Paolo Rumiz, La leggenda dei monti naviganti
Quando ho letto sulla guida di Creta che il villaggio di Hóra Sfakíon era famoso per i cartelli stradali crivellati da colpi d'arma da fuoco ho pensato subito che era doveroso farci una visita, raggiungere questo luogo così singolare. Un mezzo per conciliare il mio desiderio di scoprire qualcosa di nuovo su quest'isola - qualcosa di così incredibile per noi che greci non siamo - con un bel tuffo nelle acque cretesi e la voglia di attraversare nuovamente le montagne di Creta, così deserte e uniche nel loro genere.
La regione di Sfakiá è la più sudorientale della provincia che fa capo a La Canea. Si affaccia sul Mar Libico e spesso i suoi villaggi costieri sono complicati da raggiungere, perché spesso non sono collegati tra di loro. Nella maggior parte dei casi, serve risalire verso l'entroterra per qualche chilometro, prima di poter scendere in un altro villaggio. Il caso più eclatante è quello di Frangokástello e Hóra Sfakíon, due borgate che distano in linea d'aria otto chilometri, ma in auto ne distano il doppio. Alcune, come la stessa Hóra Sfakíon e l'isolata Agía Rouméli, sono collegate solo tramite battello. La costa meridionale di Creta è la quintessenza della natura selvaggia di quest'isola, e il viaggio verso Hóra Sfakíon e Frangokástello ne è la dimostrazione. Tornanti e controtornanti che provano a dominare un territorio ostico, fatto di dirupi scoscesi, alture pallide e paesaggi mozzafiato.
Per dirigersi verso i paesi di Frangokástello e Hóra Sfakíon dobbiamo però percorrere un lungo tratto nella National Road, l'autostrada cretese, una delle tante contraddizioni greche. I limiti di velocità sono cosa folle, perché non si può imporre una circolazione ad una velocità massima 50 km/h in una strada di grande comunicazione. E i cretesi, che non amano le regole, nonostante la moltitudini di sensori e rilevatori, se ne strafottono e mettono in mostra tutto il loro peggior repertorio al volante. Il bello del viaggio inizia proprio quando termina la National Road: i rettilinei si divorano l'avventura e la annichilano, l'eterna successione di curve invece la fortificano e la elevano alla massima potenza, proprio come diceva Rumiz nella sua citazione ad inizio post.
La strada fa in fretta ad inerpicarsi sui rilievi dei Lefka Ori, le montagne bianche di Creta. Quando sul nostro percorso incontriamo le prime capre, riceviamo un segnale preciso: si entra in un'altra dimensione di Creta, quella più arcaica e legata alle tradizioni cretesi. Tra queste vi è la fede, amplificata in ogni dove dalla presenza di curatissime cappelle e piccoli santuari. Vi è la famiglia, come testimoniano le cappelle votive all'esterno di ogni casa. Dunque la pastorizia, e non c'è bisogno di dirlo, perché le capre pascolano ovunque a Creta, anche sulla più trafficata delle strade. Questi non saranno luoghi in cui arricchirsi economicamente ma luoghi in cui arricchirsi spiritualmente, qui contano i valori. E che valore hanno certi paesaggi, come il fertile altopiano di Askýfou, dove due secoli fa i cretesi sconfissero in una cruenta battaglia l'esercito turco. Se visto dalla strada che collega le due coste, pare impossibile che in un'isola dalle spiagge così idilliache possa esistere un luogo che ha il profumo dell'Appennino o della Provenza.
L'attraversamento delle montagne finisce in pratica a Ímbros, dove iniziano le omonime gole, non affollate come quelle di Samariá ma non per questo seconde per bellezza. Lunghe otto chilometri circa, si restringono fino all'ampiezza minima di 1.60 metri, fino ad arrivare a Komitádes, la porta verso il Mar Libico. La mulattiera che attraversa le gole di Ímbros era l'unico collegamento tra La Canea e Hóra Sfakíon, prima che la strada che abbiamo percorso in auto fosse costruita. La gola ha assistito anche all'evacuazione di diverse migliaia di soldati britannici durante la Seconda Guerra Mondiale, prima di riparare verso l'Egitto.
Sulla strada, invece, poco sopra Komitádes, si apre un meraviglioso panorama sulla costa meridionale di Creta. Ogni singolo tornante è una balconata sul litorale tra Hóra Sfakíon e Frangokástello. Scenari che da soli valgono tutto l'impegno e la lunghezza del viaggio.
Nella discesa verso Frangokástello la leggenda dei cartelli stradali crivellati di colpi diventa realtà. Da quelli che comunicano l'ingresso in un centro abitato a quelli che avvertono la presenza di una curva pericolosa, non vi è segnale stradale che non sia intaccato da un proiettile. Questi cartelli stradali così conciati, a volta al punto tale da impedirne la lettura, sono l'emblema del carattere focoso degli sfakioti, gli unici cretesi a non essere mai stati soggettati ad alcuna dominazione: . Non c'è mai stato infatti alcun arabo, veneziano, turco o tedesco che sia stato in grado di portare uno sfakiota sotto la propria egemonia. Questi cartelli sono un avvertimento: gli stranieri qui non sono benvenuti, saranno respinti a suon di spari. In realtà non è proprio così, perché la popolazione locale è invece molto accogliente. L'antica paura dell'invasore, rinvigorita da secoli di guerre contro l'oppressore del momento, è diventata oggi esclusivamente folklore da stampare sui souvenir per i turisti.
Osservare i fori si trasforma in un'attività curiosa: il loro diametro varia da uno fino a diversi centimetri. Questo testimonia come le armi utilizzate per sforacchiare di colpi i malcapitati cartelli stradali siano svariate. Pistole, fucili e carabine, chi più ne ha più ne metta. Se in Grecia le leggi sul possesso di armi è decisamente rigorosa, a Creta si fa a gara a chi ha l'arsenale più nutrito.
Frangokástello ha nel nome una delle più longeve tracce del periodo veneziano a Creta, una fortezza che risale al XIV secolo, costruita proprio dai veneziani per poter tenere a bada sfakioti e pirati, successivamente utilizzata dagli stessi cretesi nelle guerre contro l'Impero Ottomano. Qualcuno, come testimoniano le statue vicino al castello, ha lasciato qui la vita per il bene di Creta e della Grecia, durante le guerre di indipendenza greca.
La fortezza veneziana fa da sfondo ad una delle spiagge più tranquille dell'isola, qualcosa che nulla ha a che vedere con il caos di Elafonisi, per fare un esempio. Qualche ombrellone, pochi spiaggianti e un paio di taverne che richiamano l'attenzione. E quel castello che ci guarda mentre ci rinfreschiamo dopo oltre due ore di guida.
Hóra Sfakíon è invece il più bel villaggio marino che abbiamo incontrato durante la nostra settimana a Creta. Un manipolo di case bianche che sembrano volersi gettare in acqua. Chi nell'acqua di Hóra Sfakíon si è invece gettato a capofitto sono gli undicimila soldati di Gran Bretagna e Australia che nel maggio del 1941 furono evacuati al termine di una lunghissima e disperata ritirata dalle postazioni vicino a La Canea e Rethymno.
Hóra Sfakíon è un pacifico porticciolo sul quale si affacciano tutte le taverne e tutti i negozietti del piccolo paese, che ormai ha perso la storica inospitalità per aprirsi al turismo. E sono infatti tanti i turisti qui, molti dei quali ammassati nella vicina spiaggia di Vríssi. Piccola, incastonata tra due mura di rocce a precipizio nel mare, un vero gioiellino.
Un gioiello come tutto ciò che abbiamo incontrato in questa giornata on the road, su queste strade che tagliano i monti per collegare i due mari che bagnano Creta. Le spiagge, il buon cibo, il sole, certo. Ma la vera anima di Creta è qui, tra curve e controcurve su monti con vista mare.
Bis bald!
Stefano
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