Ciao a tutti,
sono ormai
passate parecchie ore dal momento in cui ho tagliato il traguardo della Turin Marathon. E non è sbiadita per nulla quest'emozione. Ancora adesso non riesco
bene a comprendere quanto fatto. Troppo grande è stato questo sogno per me, un
sogno che mi accompagna da più di un anno, e che finalmente ora si è
realizzato. Ma ancora non me ne rendo conto.
Le sensazioni
che affollano la mente sono tante e variegate. Nel cuore e nella testa avrò
sempre alcune immagini, tra cui l'imbuto in Via Roma alla partenza (che ben
rappresenta l'incredibile massa di runners, quattromila e forse più) e gli
ultimi metri...correre tra due ali di folla in Via Roma e Piazza San Carlo per
poi chiudere l'estrema fatica in Piazza Castello, è unico, incredibile, immenso. Alzi la testa e ti rendi conto che è finita, che ce l'hai fatta. Ogni aggettivo non ha più senso, è qualcosa che si può capire fino in fondo
solo percorrendo tutti i 42,195 km della maratona. Lo spettatore, per quanto
immerso nell'atmosfera, non riuscirà mai a percepire tutto quello che prova un
runner durante un maratona. A meno che l'abbia già percorsa una volta nella
vita. E quello è un ricordo che rimane per sempre, indelebile.
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Chilometro numero 40, Via Sacchi: il momento più duro della mia XXVI Turin Marathon. |
In una giornata
fredda come quella di ieri il calore alla partenza era tanto. E tanta era anche
l'ansia e la preoccupazione fisica. Dopo il lungo di domenica, la condizione
fisica era "precaria": il polpaccio era dolorante e c'era il timore
di non riuscire a recuperare in tempo. Fino a venerdì il fastidio al polpaccio
destro è stato persistente, anche se non lancinante e in cuor mio non ho mai saputo, se non fino al
termine della maratona, se le creme e le pastiglie all'arnica avrebbero sortito
l'effetto medicamentoso sperato.
E invece, per
più di 42 chilometri non ho sofferto di alcun infortunio muscolare, la
condizione fisica si è rivelata eccellente, e per questo devo veramente
ringraziare Edoardo, che mi ha preparato al meglio a questo appuntamento, anche
proponendomi modalità di allenamento sulle quale io ero piuttosto scettico. A
tal riprova, se domenica scorsa i cinque chilometri tra il trentesimo e il
trentacinquesimo furono incredibilmente sofferti, ieri si sono trasformati nel
trampolino di lancio verso la rimonta.
Seguendo i
consigli di Marco, collega runner, uno di quelli tosti, sono partito molto
tranquillo, percorrendo i primi chilometri nell'abitato di Torino in scioltezza
(quasi fosse un riscaldamento...) per poi accelerare a poco a poco. La
progressione è stata notevole: 1111° ai 10 chilometri (48’45’’, passo 4’53’’),
1057° alla mezza maratona (1h42’58’’, passo 4’53’’), 1005° ai 30 chilometri
(2h25’42’’, passo 4’51’’), 770° all’arrivo!!! Con un (ovviamente per me) incredibile tempo
di 3h22’18’’ al passo di 4’48’’. E
io che temevo di non farcela a stare sotto le 3 ore e mezza… e il bello è che nel
frangente tra i 30 chilometri e l’arrivo, la matematica mi dice che ho
sorpassato 235 atleti!!! Quattro al minuto, p, un negative split da paura!
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Torino, ore 9.30: la XXVI Turin Marathon è cominciata. In testa, ovviamente, subito i keniani. |
E pensare che
tutto poteva concludersi dopo 500 metri… maledette rotaie in Via Po! Qualche
ostacolo ha provato a frapporsi tra me e l’obiettivo dei 42 chilometri. Ci si sono
messi i piedi, che mai più avrei pensato potessero crearmi dei problemi (come mai mi era successo in corsa) E
invece è proprio così, già dopo una decina di chilometri sentivo qualcosa che
non girava al meglio. A metà percorso mi sono poi reso conto che bolle stavano
formandosi nella pianta del piede. Evidentemente non ho curato al meglio l’aspetto
delle scarpe, che peraltro avevo deciso di usare per l’ultima volta per la mia
prima maratona. In realtà so cosa è successo e faccio tesoro dell’esperienza
acquisita domenica per dare un consiglio a tutti coloro volessero avvicinarsi a
questa pratica sportiva: mai lavare le scarpe prima della gara! Comunque, non
sono state le scarpe a rallentarmi, fortunatamente.
L’elenco dei
problemi termina qui: dopo solo sensazioni e momenti bellissimi, alternati a
simpatici siparietti. Come ad esempio, il runner vestito col costume di Spiderman (chissà
se ha finito la gara…), come le decine di atleti intenti a “svuotarsi” tra le
piante lungo il percorso e perfettamente incuranti dei tifosi (e tifose, he-he)
a pochi metri di distanze, i bambini che ti danno il cinque, i runner che dopo 18 km di corsa commentano in perfetto stile Bar Sport le performance di El Shaarawy in Napoli-Milan. Ma fare la Turin
Marathon per me ha significato attraversare una città intera, quella città che
mi ha visto crescere, nei posti più significativi della mia vita. Ripensandoci,
sono partito dalla piazza in cui ho vissuto i trionfi della mia squadra del
cuore, la Juventus, Piazza San Carlo; il primo chilometro è finito al Lungo Po
Cadorna, dove ricordo le romantiche passeggiate con Giulia; dopo poche
centinaia di metri si entra in Corso Massimo D’Azeglio, dove vi è la Facoltà di
Chimica, presso la quale mi sono laureato ormai più di cinque anni fa; a un
terzo del percorso si sfiora Stupinigi e si entra in Corso Unione Sovietica,
lungo il quale non ho potuto scordare i miei otto anni di viaggi in pullman; l’eterno
Corso Francia, percorso per anni in macchina con Giulia; Piazza Rivoli, vicino
alla sede del CAI Uget; l’eterno Corso Galileo Ferraris (dove sta la sede della
Juventus…) e poi la via per eccellenza di Torino, Via Roma. Per chiudere in
Piazza Castello: lì ho vissuto il primo bacio J
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Gli ultimi preparativi a mezz'ora dal via della Turin Marathon. |
L’atmosfera
incontrata lungo il percorso, con le batterie e i gruppi bandistici a scandire
il ritmo degli atleti e il tifo che specie nei centri abitati si faceva
sentire, hanno aiutato. Sarò sincero, la spinta degli amici è stata
fondamentale. A partire da Davide ed Elisa che erano ad attendermi a Stupinigi:
la loro presenza mi ha dato tantissima spinta nel lunghissimo, infinito rettilineo
che porta fino in Piazza Caio Mario. Straordinario l’apporto di Andrea in un
altro rettilineo, quello di Corso Francia. Lui mi ha indirettamente rivelato quanto importante
sia la presenza di un supporto morale: il passo sul quel chilometro era 4’50’’,
dopo averlo visto, salutato e dato il cinque ho chiuso quel chilometro (penso
fosse il 31esimo o il 32esimo) al passo di 4’35’’. E da lì ho percorso alcuni chilometri ad un ritmo che mai più avrei potuto pensare di reggere quasi fino
alla fine dopo averne percorsi più di trenta. Ed è stato fantastico vederlo tra
il pubblico all’arrivo... Non me l’aspettavo, e invece era lì!!! Ed è stato
liberatorio abbracciarlo, incredulo, un po’ perché non mi aspettavo di vederlo lì,
un po’ perché si è increduli quando termini questo viaggio di tre ore e più. Inimmaginabile che energia può darti anche un piccolo sostegno come vedere per un attimo, pochi
secondi, uno tra i più cari tuoi amici che è lì ad aspettarti e a darti forza.
Olivier ha ragione quando mi dice che la maratona si corre il cuore e con la
testa. Anche se lo sforzo principale se lo sobbarcano le gambe, senza cuore e
testa non vai da nessuna parte. E poi, vedere mia mamma che mi saluta festante,
all’incrocio tra Via Roma e Piazza Castello, a pochi metri sulla linea di
arrivo, e io che contraccambio con il braccio alzato, ti dà l’ultima spinta
verso il traguardo. Ripenso a quando mi diceva che ero matto, che non ci avrei
messo meno di quattro ore. Ma anche a tutti gli indumenti lavati e stirati… anche
questo fa parte del successo!
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Con Andrea all'arrivo! Notare una scarpa volutamente non riallacciata dopo aver tolto il chip... |
E poi, devo
veramente ringraziare il mio capo, Enrico, che alla fine ce l’ha fatta ad
essere presente sul percorso della Turin Marathon, non in veste di runner, ma
nel ruolo di accompagnatore non ufficiale con la sua bici. Fino al giorno prima
non mi aveva garantito la sua presenza durante la gara, poi eccolo che in Via
Tirreno me lo trovo improvvisamente sulla sinistra. Confesso, bardato com’era
per il freddo non l’ho riconosciuto subito. Sarà che sono abituato a vederlo in
un contesto, come quello lavorativo, decisamente diverso da quello di una gara
podistica. L’ho sentito parlare e finalmente ho capito. E’ stato di grande
aiuto, soprattutto nei tratti di Corso Francia prima, in cui mi ha rassicurato
sulla mia condizione e poi tra i chilometri 38 e 41, dove mi ha costantemente
incoraggiato a non mollare (vedere video per credere). Il suo apporto al buon
esito non è stato importante, di più. A lui il merito di alcune delle foto
pubblicate in questo post e nei post che verranno.
L'ultima fatica: il video!
La prima
maratona non si scorda mai, come il primo amore. Mi rendo conto scrivendo
queste righe che la maratona, questi 42,195 chilometri, sono un grande puzzle.
Come una storia d’amore, un viaggio in giro per il mondo, una carriera
lavorativa, la nascita e la crescita di un figlio, tutto si compone di piccoli
tasselli dal grande significato. Mi chiedo: cosa è stato veramente importante
per me per arrivare a questo traguardo? Tutto e niente. Niente, perché non c’è
stato qualcosa che penso sia stata fondamentale; allo stesso tempo tutto, perché
senza uno dei tanti piccoli pezzi che compongono la preparazione non sarei
arrivato dove sono arrivato. La corsa in montagna, i consigli dei runner che conosco
e di Edoardo, la tenacia negli allenamenti, il rinunciare ad un’uscita al
sabato (se non per l’anticipo serale della Juventus), il sostegno della
famiglia e degli amici, i sacrifici nell’alimentazione, le sedute in palestra.
Il desiderio di
farcela.
La voglia di non
mollare mai.
La forza per sognare
il traguardo.
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Via Tirreno, metà gara è scivolata via... |
Sapere che non esiste vittoria senza sacrificio.
Il maratoneta Stefano