lunedì 22 maggio 2017

Commozione e rabbia

Un mese fa... Michele Scarponi. Oggi, Nicky Hayden. Due grandi personaggi di sport, due sportivi di primo piano delle due ruote, motorizzate e non, il cui destino in comune è quello di aver concluso la propria vita sulle strade, in sella ad una bicicletta.
La morte di Hayden, campione del mondo della MotoGP nel 2006, è a suo modo ancora più beffarda e assurda. Beffarda perché chi di professione corre su una moto si espone a rischi continui tutti i santi weekend, rischi ben più grandi di salire su una bicicletta. Assurda, perché Hayden amava la bici, il ciclismo era un modo per tenersi in forma, morire così... non ha senso.
Si potranno dire tante cose, che la macchina che l'ha investito troppo forte, che lui non ha rispettato lo stop all'incrocio, o chissà cos'altro. Una cosa è certa: andare in bicicletta su queste strade, in Italia, è pericoloso, quasi un azzardo. Ne è prova la morte, sempre a Rimini (!!!), della triatleta tedesca Julia Viellehner, investita da un camion.
Basta guardare le foto del luogo dell'incidente. Il segnale di stop è coperto da un cespuglio, la segnaletica orizzontale pare deficitaria, la strada non ha "vie di fuga". Zero spazio per un ciclista. Penso alle strade della mia terra di origine (che criticai ampiamente solo un mesetto fa, vedi post), ma più in generale alle strade italiane. Poi, ripenso a quelle che vedo costantemente in Germania, ogni giorno, ogni mattina per recarmi in ufficio. Con molto spazio per le bici, talvolta con una corsia ad esse dedicata, se non addirittura un intera carreggiata a disposizione. Una differenza che sarebbe eufemistico definire abissale.

Nicky Hayden dopo la vittoria del Campionato Mondiale MotoGP nel 2006

Per queste motivazioni, la morte di Nicky Hayden non solo suscita in me solo la commozione e la tristezza del caso, ma anche tanta rabbia. La morte di un personaggio famoso ovviamente colpisce di più rispetto a quella di una persona sconosciuta, ma è importante non dimenticare che la scomparsa di Hayden è solo la punta dell'iceberg di un grande problema: la sicurezza dei ciclisti sulle nostre strade.
Buon viaggio, campione.

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