Hanya Yanagihara, Una vita come tante
Una vita come tante di Hanya Yanagihara è uno di quei romanzi di cui ho tanto sentito parlare e discutere poco dopo la sua uscita. Recensioni entusiastiche, lettori estasiati, rapiti da questo libro che - a detta di molti - è da considerare alla stregua dei più grandi capolavori. Personalmente, mi dissocio da queste opinioni. Non perché voglia andare controcorrente, o perché sia insensibile - mi è già capitato di piangere leggendo un libro, o guardando un film. Il libro di Yanagihara, nonostante il tanto tempo utilizzato per portarlo a termine, mi è piaciuto. Si, mi è piaciuto. O forse no.
Una vita come tante narra la storia di una profonda amicizia tra quattro amici in una New York totalmente decontestualizzata. Jude, Malcolm, Willem e JB sono quattro squattrinati compagni di college che, affrontando percorsi ben diversi, raggiungono il successo nel loro campo. JB, l'artista, Willem, l'attore, Malcolm, l'architetto hanno come loro fulcro la controversa figura di Jude, un avvocato che nasconde un passato fatto di disperazione e di violenza, la cui vita è in costante bilico tra la speranza e il desiderio di autodistruzione. Intorno al fragile Jude si scatena un turbinio di sentimenti emotivamente variegati (e mi fermo qui, per non fare dello spoiler).
Perché leggere Una vita come tante? Beh, innanzitutto perché è una bellissima storia di amicizia che dura nel tempo: nel corso dei decenni, la loro amicizia sopravvive, nonostante i litigi, la tossicodipendenza di JB e i comportamenti ambigui di Jude. Perché Una vita come tante ridisegna completamente il concetto di genere e orientamento sessuale a livello letterario. Per la sua prosa, godibile nonostante le oltre mille pagine del volume: in fondo, una volta che si scopre quale sia stato il passato di Jude, costellato di abusi e di violenze, si vuole sapere come va a finire. Perché è perfetto nel raccontare quanto l'abuso in età infantile possa avere effetti devastanti (palese è l'incapacità di Jude di lasciarsi andare ad un amore incondizionato). Perché è stato bello affezionarsi ai personaggi – personalmente sono entrato subito in empatia con Willem e Harold, uno dei professori di Jude.
Va però anche detto che Una vita come tante è un romanzo che affronta questioni morali e basta, senza un benché minimo tentativo di contestualizzazione storica: si può dedurre che sia ambientato nel XXI secolo, ma poco altro, sebbene i riferimenti al cinema di Willem, all'arte di JB o ai progetti di Malcolm sarebbero un punto di partenza per descrivere il mondo che li circonda; un mondo dai contorni decisamente snob, che non può essere ovattato, in cui eventi come l'11 settembre o la crisi globale non sembrano giocare alcun ruolo. Forse tutto il libro andrebbe riletto come una favola urbana, mettendo da parte la pur consistente dose di realismo ivi contenuta. E poi c'è una sorta di fastidioso buonismo di fondo nei confronti del personaggio di Jude: perché è così amato? Forse “solo” perché è stato violentato da piccolo? Molti degli atteggiamenti assunti dai protagonisti sembrano incomprensibili – e per me rimangono tali tuttora.
C'è qualcosa di difficile da spiegare una volta terminato questo romanzo: nonostante questo intenso e poderoso viaggio nell'abisso di un uomo, rimane un po' di amaro in bocca nel constatare durante tutta la lettura una sorta di autocompiacimento dell'autore nel raccontare così tali esperienze dolorose, come se si volesse infierire sul malcapitato. Era proprio necessario?
Bis bald!
Stefano
Giudizio: 7/10 ■■■■■■■■■■
Giudizio: 7/10 ■■■■■■■■■■