giovedì 21 aprile 2016

Il taccuino tricolore - Puntata n.4

L'ultimo weekend in Italia è velocemente trascorso: respirare un po' di aria italica mi ha fatto bene (altro clima, altro temperatura, altra compagnia) ma ha ovviamente innalzato i livelli di tensione nervosa. Purtroppo questa è prassi consolidata, è sufficiente accendere la radio una volta superato il confine, ascoltare un telegiornale, parlare con famiglia e amici, per farmi dire "perché non me ne sono rimasto in Germania". Croce e delizia, l'Italia è casa mia, e mi piace criticare, da residente all'estero, tutto quello che vi succede, tanto quanto la decanto per la sua bellezza.


Trivelle. Quante parole si sono sprecate per il referendum del 17 aprile, erroneamente ribattezzato "delle trivelle", mentre tutto si è mestamente concluso nel solito "nulla di fatto" del quorum non raggiunto. Non so cosa mi abbia fatto più tristezza. Vedere che oltre due terzi del popolo italiano non si è recato alle urne e non aver compiuto il proprio dovere civico come espressamente scritto nella nostra Costituzione, constatare che molti che invece alle urne ci sono andati non hanno proprio capito un tubo del quesito referendario, accertare che della questione energetica, di risorse fossili e di risorse rinnovabili il popolo non ne sa proprio poco. Perché si fa in fretta a dire "no al petrolio, si alle rinnovabili" e poi trovarsi una bolletta più salata perché il petrolio lo compriamo dall'Iran. perché, ora, non di sole rinnovabili si vive.
Libertà di stampa. Nel 2015 siamo passati alla posizione numero 77 della classifica mondiale della libertà di stampa. Davanti all'Italia, alcune nazioni passate alla storia per essere tipicamente conosciute come democratiche e liberali, come la Moldavia, il Burkina Faso, la Mauritania, la Serbia e la Tanzania. Beh, poi non mi stupisco del perché la gente sia disinformata sulla questione "trivelle" e di tanti altri argomenti: ma quante sono le persone che credono che in Italia ci sia il petrolio, quando invece vi è perlopiù gas naturale (con ben altri rischi per la salute). Anche questo è frutto della disinformazione...
Debito pubblico. I dati di aprile sono sconfortanti: l'aumento supera quota 2200 miliardi di euro, pari al 132,7% del prodotto interno lordo italiano. Sempre in aumento, costante ed inesorabile. Ma tutte le manovre per ridurlo, che fine hanno fatto. Fatemi capire: gli italiani continuano a pagare (qualcuno) per il debito ma questo aumenta. Ma di cosa stiamo parlando?
Pensioni. Un nome a caso, tale Boeri (presidente dell'INPS), afferma che i nati negli anni Ottanta, tra i quali mi ci inserisco pure io, dovranno lavorare (duro) mediamente fino a settantacinque anni di età per poter ottenere la pensione di anzianità (bassa). Lascio perdere tutto ciò che si dovrebbe fare o evitare affinché si possa stabilire una meta più "umana" per poter andare in pensione. Qualcuno (sindacalisti, ministri) lo attacca perché ha diffuso un dato del quale non si stupisce più nessuno: il famoso detto "non vedrò mai la pensione" non è più un qualcosa di campato per aria, ma si avvicina tristemente alla realtà dei prossimi anni. Eppure chi dice le cose come stanno, non è apprezzato in Italia. Meglio credere alle favole.
Bis bald!
Stefano

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