sabato 11 febbraio 2017

Senza titolo, 09/02/2017

"Michele Angelo ha aspettato alla vigna tutta la notte. Dai e dai quel fazzoletto di terra è diventato un frammento del paradiso terrestre, quando Adamo capì che da soli non si può stare. Terra buona, lavoro serio, innesti giusti ed ecco i grappoli che scoppiano di salute sui tralci. Seduto tra due filari Michele Angelo sta facendo una preghiera e una richiesta. Perché, sta dicendo senza dire, perché? A chi lo chieda non lo sa esattamente. Rognoso come Giobbe, Michele Angelo prende a rinfacciare la sua pena: quale destino ho io? Di non vedere i miei figli crescere, due, due, me li hai già tolti... [...] Michele Angelo in piedi guarda la sua vigna. Lui al funerale non c'è andato, perché ha qualcosa di preciso da fare. E sarebbe che c'ha da chiarire un paio di cose con chi ha precisamente stabilito un percorso tanto terribile per la sua vita. Va bene, va bene tutto, si sta dicendo, guarda che io non ti ho chiesto di avere di più di quello che mi spettava, ma solo quello che mi spettava, solo quello. E tu? Bravo, bravo davvero. Qual è il dolore, questa vigna? Eh? Qual è? Sta gridando, a chi non si sa, o forse si a pensarci bene. Pover'uomo, è straziante solo a vederlo. Come un bue infastidito dalle mosche si sta agitando per togliersi di dosso il dolore che lo assale. È una giornata atroce per fare un funerale. È atroce di smalto puro, come se fosse necessario frugare con lo sguardo fino ai particolari più minuti. Infatti si vede tutto: gli acini gonfi, vetrosi, le foglie di un verde ramarro, i tronchi asciutti e scuri come carne secca. Non è che si può parlare con Dio e contemporaneamente essere costretti a tanta chiarezza, a tanta minuzia. tutto è sensazionale in quel momento, Michele Angelo Chironi sta facendo i conti, sta tirando le somme. E proprio quando pretende ascolto ecco che guarda e sente le cose come non le aveva mai viste e intese, un nastrino rosso che sventola impigliato a un filare, un pezzo di carta che scivola sospinto dalla corrente d'aria, il ruscello poco distante che dice la sua, il battito d'ali di una gazza. Tutto serenamente perfetto. Che quasi viene da pensare che quella perfezione sia già di per sé una risposta definitiva."
Marcello Fois, Stirpe

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