martedì 16 settembre 2014

Un commiato

Ciao a tutti!
Metabolizzare una partenza come quella che mi attende fra pochi giorni non è proprio cosa facile facile. Lo è ancora di più quando ciò che ti trovi a salutare è qualcosa che direttamente o indirettamente ha circondato quasi ogni attimo della tua vita. Parlo delle mie montagne, quelle che per anni ho avuto il privilegio di ammirare dal balcone di casa, da strade percorse ogni giorno e da ripidi sentieri. Volevo accomiatarmi da esse in maniera un po'... speciale. Facendo qualcosa di speciale. C'erano tante opzioni, ma alla fine ho scelto di camminare ancora una volta tra i monti della Val Pellice. Non un trekking normale, ma il giro dei rifugi della Val Pellice.

Quale strada, quale direzione...

Questo è un trekking ad anello che ricalca in parte il percorso del trail con partenza ed arrivo a Bobbio Pellice, una classica per gli appassionati piemontesi di skyrunning. Ci sono diverse possibilità di percorso. Quello scelto da me ha come sede di partenza al Rifugio Barbara Lowrie, dunque subito la salita secca al Colle Manzol e la conseguente discesa verso la Conca del Prà, passando di fronte al Rifugio Granero. All'altezza del Rifugio Jervis riparte la salita, la seconda del giorno, per il Colle Barant dove sorge il quarto ed omonimo rifugio sul percorso. Poi discesa fino al Rifugio Barbara.

Alba dal Rifugio Barbara

Non sapendo bene quanto potrebbe essere lungo questo trekking (fattibilissimo in giornata), opto per una levataccia ben prima dell'alba. In modo da vederla già al Barbara, l'alba. Quando parcheggio la mia auto al termine della tortuosissima strada che porta nei pressi del Barbara, i colori sono già decisamente rossastri. Di lì a poco sarà giorno, e Pian Fons, dove sorge il Barbara, e tutto di fronte a me. La salita inizia subito secca, quasi sempre molto dura. Qualche tratto facile c'è, ma non sono molti i passaggi in cui prendere fiato. Io, ovviamente, non mi risparmio. Dopo la deviazione che condurrebbe in direzione Valle Po, si trova anche qualche tratto con le catene: più una comodità che una necessità. Dopo circa un'ora e mezza sono già in cima al Colle Manzol, il punto più alto del trekking. Gran panorama, e un lago più in basso. La prima salita è andata.

Il sentiero verso il Colle Manzol

Inizio la discesa di gran carriera, tra i fischi delle marmotte e lo specchio verdastro del Lago Nero più in basso. C'è un po' di malinconia in questa discesa. L'erba non è più verde come a giugno, segno inconfondibile che l'autunno è sempre più vicino. E la mia personale malinconia fa il resto. Anche al Rifugio Granero, a pochi minuti dal colle, sembra deserto. Settembre non è più tempo di affari e si vede. Nessuno affolla l'ingresso del rifugio e anche lungo la discesa sono pochi gli escursionisti che incrocio e che provano a salire su.

Il piccolo Lago Nero dal Colle Manzol

La discesa regala una meravigliosa visuale sulla Conca del Prà, una delle mete più amate dai valligiani e non solo. Un anfiteatro di roccia che culmina col Monte Granero che circoscrive una sterminata prateria attraversata dalle prime centinaia di metri del torrente Pellice: uno vero spettacolo di natura ed estetica. Me lo guardo a lungo, perché sarà un'immagine che per molto tempo i miei occhi potranno scordare. Dovrò tenermela a memoria nella mia testa, o guardare le fotografie, fra poco.

Il percorso del tour dei rifugi della Val Pellice, con altimetria

La discesa giunge al termine e qui ha inizio una bella passeggiata di piacere lungo la Conca del Prà. Panorami già visti tante volte, con gli amici, con mio papà, da solo. Sotto il sole o con la neve che tutto copre. Nient'altro che relax, per le gambe e per l'animo.

Splendore e magnificenza: la Conca del Prà

Poco prima del Rifugio Jervis, si gira a destra per imboccare la carrozzabile verso il Colle Barant. Ampia carreggiata, e numerose mountain bike in picchiata verso il Jervis. La salita non sale erta come sul Manzol, ma assai più dolcemente. A scapito del chilometraggio. Tornante dopo tornante si risale di quota. Quando si esce dal bosco, il sole e il caldo sono tali che sono completamente ricoperto di sudore. L'unico refrigerio è in qualche nuvola che a tratti oscura il sole. E intanto, mi faccio inebriare dal panorama del Prà, opposto a quello di poche ore prima, ma non per questo meno attraente. Quando inizia la parte rocciosa del percorso è chiaro che il colle è vicinissimo. Così, superate alcune curve sulle quali sorge il Giardino Botanico Peyronel, si giunge al Barant.

Ultimi tornanti verso il Colle Barant

Qui si trova il rifugio Barant che sembra riprenda un vecchio edificio militare (non so se sia veramente così). Beh, la memoria torna al Rifugio Dolomites al Monte Rite (vedi post) e le sue lunghe mura in parte adibite a rifugio ed in parte a museo. Le nuvole si addensano e un po' di vento inizia a farsi spazio. Forse è meglio non indugiare troppo e proseguire verso l'ultimo tratto, in discesa, verso il Rifugio Barbara. Si tratta di una strada tranquilla, riposante, immersa nel verde di prati ed alberi. Così fino al parcheggio laddove avevo lasciato la mia auto...

Il Rifugio Jervis al Prà, visto dalla salita verso il Colle Barant

La discesa è veloce, perché mi aspetta una serata con Giulia e non posso tardare eccessivamente. Però, nonostante ciò, la mia testa continua a vagare su questi monti, immersa in pensieri legati a tutto ciò che ho amato e sognato. Grandi percorsi di montagna che tanto avrei desiderato percorrere e ai quali dovrò probabilmente rinunciare, per quanto tempo non lo so. Sicuramente mesi, probabilmente anni. Non è psicologicamente facile separarsi da ciò che ami, e questo è il primo assaggio di ciò che mi capiterà nei prossimi giorni. Tutto sommato è meglio farlo qui, nell'ambiente più accogliente che conosca lontano dalle mura di casa. Ma non c'è nulla da fare. Quando intraprendo la strada che mi porterà fuori dalla valle, una lacrima è inevitabile. Che altro non è se non il risultato matematicamente più ovvio dell'equazione dell'abbandono.
A presto!
Stefano

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