mercoledì 11 maggio 2016

Rinascite

Domenica scorsa l'atletica leggera italiana ha assistito ad una vera e propria rinascita sportiva. La vera notizia è passata forse in secondo piano: altre discipline catalizzano l'attenzione degli appassionati di sport, ma soprattutto il fatto è stato circondato da un'aura di futili polemiche. Un campione è tornato dopo un lungo calvario. Alex Schwazer, oro olimpico a Pechino 2008 nella 50 km di marcia, è tornato domenica a gareggiare e a vincere, precisamente nella gara che assegna il titolo mondiale di marcia, sempre sulla distanza lunga.
Non può essere una vittoria come tutte le altre, questa. La storia di Schwazer la si conosce: fermato alla vigilia delle Olimpiadi di Londra 2012 per una positività all'EPO, sconta una lunga squalifica (tre anni e mezzo) circondata da feroci attacchi su numerosi fronti, compreso quello di tanti suoi colleghi. Qui finisce il dramma sportivo e inizia quello umano. Ovvio, chi sbaglia deve pagare, ma tre anni di squalifica sono una pena congrua anche se severa. E Schwazer ha pagato. Ora è suo diritto rimettersi in gioco. È suo diritto farlo, e sapendo che sarebbe stato messo sotto attacco, ha trovato la miglior difesa nella persona che lo segue come un'ombra nel programma di redenzione: Sandro Donati, non solo un preparatore atletico ma anche uno dei più strenui paladini della lotta al doping. Quando l'ho saputo, ho subito creduto che Schwazer sarebbe tornato, forte e vincente.
E infatti, Schwazer è ritornato a gareggiare. E ha vinto alla grande.

Ritorno da vincitore (fonte: corrieredellosport.it)

Ma come era prevedibile, la sua vittoria ha scatenato non più di una polemica. "La sensazione è che abbia vinto ancora una volta uno che bara", dice il campione in carica di Londra 2012, Jared Tallent. Dichiarazioni forti, queste, che vanno ad aggiungersi al coro di illustri atleti ed ex-atleti italiani, come Gianmarco Tamberi, Margherita Granbassi e Valeria Straneo.
Lascio perdere il lato sportivo e voglio considerare solo quello umano. Perché Schwazer non ha il diritto di riprovarci ancora una volta a ripartire e magari a vincere, di chiudere la propria carriera a testa alta, da atleta pulito. Ha pagato a caro prezzo l'errore di quattro anni fa. Oltre alla squalifica, ha perso il diritto di difendere il titolo olimpico, ha perso la credibilità di fronte all'opinione pubblica, è stato abbandonato dal suo gruppo sportivo, dagli sponsor, dai suoi compagni di squadra. Simili colpi possono abbattere un leone (e si è visto in passato, vedi Pantani). Ha pagato a carissimo prezzo il suo errore. Perché non concedergli una seconda chance? Ora ha il sacrosanto diritto di riprovarci e di dimostrare chi è veramente.
Ora è bello rivederlo in gara, visibilmente più invecchiato ma anche più maturo. Ed è ancora più bello sperare che a Rio de Janeiro regali all'Italia un altro oro.

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