Georges Rodenbach, Bruges la morta
Sotto l'impulso dei buoni commenti ricevuti, ho letto Bruges la morta, questo racconto lungo/romanzo di Georges Rodenbach pubblicato nel 1892, con grande curiosità. Curiosità in parte delusa, schiacciata dal peso di una scrittura ineccepibile, coinvolgente anche se a tratti, ma avvolta da tinte funeree.
Hugues Viane è un vedovo che, dopo la morte della moglie, lascia Parigi per Bruges. La malinconia di questa antica città corre parallela alla tristezza per la moglie defunta. Hugues coltiva il culto delle immagini e degli oggetti della moglie, tra cui anche la sua treccia. In una delle sue passeggiate al tramonto, incontra Jane, una ballerina di Lille, e in lei rivede la moglie. Dopo qualche tempo lui inizia a farle visita ogni giorno, ma non dice nulla circa la sua vedovanza. Mentre tutta la città viene a conoscenza della loro relazione, Hugues realizza che Jane non è come la sua defunta moglie, per la cui piange ancora, ma solamente un'immagine deformata...
Esempio della letteratura decadente di fine secolo, Rodenbach con Bruges la morta apre numerosi spunti di riflessione sul tema della morte. Che qui viene affrontata come qualcosa oltre la quale non vi è più speranza, dove non si può riprendere il filo da essa interrotto. La morte è un fantasma che sembra tornare alla vita, a riprendere le forme originarie, ma è solo apparenza. Con la morte della persona amata l'unica via di uscita è aggrapparsi al ricordo del passato per sopravvivere al presente e al futuro. Le mille sfaccettature della morte vengono esaltate in questo libro, dalle immagini cupe con le quali viene raccontata Bruges, dalle atmosfere brumose ed inquisitorie, in un finale pieno di simboli e analogie.
Bis bald!
Stefano
Giudizio: 7/10 ■■■■■■■■■■
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