Sapevo di non essere in grossa forma, considerati gli ultimi due mesi in cui è successo molto - di tutto, di più - ma speravo in qualcosa di più. Le gambe lontane sono state - e su questo invece non avevo dubbi - lontane parenti di quelle brillanti ed esplosive di sei mesi fa a Roma. Ho dovuto gestirle dall'inizio alla fine per evitare di arrivare a Venezia camminando. Ho sempre corso, non mi sono mai fermato, non ho mai gettato la spugna, arrivando sulla linea del traguardo esausto. Condizione nella quale è giusto ritrovarsi alla fine di una competizione in cui si dà tutto nel giro di tre (quasi quattro, oggi) ore.
Lontano dalla migliore condizione, lontano dai tempi che ero solito correre, ma ugualmente felice. Felice di esserci, felice di essermi emozionato correndo a Venezia. La terza volta, ma è come se fosse la prima. Un privilegio, correre qui, un'esperienza che auguro a tutti nella vita. E poi, questa è la decima volta sul traguardo di una maratona. Un traguardo nel traguardo, un'enorme soddisfazione che solo cinque anni fa, quando stavo allenandomi per la mia prima maratona, non potevo proprio pronosticare. E invece eccone dieci. Torino, Barcellona, Venezia, Torino, Venezia, Amburgo, Firenze, Berlino, Roma, Venezia.
Ora riposo, reset fisico e mentale (necessario), una lunga pausa e poi si vedrà. Dopo dieci maratone, un piccolo ciclo si è chiuso. Qualcosa cambierà, ma se ne riparlerà nel 2018.
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Passaggio in Piazza San Marco, chilometro 41 |
Bis bald!
Stefano