Un po' per caso, un po' no - un po' l'ho voluto - sono tornato a correre sulle strade di casa. Su una ciclabile in cui ho costruito maratone e mezze maratone, sotto lo sguardo di zolle di fertile terra piemontese, su una strada che che conosco a memoria, nonostante la mia sempre più sporadica presenza al paesello nel quale ho vissuto per ventotto anni. Ora dirò una cosa banale: tornare a correre a casa, in quella che sentirò sempre dentro come "casa mia", è stato bello.
Il mio paradiso è qui |
Sono uscito dalla porticina di casa con il fuoco negli occhi, con il desiderio di spaccare l'asfalto. Zero stretching, zero riscaldamento, gli gnocchi al pomodoro che mia mamma ha preparato per pranzo che ancora ballano nello stomaco, e via a correre, per capire se il piede fa ancora male. Sono partito come se fosse una gara di mezzofondo, senza pensare che avrei potuto rimanere senza fiato dopo poche centinaia di metri. Ma in quel momento non me ne fregava niente. Volevo soltanto correre, e basta. E allora ho corso, quattro chilometri così, tanto per cominciare. Alla fine di fiato ne avevo pochino (ma ho anche corso in un dignitosissimo 4'26"/km), ma nel mentre avevo riempito il mio corpo di gioia. Il piede non fa male, e ho fatto pure la curva a gomito senza alcun dolore. Se sia pronto per correre quarantadue chilometri ancora non lo so, ma non mi serve ora questa informazione. Voglio solo poter tornare ad allenarmi e godere di quel benessere psicofisico che rimane nei muscoli dopo una bella corsa. Ma il primo passo verso la prossima avventura, verso la prossima maratona, è stato appena compiuto. A casa.
A presto!
Stefano
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