venerdì 31 maggio 2013

Quelli che il martedì sera... Episodio 3, a Rocca Sella sotto il diluvio!

Riciao a tutti!
Ci sono sere in cui si cerca qualcosa che possa far bene per risollevarsi da momenti lavorativi poco piacevoli. Quando è così, spesso mi rifugio nella montagna, quando non hai una persona fidata al tuo fianco è lei la migliore consigliera. Qualsiasi siano le condizioni meteo, come martedí sera a Rocca Sella. Col senno di poi, qualsiasi siano i rischi da correre.
Non è un sentiero difficile quello che da Celle conduce a Rocca Sella. Un lungo tratto in salita, nel bosco. E poi una serie di salti di roccia fino allo sperone alto 1508 metri dal quale si domina la conca di Rubiana
Almeno, in condizioni ottimali non lo è.

Veduta annebbiata da Rocca Sella verso Rubiana, quella di martedì sera

Ritrovo all'uscita della tangenziale, ad Avigliana, e già casca qualche goccia sul parabrezza. Ma ci siamo trovati, tanto vale dare un senso alla serata. E da parte mia, il pensiero (e il desiderio) di divorarsi qualche metro di salita c'è tutto. Lungo la tortuosa salita verso Celle, la pioggia si intensifica e ci costringe a cambiarci nel porticato di una piccola cappella.
La pioggia va e viene ma in generale sembra più che vada invece che venire. Tutto sommato, sono poi circa cinquecento metri di dislivello e ci va poco ad arrivare. In cima c'è una graziosa cappella-rifugio e si intravede anche un bel panorama. Peccato per quel che ci riserva il tempo, da lì si godrebbe di un panorama non da poco. Ma possiamo ritenerci fortunati, fino a quel momento si è vista solo nebbia. Altro che fine maggio, qui sembra di stare a novembre. 
Il tempo per rilassarsi è poco. Ci si raffredda in fretta, con tutta l'acqua che abbiamo preso. E l'idea di tornare al caldo credo sfiori un po' tutti quanti. Sarà la voglia di tornare alle macchine velocemente, o la classica deconcentrazione data da una discesa non complicata, ma la roccia resa viscida dalla pioggia diventa fatale. Sento il tramestio della scivolata, mi giro e vedo Ivano ruzzolare in capriola... ciao ginocchio. Inizialmente ci preoccupiamo per la testa, qualche graffio c'è e dopo una capriola del genere è più che legittimo. Ma è il ginocchio, distorto, ad avere subito i danni peggiori. La discesa è lunghissima, sotto la pioggia, nel fango e nel freddo, ma con buona volontà e grande tenacia di Ivano, si scende a Celle. Il peggio è passato.
Sono ormai le 21, anche i lampioni si accendono. E infuria il diluvio. Ma i nuvoloni dell'animo sono spariti.
Buonanotte a tutti, a presto!
PS. Un grande saluto ed incoraggiamento ad Ivano, che aspetto (ed aspettiamo) sui sentieri di Piemonte e non solo, ovviamente, più agile e forte di prima!
Stefano

giovedì 30 maggio 2013

Quelli che il martedì sera... Episodio 2, Santuario di Santa Cristina

Ciao a tutti,
quando in pianura impazza il maltempo, in un maggio pazzo e assurdo come quello di quest'anno, capita che la montagna (ogni tanto, dal punto di vista meteorologico) regali qualche piccola soddisfazione.
Esattamente come quello del classico appuntamento "trekking del martedì sera" della scorsa settimana, per l'occasione eccezionalmente di mercoledì. Il trasferimento ufficio-punto di partenza è accompagnato, come ormai da molte sere a quella parte, da nuvole assai poco promettenti. Ritrovo a Lanzo Torinese: mezz'ora spesa su Facebook e ViaMichelin la sera prima per capire dove fosse questo il punto in cui riunirsi, e realizzare che ci eri passato davanti poco più di due mesi fa. Va beh...

Foto di gruppo davanti al Santuario di Santa Cristina. Dietro di noi, le vette che circondano la Val d'Ala...

Ceres è il punto di partenza dell'escursione settimanale. Commenti ironici di familiari e amici su questo nome, Ceres. "Ma ci vai a bere una birra, a Ceres?" mi dicono in molti. Per me è un posto totalmente sconosciuto, ma ne avevo già sentito parlare. E non è neanche male come location, a dire il vero.
Dal centro del paese si salgono circa cinquecento metri di dislivello per raggiungere il Santuario di Santa Cristina, lungo un sentiero quasi interamente tra gli alberi. Per dirla alla maniera di Silvia, è una gita che noi abituati a queste cose ci facciamo in meno di un'ora a mo' di sgambatina (o allenamento), ma che può essere una piacevole gita domenicale per le persone meno avvezze all'ambiente montano.

Visuale della Val Grande dal Santuario di Santa Cristina

Colpo d'occhio notevole dal santuario, su Val Grande e Val di Ala. Anche qualche vetta si vede, ma è già più complesso; nonostante ci sia un po' di sole a rallegrare l'atmosfera dei gitanti, rimangono ancora parecchie nuvole. Non mancano la foto di gruppo e la consueta firma sul libro di vetta ("powered by" Silvia). Due chiacchere in allegria, nel mentre che i più lenti del gruppo e gli attardati arrivino alla meta.
Tra la scelta del ristorante per rifocillarsi in compagnia, qualche conversazione su progetti estivi e leggende medievali della zona (dato che lungo il sentiero si incontra la Cappella "degli Appestati"), la discesa scorre veloce, piacevolmente. Nonostante un bel scivolone nel fango: maglia sporca e nient'altro, fortunatamente.

Libro di vetta, 22 maggio 2013

E finalmente, cosa non riuscitami una settimana prima, cena di gruppo a Germagnano, il modo migliore per chiudere in bellezza una serata che ha regalato soddisfazioni! In attesa di giornate più limpide, dislivelli più tosti e montagne più alte. Ma sapendo sempre di avere un'ottima compagnia a camminare con me.
A presto,
Stefano

domenica 26 maggio 2013

Squalo delle nevi

Ciao a tutti!
Il lungo ed incredibile weekend del "mio" Giro d'Italia è finito stanotte alle 4 circa, quarantotto ore intensissime di pura passione per lo sport e per il ciclismo. Che si sono concluse come speravo (da tifoso), con la vittoria di Vincenzo Nibali sul traguardo delle Tre Cime di Lavaredo e con la sua vittoria della 96° edizione del Giro d'Italia. Non si è conclusa in una maniera banale, ma con una delle montagne più dure del mondo, con condizioni climatiche al limite del disumano. Neve e freddo, tifo e passione, montagne straordinarie, la cornice di un'impresa epica.

Una bici bloccata nella neve, immagine simbolica di questa grande giornata di ciclismo

Ieri era il giorno della tappa più affascinante del Giro 2013: da Silandro alle Tre Cime di Lavaredo, con in mezzo Costalunga, San Pellegrino e Giau. Insomma, questo era il classico tappone dolomitico. La neve scesa nel weekend rende impossibile affrontare in discesa questi passi e quindi viene completamente variato il tracciato ma senza annullare i chilometri finali alle Tre Cime. Quelli no, non potevano assolutamente essere cancellati.

Il trionfatore di tappa e del Giro: Vincenzo Nibali conquista le Tre Cime di Lavaredo in maglia rosa

L'avventura inizia da Auronzo di Cadore, dove la navetta ci porta a Misurina, quella che è una frazione di Auronzo (e io che pensavo fosse un comune) dove iniziano gli ultimi sette chilometri che conducono alle Tre Cime, la perla delle Dolomiti Bellunesi. Il viaggio in navetta me lo dormo (e Davide ben sa come mi piace sonnellare durante i trasferimenti con mezzi motorizzati) ma all'arrivo a Misurina ci si sveglia velocemente. E non potrebbe essere altrimenti.

L'arrivo della ventesima tappa del Giro 2013

Uno spettacolo del genere, sinceramente, non l'avevo ancora mai vissuto, per di più a maggio: scendiamo dalla navetta ed è in corso una vera e propria bufera di neve. Il lago di Misurina è attorniato da boschi, completamente imbiancati. Ma la gente è veramente tanta. Chi l'avrebbe mai detto... io e Davide ce lo dicevamo durante la sera precedente: non ci sarà tanta gente, viste le previsioni meteo, il gelo che attanaglia il Nord Italia e la quota altimetrica al traguardo, più di 2300 metri. E invece: navetta stracolma, il parcheggio in riva al lago strapieno di camper, gazebo ad alto tasso alcolico sparsi qua e là. Il grande popolo del ciclismo risponde sempre "Presente!", anche nelle condizioni più difficili. Se non lo può fare il sole, ci pensano i tifosi a scaldare gambe e cuore di questi fantastici ragazzi.

Ecco come si presentavano Misurina e il suo lago al nostro arrivo ieri, alle 10...

Il tifo ciclistico non tradisce, anche qui alle Tre Cime. Tantissimi in bici da corsa o in mountain bike, tende montate sotto gli alberi a Misurina, gazebo lungo i micidiali tornanti della salita alle Tre Cime, tifosi impegnati a scaldarsi e scaldare la tifoseria a colpi (e bicchieri) di vin brulè, gente anche in pantaloncini corti, anziani che raggiungono la linea d'arrivo a piedi, da Calalzo di Cadore! Questo è ciò che anima il tifo del ciclismo, è l'immancabile folklore del grande ciclismo!

Io e Davide sotto il triangolo rosso dell'ultimo chilometro

La salita è veramente terrificante. Dal cartello di inizio salita vi è un leggero tratto in falsopiano, poi inizia il primo di tratto di rampe. Salita circondata da alberi imbiancati, tosta ma non impossibile, secondo me. Poi spiana e c'è anche una piccola discesa, in corrispondenza della zona dove è collocato il casello del pedaggio per la strada panoramica alle Tre Cime di Lavaredo. Poche centinaia di metri dopo la salita torna durissima, arcigna, e le pendenze ritornano elevate. Un passaggio a 2500 metri dall'arrivo è emblematico, un doppio tornante impressionante, probabilmente si tocca qui il 19% di pendenza. Non mi sembrava così dura quando la percorsi in macchina. Dopodichè, le pendenze non scendono più sotto il 10%, e anch'io me ne accorgo. Sudo e ho anche un po' di fiatone. I cartelli che scandiscono i metri che mancano all'arrivo sembrano infiniti e non arrivare più.
Quando poi vedi i ciclisti che vengono su a zig zag, allora è chiaro, la salita è di quelle che tagliano in due le gambe.

Il Rifugio Auronzo avvolto dal maltempo; dietro, le Tre Cime di Lavaredo


Non mi aspettavo di vederle, le Tre Cime di Lavaredo, da Misurina. Ci speravo un po' di più, salendo lungo la strada. Macchè, la nebbia copre tutto. Pure il Rifugio Auronzo, in cui è stata collocata la sala stampa è avvolto dal maltempo e ai 400 metri dall'arrivo sembra una piccola casetta indifesa dalla bufera.
Un miraggio, quasi, per chi come noi ha salito circa otto chilometri nella tormenta, camminato più di due ore, per poter poter veder passare i corridori. In un'istante, o poco più.

Una maschera di fatica copre il volto del grande combattente australiano Cadel Evans, vincitore del Tour 2011

La salita, da fare a piedi è dura, ma è piacevole perchè è l'unica maniera per chi come me e Davide, non fa parte del giro ma è semplice tifoso, per capire ed entrare in questo mondo. I tifosi, l'organizzazione, gli amatori, i giornalisti, la logistica. E una volta giunti all'arrivo, la foto di rito assieme al mio compare di avventura è d'obbligo (vedi post di ieri).
Il RIfugio Auronzo è adibito a sala stampa, ma è stato montato un tendone a fianco. Lì viene dato ristoro a tifosi, volontari, ed anche ai bravissimi alpini che badano alla sicurezza del pubblico presente sulle strade del Giro. L'odore di vin brulè e il calore sprigionato dalla preparazione dei panini ravviva l'atmosfera. Fa caldo, fortunatamente, lì dentro. Possiamo mangiare e asciugarci, in vista dei momenti che verranno. Ci saranno ancora parecchie ore da trascorrere al freddo.

Ecco il tendone allestito di fianco al Rifugio Auronzo

Poco prima delle 15 usciamo dal tendone. Insperatamente, c'è un piccolo spiraglio di sole. E si intravedono le pareti sud nelle Tre Cime di Lavaredo: è la quarta volta qui per me, ma è sempre un grande piacere essere l, vicini a queste rocce. Qualche foto, poi scegliamo la posizione migliore per seguire la corsa e la troviamo sotto il cartello che indica i cinquanta metri all'arrivo. Il meteo inizia però ben presto a peggiorare.
Il tempo passa sempre velocemente in quel momento, anche se mancano ancora due ore all'arrivo dei ciclisti. Gli speaker animano l'attesa dell'arrivo dei corridori, non senza uscite al limite dell'imbecillità. Ma alla fine ci si diverte. La festa è qui, anche sotto zero, grazie agli speaker che raccontano la situazione in corsa e agli sponsor che elargiscono gadget.

 
Presente alle Tre Cime: davanti al Rifugio Auronzo e nel tendone-ristoro a fianco

Il momento di massimo casino è però l'incitamento finale ad un grande campione, Luca Panichi. Lui è un ex ciclista, anche di grande talento e prospettiva, ora costretto alla sedia a rotelle. Ogni anno tenta di percorrere una grande salita del Giro d'Italia con il solo ausilio della sua carrozzina e delle sue braccia. Quest'anno è la volta delle Tre Cime. Gli ultimi metri per lui sono infiniti, disperati, ogni due metri è fermo, le rotelle scivolano in continuazione. Ma a 2300 metri c'è un grande popolo generoso, quello del ciclismo, che lo aiuta a concludere questo trionfo, non inferiore a quello della tappa del Giro d'Italia.

La voiture-ballée, la macchina di fine corsa: la neve copre quasi competamente la scritta "Fine corsa ciclistica"


La corsa è avvincente, come è sempre sulle strade dolomitiche. Gli animi sono accesi, ma la folla esplode in un boato alla notizia che buona parte della tifoseria sta aspettando: a tre chilometri dall'arrivo scatta la maglia rosa, scatta lo "Squalo" di Messina, Vincenzo Nibali. E fa il vuoto. Il popolo della strada, della bici e della passione è tutto per lui, per questo ciclista siciliano che trova la sua consacrazione nelle Dolomiti.
Lo speaker continua a raccontare le gesta di questo grande campione fino al suo arrivo, nella bufera. Che lo rende grande e lo incorona leggenda, proprio come Eddy Merckx, che proprio qui, nel 1968, nella tormenta di neve, vinse tappa e conquistò la maglia rosa.
L'idea dell'impresa la descrive alla perfezione Fabio Disingrini su Eurosport: "La neve tutta intorno, un muro bianco sotto i tubolari, il potere e la gloria: Nibali ex machina, Nibali dogma rosa, Nibali primo sull'ultimo arrivo in salita, quello epico delle Tre Cime di Lavaredo che nel 1968 incoronò Eddy Merckx e oggi cinge Vincenzo Nibali, il re del Giro d'Italia 2013. Tre chilometri di pendenze assolute per frantumare le ultime resistenze degli ultimi attaccanti e degli ultimi avversari della generale. La maglia rosa si prende la scena sul traguardo dolomitico per l'assolo più bello, il capolavoro in rosa."
Piccola nota: può essere un caso, ma proprio all'arrivo dei corridori la bufera si intensifica. Pure le mie dita si congelano velocemente in quei momenti.

La fatica unisce tutti, anche i corridori: splendido abbraccio all'arrivo, tra Paolo Tiralongo e Giampaolo Caruso


Il ritorno nella bufera, mentre ancora sfilavano gli ultimi corridori, quelli che nel gergo ciclistico fanno "gruppetto" è una lunga carovana che torna a casa, felice. Dopo lunghe ore di fatica e rapidi istanti di gioia è impressionante cercare di comprendere il perchè di questa passione, negli occhi dei tifosi che infreddoliti e stanchi scendono verso Misurina. Io, detto sinceramente, non lo capisco ancora adesso. E quando lo chiedo a me stesso, non so ancora darmi una risposta. Bellissime le parole pronunciate oggi dal direttore de La Gazzetta dello Sport, Andrea Monti al Processo alla tappa: "Quale altra partita di calcio avrebbe portato a 2300 metri migliaia di tifosi?".

Ciò che è stato possibile vedere ieri delle Tre Cime di Lavaredo

Siamo a Misurina alle 19, riprendiamo la navetta, e stipati come ebrei verso un lager nazista, torniamo ad Auronzo, infreddoliti ma con l'animo in festa. Ci cambiamo, rifornimento di benzina a Longarone, rifornimento alimentare al primo autogrill della Venezia-Belluno e poi un lungo viaggio fino a casa. Grazie a Davide, compare di trasferta, per la compagnia, il divertimento che mi ha regalato e la disponibilità ad affrontare con me questo piccolo sogno ciclistico. Senza di lui, ovviamente, non sarebbe stata la stessa cosa.
Prima di salutarvi, un doveroso grazie a tutti coloro che alle Tre Cime di Lavaredo hanno reso possibile questa magica e leggendaria pagina di grande ciclismo. Di quelle che, a distanza di anni, ne sono sicuro, sapranno ancora farmi commuovere.
Ciao a tutti e a presto!
Stefano

sabato 25 maggio 2013

Se ti mancano le energie te ne torni endrio!

Ciao a tutti!
Oggi, semplicemente leggenda.

Dopo poco più di due ore di camminata, anche il traguardo alle Tre Cime di Lavaredo è raggiunto
Nessun altra parola esprime meglio il senso della giornata di oggi, che stiamo vivendo nella cornice di neve e nebbia alle Tre Cime di Lavaredo. Mai banale, questa montagna. Non lo sarà neanche oggi, i corridori che su questa terrificante asperità si daranno battaglia, e i tifosi ad applaudirli, daranno vita ad uno show unico al mondo. Che solo il Giro d'Italia, la corsa più dura al mondo nel paese più bello del mondo, può assicurare.

Il percorso nuovo della ventesima tappa, da Silandro alle Tre Cime

Ovviamente approfondirò la giornata di oggi in un post successivo, ma la salita alle Tre Cime è stata unica: sette chilometri nella bufera di neve, nel freddo, ma circondati dal calore dell'incontenibile tifo (e del vin brulè). Ingredienti che sono una garanzia: la grande storia del grande ciclismo si scrive qui, alle Tre Cime di Lavaredo!
A presto (e buona tappa)!
Stefano

venerdì 24 maggio 2013

Gelo d'Italia

Ciao a tutti!
Giornata pazzesca, quella di oggi. Il Giro d'Italia, specie quando arriva in montagna, regala sorprese senza soluzione di continuità. Vi giuro, erano passati tre minuti dalla pubblicazione dell'ultimo post, quando compare l'annuncio ufficiale dell'organizzazione "A causa delle condizioni climatiche avverse e la presenza di neve su tutto il percorso di gara, la tappa di oggi (tappa 19, Ponte di Legno-Val Martello) è annullata."

W il Giro...ma se il Giro non parte???


Eravamo poco oltre Edolo, a pochi chilometri da Ponte di Legno. Beh, che dire. Un po' di delusione c'è stata, ma eravamo svegli dalle 4 per essere lì, ormai dovevamo andarci. E dovevamo anche incontrarla, la neve sulla strada. Ponte di Legno è un mesto paese al nostro arrivo. Qualche macchina dell'organizzazione e del servizio corsa attraversa la SS42 e le vie della cittadina scelta come partenza della diciannovesima tappa; i volontari ci danno (non senza un briciolo di tristezza) qualche dettaglio in più. Neve sul Tonale nella notte, troppo pericolosa la discesa; neve anche sul Castrin e in Val Martello, oltre ovviamente a temperature polari. Si vocifera di una partenza in Trentino, ma è una più che flebile speranza, ben presto svanita nel gelo.
Non ci resta che fare un giro per Ponte di Legno. Troviamo riparo in un bar in posizione centralissima, dove una cioccolata calda risulta essere il miglior modo per digerire la delusione. Non siamo i soli ad essere delusi, anche il barista è incazzato. Anche troppo, date le sue scocciate risposte alle nostre innocenti domande sui fatti concernenti l'annullamento della tappa. "Ah, tanto la tappa l'annullano anche domani!"... "Solito lombardo presuntuoso", penso.

La bufera imperversa lungo la salita al Tonale

Già che ci siamo, non perdiamo occasione per farci un giro per vedere che ne resta del villaggio allestito per la partenza. E ci troviamo qualche bella sorpresa. A parte la presenza dei "cagnas" del Giro, Vegni e Acquarone, in compagnia di giornalisti ed opinionisti, facili prede della macchina fotografica di Davide, ho un'occasione unica: diventare un corridore vero per qualche secondo. Lo stand allestito per le firme dei corridori al via è sguarnito, l'occasione è invitante. Salgo e faccio finta di firmare, come fanno ogni giorno al via della tappa tutti i ciclisti: altissimo momento di stupidità.

Momento "top" della giornata: al libro firma!

Non ha molto senso fermarsi ancora a Ponte di Legno, l'aria che tira (oltre al ventaccio gelido) è quella dello sbaraccamento. E decidiamo quindi di partire. La strada è ancora lunga, c'è da raggiungere Auronzo di Cadore. E ci separa il Tonale, più centinaia di chilometri su strade tutt'altro che rettilinee.
Cominciamo il trasferimento a mezzogiorno, sotto la bufera di neve. Incredibile, è il 24 maggio, ma sembra gennaio. La salita del Passo del Tonale è infinita, ma regala uno scenario tra i più suggestivi da me mai visti prima. Non ci si crede, è tutto bianco attorno a noi e si sale a 20 km/h. E si riflette sulle condizioni che avrebbero trovato i corridori. Forse è stato meglio così, che il destino della tappa sia stato questo: condizioni eccezionali richiedono misure eccezionali.

Condizioni al limite della praticabilità in cima al Passo del Tonale, al confine tra le province di Brescia e Trento

Il viaggio è eterno: Val di Sole, Valle dell'Adige, Val Sugana, Valle del Piave. Ed è quasi costantemente accompagnato dalla pioggia. Tra un sonnellino e l'altro ci scappa qualche panorama di rilievo, specie sui vigneti che coprono la valle dell'Adige sopra Trento, o sui numerosi laghi che capita di affiancare in auto. Trentino-Alto Adige e Veneto non deludono, mai, neanche sotto il diluvio. Ah, il fascino della montagna. Duecento chilometri e anche più, credo, sono tanti. E con Davide con manca mai l'occasione di sparare qualche stronzata incredibile, o di sentire battute al limite del ridicolo, del tipo "Ma Feltre è il paese di Vittorio Feltri?" o "Al Lago di Caldonazzo andiamo a trovare Nathalie?". Mi fermo qua, non indugio oltre. Queste me le sono segnate in quanto... erano troppo per le mie orecchie.
Sono le 18 circa quando arriviamo ad Auronzo di Cadore, finalmente. Che significa riposo e cibo. Domani è il giorno della tappa più bella. O meglio, quella che avrebbe dovuto essere la tappa più bella: il percorso (vedi post di martedì 21 maggio) è stato modificato a causa del persistere di condizioni meteo inclementi: via Costalunga, San Pellegrino e soprattutto Giau. Meno male che l'arrivo alle Tre Cime di Lavaredo (per ora) è invariato. Altrimenti che ci siamo venuti a fare fin qui?
Buonanotte, a domani!
Stefano

Weekend da tregenda

Ciao a tutti!
Il weekend del Giro d'Italia è cominciato qualche ora fa. E come spesso accade quando ci si muove in maggio per la corsa rosa, anche in questo caso la trasferta è funestata dal maltempo. La pioggia ci sta accompagnando già da Novara. E non finisce qui: le cime che attorniano la Val Camonica appaiono imbiancate. Dobbiamo rassegnarci, a Ponte di Legno (dove ci apprestiamo a dirigerci per la partenza della diciannovesima tappa con arrivo in Val Martello) ci sarà la neve.

Pausa pipì per Cadel Evans

Ciò non potrà fermare il gusto dell'emozione che si vive ogni volta che sei lì, a vedere i corridori, questi ragazzi che in tre settimane percorrono più di tremila chilometri su e giù per l'Italia. Il Giro non è una semplice corsa ciclistica o una manifestazione sportiva e basta. È molto di più. È festa, è gioia, è vittoria, è una lunga serie di sensazioni che solo vivendole è possibile percepire pienamente. Un'idea? Osservate le foto che seguono (tratte dalla pagina Facebook del Giro d'Italia) e forse potrete intuire...
A presto e... W il Giro!
Stefano

A 36 anni, al debutto al Giro, Luca Paolini si prende tappa e maglia all'arrivo di Marina di Ascea

Non manca mai il pubblico a bordo strada...

Dopo la vittoria nella cronoscalata di Polsa, difficilmente qualcuno riuscirà a strappare la rosa a Vincenzo Nibali

Il Giro d'Italia attraversa ogni tipo di località...

Un incredulo Adam Hansen all'arrivo di Pescara, sotto la pioggia battente

Sfiniti: da sinistra a destra, Rigoberto Uran Uran, Michele Scarponi, Cadel Evans e Vincenzo Nibali sul Galibier

Tra le vigne...

A braccia alzate tra la neve, il ritorno di un grande campione: Giovanni Visconti trionfa sul Galibier

Mark Cavendish rende onore a Wouter Weylandt, scomparso due anni or sono al Giro d'Italia

Tutti in fila sotto la pioggia

Nessuna maglia, nessuna nazione...

Rigoberto Uran Uran in azione sulla salita del Montasio

Neanche la neve può fermare il "peloton"

Lo spettacolo della cronosquadre

martedì 21 maggio 2013

Sulle scie di Merckx e Baronchelli

Ciao a tutti!
Maggio: per me, da sei anni a questa parte, questo mese vuol dire Giro d'Italia. Siamo giunti all'edizione 96, quest'anno. Un piccolo assaggio di emozioni ciclistiche "in rosa" l'ho vissuto sabato a Moretta, dove ha transitato la tappa Cherasco-Bardonecchia/Monte Jafferau. Il bello però deve ancora venire: nel weekend si svolgeranno i tapponi di alta montagna, quelli tra le arcigne cime lombarde o le rocce bianche delle Dolomiti. Quelli che, normalmente, decidono l'esito della corsa rosa.

L'inconfondibile profilo delle Tre Cime di Lavaredo. Foto di archivio, 4 luglio 2011

Ci sono posti che scrivono la storia del ciclismo. E rimangono impressi nei ricordi dei tifosi e degli appassionati di questo sport. Da sabato, potrò dire (speriamo, facciamo gli scongiuri viste le inclementi previsioni meteo) di aver aggiunto un'altra salita storica alla collezione personale di grandi montagne del ciclismo. Dopo il Passo del Mortirolo, il Passo del Tonale, il Monte Zoncolan, il Rifugio Gardeccia e il Colle delle Finestre al Giro d'Italia, Tignes, l'Alpe-D'Huez, il Mont Ventoux, il Col de la Madeleine e il Col du Galibier al Tour de France, è giunta l'ora di un'altra montagna da leggenda: la salita alle Tre Cime di Lavaredo.
Che dire, questo è un nome che tutti, e parlo per gli italiani, hanno sentito una volta nella vita. Chi per le imprese alpinistiche di Comici e Cassin, chi perchè è il simbolo delle Dolomiti, "patrimonio mondiale dell'umanità", chi perchè vede il loro profilo mozzafiato in quasi tutte le copertine delle guide turistiche delle Dolomiti. Chi perchè sono semplicemente montagne che fanno sognare.

Giro 1968, si scrive la leggenda: alle Tre Cime, sotto la neve, Eddy Merckx conquista tappa e maglia rosa

Ciclisticamente parlando, è una salita micidiale. Inizia a Misurina e si estende per poco meno di 7 chilometri, per una pendenza media del 7.9%. Ma sono gli ultimi quattro chilometri, che portano i corridori alle pendici delle Tre Cime e al famoso Rifugio Auronzo, ad essere terribili: la pendenza media supera il 12% con tratti del 19%. Eddy Merckx stesso, "il Cannibale", la definì come la più dura salita da lui mai affrontata in carriera. Come se non bastasse, prima della salita finale, sempre meteo permettendo, i corridori avranno già superato i passi Costalunga, San Pellegrino, Giau e Tre Croci: è questo il tappone dolomitico che definirà in ultima istanza la classifica finale e decreterà il vincitore di quest'edizione del Giro d'Italia.

Profilo altrimetrico della ventesima tappa del 96°Giro d'Italia: da Silandro alle Tre Cime di Lavaredo

Aspettiamo dunque sabato di sapere (probabilmente sotto una nevicata) chi sarà l'erede di Felice Gimondi, Eddy Merckx, Josè Manuel Fuente, Beat Breu, Luis Herrera e Riccardo Riccò, rispettivamente vincitori delle tappe conclusasi alle Tre Cime nel 1967, 1968, 1974, 1981, 1989 e 2007*.
Aspettiamo, impazienti, di sapere chi continuerà a scrivere l'infinita storia che solo queste aguzze vette sanno regalare agli appassionati della montagna e del ciclismo.
Buona notte,
Stefano

* informazioni tratte da Wikipedia

domenica 19 maggio 2013

Percepire la montagna

"L'esistenza su una montagna è semplice. È raro che la vita sia più semplice: sopravvivenza, più la lotta per arrivare sulla vetta. La meta è massiccia, tridimensionale - la puoi vedere, toccare, ci puoi stare in piedi sopra - la strada per ragiungerla è ben definita, l'energia di tutti è rivolta verso il compimento della missione. È quella semplicità che spoglia la civiltà della sua maschera e che rende più facile trovare ciò che è davvero importante: il piacere di un cameratismo profondo, momenti di umorismo disinibito, lo sperimentare le privazioni, il dolore, la bellezza, la gioia."
Tom Hornbein, Everest: The West ridge

Tre giganti dell'Himalaya: da sinistra Everest, Lhotse e Makalu.

sabato 18 maggio 2013

Quelli che il martedì sera... Episodio 1, Colle della Portia

Ciao a tutti.
Uno strano brivido mi percorre quando, ogni anno, rispolvero gli scarponi dallo scaffale in garage. I compagni di tante avventure. Bellissime esperienze, in Valle d'Aosta e in Dolomiti. E sulle montagne piemontesi, mai belle ed amate come quelle valdostane o dolomitiche, ma alle quali sono affezionato. Prendi gli scarponi, li metti vicino alle bacchette ed allo zaino. Il giorno dopo, li caricherai in macchina e inizieranno ad accompagnarti verso nuove mete, nuove cime e nuovi sentieri.
È dunque venuta l’ora del ritorno in montagna, di ricominciare l'attività escursionistica in vista delle avventure estive. Una foto condivisa la scorsa settimana su Facebook da Silvia, e mi giunge alla mente che un gruppo di escursionisti del CAI Uget si ritrova tutti i martedì sera nei pressi di Torino per affrontare delle escursioni serali. Al fine di mettersi in forma per l'estate. E per staccare dal solito tran-tran di tutti i giorni, tra continue discussioni a lavoro e l'assillante stress da ufficio.

Ai 1328 metri del Colle della Portia

E allora, alle 17.15 si striscia il badge e si scappa in direzione Val Della Torre (piccolo centro abitato a 20 chilometri a Torino), dove tra l'altro non ero mai stato, questo nome mi è giunto così, per sentito dire in passato. L'acquazzone centrato a Rivoli non è beneaugurante per l'esordio del martedì sera, ma all'appuntamento mi faccio trovare. Praticamente mancavo solo più io all'appello del gruppetto, composto da una decina di escursionisti, pronto per salire su al Colle della Portia, un naturale spartiacque tra la Val Casternone e la Val di Viù.
La salita è bella, costante. In pratica, neanche bagnata. Miracolati dal meteo, ci sono nuvoloni ovunque, ma non c'è pioggia che ci disturbi e, chi con il passo veloce e chi con il passo lento, tutti quanti arriviamo tranquillamente (o quasi... giusto, Silvia?) alla meta di serata. Le nubi coprono la visuale della quale si potrebbe godere dal Colle della Portia, ma va bene ugualmente. Sensazioni positive da questa escursione; nonostante il lavoro duro fatto in palestra il giorno prima, salire 500 metri di dislivello in quarantacinque minuti circa non è male.
Il tempo per rifiatare un pochino e rifocillarsi, una firma sul quaderno nella cappella-rifugio posta sullo spiazzo del colle e giù verso le macchine. In cui riscopro, dopo molto tempo, il gusto della discesa in compagnia. Per me, abituato a camminare in solitudine, percepire il diletto del confrontarsi lungo il percorso, riguardo la bellezza di talune montagne piuttosto che sulle proprie esperienze di vita, beh... vale "il prezzo del biglietto". Anche se ceni alle 22, anche se arrivi stanco e domani ti tocca ricominciare.
Vale la pena. Sempre.
A presto,
Stefano

sabato 11 maggio 2013

Voglia straripante di montagna

"Sempre più desideroso di scalare i monti, guardare le punte più ardite, provare quella gioia pura che solo in montagna si ha."
Beato Pier Giorgio Frassati

La Marmolada e il Gran Vernel visti da Porta Vescovo. Foto di archivio, 3 luglio 2011.

venerdì 10 maggio 2013

Quota 15000 visite: ghiacciaio del Lys

Ciao a tutti!
Ci siamo, grazie a tutti voi, oggi il blog tocca 15000 visite. Ogni tanto non mi sembra possibile che sia stato toccato questo traguardo. E allora, come esattamente fatto due mesi fa circa, per il "traguardo" delle 10000 visite, vi regalo una foto di montagna, proveniente dal mio archivio fotografico. Mi pare una bella abitudine, secondo me, inserire ogni tanto qualche foto di montagna, in grado di riconciliarci con la natura.

Il ghiacciaio del Lys visto dall'Alta Luce (Hochlicht). Foto di archivio, 20 agosto 2011.

Anche perchè dopo un po' le foto di maratone e mezze maratone stufano. Sono tutte uguali...
A presto,
Stefano

giovedì 9 maggio 2013

Nemo propheta in patria

Ciao a tutti,
nell'ultimo weekend c'è stato solo spazio per i festeggiamenti della vittoria in campionato della Juventus: è stato anche tempo di corse, tempo di mezza maratona. Già, La Mezza di Varenne. Non è andata come speravo, purtroppo. Partivo per fare un tempo finale tra 1h27' e 1h28' netti ma sono arrivato ben lontano dall'aspettativa.

Lo sguardo è felice e rilassato,  ma siamo solo all'undicesimo chilometro...


Il tempo finale, come già accennato nel post in cui ho comunicato il risultato della corsa è di 1.33.09: decisamente alto, ma ciò non mi ha impedito di chiudere la mezza maratona in 213esima posizione assoluta (su 776 partecipanti arrivati al traguardo), 203esimo tra gli uomini e addirittura ottavo di categoria. La classifica, tutto sommato, non è male. Il tempo finale, invece non mi soddisfa per niente.

Ore 9.30 lo start da Piazza Clemente Corte

Procediamo con ordine nel racconto di quanto avvenuto domenica. Mi alzo con le nuvole, arrivo a Vigone con il sole. E che sole: splendente, come nelle migliori giornate di primavera. Sono contento, negli ultimi due mesi avevo già corso troppe volte, in gara e in allenamento, con la pioggia. Due parole con qualche collega che di lì a poco avrebbe condiviso con me la fatica dei ventuno chilometri; qualche parola con Cico, il collega dei miei primi anni lavorativi nonché mentore; qualche saluto, a Vigone conosco parecchie persone; il solito stretching, il solito riscaldamento.
Poi ci si schiera, e già in quel momento inizio a percepire il clima che si respirerà in corsa: caldo, caldissimo. Assiepati sulla linea di partenza, il sole riscalda i corpi già "roventi" dei runner. Specie quando si è fermi, in attesa dello sparo, in attesa che la presentazione degli atleti più forti iscritti alla manifestazione termini. Specie quando si ascolta in silenzio l'inno italiano: una bella iniziativa, non c'è che dire, ma obiettivamente in quel momento credo che fregasse poco a tutti.

Al villaggio-corsa, un'ora prima della partenza.

Alla partenza ottime sensazioni. Corro a 4'-4'05''/km, un ottimo ritmo e anche senza troppi problemi. Tutto fila liscio, ben oltre le aspettative. Le sensazioni in corsa sono ottime, il presagio è quello di star correndo una ottima gara. Il ritmo da mantenere per migliorare il personale è di 4'12''/km, per scendere sotto 1h28' devo restare sotto 4'10''/km. E questo mantengo per tutta la prima parte di gara. Il primo passaggio a Vigone è arricchito dalle grida di incoraggiamento dei miei amici in pieno "Piccinini-style", una bella spinta per chiudere il primo giro (posto dopo 11.5 km) in 47'43''. Mantenendo lo stesso ritmo, si chiude a 1h27'32''. Va bene, per ora.

E all'arrivo, dove mostro fiero la "medaglia" tra i miei genitori


Poco dopo succede l'imprevedibile o meglio, qualcosa che non mi era mai successo prima in gara. Un piccolo fastidio al polpaccio, o al tendine del polpaccio (precisamente non lo so). E pian piano mi accorgo di non essere più in grado di dare giusta spinta all'azione, il muscolo fa male. Ogni volta che tento di accelerare lo sento come bloccato, duro. Guardo il cronometro e mi accorgo che il ritmo sul giro si alza, inesorabilmente. Nel momento in cui provo, con un impeto di orgoglio, ad accelerare, devo immediatamente desistere dal mio intento e rallento. Nel momento in cui vedo che il mio passo sale oltre 4'25'' decido che è inutile forzare rischiando di peggiorare la situazione. "Andiamo tranquilli fino alla fine concludendo dignitosamente", penso. Non mi fermo, non sia mai detto, ma continuo regolare e tranquillo cercando di non soffrire più del dovuto. Dentro di me mi sono sentito molto incazzato, speravo di fare bene (comunque meglio di come è andata) di fronte ai miei sostenitori. Ma allo stesso tempo va bene. Ho finito la mia sesta mezza maratona, l'ho conclusa dignitosamente. E ho accumulato esperienza.

Fase-reintegro sali minerali, divertito...

Già, perchè questo lieve infortunio mi ha dato consapevolezza delle mie capacità e dei miei limiti. Non posso dire con certezza quale sia la causa alla quale attribuire l'infortunio. L'alimentazione? Non credo. Il caldo? Difficile, sarebbero stati altri gli effetti collaterali, suppongo; e i rifornimenti non li ho saltati, neanche uno. Tendo a pensare che il riposo dopo la maratona di Barcellona sia stato insufficiente. Subito dopo, una settimana per la precisione, ero di nuovo in gara, e non mi sono risparmiato. Dopodiché, un'altra settimana di tranquillità e di nuovo via con allenamenti tosti ed intensi. Probabilmente avrei dovuto staccare un pochino di più per puntare a certi obiettivi. Ho forzato, oltre le mie possibilità, quasi certamente. E ho pagato.
Nascono da questa riflessione i programmi futuri. Fino ad autunno, stop con le corse, intese come gare di una certa difficoltà (maratone e mezze maratone, o corse in altura). Farò qualche corsa serale, senza strafare. Ed allenamenti nella maniera che più prediligo, quella che io definisco "selvaggia", senza tabelle da seguire o cronometri da sorvegliare. E si inizia a preparare il programma estivo. Che non è fatto (e spero non sia mai) da corse, ripetute e centinaia di chilometri da macinare correndo, ma da vette, sentieri, metri di dislivello da coprire, montagne e panorami unici.

Al rifornimento dei 10 km


Una nota a parte sulla corsa di domenica: il caldo. Personalmente non l'ho percepito così asfissiante come molti l'hanno descritto, credo che avrei chiuso con un ottimo tempo sicuramente, senza il "fatal problema". Ma, vedendo podisti accasciarsi (coscientemente, per fortuna) a terra lungo il percorso, osservando squadre della CRI correre a bordo strada e sentendo le notizie dopo la corsa riguardo un'intervento dell'elisoccorso a fine gara, causa arresto cardiaco di un partecipante, forse caldo lo era davvero...
Termino il post con qualche ringraziamento: in primis a tutti gli amici che sono venuti a Vigone per sostenermi lungo i 21 chilometri, Alberto, Daniele, Davide, Elisa, Viviana, alla mia famiglia e ai miei soci di palestra Sandra e Filippo. Ringrazio ulteriormente Davide, Elisa, Sandra e Cico, è grazie a loro che ho potuto pubblicare le foto che vedete nel post.
A presto,
Stefano

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