domenica 31 agosto 2014

sabato 30 agosto 2014

Aspettando un po' di sole

Ciao a tutti!
Da un lato la seconda tappa del nostro viaggio sulle rive del Lago di Costanza era quella più attesa. Non tanto per ciò che avremmo incontrato sulla nostra strada, ma per le condizioni meteo che sapevamo avremmo trovato avverse. La resa dei conti con le previsioni, consultate istericamente da giorni, arriva in quel di Bregenz. La sentenza è dura, durissima. Piove. Piove a secchiate. Prendiamocela comoda, dunque. Una ricca e soprattutto tranquilla colazione, prima di scendere in paese e vedere qual è il primo treno per Arbon. Sarebbe logico pensare a questo, ma nel profondo del mio animo c'è la voglia di credere in uno spiraglio di sole. A Bregenz ci sono dei musei d'arte, a quanto pare. Proviamo a visitarli e poi valutiamo il da farsi.

Pedalare nel delta del Reno

Usciamo dall'albergo mentre infuria ancora il diluvio. Raggiungiamo a piedi il centro. Atmosfera spettrale tanto quanto il cielo. Non c'è nessuno, Bregenz pare essersi trasformata improvvisamente in una ghost town. D'altronde, è Ferragosto, e ai germanici piace essere ligi al dovere. C'è una festività pubblica? Non si esce di casa. Attraversiamo tutte le vie centrali della città fino alla Kunsthaus, un cubo di vetro e cemento che dovrebbe ospitare opere dei più grandi artisti contemporanei. Sulla brochure pubblicitaria di Bregenz si parla di Roy Lichtenstein e Damien Hirst, nomi che attirano la nostra attenzione. Dentro c'è però Richard Prince. La Kunsthaus di Bregenz non è altro che un enorme spazio in cui si possono allestire mostre temporanee, mentre non c'è spazio per collezioni permanenti. La mostra che ci sorbiamo, comunque, è piacevole, ironica e divertente. Si tratta di It's a free concert dell'artista americano Richard Prince. Per i non addetti ai lavori, Richard Prince è uno di quelli a cui piace spaziare con forme, dimensioni e soggetti fino a trasformare in arte un assegno bancario incollato su un enorme telo bianco. Oppure divertirsi con le pubblicità di brand famosi. Oppure fare quasi della pornografia una cifra stilistica da applicare su una carrozzeria di un auto. Ci si diverte, con il trash di Richard Prince.

This is art, this is Richard Prince

All'uscita c'è un piccolo squarcio nello spesso strato di nubi. "Ci proviamo?", dico. Si, ci proviamo. Di corsa alla bici. Oliatina alla catena, tiriamo su la bici a piedi per oltrepassare i binari e via, per nuovi quaranta chilometri verso la Svizzera. I primi chilometri di tappa sono molto rilassanti, sempre nella quiete dei boschi di Bregenz. Ogni tanto ci scappa un ponte, come quello lunghissimo sul Bregenzer Ach, un canale che punta senza indugi verso il lago. I paesi che sfioriamo lungo il percorso sono quelli che incontro lungo la breve traversata austriaca nei miei viaggi verso Schweinfurt. Hard e Hochst ne sono un esempio: proprio ad Hochst, la ciclovia mi conduce proprio di fianco all'asfalto di decine di viaggi, prima quello del ponte sul Dornbirner Ach e poi quello del ponte sul Neuer Rhein, uno dei rami del Reno, fiume che qui, sul Bodensee, si prende una "pausa" per poi ricominciare da Costanza.

Il porticciolo di Hard

Giunge anche il momento di abbandonare l'asfalto amico per svoltare a destra, in quella zona che potrebbe definirsi un piccolo "delta del Reno". Qui avviene il miracolo. Le nuvole se ne vanno e ci permettono di godere appieno della zona che stiamo attraversando. Che è semplicemente meravigliosa. Poche case, strade poco trafficate. Tanta, tantissima natura, ambienti riposanti, tra zone paludose, aree rurali e stormi di uccelli che paiono librarsi felici. Qui pedalare è un piacere. E non esagero nel dire che, alla luce di quanto visto nei giorni precedenti e successivi, questo è stato il tratto in cui il gesto della pedalata è stato più rilassante, spensierato. Nonostante il tempo stringa...

La dogana tra Gaißau e Rheineck

Perché alla fine, quando non hai tantissimo tempo a disposizione, come nel nostro caso a causa di una partenza ritardata, ci si mettono i cartelli stradali a farti perdere minuti preziosi. I cartelli ci portano verso una strada che ci fa allungare quantomeno di qualche chilometro, forse tre. La sensazione che non andassimo dalla parte giusta mi si è confermata nel momento in cui ci troviamo sul lungo, eterno, rettilineo che ci porta a Gaißau, l'ultimo comune austriaco, che raggiungiamo da ovest piuttosto che da est. Qui decidiamo di fermarci un po': la panchina davanti alla chiesa parrocchiale è veramente invitante.

Wald

Dopo il frugale pranzo, bastano poche centinaia di metri per giungere alla dogana tra Austria e Svizzera. Quella riservata alle automobili non fa per noi. Ve n'è una molto più piacevole, meno trafficata e controllata. È un ponte in legno, che scavalca il canale che funge da confine tra Austria e Svizzera, fatto appositamente per i ciclisti. L'ingresso in territorio elvetico non comincia nel migliore dei modi, in quanto la ciclovia si estende su un sentiero sterrato proprio a fianco dell'autostrada che porta a San Gallo. Il rumore è assordante e contrasta con la pace del canale che abbiamo alla nostra destra. Si deve entrare ad Altenrhein per assaporare un po' di aria di Svizzera. È impressionante la cura che gli elvetici hanno per le proprie case. I balconi e le scale strabordano di vasi fioriti. Ho sempre pensato che la Svizzera la si riconosceva dai prati più verdi, ora potrei dire che la si può distinguere dalle case più colorate…

La Svizzera è anche fiori ovunque

Ci portiamo nuovamente sulla superficie del lago a Staad. Era dalla mattinata, da Bregenz, che non lo vedevamo, o quasi. La tregua meteorologica pare durare poco, le nuvole si addensano e talvolta ci capita di sentire qualche gocciolina. Infatti decidiamo di incrementare la velocità per arrivare a Rorschach ancora asciutti. Nel caso di pioggia battente si può sempre optare per una soluzione ferroviaria; fra l'altro la ferrovia corre per molti chilometri a fianco della ciclabile. Giunti a Rorschach, leghiamo le bici sul lungolago, nella speranza che la situazione non peggiori. Ed infatti inizia a piovere.

In azione sull'asfalto bagnato

Un giretto a Rorschach non ce lo facciamo mancare. Le attrazioni sono il vecchio granaio in riva al lago e lo stabilimento balneare. Per quanto riguarda il primo, beh, mai si potrebbe pensare che questo massiccio palazzone, ora museo cittadino, fosse stato adibito a granaio in passato. Il secondo, altrimenti chiamato Badhütte, è invece una costruzione alquanto bizzarra. Sembra una palafitta restaurata ed è un edificio unico nel suo genere sul Bodensee, visto da lontano conferisce a Rorschch un profilo esclusivo. Il centro città è ricco di palazzi decoratissimi, segno di un passato finanziariamente florido. Lungo la sponda svizzera del Bodensee, Rorschach era probabilmente il centro più ricco. La pioggia che ora inizia a farsi copiosa ci induce a consumare qualcosa di caldo in uno strano bar del centro. Viste le condizioni meteo e la temperatura che a causa di esse è rapidamente scesa, l'opzione tisana è la più gradita.

Il Badhütte di Rorschach

Ritorniamo alle bici, ma la pioggia non accenna a smettere e nel mentre si è alzato un vento che pare sia in grado di portare via pure i cigni del lago. K-way, pantaloni lunghi e si riparte. In fondo ci separano solo otto chilometri da Arbon, la meta di giornata. In realtà la pioggia durerà – fortunatamente – ancora pochi minuti. Proprio per dare un'occhiata (da lontano) ad uno dei principali richiami di Rorschach, il festival internazionale dei castelli di sabbia. Possiamo solo sbirciare tra le reti, ma le creazioni che questi artisti decisamente alternativi stavano portando in scena sul lungolago di Rorschach sono assolutamente originali.

Arbon, luci della sera

Per nostra fortuna il cielo si apre ancora una volta e ci consente, nonostante la temperatura decisamente abbassatasi, di arrivare ad Arbon senza incontrare nuovamente precipitazioni. Qualche nuvolaglia rimane e in combinazione con il sole del tardo pomeriggio, ci godiamo gli ultimi chilometri di questa seconda tappa. Il profilo di Arbon, forse la città del versante svizzero più affascinante, e i colori incupiti del lago alla sera, sono la giusta ricompensa per le fatiche di questa tappa.
A presto!
Stefano

venerdì 29 agosto 2014

Non ci si immaginava di poter raccontare questo

"Mentre Stefano Baldini stava entrando nello stadio Panathinaiko, Luciano Gigliotti, il suo allenatore, ha frugato nello zaino. Ha affondato il braccio sino al gomito per arrivare in fondo. C'era una bandiera tricolore che aspettava, ben piegata, un segreto che aveva nascosto anche a Stefano. Gigliotti l'aveva infilata sei mesi fa. Era il primo inverno che riusciva ad allenare Stefano senza inconvenienti, senza infortuni. E Stefano correva, correva... Aveva avuto un poco di paura solo dopo la maratona di Londra, il 19 aprile, non per il quarto posto finale, ma per il morale di Baldini. «Ho dato tutto, non potevo andare forte come Rutto e Korir», raccontava Stefano. C'era un senso di impotenza in quelle parole, lo spettro che non avrebbe mai potuto raggiungere quegli africani. Gigliotti lo ha convinto a suon di allenamenti duri, di salite massacranti per preparare quelle sciabolate che decidono una gara. Salite come quella di Atene, lunghe e subdole. Sapeva che un uomo di razza contadina non si convince con le parole, che doveva dimostrargli che poteva farcela comunque e contro chiunque. Il 3 agosto, negli ultimi giorni di allenamento a St. Moritz Stefano confessava sottovoce: «Non ho paura di nessuno, sono il più forte di sempre. Adesso devo solo arrivare sano...». Già, lo spettro di quattro anni fa ai Giochi di Sydney. Anche allora lavorò duro, convinto di poter salire sul podio, ma una microfrattura da stress all'anca venti giorni prima della gara uccise le sue speranze. Giovedì sera, quando ha percorso in auto la strada da Maratona al Panathinaiko si è illuminato: «È dura, terribilmente dura. Quello che ci vuole». Aveva il fuoco dentro, quel qualcosa che va oltre gli allenamenti e i sacrifici e che non si può descrivere. Una sensazione che può anche mettere paura. Questa strada negli ultimi mesi l'aveva percorsa migliaia di volte nel suo cuore, le salite di Livigno, di Predazzo e di St. Moritz erano come quella di Glyka Nera, la porta di Atene. Migliaia di chilometri per preparare la sua sciabolata. Lunedì sera, nell'ultimo allenamento alla periferia di Modena prima della partenza per Atene, aveva anche preso a calci un dobermann che aveva cercato di azzannarlo. Nessuno e nulla stavolta potevano fermarlo, era un segno del destino. Sabato, nell'ultima conferenza stampa al Villaggio olimpico, Baldini aveva stupito per la sua sicurezza. Sentiva di potercela fare, descriveva ogni centimetro del percorso con precisione estrema e che cosa sarebbe successo.

Il trionfo che non ti aspetti (fonte: olimpiaazzurra.com)

Non è abituato a raccontare bugie o a dissimulare. In gara ha fatto quello che ha voluto, ha permesso le fughe, deciso gli inseguimenti, è scappato verso quello stadio millenario che lo attendeva. Che festa! Lo sguardo al cielo, i pugni chiusi, il bacio all'asfalto nero della pista, quella gente tutta per lui, il tricolore di Gigliotti. «Alessia, è per te», ha gridato ancora al cielo. Alessia, la figlia di tre anni che quando potrà capire sarà fiera di un papà così. E poi il giro d'onore sull'anello dove vinse Spyridon Louis, la pista sacra. «Non uscirei più da questo stadio. Qui si fa la storia, questa gente, il loro calore...». Baldini non pare neppure stanco, l'emozione lo infiamma ancora. Tante volte ha inseguito sogni poi svaniti, stavolta no, era Il sogno, quello più grande. «Lo sentivo che avrei vinto, ma adesso non ci posso credere. Oggi sono passato in cassa per riscattare il lavoro di una vita. Sì, della vita, perché ho corso ogni giorno, per me e per l'atletica. I sacrifici non mi sono mai pesati. Ne è valsa la pena». Non c'è sorpresa nei suoi avversari. Un signore come il keniano Paul Tergat, il grande favorito della vigilia, dice una frase sola: «Oggi era il più forte, lo abbiamo capito sin dai primi chilometri».

In azione nei 42,195 chilometri più famosi (fonte: fidal.it)

Stefano intanto è sballottato, tutti lo vogliono. È l'eroe dell'Olimpiade, ha vinto la maratona ad Atene la gara che merita la premiazione nella cerimonia di chiusura davanti a presidenti e ministri, sotto gli occhi del mondo. […] Gli addetti dell'organizzazione lo strattonano ancora, lo stadio Olimpico, Rogge, il primo ministro Karamanlis, l'eurovisione e il mondo intero non possono aspettare. Ecco la pista già coperta per la cerimonia di chiusura, ecco tutti gli spettatori in piedi per veder salire il tricolore sul pennone più alto. Ecco quel sì urlato da Baldini alla fine dell'inno di Mameli. È uno di noi il re dell'Olimpiade. Che bello essere italiani."
di Pierangelo Molinaro, La Gazzetta del Sport, 30 agosto 2004

giovedì 28 agosto 2014

Dai dirigibili ai dragoni

Ciao a tutti!
La nostra avventura in bici lungo le strade attorno al Lago di Costanza inizia dalla città tedesca di Friedrichshafen, sul versante settentrionale del lago. Cominciamo sotto un cielo grigio, di quelli che minacciano imminenti precipitazioni. Qualche gocciolina, sottilissima, in realtà, c'è.

La nostra partenza da Friedrichshafen

Ma non sarà quella la preoccupazione principale di giornata...senza aver percorso neanche una decina di metri, incappiamo nel primo guasto meccanico. A Giulia cade la catena. Non basta afferrarla e rimetterla nella sua sede. Devo ricorrere al mio armamento di utensili per smontare il copricatena e riportare il tutto alla normalità. Con buona pace di quindici minuti persi e mani che più nere non avevo mai visto... I primi, sempre emozionanti, chilometri di ciclovia consistono nell'attraversamento da ovest verso est di Friedrichshafen. Una città che appare tutto sommato modesta. Poca vitalità e scarso interesse artistico: l'edificio probabilmente più bello è la stazione ferroviaria. Anche a causa dell'evidente ricostruzione postbellica. Però Friedrichshafen è una città importante per due motivi: in primo luogo, qui si tiene la più importante fiera ciclistica europea, Eurobike; in secondo luogo, qui si trova il museo Zeppelin, che deve il suo nome a Ferdinand von Zeppelin, l'inventore dell'omonimo dirigibile - che non a caso riempiono i cieli sopra il Bodensee. Non sarebbe affatto male un'ampia visita a questo museo, ma il tempo è tiranno e non c'è spazio per una sosta a pochi chilometri dalla partenza.

Il ponte in legno di Eriskirch

Proprio come la nostra partenza da Passau l'anno scorso, buona parte dei nostri primi chilometri sono su uno sterrato. In questo caso non c'è il Danubio, ma orticelli e frutteti ai lati della strada. Un lunghissimo rettilineo conduce ad Eriskirch, il primo paese del nostro percorso. Qui la guida ci segnala una chiesa interessante, peccato che sia chiusa. Allora ripieghiamo sull'altra attrazione locale, un meraviglioso ponte in legno.

Il castello di Montfort a Langenargen

Il paese che incontriamo successivamente, invece, merita veramente la pena di una piccola fermata. Si tratta di Langenargen. Un paese tutto sommato moderno, ma dove una sosta è fondamentale. Qui infatti sorge il castello di Montfort che ha una peculiarità originale, considerando dove ci troviamo: è costruito in stile moresco. Come se fosse un piccolo angolo di Arabia in Germania. Superata Langenargen ci ritroviamo nello stesso paesaggio incontrato in precedenza. La ciclovia è lontana dal lago, lo si intravede appena, in quanto è coperto dalle svariate distese di meleti e vigneti. La produzione deve essere ottima, in quanto sulla strada si incontrano pittoresche ma ben fornite bancarelle in cui i produttori locali vendono al pubblico la locale frutta fresca.

Classica bancarella di frutta fresca lungo le strade

Giunti a Nonnenhorn si intravede lungo il percorso un'enorme struttura in legno. "Ma è un altro ponte, questo?", penso. Invece si tratta di un oggetto che è curioso vedere così, all'aperto e in così ottimo stato: si tratta di un torchio per l'uva. Le dimensioni sono impressionanti ma soprattutto stupisce il meccanismo perfetto con il quale per secoli è stata pigiata l'uva dei circostanti vigneti. Poco dopo, troviamo in Wasserburg il posto ideale per la sosta del pranzo. D'altronde, questa è una meravigliosa penisola, uno dei punti più panoramici del lago. La posizione è tale per cui la vista può spaziare per buona parte del lago. E proprio ora, il cielo pare aprirsi... Un pasto rifocillante al sole è proprio ciò che ci vuole. Davanti a noi, lo specchio del Bodensee. Al nostro fianco, la sagoma del castello di Wasserburg e della chiesa di San Giorgio. Difficile immaginare un così piacevole pranzo con tutta quella copertura nuvolosa in mattinata.

Il torchio di Nonnehorn

Sarà lo stomaco pieno, ma dopo Wasserburg è un piacere pedalare. Dopo un paio di strappi che conducono alla località di Reutene, la strada punta dritta in discesa verso Lindau. Qualcosa cambia chiaramente: vessilli a rombi bianchi e blu sventolano dalle case. Siamo entrati in Baviera, in quel piccolo spicchio di Baviera che si affaccia sul Bodensee. Tra un vigneto e un centro benessere, si giunge finalmente al punto in cui, si supera la ferrovia che porta alla città insulare di Lindau. Sfiorata decine di volte nei miei viaggi tra l'Italia e la Germania, finalmente ho l'occasione di visitarla come si deve. Ci fermiamo qui un paio d'ore, che però, mi sembra doveroso, racconterò in un altro post.

Wassenburg

Alla ripartenza da Lindau sento di non poter sbagliare strada o perdermi. Buona parte degli ultimi sette/otto chilometri che ci separano dall'arrivo della prima tappa, la città austriaca di Bregenz, si svolge a fianco della strada percorsa più di una volta durante i miei viaggi tra l'Italia e Schweinfurt. Le emozioni ricorrono e si rincorrono. Quanti pensieri che si accavallano e che ritornano a quei momenti tanto difficili nel momento di lasciare la propria terra quanto dolci nell'atto di intraprendere il viaggio verso casa. A Lochau, già in territorio austriaco, c'è una spiaggia di pietre. A pochi metri da essa decidiamo di fermarci a rinfrescare i piedi. Giulia pensa a godersi la frescura dell'acqua del Bodensee. Io penso a tutti quei momenti, in cui, in viaggio verso Schweinfurt, mi sono fermato qui... A pensare, riflettere, meditare, da solo, nei momenti del distacco. Un luogo che, fra poco, sarà nostro e non solo più mio.

L'isola di Lindau

I ricordi continuano fino a Bregenz, città sempre attraversata nei miei viaggi. La conosco alla perfezione, trovare l'albergo non è difficile. La prima tappa è andata, i primi quaranta chilometri sono andati. Giunge l'ora di una bella cena, rigorosamente a base di carne. Con dietro l'immagine di un drago che sputa fuoco. Siamo infatti a due passi dal Festspielhaus, uno spettacolare palco galleggiante allestito sulle acque del Bodensee che ospita a rotazione biennale una diversa opera lirica. Dal ristorante giunge la musica, ma non riusciamo a capire cosa venga messo in scena. E non stiamo a soffermarvici più di tanto. Sappiamo che il giorno dopo non sarà facile. Nuovi chilometri, tempo inclemente: urge necessario riposo...
Ciao a tutti!
Stefano

mercoledì 27 agosto 2014

Semplicemente, il citì

"Nello sport, se lo si fa con determinazione e tutta la forza che si possiede, si può vincere anche senza arrivare primi. Tempo fa qualcuno mi chiese quale sarebbe stata l'eredità che mi sarebbe piaciuto lasciare ai giovani: la mia risposta?...L'onestà!"
Alfredo Martini

Il commissario tecnico della gente, Alfredo Martini (fonte: qn.quotidiano.net)

Quando se ne vanno persone come Alfredo Martini, rimane sempre una lacuna difficilissima da colmare. Questo grande uomo di sport, che si è spento lunedì all'età di novantatré anni, non è stato solo un maestro di ciclismo, è stato un insegnante prezioso per più di una generazione di ciclisti italiani. Quasi un secondo padre. Un signor corridore che, senza il trio Bartali-Coppi-Magni avrebbe forse potuto vincere qualcosa in più. Ma ha sempre vissuto con la schiena diritta, da corridore, da tecnico e da uomo. Del senso di lealtà e dignità ha fatto un mantra per i più grandi ciclisti che hanno vestito la maglia della Nazionale dal 1975 al 1997, gli anni in cui Martini guidò all'iride gente come Francesco Moser, Giuseppe Saronni, Moreno Argentin, Maurizio Fondriest e per ben due volte Gianni Bugno. Più altre quattordici medaglie mondiali.
Le vittorie fanno grande un curriculum ma non sempre fanno grande un uomo. Lui invece è riuscito a fare entrambe le cose. E al termine della sua carriera e soprattutto adesso che non c'è più, ha ottenuto il riconoscimento unanime da parte del mondo sportivo e non. Quello di essere stata una delle figure più luminose dell'Italia che sa vincere onestamente, e allo stesso tempo impartendo grandi lezioni di umanità. Lui era in grado di mettere d'accordo Coppi e Bartali, Moser e Saronni, Bugno e Chiappucci. Lui è stato un padre putativo per tecnici che gli sono succeduti, da Ballerini a Cassani. Martini è stato l'oracolo del ciclismo, sapiente stratega e dolce consigliere. Alfredo, la tua corsa è finita, ma ora inizia la nostra, quella che hai aperto tu, con i tuoi sorrisi e le tue parole. Anche quando c'era da faticare...

martedì 26 agosto 2014

Run back home

"Amo correre, è una cosa che puoi fare contando sulle tue sole forze. Sui tuoi piedi e sul coraggio dei tuoi polmoni."
Jesse Owens


Gambe, se ci siete, battete un colpo!
È di nuovo tempo di correre, per inseguire nuovi traguardi e nuovi sogni...

lunedì 25 agosto 2014

Direzione Bodensee, la tappa zero

Ciao a tutti!
Il viaggio lungo le rive e colline del Bodensee comincia proprio… dal viaggio. Quello per raggiungere Friedrichshafen, località tedesca del Baden-Württemberg da cui ha inizio il nostro tour ad anello del Lago di Costanza.
Se il buongiorno si vede dal mattino, beh l'inizio della nostra avventura è stato di quelli da brivido. Specie pensando e ripensando ai giorni che seguono, da affrontare in bici. Se sono tutti così, c'è da chiudere baracca e burattini, e muoversi in treno da una località all'altra. Acqua, freddo, vento, nebbia. Tutte le condizioni atmosferiche avverse che si possano concepire. Dall'inizio alla fine, solo acqua a secchiate, zero spiragli di sole.
Ed è una grande frustrazione, perché l'itinerario scelto per raggiungere Friedrichshafen è di quelli che invece meritano di essere vissuti anche velocemente, con lo sguardo fuori dai vetri della macchina. Attraversando tutta la Svizzera, entrandovi dal Gran San Bernardo e uscendovi da Sciaffusa, è possibile ammirare paesaggi e culture diverse nel giro di poche ore.

Primo albergo, primo sguardo sul Bodensee

Un viaggio di circa otto ore, anche a causa di un traffico intenso, lascia diversi spunti di riflessione. Un esempio è il passaggio lungo la Valle del Gran San Bernardo, la quale mi fa tornare alla mente l'Alta Via n.1, che proprio da lì transita nella sua terzultima e penultima tappa. Ricordi dolci ma nostalgici, quelli della discesa dal Col Champillon a Saint-Rhémy-en-Bosses, o della salita al Malatrà. Ma ci sono anche ricordi divertenti, come il siparietto alla frontiera nel tunnel, avvenuto cinque anni fa mentre mi dirigevo a Losanna.

Friedrichshafen Zentrum

Il transito in Svizzera mi fa tornare alla mente invece i tre anni di vacanze in campeggio trascorse con i miei amici alla scoperta di questa meravigliosa nazione. Per me, una delle più belle del mondo, soprattutto a livello naturalistico. Martigny, Berna, Aarau, Zurigo e Sciaffusa, tutte città toccate dai nostri viaggi tra il 2007 e il 2009, sono un'altra dolce reminiscenza della mia giovinezza. E uno spunto per viaggi futuri con Giulia che invece la Svizzera non l'ha vissuta altrettanto bene… Zurigo, invece, mi lascia un pensiero in testa: campionati europei di atletica leggera. Quindi, maratona. Col senno di poi, peccato non esserci stato: avrei visto un oro e un argento nella disciplina più bella (vedi post). La sosta all'autogrill, poi, ci porta a scoprire qualcosa che vivremo sulla nostra pelle, o meglio sul nostro portafogli: quasi 18 franchi svizzeri per due verdurine e un'acqua minerale.

Friedrichshafen by night

A Sciaffusa abbiamo la prima visuale sul Reno, il fiume che proprio nel Lago di Costanza entra ed esce… e a Stochach (città tedesca dall'assonanza curiosa e divertente), sotto un cielo grigio, plumbeo, compare finalmente il Lago di Costanza. Vediamo un paesaggio collinare nei dintorni. Ma non realizziamo ancora ciò che ci aspetterà di lì a breve. Al nostro arrivo a Friedrichshafen si apre il cielo, anche grazie all'energica azione di un vento che riesce ad increspare la superficie del lago. Una visita notturna della città ci regala le luci dell'Austria e della Svizzera ma ci lascia perplessi sulla vitalità di questi luoghi: locali deserti, strade desolate, luci sconsolate, quasi abbandonate al loro destino, ed uno spettrale rumore, quello del vento che sbatte tra le barche. I sei giorni che seguiranno ci faranno ricredere, comunque, sul dinamismo delle località del Bodensee.
Basta mettersi in moto, e il gioco è fatto.
A presto!
Stefano

domenica 24 agosto 2014

Una ciclovia in collina

Ciao a tutti!
Infine ci siamo riusciti. Abbiamo completato anche la Bodensee-Radweg, un'altra meravigliosa ciclovia. Germania, Austria e Svizzera per più di duecento chilometri su e giù tra i colli che circondano il Lago di Costanza, splendidi vigneti, città pittoresche e incredibili scorci acquatici.

Il Lago di Costanza visto da Wallhausen

Devo ammetterlo, è stata un pochino dura, anche per me. In fondo, ero abituato a pedalare in pianura, lungo un fiume, come fatto nell'ultimo anno a fianco di Danubio e Meno. Qui invece è stato tutt'altro tranne che un percorso pianeggiante. La vasta antropizzazione del lungolago (soprattutto in Svizzera) non permetteva, se non in qualche tratto, di restare per molto tempo ai bordi del lago. Quindi su e giù per le colline. Salite e discese, "smadonnamenti" e il naturale desiderio di lanciarsi in discesa. Un percorso nervoso, dove i paesi si susseguono a pochi chilometri l'uno dall'altro, ed è necessario fare molta attenzione. A non sbagliare la via e a non farsi trascinare via dallo scriteriato di turno. Ma abbiamo anche saputo rilassarci, come è giusto che sia in una vacanza. In riva al lago, dove ci siamo fatti mancare un bagnetto. O a tavola, confermando ancora una volta la falsità che si dicono sulla cucina germanica...

Imponenza: le Rheinfall di Sciaffusa

La bellezza non si discute, anche se qualche giorno di tempo non proprio clemente ha guastato un po' la perfezione estetica del Lago di Costanza. Soprattutto durante la terza tappa, in cui per un'oretta abbondante il tour del Bodensee si è trasformato in un tour delle tettoie disponibili per un veloce riparo. In fin dei conti, viste le previsioni meteo che ci venivano segnalate e il trend negativo di questa fresca e piovosa estate, non possiamo affatto lamentarci. Le località più belle le abbiamo visitate sotto uno splendido sole.

Lindau, uno spicchio di Baviera sul Bodensee

Ciò che abbiamo visto lo porteremo sempre dentro, indubbiamente. Le cascate del Reno a Sciaffusa, l'isola di Mainau, la basilica tra i vigneti di Birnau, il borgo medievale di Meersburg, la fantastica Lindau, gli affreschi di Stein e l'abbazia di Salem sono solo alcune delle meravigliose località incontrate lungo le sei tappe della nostra Bodensee-Radweg. Che racconterò, una per una, nei post dei prossimi giorni.

Das ist Meersburg

A presto!
Stefano

martedì 19 agosto 2014

In sella! Sesta ed ultima tappa: Friedrichshafen

"Se la meta è un atto di fede, allora già al primo, liberatorio, colpo di pedali, il desiderio di arrivare rende la meta vicinissima e la partenza lontanissima."
Paolo Rumiz, Tre uomini in bicicletta

Non si viaggia di sola bicicletta

lunedì 18 agosto 2014

In sella! Quinta tappa: Salem

"Andando in bicicletta, quando le strade della città sono vuote o quasi, hai la sensazione di tracciare un disegno sull'asfalto, con la ruota anteriore. Basta spostare un po' il manubrio a destra, a sinistra. Puoi curvare, anche di poco, di pochissimo, senza neanche bisogno di pensarci. Non è la tua mente, è il tuo corpo che decide l'andamento della linea di questo immenso disegno."
Emilio Tadini

Tempo di pausa

domenica 17 agosto 2014

In sella! Quarta tappa: Stein am Rhein

"La bicicletta è un modo di accordare la vita con il tempo e lo spazio, è l'andare e lo stare dentro misure ancora umane."
Sergio Zavoli

Là dove ricomincia il Reno

Diavolo della maratona

Ciao a tutti!
L'Italia torna a mietere successi nell'atletica leggera, durante l'edizione 2014 dei campionati europei da poco conclusasi a Zurigo. Ci pensa ancora una volta la maratona a salvare il bottino dell'atletica azzurra. Dopo l'argento di Valeria Straneo nella prova femminile arriva l'incredibile assolo di Daniele Meucci in quella maschile. Una medaglia d'oro che torna in Italia otto anni dopo la seconda affermazione continentale di Stefano Baldini.

Campione europeo di maratona!

Nonostante mi stia trovando in Svizzera, tra l'altro ad una manciata di chilometri da Zurigo, non ho avuto modo di seguire la gara, se non da qualche video visto qua e là. Bella corsa quella dell'atleta toscano, nello stile, nell'atto e nella tattica. Bello vedere il tricolore sventolare sul traguardo, in una terra dove abbondano gli immigrati dall'Italia. Bellissima la dedica ai figli, pensati e ripensati in corsa. Lì, mentre si corre questa eterna fatica, si pensa a tantissime cose: pensare ai propri cari aiuta a rimanere concentrati, a trovare quella scarica dentro per continuare nella propria azione anche quando l'acido lattico inonda i muscoli. Complimenti, Daniele, una gran bella azione. Una vittoria fantastica...
Mi permetto di fare ancora una nota che sa di speranza e buon auspicio. Precedentemente i campioni europei italiani di maratona furono un certo Gelindo Bordin e un tale Stefano Baldini. Poi oro olimpico rispettivamente a Seoul 1988 e Atene 2004. Rio de Janeiro ti aspetta, Daniele...
A presto!
Stefano

sabato 16 agosto 2014

In sella! Terza tappa: Costanza

"Mi passarono accanto le biciclette, discrete, veloci, trasparenti: mi parvero semplici movimenti dell'aria."
Pablo Neruda

Ciclovia e ferrovia

venerdì 15 agosto 2014

In sella! Seconda tappa: Arbon

"Il piacere della bicicletta è quello stesso della libertà, forse meglio di una liberazione andarsene ovunque, ad ogni momento, arrestandosi alla prima velleità di un capriccio, senza preoccupazioni come per un cavallo, senza servitù come in treno. La bicicletta siamo ancora noi, che vinciamo lo spazio e il tempo.
Alfredo Oriani, La bicicletta

Tramonto estivo sul Bodensee

giovedì 14 agosto 2014

mercoledì 13 agosto 2014

Verso il "porto di Federico"

Ciao a tutti!
Ci siamo, il viaggio per il Bodensee sta per avere inizio. Con una flebile speranza: che la nebbia e la pioggia della Valle d'Aosta si trasformi in un sole splendente al nostro arrivo a Friedrichshafen, località di partenza del nostro tour di una settimana attorno al Lago di Costanza, la Bodensee-Radweg.
Lì, finalmente, avremo modo di conoscere questo mondo sfiorato molteplici volte nei miei viaggi tra l'Italia e la Germania ma mai approfondito. E lo faremo nel modo più divertente ed ecologico che ci sia, in sella ad una bici.

Diretti qui...

A presto!
Stefano

martedì 12 agosto 2014

Why this, Prof. Keating?

"Sono salito sulla cattedra per ricordare a me stesso che dobbiamo sempre guardare le cose da angolazioni diverse. E il mondo appare diverso da quassù. Non vi ho convinti? Venite a vedere voi stessi. Coraggio! È proprio quando credete di sapere qualcosa che dovete guardarla da un'altra prospettiva. Anche se può sembrarvi sciocco o assurdo, ci dovete provare. Ecco, quando leggete, non considerate soltanto l'autore. Considerate quello che voi pensate. Figlioli, dovete combattere per trovare la vostra voce. Più tardi cominciate a farlo, più grosso è il rischio di non trovarla affatto. Thoreau dice "molti uomini hanno vita di quieta disperazione", non vi rassegnate a questo. Ribellatevi! Non affogatevi nella pigrizia mentale, guardatevi intorno! Osate cambiare, cercate nuove strade!"
Robin Williams in L'attimo fuggente

La sua migliore interpretazione in L'attimo fuggente

E allora, perché tutto ciò?
Le persone in grado di farci ridere ci mancheranno, sempre. Anche la tua risata intelligente ci mancherà, Robin.

domenica 10 agosto 2014

This is life

Ciao a tutti!
In una giornata stile pioggia-nuvole-caldo-freddo-sole-vento-nebbia in soluzione unica, molte persone potrebbero dire e pensare "che noia" o "che palle". In giornate come queste, invece, trovo tutto ciò che serve per ricaricare le batterie (anche in previsione del Lago di Costanza).
Un sonnellino pomeridiano. Pasti a base di salumi valdostani e vino di Aymavilles. Una passeggiatina pomeridiana lontano dalla calura. Un po' di sana lettura. Il riscoprire la gioia nel giocare con un animale (non mio). Un caffè gustato in buona compagnia, condite da tante risate. La bellezza della Vallée: con o senza sole. Questa è vita...

Solo nebbia...

Ciao a tutti!
Stefano

sabato 9 agosto 2014

Fedeli alla marca

Ciao a tutti!
Un'immagine che parla chiaramente da sé: un paio di scarpe da corsa. Le mie nuove scarpe da corsa.
Come si suol dire, non c'è il due senza il tre. Dopo due paia di Adidas Supernova che hanno accompagnato i miei piedi in quattro maratone e otto mezze maratone, era il caso di cambiare? Assolutamente no. Eccolo qui, il terzo paio griffato Adidas che mi accompagnerà nelle future avventure podistiche.

AS3

Proprio nuove non sono, in realtà. Le comprai il giorno stesso del mio infortunio al ginocchio. Proprio per questa ragione, ho sempre avuto un briciolo di paura ad indossarle e ho temporeggiato fino ad oggi... Spero che non siano "sfigate", insomma. L'infortunio sembra essere stato lasciato alle spalle, è dunque ora di ritornare a fare sul serio. Con scarpe nuove, per nuovi 42,195 chilometri...
A presto!
Stefano

venerdì 8 agosto 2014

Bücher: Born to run

"C'è qualcosa di veramente universale in quella sensazione, nel modo in cui la corsa fonde i nostri due impulsi primordiali: la paura e il piacere. Corriamo quando siamo spaventati, corriamo quando siamo in estasi, corriamo via dai problemi e corriamo per divertimento."
Christopher McDougall, Born to run


Ciao a tutti!
Il libro di cui parlerò in questo post, Born to run di Christopher McDougall, mi fu consigliato un anno fa circa, dal "capo del mio capo", anche lui maratoneta, uno di quelli che non ci pensa su due volte a prendere un aereo per l'Australia per correre i quarantadue chilometri. «Ti piacerà molto», mi disse, durante il mio primo giorno di lavoro in Germania. Ora, al termine di questa lettura, non posso che dargli ragione.
Christopher McDougall non è un semplice scrittore. È prima di tutto un giornalista che collabora a riviste come Men's Health e Runner's World. Non scrive solo di corsa, ma la pratica. Questo libro, più di un milione di copie vendute negli USA e tradotto in oltre ventotto lingue, ruota attorno alla storia di una corsa, di un'ultramaratona (una cosa che supera i canonici 42,195 chilometri) a cui lo stesso McDougall ha partecipato.
McDougall vuole correre, ma ha dei problemi fisici ai piedi che all'apparenza appaiono irrisolvibili. La sua passione per la corsa lo porta a scoprire una tribù messicana, i Tarahumara, che quanto a corsa sembrano baciati dalla Dea della Fortuna: gente in grado di correre decine e decine di chilometri. Nel clima rovente dei canyon messicani. Per diversi giorni consecutivi. Su strade dissestate e sentieri di montagna. Indossando più che modesti sandali. Senza soffrire di alcun problema a ginocchia e piedi. Fate una somma delle due cose, e avrà inizio uno straordinario viaggio a ritroso nel mondo della corsa. Born to run non è una cronaca di una gara e basta, bensì una stupefacente ricerca dell'origine di chi siamo noi, uomini Homo sapiens sapiens, e cosa siamo diventati grazie ad uno dei gesti più naturali che ci siano. Forse per questo è diventato a sorpresa un bestseller, pur disponendo di una platea limitata agli amanti di questo sport.
Tra i capitoli XXV e XXIX si compie qualcosa di miracoloso: si dimostra come l'atto di correre abbia cambiato la nostra permanenza su questa terra, abbia modificato la nostra stessa forma per renderci macchine da corsa. E come buona parte delle credenze sulla corsa siano in realtà sbagliate. Per chi ama correre, questo è un libro scioccante. Il sottoscritto, ad esempio, ne esce parecchio combattuto. Attenzione: qualcuno potrebbe pensare che questa sia una storia di fatica dall'essenziale contenuto podistico. Nulla di più errato... qui ci sono sentimenti forti, passioni, storie in grado di commuovere anche il più duro dei maratoneti. Consigliato a tutti.
A presto!
Stefano

Giudizio: 9/10 ««««««««««

giovedì 7 agosto 2014

La lacuna colmata: Rocciamelone

Ciao a tutti!
In questa mia ultima estate al 100% in Italia ho pensato che sarebbe stato qualcosa di bello poter salire quei monti che avrei voluto raggiungere in tutti questi anni trascorsi tra le montagne e che, per un motivo o per l'altro, non ho mai toccato. Ce n'è una lunga lista, tra Piemonte e Valle d'Aosta. Lista che molto probabilmente non completerò mai prima della fine di settembre ma che, con pazienza (per le inclementi condizioni atmosferiche di quest'estate) e buona volontà (gambe e polmoni), voglio provare a sfoltire. In cima all'elenco vi è senza dubbio il Rocciamelone, uno dei monti più simbolici del Piemonte. Mi vergogno quasi un po' a dirlo, ma qui non ero mai salito in vita mia.

Il Rocciamelone e la sua via normale

Partiamo di buon'ora da casa, quando non vi è ancora traccia di alba in vista. Non sono da solo questa volta, ma con il fido Alberto. Si deve partire presto, perché è una regola dell'escursionismo di montagna e perché gli ultimi giorni sono stati caratterizzati da una notevole instabilità atmosferica sui versanti montuosi, nelle ore più calde del giorno. Ci vanno due ore per raggiungere la base della via normale alla vetta, il Rifugio La Riposa, che è preceduto da venti chilometri di strada stretta e tortuosa (con alcuni chilometri di sterrato finale) che da Susa risalgono il versante sinistro dalla Bassa Valle di Susa per arrivare a quota 2200 metri. All'arrivo al Rifugio La Riposa è già giorno e la via per il Rocciamelone, prima tra i prati e poi tra le rocce, è già ben definita. Non sembra neanche tanto lontana, la punta. Eppure c'è quasi un chilometro e mezzo di pura verticalità da salire.

Verso la Val di Susa

Cominciamo la salita tranquillamente, anche perché Alberto è alla prima escursione dell'anno e non posso farlo dannare già dall'inizio. Ogni tanto ci fermiamo, perché fa già caldo, e così ne approfittiamo per un'estasiata contemplazione del panorama che già da qui è decisamente spettacolare.  Susa e la sua valle sono ai nostri piedi, ma la vista può già spaziare su cime lontane. Dal Rifugio Ca' d'Asti, in sostanza a metà del percorso spunta già il Monviso.

A 3537 metri...

Al Rifugio Ca' d'Asti si può ammirare un piccolo pezzo di storia italiana. Proprio a fianco del rifugio si trova l'arrivo della teleferica che permetteva il rifornimento in quota degli alpini stanziati sul Rocciamelone a presidiare i confini durante il primo conflitto mondiale. Armi e derrate alimentari venivano trasportate quindi fino a quota 2850 metri, secondo un geniale sistema di contrappesi. La discesa a valle di materiale pietroso tramite l'uso della sola forza di gravità, infatti, permetteva alla puleggia di portare a monte viveri ed armamenti.

Il ghiacciaio del Rocciamelone

Superato il Rifugio Ca' d'Asti l'ambiente cambia di colpo e da erboso diventa pietroso. Si supera un lunghissimo traverso prima di arrivare ad una croce, posta in una sorta di colletta dalla quale è ben visibile l'ultimo tratto di salita, duecento metri di dislivello che ci separano dal Rocciamelone, e dalla statua dedicata alla Madonna posta in cima. Qui la quota inizia a farsi sentire decisamente, e Alberto decide di gettare la spugna, anche a causa di un fastidio alla caviglia. Meglio non rischiare, anche pensando alla discesa, ripida quanto la salita, e in mezzo alle pietre, quindi mai perfettamente agevole.

Uno sguardo a sud/sudovest

Nell'ultimo tratto di salita mi faccio cogliere, per l'ennesima volta, dallo stupore che deriva dal vedere come la Natura consenta alla vegetazione di crescere oltre i tremila metri e soprattutto, in mezzo alla roccia. Io non sono un esperto di flora. Però qualcuno mi dovrà spiegare un giorno come è possibile che, a 3400 metri, il sentiero sia circondato da numerose ma soprattutto rigogliose fioriture. C'è un po' di tutto, dal bianco del ranuncolo pirenaico e della peverina dei ghiaioni, al rosa del "pan di marmotta", fino al giallo dei ranuncoli di montagna.
Il sentiero, grazie alla presenza di molte persone, è ottimamente segnalato dai classici segnavia bianchi e rossi e da una serie di corde fisse che facilitano l'ascesa in vetta. Da quel colletto, in cui la montagna sembra ancora così lontana, manca poco: prima c'è una lunga cengia e poi, con una serie di ripide svolte, si arriva finalmente ai 3537 metri del Rocciamelone. Tutto in "sole" due ore e venti minuti di cammino.

Una fioritura di peverina dei ghiaioni a 3200 metri di quota

Che dire del panorama del Rocciamelone? Tutto e niente. Tutto, come l'immensa quantità di monti che lo sguardo può raggiungere, soprattutto in direzione ovest ed est. Come il già citato Monviso o le montagne dei massicci francesi della Vanoise e degli Ecrins, piuttosto che i giganti della Valle d'Aosta…il Monte Bianco e il Grand Combin sono completamente a disposizione della vista di chi arriva in cima al Rocciamelone, mentre a Monte Rosa, Gran Paradiso e Cervino piace di più giocare a nascondino con le punte che precedono. Lo spettacolo continua in basso: abbassando la testa si possono ammirare il ghiacciaio del Rocciamelone (piccolo, e da quanto ho capito dai discorsi in cima, sempre più piccolo) e il Lago di Malciaussia, teatro di dolci ricordi primaverili dell'anno scorso… (vedi post).

La Val di Viù e sullo sfondo, il Lago di Malciaussia

Non fosse per il ventaccio che abbassa la temperatura percepita in vetta, e per le nuvole che, seppur spettacolari tra i monti delle valli di Lanzo, non minacciano alcunché di buono, mi tocca abbandonare la pietra sopra la quale potevo godere di questa veduta celestiale. C'è una discesa da affrontare,quasi più dura della salita, e c'è una pancia da sfamare. Il Rifugio La Riposa ci aspetta proprio per questo. Scendo con le immagini di monti che a breve saluterò (e rimpiangerò), con la gioia di aver rimosso dal mio “curriculum montano” quest'onta, quella salita al Rocciamelone mai effettuata prima…
A presto!
Stefano

mercoledì 6 agosto 2014

Storie di eroi in parole e musica

"È qualcosa di incredibile come Dio abbia fatto nascere il più grande campione della storia del ciclismo in un posto come Castellania, laggiù dove non c'è niente, dove la strada si interrompe."
Marco Ballestracci

Ciao a tutti!
Qualche settimana fa parlai di un libro che mi aveva straordinariamente colpito per numerosi motivi. Il libro in questione è Il dio della bicicletta, di Marco Ballestracci (vedi recensione). Senza tediare con gli avvenimenti nel mezzo, proprio ieri ho avuto il piacere di conoscere l'autore del libro. Non solo, ho anche assistito allo spettacolo in cui presentava Il dio della bicicletta ad un'interessata platea in occasione di Pralibro, una rassegna libraria che si svolge ogni estate a Prali, in Val Germanasca. Prali dista un'ora di macchina da dove vivo: non ho potuto fare a meno di godermi l'esibizione collegata a questo libro che ho letteralmente adorato. Ho pensato, "se il libro è stato così coinvolgente, non oso immaginare quanto lo sia uno spettacolo in parole e musica".


Accompagnato dal chitarrista Giorgio Pasino e introdotto dal libraio torinese Andrea Bertelli, Marco Ballestracci ha portato a Prali una presentazione alternativa della sua ultima opera. Non una conferenza, non un noioso monologo, bensì uno spettacolo appassionante, interattivo e soprattutto mai banale. Per chi ama il ciclismo, i suoi protagonisti e le storie che il "vate" Adriano De Zan amava raccontare durante le avvincenti telecronache di Giro e Tour, le vicende che Ballestracci porta in scena – tra un verso di Paolo Conte, un'esclamazione in veneto e una dolce melodia – sono pura poesia.
Cosa viene in mente ad un normale appassionato di ciclismo, magari in giovane età come il sottoscritto, quando si parla di Tourmalet, Gavia e Mont Ventoux? Probabilmente torneranno alla memoria (rispettivamente) Chiappucci al Tour del 1991, Hampsten al Giro del 1988 e il duello Pantani-Armstrong al Tour del 2000. Ballestracci conduce alla scoperta di storie non propriamente dimenticate, ma nascoste dall'oblio del tempo che passa, quella fosca cappa che si crea negli anni che solo i più grandi cantori sanno strappare via, al fine di tramandare l'epopea di un mondo che è svanito sotto i colpi della tecnologia e dei mass media. Storie di fatica, di sudore, di sacrificio. Storie che scrivono la Storia, come quella di Gino Bartali sul Tourmalet al  Tour del 1950, bersaglio dell'avversione francese verso i “voltagabbana” italiani. Storie che sono favole agrodolci, come la prima salita del Gavia e la dolorosa sconfitta di Imerio Massignan. Storie che sono tragedia e storia del ciclismo, come la morte di Tommy Simpson sulle rampe del Ventoux nel Tour del 1967. Storie che sono sempre leggende.
La prosa di Ballestracci è perfetta e si dimostra capace di attrarre gli spettatori come il miglior genere thriller. O come, per rimanere nell'ambito ciclistico, il finale di una tappa alpina del Tour de France. Gliel'avevo già promesso giorni addietro, ieri ho mantenuto la promessa: i suoi testi, da lui autografati, sono ora a casa mia, pronti per essere letti. Ma che dico, divorati. E torno a casa felice, in una notte di agosto in cui la luna illumina soffusa la Val Chisone. In cui è inevitabile pensare che quei monti e quelle colline videro sfrecciare nel 1949 Fausto Coppi verso la più grande impresa ciclistica di tutti i tempi…
È doveroso un plauso a Pralibro (per maggiori informazioni, visitare il sito internet www.pralibro.it), una manifestazione ormai giunta alla sua edizione numero 13, ma che scopro solo ora, in occasione di questo spettacolo. Peccato essere così in ritardo, in quanto l'iniziativa, un bel mix di cultura e spettacolo è decisamente ben architettata (provate ad immaginare un luogo di culto trasformato in libreria…) ed è un energico invito alla lettura. Da ripetere tassativamente: purtroppo per me, mi tocca aspettare l'estate 2015…
A presto!
Stefano

martedì 5 agosto 2014

Pure nature vol.7

Pelosi e pennuti

Schweinfurt Baggersee, Schweinfurt, Baviera, Germania. Foto scattata il 13/05/2014.

lunedì 4 agosto 2014

Bodensee

Ciao a tutti!
Il clou dell'estate sta per arrivare. Non si tratta di una vacanza al mare, e neanche di qualche salita su qualche cima. Dopo la straordinaria esperienza vissuta l'anno scorso in Austria sulle rive del Danubio, da me definita "la più bella vacanza della mia vita", vogliamo riprovarci in bici. Se l'anno scorso, il percorso era quasi interamente dislocato in territorio austriaco, quest'anno vogliamo esagerare. Raddoppiamo? No, triplichiamo.

Costanza e il suo lago (fonte: travelblor.com)

Affidandoci ancora una volta alle sapienti menti di Girolibero, la meta scelta per la nostra vacanza cicloturistica è il Lago di Costanza, che cartina alla mano, è il confine naturale tra ben tre nazioni del Vecchio Continente: Germania (a nord), Austria (ad ovest) e Svizzera (a sud). Questo fatto rende il Bodensee, il nome tedesco del Lago di Costanza, un importante crocevia, non solo geografico ma anche culturale della Mitteleuropa.
Come è stato nel 2013, questa vacanza in bicicletta non sarà esclusivamente un perpetuo mulinare sui pedali attorno al perimetro del lago (chiamato Bodensee-Radweg), ma sarà una bellissima scoperta culturale. Città dalla grande storia, musei, bellezze naturali uniche al mondo, qui ce n'è per tutti i gusti. C'è spazio anche - e qui forse potrei stupire i lettori italiani - per un bel bagno. Perché il Bodensee è un lago ricchissimo di siti balneabili. Io non vedo l'ora... sperando in un tempo più clemente di quello visto sinora in questa estate segnata dalla pioggia. Poco più di una settimana e si comincia...

Uno degli angoli più belli di Mainau, sul versante tedesco della Bodensee-Radweg (fonte: oberstaufen.de)

Questo sarà il nostro itinerario di viaggio:
Mercoledì 13 agosto >>> Friedrichshafen!
Giovedì 14 agosto >>> Friedrichshafen - Bregenz (35 km)
Venerdì 15 agosto >>> Bregenz - Arbon (40 km)
Sabato 16 agosto >>> Arbon - Costanza (46 km)
Domenica 17 agosto >>> Costanza - Schaffhausen - Stein am Rhein - Costanza (55 km)
Lunedì 18 agosto >>> Costanza - Salem (30 km)
Martedì 19 agosto >>> Salem - Friedrichshafen (32 km)
Mercoledì 20 agosto >>> Friedrichshafen!

Il percorso della nostra Bodensee-Radweg

A presto!
Stefano

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