dopo un po' di assenza dal blog torno a scrivere qualche pensiero montanaro. Una intensa settimana lavorativa e tempo trascorso in sedute di allenamento, in vista di un'ideuzza che mi è saltata in mente per il mese di novembre (non voglio anticipare nulla pubblicamente nulla, per ora, anche se molte tra le persone più care già sanno), mi hanno distolto dal mio blog.
Torno leggermente indietro nel tempo, ad una settimana fa. Già, esattamente una settimana fa, domenica 26 ho avuto il piacere di superare quota 3600 m (3612 m per la precisione) raggiungendo in compagnia di Stefano e Laura la sommità di Punta Roncia (o, se vogliamo usare la lingua locale, Pointe de Ronce).
Dalla salita verso Punta Roncia: il lago del Moncenisio, la Valle di Susa e in lontananza, il Monviso |
Immensa la visuale: a parte montagne tipo Monviso a sud e Rocciamelone ad est, che sono facilmente individuabili, e la vista sul lago del Moncenisio che ha aggiunto ulteriormente azzurro agli occhi già colmi di un cielo totalmente limpido (...), lo sguardo poteva dirigersi su tutte le cime della Vanoise, sul massiccio del Bianco e del Gran Paradiso.
Punta Roncia è conquistata! |
Vista la giornata che abbiamo avuto la fortuna di incontrare, ciò che si è stagliato dinanzi ai nostri occhi è stato veramente poderoso. E poi, per quanto mi riguarda, che soddisfazione arrivare così in alto. Ciò che mi rende personalmente felice, al di là della gioia di avere raggiunto una quota del genere (tanti alpinisti mi riderebbero dietro, ma per me è un bel traguardo!), è la "scarsa" fatica che ho provato a causa della quota: fino a 3000 m non mi sono quasi neanche accorto di salire, e dopo non mi sembra di aver faticato particolarmente. Si, qualche passaggio dove mettere qua e là le mani c'è stato, però, nulla di trascendentale. Voglio dire, ho faticato molto di più in Valle d'Aosta, su itinerari di simile lunghezza (a Punta Roncia si sono sfiorate le dieci ore di cammino) e ad altitudini decisamente inferiori. Sarà l'allenamento di fine stagione? Probabilmente si.
Ad ogni modo, la quota non ha rappresentato problemi. Piuttosto il ventaccio ha disturbato parecchio e mi ha costretto a tenere il passamontagna per buona parte della giornata. Ma alla fine arrivi su, vedi queste montagne, questo lago, queste valli, questo cielo, un paio di stambecchi, la neve, due nazioni e tutto passa in secondo piano. Tu sei lì in mezzo al vento e ti chiedi perché sei lì, perché siamo su questa terra, ringrazi di esserci e godi di questa meraviglia.
Lungo la discesa: il "magro" Glacier de Ronce, Lanslebourg-Mont-Cenis e le cime della Vanoise |
E quando scendi in terra civilizzata (mi chiedo: è veramente civilizzata?) ritrovi le solite cose: un caldo infernale, traffico, gente con una curiosa malattia infettiva detta fretta, che sfreccia in autostrada a 200 km/h, gente incazzata a lavoro, già stufa il primo giorno. Non sarebbe meglio pensare che forse sono inezie in confronto a tutto il bello che ci circonda? Lascio a voi l'ardua sentenza.
Ciao a tutti e buon weekend (per chi mi legge ora) o buona settimana (per chi mi leggerà domani).
Stefano
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