venerdì 2 gennaio 2015

L'airone che chiuse le ali

"Fu allora, sotto la pioggia che veniva giù mescolata alla grandine, che io vidi venire al mondo Coppi. Ne avevo visti di scalatori; avevo visto i muli come Martano e Pesenti, avevo visto il “camoscio” Camusso e la prodigiosa, isterica “pulce dei Pirenei”, Vicente Trueba. Avevo visto Binda, avevo visto Bartali. Ma adesso vedevo qualcosa di nuovo: aquila, rondine, alcione, non saprei come dire, che sotto alla frusta della pioggia e al tamburello della grandine, le mani alte e leggere sul manubrio, le gambe che bilanciavano nelle curve, le ginocchia magre che giravano implacabili, come ignorando la fatica, volava, letteralmente volava su per le dure scale del monte, fra il silenzio della folla che non sapeva chi fosse e come chiamarlo."
Orio Vergani

Coppi sul Passo Pordoi nella tappa Auronzo di Cadore-Bolzano del Giro d'Italia 1953 (fonte: poliziadistato.it)

Ciao a tutti!
Il 2 gennaio di ogni anno, il pensiero va sempre a lui, a Fausto Coppi, il "Campionissimo", il "Grande airone", chiamatelo come volete. Uno dei migliori interpreti del ciclismo più romantico, quello dei grandi distacchi, delle strade sterrate e del tubolare in spalla. O del ciclismo che univa gli italiani divisi tra DC e PCI nel primo dopoguerra, del ciclismo che faceva sognare tutti, dai piccoli ai vecchi.
Il 2 gennaio del 1960 moriva a Tortona, per una malaria non diagnosticata, quello che è unanimemente riconosciuto come il più grande ciclista di tutti i tempi.
Credo che sia importante non dimenticare mai un personaggio del calibro di Coppi. Perché ancora oggi può essere una fonte d'ispirazione per i giovani ciclisti. Perché una leggenda come Fausto, non può essere dimenticata...
A presto!
Stefano

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