martedì 25 aprile 2017

Fratello Fortunato

"Morire a 23 anni, dopo 11 mesi di atroce altalena, eternamente sospesi tra fiducia e depressione. Morire dopo aver appena assaporato le gioie intense di una brillante carriera sportiva, dopo aver raggiunto il top: la maglia numero 3 della Juventus, la Nazionale. Gloria, fama, soldi: poi, all'improvviso, un destino spietato. Un tunnel buio senza uscita chiamato leucemia. Nella forma peggiore. E la fine, proprio quando la battaglia sembrava vinta. Andrea Fortunato, giocatore della Juventus, è morto ieri, alle 20, nell'ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia. «Complicazioni infettive polmonari», è scritto sul referto.

Andrea Fortunato (fonte: blog.guerinsportivo.it)

È stata crudele la vita con Andrea Fortunato, quel ragazzo di Salerno dalla grinta invidiabile, arrivato a Torino per diventare l'erede di Cabrini. Un terzino sinistro di avvenire sicuro. Vinto solo da un nemico maligno e ancora invincibile. Eppure sembrava avercela davvero fatta, a Perugia avevano compiuto un «miracolo» con quel doppio trapianto da soggetto non compatibile. Fortunato sembrava salvo, era uscito dall'ospedale, controllato in regime di day-hospital. Sperava, speravamo tutti. A cominciare dai suoi compagni. Ravanelli e Vialli, innanzitutto. Il primo gli aveva prestato la casa a Perugia, il secondo lo chiamava spesso: una telefonata, un ciao per consolidare un'amicizia nata sul campo. Ma anche i tifosi. Sì, anche loro avevano creduto al miracolo quando avevano letto che la sera prima di Samp-Juventus Fortunato aveva riabbracciato gli amici bianconeri, era andato a cena con loro e che solo il freddo gli aveva impedito di essere ai bordi del campo. Ma era tornato anche a frequentare una palestra, a Perugia, Andrea. Poi, improvviso, il crollo.
L'inizio della fine ha una data precisa: venerdì 20 maggio 1994. Andrea è stanco, irriconoscibile in campo, lui che è sempre stato un concentrato esplosivo di energia; fatica a recuperare, è tormentato da una febbriciattola allarmante. Il dott. Riccardo Agricola, responsabile del servizio sanitario bianconero, prescrive una serie di analisi. La diagnosi mette subito paura: leucemia acuta linfoide, fattore Filadelfia positivo. Quanto di peggio ci si poteva immaginare. Fortunato viene ricoverato nella Divisione Universitaria di ematologia dell'ospedale Molinette. «Può farcela - dicono i medici -, Andrea è giovane, la sua tempra robusta lo aiuterà». Ma l'ottimismo di facciata è una pietosa bugia. Gli specialisti sanno bene che solo un trapianto con un donatore compatibile potrà restituire la vita a quel ragazzo coraggioso, assistito dalla fidanzata, Lara, e dai genitori, mamma Lucia e papà Giuseppe, che è cardiologo all'ospedale di Salerno e che ha l'immediata percezione del dramma.
Tre settimane di terapia intensiva. Un netto miglioramento, valori verso la normalità. L'organismo combatte, i globuli bianchi in eccesso spariscono, tecnicamente si parla di remissione completa della malattia. Un passo importante.
«Voglio farcela, voglio vincere questa guerra terribile», dichiara il giocatore. Ma la battaglia è ancora lunga. I medici non riescono a reperire, in tutto il mondo, un donatore compatibile per il trapianto. Sono solo tre i potenziali donatori, ma tutti troppo lontani. Così il 9 luglio si tenta un'altra strada. Fortunato viene trasferito a Perugia, al Centro Trapianti diretto dal dott. Andrea Aversa e dal prof. Massimo Martelli. Sono passate sette settimane. Nel giorno del suo 23° compleanno, il 26 luglio, gli vengono infuse le cellule sane della sorella Paola, opportunamente «lavorate». Poi seguono altri due innesti. Ci vorranno un paio di settimane per avere certezza che il midollo si sia spontaneamente rigenerato.
L'11 agosto si annuncia come un'altra data importante: Fortunato viene trasferito in un reparto pre-sterile. Combatte, fino a quando le forze lo sorreggono. Parla al telefono con i compagni, può leggere qualche giornale «sterilizzato», segue la sua Juve in tv. Andrea si è ormai reso conto che la battaglia è più dura del previsto, però scova insospettabili forze.
Poi, dopo Ferragosto, il primo crollo. Il suo organismo non ha assorbito le cellule della sorella Paola. Il rigetto fa ripiombare Andrea nella disperazione. Si tenta ancora, si spera in un altro miracolo. Papà Giuseppe prova a donargli le cellule del suo midollo. Ad Andrea inizialmente non lo dicono, si parla di normali terapie. Eppure la seconda infusione sembra miracolosamente attecchire, anche se allarma una febbre persistente. Il fisico reagisce bene, Fortunato torna in un reparto «normale», può perfino iniziare una riabilitazione in palestra. Il 14 ottobre lascia la camera d'ospedale. I compagni (Ravanelli, Vialli e Baggio, su tutti) lo incoraggiano, lo tempestano di telefonate: «Ti aspettiamo». L'ottimismo si fa nuovamente strada. Ma era un'illusione. Ieri Andrea è spirato tra le braccia dei genitori. Nella stanza c'erano anche i fratelli Candido e Paola. Poi, appena la notizia si è diffusa, è stata una processione. Sono arrivati i giocatori del Perugia Ferrante, Atzori e Corrado, ma la porta si è aperta soltanto per Carlo Ravanelli, il papà di Fabrizio: è uscito mezzora dopo, con le lacrime agli occhi. Padre Fernando, il cappellano dell'ospedale, ha detto di aver trovato la madre del calciatore «serena», con il rosario in mano: «Mi ha chiesto di benedire Andrea, poi abbiamo pregato»."
di Piero Bianco, La Stampa, 26 aprile 1995

Nessun commento:

Posta un commento

LinkWithin

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...