per la loro imponenza. O forse, per il solo fatto di esistere. Meglio la mole dell'Everest o il fascino del Monte Bianco? Meglio la lama verticale del Cerro Torre o lo strapiombo dell'Eiger? Meglio il ghiaccio del Monte Rosa o la roccia delle Tre Cime di Lavaredo? Ognuno, come il proprio dio, ha la propria montagna simbolo, quella che sa condensare dentro di sé l'apice delle emozioni.

Parete sud - L'immagine più famosa per gli italiani

La mia è il Cervino, il Mont Cervin o Matterhorn, a seconda della lingua. Indiscutibilmente, senza ombra di dubbio. Una silhouette inconfondibile, magica. La parete sud, altissima, che domina la conca del Breuil; la parete est, così prodigiosamente piatta; la parete ovest, contemporaneamente magica ed oscura; la parete nord, qualcosa di estremamente perfido, un frutto dalla sfida della natura all'uomo.
Per me è LA montagna. Quella che vorrò sempre vedere, della quale mai mi stuferò. Quella in cui ho scoperto la mia passione per le alte quote, quella che ha visto i miei primi passi da trekker, quella che ha scortato una bella fetta della mia Alta Via n.1, quella che mi ha visto innamorare.

Rabbia, prepotenza (fonte: dovesciare.it)

Per chi ama il Cervino (e sono tanti), il 2015 non è un anno come tutti gli altri. Valtournenche e Zermatt si apprestano a festeggiare due grandi eventi: i centocinquanta anni della prima ascensione al Cervino, da parte della cordata capitanata da Edward Whymper, e i cinquant'anni della prima ascensione invernale dalla parete nord, da parte di Walter Bonatti. È un anno, questo, che va celebrato a dovere.
Io cercherò di farlo nel migliore dei mondi, sulle pagine di A spasso tra i Giganti, tramite le più belle immagini di questa montagna unica al mondo e le più importanti parole che siano mai state spese su questo stupefacente gigante delle Alpi. Comincio oggi, proprio con le parole di inizio post, scritte dalle mani e dal cuore di due monumenti della montagna, Whymper e Bonatti, che sullo gneiss del Cervino hanno lasciato una traccia indelebile nella storia dell'alpinismo.
Bis bald!
Stefano

martedì 3 febbraio 2015

Tedesco - Nugget of the day n.8

Che confusione, questo tedesco.
Uno dei motivi che aumentano la confusione è la presenza di parole, spesso lunghe e spesso così simili tra loro. Io ho una tripletta micidiale di termini che proprio... non c'è niente da fare: le confondo continuamente. die Geschäfte, die Geschenke, die Geschichte: i negozi, i regali, la storia. Ce ne sarebbero altre, ma questi sono personalmente i più eclatanti.
Concetti diversi, tanta somiglianza. Il mio apprendimento del tedesco passa anche dall'abbattere queste asperità...

Disperazione sui libri (fonte: univrtellers.files.wordpress.com)

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