- Che cos'è la Storia? Qualche idea, Webster?
- La storia è fatta delle menzogne dei vincitori, - risposi un po' troppo fulmineo.
- Si, temevo che avrebbe detto così. Non dimentichi comunque che è fatta anche delle illusioni dei vinti.
Un libro veloce, dalla trama semplice, ma intriso di contenuti di grande spessore, magistralmente illustrati da Julian Barnes, che con questa sua opera, Il senso di una fine, ha vinto nel 2011 il Man Booker Prize.
Il senso di una fine narra le vicende di Tony Webster, un uomo come tanti, con i suoi pregi e i suoi difetti, nelle fasi della sua gioventù e della sua anzianità. A legarle narrativamente il diario di un compagno di scuola, tramite il quale il protagonista tornerà sul suo passato - e inizierà a comprendere che la realtà può assumere forme diverse, inimmaginabili e inaspettate. Non posso aggiungere altro su una trama che, proprio per la sua semplicità tagliente, non merita di essere "spoilerata".
La vicenda dell'io narrante Tony Webster ci induce a riflettere sul valore della nostra vita e sul significato della morte. Lo fa per mezzo di una loquace attività cerebrale di ricordo e di recupero delle persone che hanno influito sul proprio percorso di crescita e maturazione: cosa erano, cosa hanno rappresentato, cosa sono ora, a decenni di distanza. Questo esercizio porta ad alcune conclusioni intrise del relativismo psicologico pirandelliano: la nostra verità non è e non può essere l'unica verità, ma spesso è una ricostruzione sbagliata di visioni deficitarie della realtà. Questa attività di ricordo è spesso un'arte barocca, ricca di quel superfluo necessario a garantire la visione che più ci conviene immagazzinare, la creazione di un puzzle conveniente per la nostra memoria. Ma è di questo che possiamo fidarci? No, perché al di là della fantasia, noi si è semplici spettatori, non sappiamo nulla della vita degli altri, nulla è sotto il nostro pieno controllo, sebbene le nostre parole possano indirizzare le altrui esistenze.
- La storia è fatta delle menzogne dei vincitori, - risposi un po' troppo fulmineo.
- Si, temevo che avrebbe detto così. Non dimentichi comunque che è fatta anche delle illusioni dei vinti.
Julian Barnes, Il senso di una fine
Un libro veloce, dalla trama semplice, ma intriso di contenuti di grande spessore, magistralmente illustrati da Julian Barnes, che con questa sua opera, Il senso di una fine, ha vinto nel 2011 il Man Booker Prize.
Il senso di una fine narra le vicende di Tony Webster, un uomo come tanti, con i suoi pregi e i suoi difetti, nelle fasi della sua gioventù e della sua anzianità. A legarle narrativamente il diario di un compagno di scuola, tramite il quale il protagonista tornerà sul suo passato - e inizierà a comprendere che la realtà può assumere forme diverse, inimmaginabili e inaspettate. Non posso aggiungere altro su una trama che, proprio per la sua semplicità tagliente, non merita di essere "spoilerata".
La vicenda dell'io narrante Tony Webster ci induce a riflettere sul valore della nostra vita e sul significato della morte. Lo fa per mezzo di una loquace attività cerebrale di ricordo e di recupero delle persone che hanno influito sul proprio percorso di crescita e maturazione: cosa erano, cosa hanno rappresentato, cosa sono ora, a decenni di distanza. Questo esercizio porta ad alcune conclusioni intrise del relativismo psicologico pirandelliano: la nostra verità non è e non può essere l'unica verità, ma spesso è una ricostruzione sbagliata di visioni deficitarie della realtà. Questa attività di ricordo è spesso un'arte barocca, ricca di quel superfluo necessario a garantire la visione che più ci conviene immagazzinare, la creazione di un puzzle conveniente per la nostra memoria. Ma è di questo che possiamo fidarci? No, perché al di là della fantasia, noi si è semplici spettatori, non sappiamo nulla della vita degli altri, nulla è sotto il nostro pieno controllo, sebbene le nostre parole possano indirizzare le altrui esistenze.
Questo è in fondo un esempio di come Il senso di una fine, tramite una prosa a tratti stupenda, assuma i contorni di un saggio di filosofia, pieno zeppo di elucubrazioni e disquisizioni che a volte possono sembrare banali, ma non lo sono affatto. Così come non lo sono alcuni dei messaggi che emergono con forza dal testo: «sfruttate il tempo a vostra disposizione!», «vivete intensamente!», «date un senso ai vostri giorni su questa terra!».
Bis bald!
Stefano
Giudizio: 10/10 ■■■■■■■■■■
Stefano
Giudizio: 10/10 ■■■■■■■■■■
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