martedì 2 settembre 2014

Quella volata al Montjuïc

"Mi sono reso conto che nella vita non è indispensabile essere il numero uno per essere utile alla società, puoi essere il numero due, il numero cinque o il numero dieci, purché tu faccia le cose in modo giusto e corretto e ce la metta tutta."
Felice Gimondi

La volata vincente di Gimondi su Maertens, Ocaña e Merckx al Mondiale del 1973 (fonte: tech-cycling.it)

Ciao a tutti!
Era il 2 settembre, di quarantuno anni or sono, il giorno in cui un tenace ragazzo della Val Brembana sconfisse i suoi demoni. O meglio, il suo grande demone.
Il ragazzo è Felice Gimondi, il suo demone è un certo Eddy Merckx, il cannibale fiammingo delle due ruote.
Quello che racconto in questo post è un episodio di storia dello sport che ha lasciato una traccia pesante nel mio immaginario sportivo e anche un po' nella mia filosofia nell'approcciare la vita di tutti i giorni. Mai darsi per battuto, provarci sempre, dare fondo ad ogni risorsa. L'episodio che meglio racconta tutto ciò è quello del Mondiale di ciclismo del 1973.

GImondi e Merckx in azione al Giro d'Italia (fonte: rainews.it)

È bene fare un salto indietro nel tempo. A metà degli anni '60 Gimondi è l'astro nascente del ciclismo italiano, colui che assieme ad altri fuoriclasse del calibro di Gianni Motta e Vittorio Adorni può far risorgere la passione per le due ruote come non accadeva dai tempi di Coppi e Bartali. Gimondi vince giovanissimo (e a sorpresa) un Tour de France nel 1965 e si conferma al Giro d'Italia nel 1967. L'epoca di Anquetil e Poulidor si chiude, è l'ora di Felice Gimondi. Sulla scena ciclistica compare però questo ragazzo belga, tale Eddy Merckx. Reduce da due vittorie alla Milano-Sanremo, fortissimo su ogni terreno, in volata come in salita e a cronometro, con una voglia di vincere senza eguali. Imbattibile, inarrestabile. Gimondi se ne accorge già nel Giro del 1968, quando il "Cannibale" gli rifila otto minuti nell'arrivo alle Tre Cime di Lavaredo, sotto la tormenta di neve. E per tanti anni, quando le loro strade si incroceranno in una grande corsa a tappe o nelle più importanti competizioni ciclistiche, sarà sempre il campione belga ad uscirne vittorioso: primo Merckx, secondo Gimondi. Come al Mondiale di Mendrisio, nel 1971: all'arrivo si ritrovano ancora loro due, soli. E la volata, per l'ennesima volta, la vince Eddy. Ma Gimondi sa che non può, non deve finire così.

Barcellona 1973: Merckx guida il drappello davanti a Ocaña, Maertens e Gimondi (fonte: 4.bp.blogspot.com/)

Bisogna aspettare due anni affinché arrivi l'occasione propizia. È il 2 settembre 1973 il giorno della prova in linea iridata. Si corre a Barcellona, sul circuito del Montjuïc. Il clima catalano è torrido, ma l'atmosfera in corsa non è da meno. Ancora una volta è battaglia tra lo squadrone belga, che oltre a Merckx annovera nelle sue file campioni come Roger De Vlaeminck e Freddy Maertens, e il team italiano, che ha in Gimondi il punto di riferimento. Il percorso durissimo e le temperature roventi fanno una selezione incredibile e già dopo soli novanta chilometri sono rimasti i più forti a giocarsela. In testa alla corsa c'è il meglio del ciclismo dei primi anni '70: i belgi Eddy Merckx e Freddy Maertens, lo spagnolo Luis Ocaña e il nostro Gimondi.
I due belgi, peraltro entrambi fortissimi in volta, possono aiutarsi, fare gioco di squadra. Battaglin, gregario di Gimondi, non riesce a tenere la ruota del quartetto di testa. L'accordo è chiaro: Maertens tira Merckx, il "Cannibale" primo, la giovane promessa secondo. I belgi provano in tutti i modi a lasciare alle loro spalle Gimondi. Fanno a tratti il vuoto, ma il campione bergamasco non molla, si stacca ma riesce a rispondere ai violenti attacchi condotti da Merckx e Maertens. Si arriva alla volata a quattro. Gimondi non si fa più sorprendere come due anni prima a Mendrisio, quando cominciò la volata in testa. La volata la comincia Maertens, ai 250 metri. Ma Merckx ha finito la benzina, stremato dai suoi stessi furenti attacchi. E dietro la ruota di Maertens non c'è il "Cannibale" ma l'eterno secondo Gimondi. Maertens è veloce ma è partito troppo presto. Gimondi lo affianca e lo supera sulla linea d'arrivo. L'immagine dell'arrivo è l'emblema di quella volata: Maertens si rialza, battuto; Gimondi a testa bassa nell'ultima fatica, nell'ultimo colpo di reni prima del trionfo.
Gimondi campione del mondo, Merckx solamente quarto.

La prima pagina de La Gazzetta dello Sport del 3 settembre 1973 (fonte: gazzettaobjects.it)

Gimondi vince, Merckx è dietro. Gimondi lascia i suoi demoni alle spalle, e anche il rivale di sempre. E regala all'Italia il nono titolo mondiale dopo i titoli di Alfredo Binda, Learco Guerra, Fausto Coppi, Ercole Baldini, Vittorio Adorni e Marino Basso. È in vittorie come queste che, a stessa ammissione di Gimondi, "quando ti capita l’occasione non puoi permetterti di non farti trovare pronto". Lui, l'occasione della vita, non se la fece scappare.
Certe rivalità segnano la storia del ciclismo. Binda e Girardengo, Bartali e Coppi, Anquetil e Poulidor, Hinault e Fignon, Moser e Saronni, Bugno e Chiappucci. Questa però ha qualcosa di diverso. Due scuole ciclistiche diverse, due caratteri agli antipodi. E il più forte ciclista di tutti i tempi, quello che avrebbe disputato (e vinto) uno sprint anche per vincere una bottiglia di vino. Il coraggio emerge sempre, alla fine, nonostante con Merckx non era possibile competere. Lo sapeva bene il saggio Felice: "Sulla mia strada ho incontrato uno come Eddy Merckx che era meglio forse non incontrare, ma oggi penso che anche Eddy ha fatto la mia fortuna". Chapeau.
A presto!
Stefano

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