sabato 31 gennaio 2015

L'ala che mancava, appuntamento al 2018

Ciao a tutti!
Era dall'anno scorso, quando ci siamo recati insieme per la prima volta a Monaco di Baviera, che meditavamo di ritornare nella capitale bavarese per visitare l'Alte Pinakothek. Una delle gallerie d'arte più grandi di Europa, e soprattutto più ricche. Gli artisti le cui opere trovano posto qui coprono un'ampio spettro temporale, dal Medioevo al Settecento. Non è limitata all'arte tedesca, ma raccoglie opere provenienti dalle Fiandre, dall'Italia, dalla Spagna e dalla Francia.
L'Alte Pinakothek di Monaco è una collezione che ha le sue origini nel XV secolo quando fu Guglielmo IV a iniziarla acquistando numerose opere del Dürer. Negli secoli essa crebbe sempre più, fino ad ingigantirsi nel periodo napoleonico durante il quale, per evitare che molte opere venissero depredate, ci fu un'opera di secolarizzazione delle opere della Chiesa e lo spostamento a Monaco di alcune gallerie della Renania. La vera e propria pinacoteca venne inaugurata nel XIX secolo, sotto il regno di Ludovico I, uno dei principali mecenati della storia della Baviera.

L'attrazione numero uno, dell'Alte Pinakothek, la Madonna del Garofano di Leonardo

Per nostra sfortuna (e per fortuna dell'intera comunità), l'Alte Pinakothek è sotto restauro. Un maxi intervento della durata di quattro anni per interventi modernizzazione e riqualificazione energetica costringe alla chiusura di una sezione dell'edificio ogni anno dal 2014 al 2017. Per questo motivo, non possiamo godere interamente della sua collezione: un motivo per tornarci, nel 2018, per visitare la pinacoteca al gran completo. Per il momento, ci consoliamo con il meglio che rimane, e che "meglio": le delizie della pittura olandese, i capolavori dei fiamminghi e soprattutto le meraviglie degli italiani, in grado di attrarre a sé molto più interesse e molta più folla. Una piccola delusione arriva dalle opere della scuola tedesca: soggetti ripetitivi, se non sono i soliti soggetti ecclesiastici (crocifissioni o trittici) sono ritratti dei signorotti locali. Personalmente li ho trovati privi di espressività e con pochissime variazioni stilistiche (il riferimento è soprattutto alle opere di Burgkmair e Pacher). Insomma, i tedeschi erano già in passato molto bravi a seguire il business del momento e ad uniformare la loro procedura. Pure nell'arte!

La Sacra Famiglia Canigiani di Raffaello, la mia preferita

Ad attrarre la maggioranza dei visitatori è soprattutto la Madonna del Garofano, essendo un'opera di Leonardo. Personalmente, ho trovato superiori a tutte le altre le sale con l'esposizione degli italiani (Tiziano, Raffaello, Beato Angelico, Perugino, Giotto), una spanna sopra tutti. E qui ho trovato pure il Ritratto di Carlo V seduto, il quadro dal quale è tratta l'immagine di Carlo V presente su tutti i libri di storia. Reminescenze delle scuole che tornano prepotentemente alla luce... Ma il vincitore è senza dubbio Raffaello, come potete vedere dalla mia personale classifica delle opere più "gradite", stilata con grandissima difficoltà, vista la presenza di capolavori assoluti dell'arte.
La mia personale Top-10 della Alte Pinakothek di Monaco di Baviera:
1. Raffaello - Sacra Famiglia Canigiani ()
2. Filippo Lippi - Madonna col bambino ()
3. Perugino - Apparizione della Vergine a San Bernardo ()
4. Pieter Bruegel il Vecchio - Paese della cuccagna  ()
5. Leonardo da Vinci - Madonna del Garofano ()
6. Rogier Van der Weyden - San Luca ritrae la Vergine ()
7. Albrecht Altdorfer - Natività della Vergine ()
8. Jan Bruegel il Vecchio - Vaso di fiori ()
9. Giotto - Crocifissione ()
10. Peter Paul Rubens - Sepoltura di Cristo

Una delle sale "italiane"

Piccola nota conclusiva: abbiamo visitato il museo di domenica. Il prezzo del biglietto di ingresso domenicale in tutti i musei della Kunstareal di Monaco è di 1 €. Non è un caso che le sale fossero colme. E non penso che il museo sia andato in perdita - anche grazie alla concomitante mostra del Canaletto. Iniziative del genere in Italia servirebbero eccome. C'è necessità di risvegliare la coscienza culturale degli italiani, da troppo tempo narcotizzata da futilità che con la cultura non hanno nulla a che fare.
Bis bald!
Stefano

venerdì 30 gennaio 2015

Becoming expat: sconvolgimenti in ufficio

Ciao a tutti!
Dopo quasi quattro mesi di lavoro in Germania, di differenze sul mondo del lavoro ne ho viste eccome. Un abisso, la definizione migliore. Sotto tutti gli aspetti, ambientale, economico e relazionale.
Tanti, per non dire quasi tutti, mi chiedono se si guadagna veramente di più. I più schietti (o indiscreti) domandano a quanto ammonti il mio salario. Ovviamente non lo dirò in queste righe, così come non lo divulgo ad altri. Ma posso dire che guadagno come in Italia...con un fattore moltiplicativo di 1,7-1,8. Prime differenze che emergono, ovviamente con grande piacere, alla fine del mese. Per non parlare dell'aumento che scatta a gennaio di ogni anno, in cui ci si ritrova una busta paga più ricca (qualche punto percentuale) grazie alla contrattazione sindacale, qui condotta in modo serio e costruttivo, a differenza che in Italia. E come dimenticare il bonus che va ad arrotondare il salario in base alla propria performance sul posto di lavoro?
Qualcuno potrebbe obiettare: già, e la tredicesima? Il premio di produzione? "In Germania non ci sono", sento dire. E invece no, solo vengono chiamate con un altro nome, Urlaubsgeld e Weihnachtsgeld. Il "denaro delle ferie" e il "denaro di Natale" sono le espressioni qua usate. Potrebbe essere superfluo affermarlo, ma anche questi bonus sono in senso sia relativo che assoluto superiori rispetto ai corrispettivi italici.

Schweinfurt e parte della sua area industriale (fonte: rhoenballon.de)

Il tempo ha un valore molto importante in Germania. Se si deve lavorare per soddisfare le esigenze dell'azienda e dei suoi clienti, si lavora. Senza ritmi forsennati, anzi, ma con la velocità che serve per concludere l'attività nella maniera migliore. Se lavorare non serve o non c'è una vera necessità, non ci sarà nessuno che fa a botte per portare a casa un po' di straordinario. Quello dello straordinario è un concetto che qui non viene quasi minimamente concepito. Dove lavoro io viene registrato ogni singolo minuto di presenza. E tutti quelli in eccesso possono essere utilizzati per accumulare ulteriori ferie o ore di uscita anticipata. In passato avevo addirittura sentito che la BMW paga un quarto d'ora ai suoi dipendenti che inviano mail di lavoro in orario extra-lavorativo. Qualcosa fino ad ora inconcepibile. Una parte di questo eccesso viene "trattenuto" dall'azienda. Ingiustizia? No, tutt'altro. C'è crisi? Si sta in ferie grazie a queste ore "trattenute". Qui non c'è la cassa integrazione, l'imprenditoria privata è per l'appunto, privata, e non deve reggersi sui sussidi statali. Frau Merkel non fa sconti.

Dati sulla disoccupazione in Germania aggiornati al 2013 (fonte: wikipedia.de)

Probabilmente quello che più mi ha sconvolto è la fiducia che si instaura tra azienda e lavoratore. Durante il primo giorno di lavoro, nel colloquio introduttivo, il nostro capo del personale ci ha detto che nel caso un giorno ci alzassimo con qualche malessere, si può stare a casa senza problemi. Basta telefonare al proprio superiore e dire lui ich bin krank, "sono malato". Senza certificati medici, quelli bisogna fornirli dopo i tre giorni di assenza per malattia. Ora, io ho provato ad immaginare una tale possibilità in un ufficio statale del Meridione. Io l'ho immaginato nella paralisi, tutti a casa indisposti.
Ah, dimenticavo gli innumerevoli benefici di cui godono le madri: l'orario part-time è elargito senza troppi problemi e sono molti i "benefit" a disposizione delle mamme nel caso debbano occuparsi dei loro figli. Facciamo un esempio dal quale sono rimasto sconvolto: una lavoratrice può usufruire della maternità fino a tre anni, con una retribuzione pari a due terzi del suo stipendio. Incredibile, ma vero...

Ancora Schweinfurt: l'enorme complesso industriale sulla sponda sinistra del Meno (fonte: rhoenballon.de)

Dunque, ho fatto una bella carrellata di esempi che spiegano i tanti vantaggi del lavorare in Germania. Certo, come ho detto più di una volta, questa terra non è l'eldorado. I problemi ci sono e anche qui si sente un po' l'effetto della crisi. E poi c'è da combattere contro una lingua diversa e tradizionalmente ostica, con persone dallo schema mentale differente, con ritmi totalmente opposti a quelli italiani. Sono fattori non da poco. E ancora oggi, posso dire con certezza che sento ancora forte la mancanza dei miei colleghi. A parte alcune eccezioni, non è facile legare con i miei colleghi. Forse è ancora questione di tempo? Però, come avete potuto leggere, non mi lamento affatto. Qualcuno vuol venire a trovarmi? ;-)
Bis bald!
Stefano

N.B.: quanto scritto è il frutto della mia personale esperienza lavorativa, non la regola assoluta. Non mi assumo responsabilità, ecco.

giovedì 29 gennaio 2015

Bücher: Coppi e Bartali

"Ogni impresa sportiva è un simbolo. Pindaro canta un inno alla vita, ai dolori, alle speranze, al coraggio degli uomini, e gli atleti, le loro prodezze e gli allori, le loro debolezze, tutto ciò che nello sport è vittoria e sconfitta, e la lotta, l'ebbrezza, l'amarezza, le lacrime, il sudore, il sangue, le grida di trionfo delle Odi non sono altro che simboli della vita degli uomini, delle generazioni, dei popoli. Nella rivalità fra Bartali e Coppi forse Pindaro non vedrebbe altro che il simbolo delle lotte, delle sofferenze, dei sacrifici e delle speranze che le nostre generazioni offrono alla libertà, alla pace, alla felicità degli uomini e delle nazioni."
Curzio Malaparte, Coppi e Bartali



Ciao a tutti!
Un'opera dal titolo Coppi e Bartali può far pensare ad un grande racconto dell'epopea di questi due grandi campioni. Ma una firma istrionica e brillante, come quella di Curzio Malaparte, non può limitarsi a narrare le gesta di questi eroi delle due ruote. Un'opera dal titolo Coppi e Bartali non poteva mancare alla mia raccolta di libri sul ciclismo.
Questo saggio sull'impronta che la storica rivalità tra Coppi e Bartali ha lasciato nella storia dell'Italia si legge molto velocemente - una trentina di paginette - ma lascia il segno. A mio parere, lo scritto di Malaparte, scritto nel 1949, è un'ardito preludio a tutto ciò che è stato scritto negli anni seguenti su questi campioni e sul loro rapporto. Il merito di Malaparte è essere il precursore della vera interpretazione del significato storico di questa rivalità, in un preciso momento storico in cui Bartali sta imboccando la fase decadente della sua carriera, mentre Coppi è all'apice del suo percorso ciclistico (dopo il 1949, vincerà ancora due volte il Giro e una volta il Tour e il Mondiale), quindi a "partita" ancora in corso.
Malaparte va oltre lo squisito aspetto tecnico delle grandi vittorie, preferisce soffermarsi sul valore del loro antagonismo, sulle contrapposizioni politiche, morali e religiose che hanno diviso la folla e l'opinione pubblica, ma non hanno mai potuto scindere la stretta relazione che intercorreva tra i due: guerrieri a duello in sella, amici fraterni lontano dalle strade. C'è chi pensa che lo sport non possa essere ricordato come qualcosa in grado di intaccare il corso della storia. Malaparte la pensa diversamente. E ce lo spiega raccontando due uomini. La classe e la tenacia, Fausto Coppi e Gino Bartali.
Bis bald!
Stefano

Giudizio: 9/10 ««««««««««

mercoledì 28 gennaio 2015

Tazza, non tazzina

Ciao a tutti!
Gli italiani in Germania possono lamentarsi di molti aspetti del lifestyle tedesco. Io, una cosa da mettere in cima alla classifica l'ho trovata quasi subito, già all'inizio della prima esperienza lavorativa in Germania. Ed è il caffè. Gli italiani si lamentano a buon diritto del caffé qui servito, e poche sono le eccezioni. Mentre nella direzione inversa, non ho mai avuto modo di sentire un tedesco criticare il caffè italiano. "Acqua che sa di caffè", "Caffè diluito", "Acqua macchiata", "Bevanda al sapore di caffè", questi alcuni dei modi per definire meglio ciò che qui viene chiamato Kaffee. Ma perché il caffè tedesco è veramente così... così diverso dal nostro standard? I fattori principali sono essenzialmente due.

Paul Cezanne, Donna con caffettiera (1895)

Il primo è il tipo di preparazione. In Italia il meccanismo di preparazione del caffè, che sia espresso o che venga prodotto tramite la moka, è in sostanza una percolazione ad alta pressione. Poco liquido, tanta intensità: una vera delizia. In Germania invece, il caffè si prepara per infusione, tramite l'utilizzo della Kaffeekanne. Come se fosse un tè... L'acqua calda viene versata su di un filtro di carta, attraverso il quale viene rilasciato il caffè. È facile intuire come l'intensità della bevanda sia decisamente inferiore. Non scherzo se dico che sembra di bere acqua insaporita all'aroma di caffé. Qualche tempo fa trovai in rete una splendida descrizione di quanto il caffé tedesco sia scialbo: "Prima di finirlo stai già iniziando ad espellerlo".

Chicchi magici (fonte: littlecloudydreams.wordpress.com)

Il secondo importante fattore è la tostatura, paradossalmente più forte di quella cui gli italiani sono abituati, che conferisce al caffè tedesco un certo retrogusto di bruciato. L'intensità della tostatura però viene resa vana a causa del metodo di preparazione, ed è secondo me proprio quest'ultimo ad inficiare sulla bontà della bevanda. Che però è amatissima dai tedeschi, quasi al livello della birra. I dati affermano che in Germania viene consumata ogni anno una quantità annuale di caffè procapite di oltre 7 chili. L'Italia si ferma a "soli" sei chili di caffè. Non a caso, alla mattina e dopo pranzo, difficilmente ho visto scrivanie senza la tazzona di quel triste caffè di colore tendente al beige.

Lo dicono pure i libri di tedesco!

Tuttavia, qualcosa sta cambiando. L'italian style sta decisamente prendendo piede in Italia: negli autogrill il caffè servito è quasi esclusivamente "made in Italy"; anche le macchine da caffè sono spesso prodotte da brand italici (Saeco, Gaggia, tanto per fare esempi). E seppure molto costosi rispetto alla media italiana (da 1.80 a 2.50 €), l'espresso è un prodotto sempre più richiesto dai tedeschi. Certo, devono ancora imparare a farlo come si conviene, la mano del barista ha sempre un peso importante. In un anno in Germania posso dire di aver trovato due tazzine di caffè all'altezza, su una dozzina che avrò bevuto. Non è assolutamente un caso che durante il trasloco a Schweinfurt, uno degli oggetti che abbiamo voluto fermamente con noi è stata proprio una macchina da caffè espresso...

La nostra amata macchina espresso

Qualcuno si sarà chiesto come mai un espresso può costare più di due euro, quando già in Italia si è pronte ad etichettare come costoso un espresso che supera il costo di un euro. Beh, in Germania vige una strana tassa, la Kaffeesteuer: su ogni chilogrammo di caffè (tostato) vige un aggravio fiscale di 2.19 €, per un gettito fiscale di 600 milioni di euro annui. Ed è un'imposta - notare bene - che esiste dal XVII secolo, quando ebbe luogo un forte incremento del consumo di caffè.

Quello che succede in Italia. Illustrazione tratta da Trieste sottosopra di Mauro Covacich

Dulcis in fondo, discorso cappuccino. Qui lo puoi trovare servito ad ogni ora. Anche dopo cena... roba da fare inorridire anche il più fermo dei camerieri italici.
Ma questa, non è l'Italia. È la Germania, bellezza.
Bis bald!
Stefano

martedì 27 gennaio 2015

Meditate, che questo è stato

"Essi popolano la mia memoria della loro presenza senza volto, e se potessi racchiudere in una immagine tutto il male del nostro tempo, sceglierei questa immagine, che mi è familiare: un uomo scarno, dalla fronte china e dalle spalle curve, sul cui volto e nei cui occhi non si possa leggere traccia di pensiero."
Primo Levi, Se questo è un uomo


Per non dimenticare.

lunedì 26 gennaio 2015

Perché sarà spesso Monaco

Ciao a tutti!
L'ultimo fine settimana da poco concluso è stato quello buono per tornare finalmente a Monaco. Questa visita era da tempo sui nostri taccuini. Pensavamo che i Weihnachtsmarkt fossero un'ottima occasione per recarvisi, ma i malanni di stagione ci hanno fermato. Rimandiamo a gennaio. Certo, l'atmosfera dell'Avvento si sarà ampiamente dissolta e il freddo non avrà mollato la presa, ma potremo godere di un clima sicuramente più rilassato rispetto alla frenesia prenatalizia. Così è stato.
Il viaggio di ritorno da Monaco, sotto una fitta bufera notturna di neve, è stato lungo, quasi tre ore di auto. In questo lasso di tempo ho avuto modo di riflettere sull'enorme fascino di questa città e analizzare i motivi per i quali torneremo spesso (immagino) nella capitale della Baviera.

Un leone, simbolo della Baviera. E il profilo di Monaco.

Perché essere a Monaco è estremamente piacevole, anche solo per una passeggiata. Nel centro storico o fuori dal centro storico, nelle vie dello shopping o nelle vie meno frequentate, nelle aree verdi. Nella folla del sabato o nella quiete della domenica. Ormai passeggiare a Monaco è come passeggiare in una città di casa - nel weekend ho visto Monaco per la quinta volta - ed è sempre un estremo piacere. Per le prossime volte sto pensando di attrezzarmi anche con una bici: Monaco, come tante altre città tedesche possiede una fittissima rete di piste ciclabili...

Semplicemente Marienplatz

Ma il solo trovarsi a Monaco è di per sé un piacere. Qui è bello immergersi in un'atmosfera che sa di relax, di gioia. Continuamente. Anche a gennaio, quando le grandi feste sono ormai svanite. Lo vedi nei volti delle persone, non c'è ombra di tristezza in loro (così pare, almeno). Merito della ricchezza di questa città, ricchezza che non vuole apparire però opulenza - quella in parte l'ho trovata a Francoforte. Bastano poche cose per rendere più serene le persone: pulizia al limite dell'impeccabile, puntualità dei mezzi pubblici, senso di onestà della comunità. Zero degrado. Come è lontana l'Italia.

Olympiapark

E vogliamo parlare di offerta culturale? Nel giro di pochi isolati si ha un'invidiabile concentrazione di musei d'arte, non facile da trovare altrove. Non il Louvre o gli Uffizi, ma sia la Neue che la Alte Pinakothek non ci hanno mai deluso. E nel mirino abbiamo già i musei d'arte moderna, il Brandhorst e la Der Moderne. E anche per chi come me ama la scienza e la tecnica, c'è il Deutsches Museum (un percorso di visita di sedici chilometri!!!)... Ah, dovreste vedere come sono affollati i musei durante la domenica, quando si entra ad 1 €. Anche qui, le domeniche in anonimi centri commerciali sono ben lontane.

Propyläen

Per gli spazi all'aperto si aspetta con ansia la bella stagione. Perché i luoghi di svago e delizia "open air" sono innumerevoli. A parte i vari Biergarten, Monaco dispone di un enorme giardino, l'Englischer Garten, scoperto sabato grazie a Marco e Ninja. Senza dimenticare il parco di Nymphenburg e il Parco Olimpico... Tutto quanto curatissimo. La decadenza di molti (non tutti) parchi italiani è lontana. Eternamente distante.
Tuttavia, è meno distante è la bella stagione.
Almeno, questo è il mio auspicio.
Bis bald!
Stefano

domenica 25 gennaio 2015

Ich laufe im 2015: Amburgo!

"Non è perché le cose sono difficili che non osiamo farle, è perché non osiamo che diventano difficili."    
Seneca
   
Ciao a tutti!
Come già scritto in alcuni post, qualche giorno fa, ho ripreso l'attività fisica in vista dei prossimi appuntamenti podistici. Dopo quasi tre mesi (se non per due-tre uscite sporadiche) ho ricominciato a correre; da pochissimo mi sto mettendo sotto con la palestra. La bronchite è una brutta bestia: dopo quasi un mese a base di due cicli di antibiotici, propoli, pastiglie di glucocorticoidi (le quali sarebbero dopanti), caramelle all'echinacee, sciroppi alla piantaggine, tisane e antiinfiammatori vari, posso dire di essermi lasciato alle spalle forse il peggior periodo natalizio della mia vita e tre/quattro settimane di scarsa forma fisica. Ora finalmente, il mio ritmo giornata è quello di sempre; sono addirittura tornato a recarmi in ufficio in bicicletta, nonostante le temperature prossime allo zero di questo periodo.

Invasione di maratoneti ad Amburgo! (fonte: haspa-marathon-hamburg.de)

Vita normale: per me non lo è senza la corsa. Ad essere più precisi, non lo è senza pensare ad una maratona. Quest'anno, senza fastidi di alcun tipo, posso pensare di vivere un inverno e una primavera all'insegna di duri allenamenti in vista di un nuovissimo traguardo. È da più di due anni - in sostanza da quando ho terminato la prima maratona a Torino due anni fa - che sogno di correre a Roma. Un centro storico unico al mondo, il fascino della nostra capitale e la difficoltà della corsa sui sampietrini sono sempre stati per me motivi di grande attrazione verso la maratona che si svolge ogni anno a Roma, nella seconda metà di marzo. Quest'anno sarebbe stata domenica 22 marzo: meno di due mesi per prepararla... no, sarebbe una follia, se si considera che è da troppo tempo che non corro con regolarità e sono appena uscito da una bronchite che non mi ha stroncato, ma tuttavia indebolisce. Ne riparliamo nel 2016, dunque.

Quando vorrò sapere dove è l'arrivo, basterà alzare lo sguardo

La meta di riserva, ma che tanto di riserva non è, in quanto era nella lista delle corse "da fare un giorno" è Amburgo. La Haspa Marathon Hamburg 2015 è infatti prevista per il 26 aprile 2015, e ovviamente ha l'indubbio vantaggio di fornirmi molto più tempo per allenarmi in tuta serenità. Tre mesi, d'altronde, sarebbero proprio il tempo canonico per preparare questa corsa. Ma non ci sono solamente motivi di natura squisitamente temporale.

Jungfernstieg, al chilometro 16, si prevede un gran tifo!

Durante i miei viaggi su e giù per la Germania non ho mai nascosto quanto sia stato positivamente impressionato da Amburgo: una città che era delle più malfamate di Germania e poi rinata fino a diventare ambitissima meta turistica. Il percorso della Haspa Marathon Hamburg attraversa quasi ogni punto topico della seconda città di Germania, fatta eccezione per per la Hafencity (l'antica zona portuale) e la Rathausmarkt. Un percorso di sicuro interesse per i miei occhi, e l'occasione di tornare in questa meravigliosa città.

Zollkanal, ed è già passato un terzo di corsa

E poi, ci sono motivi di natura tecnica. Amburgo si trova nella parte più settentrionale del territorio tedesco, ad un'ora e mezza di auto dal confine con la Danimarca: nonostante sia aprile, un clima fresco in corsa è pressoché assicurato. Inoltre, Amburgo è una città molto vicina al mare - si trova sulle sponde dell'Elba, che di lì a poco va a sfociare nel Mare del Nord - e quindi dovrebbe risultare pianeggiante, fatta eccezione per possibili ponti e cavalcavia (che so con certezza esserci), ma quello lo scoprirò solo il giorno della maratona. Sul percorso ci sarà tempo più avanti per pensarci. Mi fa ben sperare che il record della corsa, 2h05'30'' stabilito nel 2013, è molto basso, solo due minuti mezzo più lento del record del mondo corso a Berlino quattro mesi fa. Tutti fattori positivi in vista di un (speriamo) miglioramento del personale.

Con la speranza che all'arrivo ci sia di nuovo tutta questa felicità...

Ma non di soli record vive un podista. Ci sono emozioni difficili da spiegare quando si corre una maratona, indipendentemente da dove si corre. Italia o Germania, non fa differenza. Ciò che serve sono 42,195 chilometri da vivere intensamente. That's all.
Bis bald!
Stefano

sabato 24 gennaio 2015

Wieder in Monaco

"L'arte vi fiorisce, l'arte vi regna, l'arte allunga il suo scettro recinto di rose sopra la città e sorride..."
Thomas Mann
   
Marienplatz, sempreverde...

venerdì 23 gennaio 2015

Becoming expat: la tecnologia richiede aiuto

Ciao a tutti!
Nel corso del nostro processo di ambientamento a Schweinfurt abbiamo modo di assistere a diversi siparietti divertenti, frutto del trovarsi a che fare con persone di differente cultura e lingua - il diverso si sa, fa imparare molto e allarga gli orizzonti mentali. Uno dei momenti che ricordiamo con più piacere riguarda il nostro collegamento al mondo esterno: telefoni, smartphone, internet e televisione, tutta la tecnologia che serve per rimanere in contatto con le nostre famiglie, i nostri amici e con il resto del mondo.

Relax domenicale con le gare di combinata nordica...

Ci abbiamo messo un po' di giorni per riuscire a connetterci al mondo. Qui in Germania non c'è praticamente traccia di piani tariffari ricaricabili, si va avanti solo tramite contratto: e per un contratto con un gestore telefonico, serve un conto corrente bancario, cosa che abbiamo dovuto (forzatamente) aspettare un po' ad aprire. Quindi il primo tentativo, a due giorni dal nostro arrivo, è andato a vuoto. Ma il secondo, con un numero di conto corrente in mano, ha avuto finalmente successo. Merito anche del venditore Vodafone che ci ha fornito veramente un'importante mano ad individuare il piano telefonico migliore. Veramente un personaggio a tutto tondo, Olli. La prima volta che ci siamo presentati in negozio ci ha praticamente affibbiato l'etichetta dei mafiosi in quanto avevamo scelto di aprire il conto corrente in una filiale di proprietà di un gruppo bancario italiano ("that's mafia"); ma dopo pochi minuti, quando noi stavamo uscendo, si è addirittura precipitato di corsa fuori dal negozio per dirci che forse aveva una soluzione migliore per noi. Un esempio di quella che la mia azienda chiama "customer care". Ah dimenticavo, il tutto in ottimo inglese. Quando dopo una settimana ci siamo ripresentati ha condotto l'operazione in maniera meravigliosa, nonostante i soliti stupidi impicci di burocrazia. Così, abbiamo potuto finalmente far parte anche noi del network globale: e anche poter telefonare ai nostri genitori da casa. L'unico contratto comprende in un sol colpo l'allaccio alla rete telefonica fissa, il router Wi-Fi, il telefono, gli smartphone, messaggi e chiamate illimitate (anche verso l'Italia) e una certà quantità di traffico: molto comodo e pratico.

(fonte: o2online.de)

Il servizio televisivo in alta definizione sono gestiti sempre da Vodafone, tramite una società da essa controllata. Qui abbiamo dovuto faticare molto di più, ma non per demerito di Vodafone o dei suoi tecnici. Daniel è stato fantastico in questo senso, essendo sempre pronto e disponibile in ogni evenienza. Il problema ce l'abbiamo avuto con il servizio postale tedesco. DHL in Italia è riconosciuta come simbolo dell'efficienza tedesca, ma in Germania è molto criticata. Noi, dopo un po' di esperienze negative, ci allineiamo a questa teoria. Casa nostra non è facile da rintracciare (per uno stranissimo scherzo del destino - e di quello che potremmo chiamare "catasto tedesco"), ma ho perso il conto delle volte in cui DHL ci ha spedito un pacco e questo è ritornato alla centrale perché il corriere non ha trovato l'indirizzo! Tra i vari pacchi, anche quello del decoder tv...
Anche grazie all'aiuto di persone come Olli e Daniel ora possiamo goderci tutta la tecnologia di casa nostra: connessioni internet e qualità televisiva eccellenti. Altrimenti, come diamine avrei mai potuto domenica seguire la discesa libera di Wengen ed esultare ai quattro goal della Juventus??? J
Bis bald!
Stefano

giovedì 22 gennaio 2015

Bücher: Olive comprese

"Un chilo e due etti. «Si, va bene», disse il Valenza, «però compresi i... Insomma, comprese le olive.» «E allora?» Il Valenza allargò le braccia: voleva dire che tolto il peso delle olive l'affare diventava più... «Più cosa?» lo aggredì Cucco. Ma era così difficile capire? Pur togliendo il peso delle olive restava comunque un affare mostruoso, un'arma micidiale. Se fin la Drizzona si era rifiutata!"
Andrea Vitali, Olive comprese



Ciao a tutti!
La lettura del romanzo che presento in questo post, Olive comprese di Andrea Vitali, mi è stata caldamente consigliato da Giulia, qualche giorno fa. Questo libro è stato inserito da lei nella lista dei libri da portare con sé in Germania, appositamente affinché lo leggessi. «Leggilo, leggilo, sono sicura che ti piacerà», mi diceva. Effettivamente, non si sbagliava.
Olive comprese è una genuina immersione in un angolo di Italia che non esiste più. Non geograficamente, dato che il comune di Bellano (paese di poco più di tremila abitanti sulle rive del lago di Como, ove si svolge il 99% della vicenda) è ben presente sulle carte geografiche, quanto culturalmente: la storia che Vitali racconta è ambientata negli anni '30, in pieno periodo fascista. Quando usi e costumi erano ben diversi da quelli attuali.
I fattori di gradimento sono numerosi: l'intreccio che Vitali costruisce nel suo romanzo è straordinariamente complesso ma al contempo facile da decifrare. Il merito è di un tratteggio bizzarro dei personaggi che popolano il racconto: dalla cartomante squattrinata al podestà sull'orlo di una crisi di nervi, dall'inflessibile maresciallo al balordo iperdotato del paese, dal medico costantemente indaffarato al prevosto, dal capoufficio delle poste disperato per la situazione del figlio al meretrice di fiducia del paese, vedove, gatti, elementi ruvidi, creduloni e gretti. La mia esperienza di vita, compiuta fino ai miei ventotto anni in un paese di duemila anime, non mi fa rivedere questi personaggi, ma fa rivivere in me certe situazioni che solo la provincia nella sua accezione più rurale, può mostrare. Pettegolezzi che si diffondono tra i paesani alla velocità della luce, sguardi distorti ad ogni minima anomalia, ignoranza e bigottaggine esasperata ai massimi livelli. Vitali è efficace nella sua opera di raffigurare uno spaccato della provincia, utilizzando talvolta un vocabolario ormai desueto, proprio del lessico di quasi un secolo fa.
Olive comprese è un romanzo che oltre ad essere una testimonianza di un passato che non tornerà, presenta immagini tragicomiche che non possono essere svanire nella mente del lettore. Che rendono questo libro un oggetto da rileggere, nei momenti in cui si rende necessario di ritrovare in maniera veloce ed intelligente il sorriso.
Bis bald!
Stefano

Giudizio: 9/10 ««««««««««

mercoledì 21 gennaio 2015

Ben ritrovato!

Gennaio...tempo di tornare al lavoro. In ufficio, ho ricominciato già da due settimane, ma il lavoro, quello che alla fine del suo percorso più mi diverte e regala soddisfazioni, comincia ora.
La nuova avventura inizia oggi dalla Rueckert Gym, la palestra preferita (e più comoda) di Schweinfurt. Il traguardo alla fine di 42,195 chilometri è lontano e tuttora indefinito. Ma voglio riprendere l'attività affinché questo traguardo, ovunque esso sia, sia raggiungibile. Certo, mancano i consigli di Edoardo e l'atmosfera familiare della Jump in Fit, la palestra in cui ho costruito cinque maratone e nove mezze maratone, ma non ho molte altre scelte: la palestra è componente basilare per una buona preparazione all'estrema fatica della maratona.

Lassen Sie uns beginnen!

Dunque, bando alle ciance: via a nuove serie di leg press, leg extension e da quest'anno, anche tapis roulant (il gelo tedesco sulle strade è troppo insidioso per rischiare di infortunarsi). È l'alba e la luce non illumina la strada: ma il giorno sta per arrivare...
Bis bald!
Stefano

martedì 20 gennaio 2015

lunedì 19 gennaio 2015

Dalle ceneri a museo

Ciao a tutti!
Più di una volta ho raccontato come i tedeschi siano straordinariamente bravi nel valorizzare a livello turistico e commerciale il loro tragico passato. Ho due esempi in mente: il Muro di Berlino, meta di tutti i visitatori di Berlino e della quale immagine c'è un vasto sfruttamento, e il Museo del processo di Norimberga, che non ho visitato, ma che deve essere molto interessante, essendo uno dei musei più visitati di Germania.

Rovine del Führerbunker/1 (fonte: flickr.com)

Il popolo tedesco sta per fare centro ancora una volta. E stanno per far fruttare gli anni più tragici della storia tedesca, quelli della Seconda Guerra Mondiale. Pare infatti che verrà ricostruito il Führerbunker, il rifugio berlinese nel quale Hitler ha vissuto le sue ultime settimane di vita con la compagna Eva Braun, e dal quale dirigeva le operazioni di un esercito ormai completamente allo sbando. Il Führerbunker venne distrutto poco tempo dopo la fine della guerra, sull'onda di un sentimento di rinascita, ma soprattutto di rabbia per le eredità del nazismo: una pessima immagine della Germania e dei suoi abitanti, oltre alla distruzione più totale. Di esso non rimane più niente se non un cartello con qualche spiegazione.

Rovine del Führerbunker/2 (fonte: wikipedia.com)

Il tutto con lo scopo di evitare paradossali pellegrinaggi di facinorosi con la svastica ancora ben salda in testa. Pochi o tanti? Il numero potrebbe essere consistente. Mi hanno raccontato che a Coburgo (a un centinaio di chilometri da Schweinfurt), prima città ad essere guidata da un sindaco nazionalsocialista, è tuttora presente un monumento al nazismo, ma questo viene celato ai più, proprio per non trovarsi di fronte orde di invasati in mistica processione. Può essere la ricostruzione del Führerbunker un buon motivo per tornare a Berlino? Pare proprio di no, in quanto la capitale tedesca si è fermamente opposta alla ricostruzione del bunker hitleriano sul suo suolo. Esso potrebbe venir ricostruito a Oberhausen, cittadina poco distante da Düsseldorf. Ovviamente, a puro scopo didattico...

Ciò che rimane del Führerbunker: un cartello (fonte: tripomatic.com)

E noi italiani? Ci limiteremo a raggiungere la Renania Settentrionale-Vestfalia da turisti o sapremo trarre spunto da questa lodevole (seppur criticata) iniziativa? Di luoghi simbolici da riportare alla luce ce ne sarebbero a volontà. Volontà, per l'appunto: è tutto ciò che serve.
Bis bald!
Stefano

domenica 18 gennaio 2015

Ed è subito... running test!

Ciao a tutti!
Dopo un'ampia pausa dalla corsa, in pratica risalente alla Venice Marathon dell'ottobre scorso, è ora di tornare a far parlare le gambe. Solo due uscite molto invernali negli ultimi due mesi, anche seduta in palestra per non perdere tono muscolare, e in mezzo una mai così fastidiosa bronchite. Troppo tempo in inattività!
La scusa per tornare a correre - oltre a condizioni meteo accettabili, sempre più rare ultimamente - è un nuovo acquisto che va ad arricchire l'armadio dell'abbigliamento podistico: direttamente dal Wertheim Village, pantaloni tecnici Nike per l'attività fisica invernale. Visivamente, uno spettacolo. Nella pratica, ancora meglio!

Nuovi arrivi per nuovi traguardi

I 10,5 chilometri corsi in riva al Meno potrebbero far sorridere chi come me è abituato a correre ben altre distanze. Ma per ricominciare a correre e (vedremo) iniziare a preparare una corsa di tanti chilometri, dieci chilometri circa sono la giusta misura. Si corre volentieri, dopo tanta pausa. Si corre con piacere, con un tramonto che mancava da tempo. E con un fiume al proprio fianco, una presenza che non tradisce mai. Proprio ciò che serve per dare il via ad una lunga avventura verso un nuovo traguardo!
Bis bald!

sabato 17 gennaio 2015

Delirio di onnipotenza

"In ogni tedesco c'è il bisogno di dimostrarsi il migliore, ma io non posso vincere per soddisfare questa mentalità malata."
Boris Becker
 
Boris Becker (fonte: agicops.it)
 
"Mentalità malata", così la definì quel fuoriclasse della racchetta. Si, ogni tanto lo penso anch'io.
La Germania di qua, la Germania di là, noi tedeschi siamo, noi tedeschi facciamo, noi siamo i primi in quello, noi siamo i primi in quell'altro. C'è presunzione in molti tedeschi e la storia ce lo insegna alla perfezione. Ma, fortunatamente, non in tutti. C'è sempre del buono nel mondo: anche in Germania.
Bis bald!
Stefano

venerdì 16 gennaio 2015

Becoming expat: Anmeldung im Rathaus

Ciao a tutti!
A più di un anno di distanza dall'inizio della mia esperienza lavorativa in Germania, credo sia palese che il bilancio complessivo di questi mesi è positivo. La Germania non è l'eden, non è il regno dei cieli, ma il benessere che qui si respira è superiore di qualche ordine di grandezza rispetto all'Italia. Ne ho parlato in numerosi post, di quanto siano consistenti i vantaggi nel lavorare e vivere in Germania: dall'assicurazione sanitaria ai prezzi degli scaffali del supermercato, per fare un esempio.
Ovviamente, non è tutto oro ciò che luccica. L'esempio che potremmo illustrare è quello del nostro rapporto con gli uffici comunali di Schweinfurt (o detto più semplicemente, il Rathaus). Con i quali abbiamo una relazione… tra luci ed ombre. Nei nostri primi giorni di Deutsch Leben abbiamo dovuto sbrigare alcune pratiche burocratiche essenziali, tra cui la fondamentale registrazione all'anagrafe, qui chiamata Anmeldung. Un semplice foglio da compilare, con le informazioni essenziali per poter essere censiti: una copia al comune, una copia a noi. In dieci minuti siamo fuori dal municipio, la nostra posizione è regolarizzata, la Germania sa della nostra presenza in suolo tedesco. Ovviamente noi ci stupiamo di come sia possibile tutto ciò: in Italia sarebbe avvenuto in maniera altrettanto celere? Potrei sbagliarmi ma credo di no.

Unser Rathaus

D'altro canto, quella che può essere definita “perfezione tedesca” può però sfociare nella “presunzione tedesca”. Si, presuntuosi lo sono eccome, soprattutto con chi si trova al di fuori dei confini teutonici. Nei confronti degli italiani e ancor di più nei confronti dei francesi, c'è molta diffidenza. Presunzione e diffidenza ci sono state mostrate completamente nel momento in cui Giulia ha provato a farsi riconoscere il titolo di studio. La discussione è stata tale per cui abbiamo dovuto sentirci dire “qui siamo in Germania, non siamo in Europa”. Qui spicca ovviamente un po' di conservatorismo, figlio di una terra tanto affascinante quanto ruvida, la Franconia, in cui c'è ancora un attaccamento quasi morboso alle tradizioni locali, a partire dal dialetto.
Con gli uffici comunali avremo ancora necessariamente a che fare. Basti pensare che i sacchi della spazzatura (per i rifiuti generici) si devono ritirare proprio presso il Rathaus, per una motivazione a me ancora sconosciuta. Ce ne faremo una ragione: vorrà dire che cercheremo di limitarci nella produzione di pattume…
Bis bald!
Stefano

giovedì 15 gennaio 2015

I consigli di Seehofer

Ciao a tutti!
In questi giorni di grande tensione internazionale dopo l'attacco terroristico a Parigi, in ogni paese europeo c'è chi fa a gara per chi le spara più grosse. Lo schema è sempre il solito: aizzare con le parole la folla più inferocita, parlando alla pancia della gente. Lo sa bene l'italico Salvini, altrettanto la transalpina Le Pen, lo stanno capendo i teutonici sostenitori di Pegida, un neonato movimento "contro l'islamizzazione della Germania".

Se lo dice Horst... (fonte: stern.de)

Qualche strano esemplare c'è anche in Baviera. Non razzisti come Salvini o Le Pen, ma in grado di coprirsi di grottesco con boutade degne dei migliori politicanti italiani. Mi riferisco a Horst Seehofer, leeder della CSU (partito della coalizione di governo) e primo ministro del land bavarese, che a dicembre ha affermato che "chi vuole vivere in Germania deve parlare tedesco anche a casa". Certo, io mi ci vedo già. Arrivo a casa dopo la mia onesta giornata di lavoro e mi rivolgo a Giulia così: "Hallo meine Liebe! Wie geht es dir?" e così via. Sarei più ridicolo del veramente ridicolo Seehofer. Uno, che tra l'altro, ha proposto di sospendere gli accordi di Schengen per limitare l'afflusso di immigrati provenienti dall'Italia. E che è riuscito anche a partorire l'idea di imporre un pedaggio autostradale ai soli stranieri, probabilmente inconscio del fatto che le autostrade gratis sono uno dei principali volani del sempre più forte turismo tedesco.
Personalmente credo che queste uscite siano tutta una montatura "elettorale". In fondo, gli stranieri, quelli più colpiti dalle sue dichiarazioni, mica lo possono votare Seehofer. Siccome di questi tempi, ci sono affermazioni ben più pesanti ed offensive, raccolgo l'uscita del "nostro" primo ministro come un consiglio. Lo studio, il tedesco. Ma lo studio per me, caro Horst, non per le tue assurde uscite.
Bis bald!
Stefano

mercoledì 14 gennaio 2015

Un 2014 con A spasso tra i Giganti

Ciao a tutti!
Più passa il tempo e meno riesco a rendermi conto del - piccolo, ma per me grande - successo che stanno avendo queste pagine che quasi quotidianamente riempio, tra racconti di viaggi, di corse, di avventure e di esperienze di vita. Ribadisco, qualche centinaia di migliaia di visite per un sito internet sono ben poca cosa. Per me, umile blogger senza chissà quali capacità di scrittura (ma con molta voglia e iniziativa), le quasi 45.000 visite del 2014 sono veramente qualcosa di insperato.
Sicuramente è merito dei tanti post scritti (334) e delle tante nuove tematiche che ho portato sul blog, a partire dalle mie letture, dalle mie fotografie e dalle mie esperienze di vita in Germania. I numeri del 2014 sono cristallini (vedi statistiche aggiornate al 31 dicembre 2014) e fanno segnare un nuovo record annuale, con più di 44.000 accessi. E per ben quattro volte, A spasso tra i Giganti ha superato le quattromila visite mensili. Un risultato che è doveroso e legittimo dividere con tutti voi lettori, base di questo successo.
Quindi, grazie, grazie, grazie!
Bis bald!
Stefano

martedì 13 gennaio 2015

Bonatti, fotografie dai grandi spazi

"Con la nord del Cervino, me lo ero ripromesso, avrei chiuso con l'alpinismo estremo, sostituendolo però con un altro tipo di avventura, altrettanto ispiratrice e capace anche di nutrire e soddisfare ancor più la mia curiosità, il mio sogno, la mia fantasia, e non ultimo, ancor più conoscere il profondo di me stesso. Con il passare degli anni avevo capito sempre più chiaramente che in fondo la mia vera indole era quella di vivere l'avventura nella sua espressione più vasta e universale. Se ti è nato il gusto di scoprire non potrai che sentire il bisogno di andare più in là. Pertanto, avrei insomma voluto abbracciare orizzonti ancora più vasti, e più intimi, in cui poter trasferire tutto ciò che di prezioso la montagna mi aveva già insegnato."
Walter Bonatti


Ciao a tutti!
Nel momento in cui seppi, qualche mese fa, che a Milano si sarebbe tenuta una mostra sull'opera fotografica di Walter Bonatti, non potei far altro che promettermi di mettercela tutta per fare in modo di visitarla. Troppo grande l'ammirazione per Bonatti, troppo forte l'attrazione per i meravigliosi scatti con i quali il grande (forse il più grande?) alpinista ed esploratore lombardo ha corredato i suoi reportage in giro per il mondo. Milano, e il suo Palazzo della Ragione, ridonano memoria a questo protagonista del dopoguerra italiano, in grado di conquistare il cuore delle donne e lo stupore degli uomini con le sue meravigliose imprese alpinistiche prima ed emozionanti avventure dopo. Proprio nell'anno in cui cade il cinquantesimo anniversario della memorabile ascesa di Bonatti al Cervino (22 febbraio 1965), in solitaria, invernale e lungo una nuova via.

L'allestimento di Palazzo della Ragione (fonte: arttribune.com)

Una mostra molto semplice ed intuitiva, "Walter Bonatti - Fotografie dai grandi spazi". Si comincia con il Bonatti che tutto il mondo meglio conosce, quello delle grandi montagne conquistate in solitaria come il Dru o il Cervino. O quello delle grandi delusioni (K2) o delle enormi tragedie (Frêney). Poche foto, ma corredati degli oggetti di una vita, come la sua macchina fotografica che lo accompagnerà per più di dieci anni sulle pareti di tutto il mondo. Il suo casco, i suoi ramponi, la macchina da scrivere. In sottofondo, poche toccanti immagini, corredati dalla candida e pacata voce di Walter. Una voce che tutti i visitatori ascoltano, con attenzione, nella prima sala della mostra.

1972: Namibia, Deserto del Namib, foto di Walter Bonatti (fonte: artslife.com)

La mostra continua con un enorme spazio dedicato alle fotografie raccolte durante le esplorazioni compiute in tutti i continenti della Terra, come inviato per il settimanale Epoca. Senza un ordine logico, a parer mio. Ma non ce n'è bisogno. Perché la bellezza e la grandezza, due caratteristiche che Bonatti ha saputo cogliere così bene nei luoghi che ha avuto la capacità di poter fotografare (e lui di risorse psicofisiche ne aveva da vendere), non hanno una loro precisa logica. Non sono fotografie, come si potrebbe dire, "di autore", ma sono scatti di testimonianza. Di un mondo che non c'è più se non nei nostri sogni, o forse nelle parole dei grandi narratori che ispirarono Bonatti: Melville, London, Defoe.

Gli attrezzi del mestiere

La grandezza della natura, la sua meraviglia, e la piccolezza dell'uomo di fronte a ciò che ci circonda sulla Terra. Questi sono i temi portanti dietro alle foto di Walter Bonatti. In un misto di incredulità, virtù e misticismo, il visitatore segue il percorso espositivo ammirando spazi che molto probabilmente non potrà mai vedere a occhio nudo, dal vivo. Infinite colline di sabbia nei deserti più inospitali, specchi d'acqua cristallina, colonne di roccia o di ghiaccio in Sudamerica, grigie pianure senza fine nelle lande africane, fessure al limite dell'impossibile, foreste di difficile risoluzione, geometrie che solo un'entità superiore può avere progettato, ineguagliabili giochi di luce e colori, paesaggi al limite della sopravvivenza, la roccia fusa o il ghiaccio più impetuoso, gli animali apparentemente più pericolosi. Godiamoci quest'opera così, come bambini che fanno le loro prime scoperte.

1976: Antartide, quadrante neozelandese, foto di Walter Bonatti (fonte: artslife.com)

E ringraziamo Bonatti, che ha saputo e voluto divulgare questa bellezza. Per non dimenticarci cosa e dove siamo noi umani.
Bis bald!
Stefano

lunedì 12 gennaio 2015

La storia che non avevo raccontato

Ci sono storie e storie.
C’è la storia di una maratona, l’ultima, a Venezia, terminata con successo, con il nuovo record personale e con la liberazione da un piccolo incubo. Per molti può essere una storia insignificante, per me è essenziale.
Poi c’è la storia nascosta, quella che è scritta nelle molecole di due cuori che proprio sullo sfondo di una maratona si sono conosciuti e si sono uniti. Era destino che con una maratona dovessero consolidarsi definitivamente.
Una pazza idea mi frulla in mente durante le maratone del 2013, che avrei potuto chiudere più velocemente se non fosse stato per un semplice gesto d’amore. Perché non rendere questo atto di amore… definitivo? Ci ho pensato un anno, sul quando, sul dove e sul come. Non sul perché, in quanto non c’è neanche un perché, tutto è così semplice e naturale. Quando: una maratona. Dove: Venezia è perfetta. Come: eh, come… un oggetto metallico nella tasca posteriore dei pantaloncini e il fiato per una sola domanda, diretta.
La stanchezza dei chilometri percorsi per raggiungere Venezia offusca i ricordi, li annebbia. Ricordo il tremore delle mie dita per l’emozione, prima del Canal Grande. Uno sguardo che cerca tra la folla. Il sorriso mio, il tremore suo. Le lacrime quando mi volto verso destra, per guardarla. Un tenero abbraccio alla fine di tutto.
Non c’è altro da aggiungere. Altrimenti non avrei raccontato il lato nascosto di un’assurda emozione.

Der Kuss

Bis bald!
Stefano

domenica 11 gennaio 2015

Quota 80000 visite: Marmolada

Ciao a tutti!
Un altro piccolo traguardo è stato raggiunto da A spasso tra i Giganti: oggi sono ben ottantamila le visite al blog! Le visite aumentano ogni mese di più e tutto ciò mi rende sinceramente molto orgoglioso. Per festggiare questo minuscolo traguardo, insignificante per molti ma molto gratificante per me, regalo la fotografia di una delle mie amate montagne. Per le ottantamila visite ho scelto il re del ghiaccio dolomitico, la Marmolada, simbolo e guardiano delle Dolomiti, nonché severo banco di prova del Giro d'Italia e sfondo di molte vacanze...

La Marmolada vista dal Sas Pordoi. Foto di archivio, 6 luglio 2011.

A presto!
Stefano

sabato 10 gennaio 2015

Bücher: Un cuore in fuga

"Chi fosse passato a metà mattina di un giorno qualunque nell'inverno '43-'44 su quel ponte avrebbe potuto scorgere in sosta, in attesa del treno, un giovane già uomo che con i pantaloni alla zuava e una bicicletta da corsa armeggiava «per non dare nell'occhio» tra un tubolare e una colazione, sempre pane bianco con due fette di prosciutto cotto. Aveva già vinto ”semplicemente” due Giri d'Italia e un Tour de France. Ma appena fischiava il treno da Assisi, montava a cavallo e in una volata salvavita di qualche centinaio di metri si precipitava fino alla stazione di Terontola, rimasta anch'essa oggi pressoché identica con tutti i segni del tempo che passa. Una scena che si ripeté molte volte, una scena da film, davvero. Una scena da consegnare alla memoria, perché non vada perduta e nel presente il passato lasci una traccia."
Oliviero Beha, Un cuore in fuga


Alzi la mano chi non ha mai sentito parlare di Gino Bartali. La storia racconta che Bartali è quel fuoriclasse della bicicletta in grado di vincere tre Giri d'Italia e due Tour de France; quell'uomo che ha acceso i cuori degli italiani divisi tra lui e Fausto Coppi, cattolico e tenace il primo, laico e irresistibile il secondo; l'atleta capace di conquistare la folla inferocita per l'attentato a Palmiro Togliatti con la conquista del Tour del 1948; un nome che è impresso anche in una famosa canzone di Paolo Conte.
Questo è ciò che la storia ci tramanda. C'è poi un altra storia, quella che pochi conoscono. Perché lui, "Ginettaccio", non la raccontò mai se non probabilmente alla sua famiglia e poche altre persone. È una storia di coraggio al servizio dell'umanità quella che il giornalista Oliviero Beha (fiorentino proprio come Bartali), racconta in Un cuore in fuga. È la storia di ottocento vite umane salvate dalla follia antisemita del nazifascismo tra il 1943 e il 1944. È ovviamente una storia poco conosciuta, perché Bartali è ricordato per altre vicende. Ma in occasione del centenario della nascita (nel 2014), Beha ha voluto rendergli omaggio, tramandandone la memoria più nascosta e anche più importante. Sono pagine emozionanti, che si possono leggere tutte d'un fiato. Beha è straordinario nel raccontare con passionalità e con leggerezza allo stesso tempo, prima la tragicità degli anni della guerra visti attraverso le lenti di un personaggio enorme come Bartali, e dopo gli anni sportivi del dopoguerra, vissuti ad altissimo livello grazie anche ad una tenacia e una forza morale fuori dal comune. D'altronde, dopo aver rischiato la pelle per salvare centinaia di ebrei...
La sua vicenda umana, in particolare quella dei suoi anni atleticamente più floridi, spesi in lunghe sgroppate tra Umbia e Toscana per regalare la salvezza di molte vite umane, è il filo conduttore di questa biografia romanzata di Beha, che però non dimentica, da buon giornalista, di raccontare uno spaccato di Italia tra gli anni '30 e gli anni '50 e di onorare la leggenda sportiva di uno dei giganti delle due ruote. Una lettura che raccomando a tutti gli appassionati di ciclismo. O anche a chi, molto più semplicemente, vuole conoscere una piccola grande storia di sport e valore umano, di quelle che non lasciano indifferenti e non verranno mai dimenticate.
Bis bald!
Stefano

Giudizio: 10/10 ««««««««««

venerdì 9 gennaio 2015

Becoming expat: alla Krankenkasse

Ciao a tutti!
Una delle grandi differenze che balzano all'occhio nel momento in cui si fa un salto dall'Italia alla Germania è l'organizzazione sanitaria. È migliore o peggiore in Germania? Personalmente non lo posso ancora dire. Fortunatamente non sono un assiduo frequentatore di studi medici o nosocomi, e per i recenti malanni nelle vacanze natalizie ho dovuto rivolgermi alla sanità italiana. Quello che cambia, sostanzialmente, è la modalità di copertura delle spese sanitarie. In Italia l'accesso alle cure sanitarie avviene tramite la tessera sanitaria, un diritto acquisito di tutti i cittadini; in Germania esso è possibile soltanto grazie ad un'assicurazione sanitaria, pubblica o privata (n.b.: informazione indispensabile per chi volesse tentare un'esperienza di lavoro e di vita in Germania).
Salata lo è per davvero – forse una delle poche cose in cui si fa sentire il diverso tenore di vita con l'Italia: fino a dicembre 2014, ben l'8,2% (da gennaio solo più il 7,5%) dello stipendio veniva versato in assicurazione: è un bel gruzzolo, e lo è ancora di più pensando che l'azienda contribuisce con un ulteriore 7,5% a provvedere alle spese mediche del dipendente. C'è però il rovescio della medaglia: moltissimi servizi diventano gratuiti, come il dentista (…), le cure omeopatiche, ad esempio. Ed assieme al lavoratore si può assicurare tutto il nucleo familiare: le spese sanitarie per moglie e figli, se disoccupati, vengono coperte da una sola assicurazione. Riepilogando: si paga molto, ma si può ottenere anche molto. Anche un rimborso, nel caso ci si sottoponga a check-up ripetuti per monitorare la propria salute, o nel caso una salute di ferro non richieda spesa alcuna. Tanto per fare un esempio, come premio di tre mesi senza infortuni, incidenti o malattie, ho ricevuto un piccolo assegno di 80 euro. Non male, eh?

Cara assicurazione... (fonte: experto.de)

Ma ciò che ancora di più mi stupisce è la snellezza del servizio. Ad ottobre ci presentiamo alla nostra Krankenkasse facendo richiesta di assicurazione sanitaria. Beh, non sto a dirlo, ma qualcuno che può capire il nostro inglese c'è. L'avremmo trovato in Italia? Non ne sarei così convinto al 100%. Soprattutto colpisce ciò che segue: la procedura è rapidissima, viene richiesta la vecchia tessera sanitaria italiana, assieme a poche informazioni personali e due firme. In dieci minuti sono assicurato. Poche scartoffie, tanta sostanza.
Il paragone con le assicurazioni italiane e tutti i loro incartamenti è imbarazzante. Una tale differenza è un solco veramente ampio in termini di burocrazia e ben illustra il divario che divide Italia e Germania. In Italia i problemi sono innumerevoli, ma uno dei primi da affrontare sarebbe proprio questo: sburocratizzare uffici e istituzioni, per rilanciare positivamente l'umore dei cittadini e la fiducia degli investitori.
Bis bald!
Stefano

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