martedì 10 novembre 2015

Direzione Ponte Vecchio: -16 (e non sono giorni)

Ciao a tutti!
A tre settimane dall'appuntamento con la maratona di Firenze, si può dire di essere entrati nella fase finale della preparazione. È il momento di "affinare", così si suole dire. Non ho mai capito bene cosa si volesse dire con questo verbo, sinceramente. Io, durante tutti i cicli di preparazione, ho utilizzato questo periodo per concludere la fase delle ripetute e dedicarmi ai lunghi. Due tipologie di corsa completamente diversa, per lavorare su caratteristiche peculiari poste agli antipodi. Con un solo scopo però, giungere al traguardo di una maratona nel minore tempo possibile.

Per illustrare il concetto di "lungo"... (fonte: sureyoucanrunthatfarbutwhy.wordpress.com)

Il lungo è l'allenamento che affronto con più serenità. Mi piace l'idea di uscire da casa e andare a correre una trentina di chilometri senza dover badare a minuti, riposi e allunghi. È qui che elaboro l'amore per la corsa, è qui che mi proietto con l'immaginazione nel bel mezzo dei 42,195 chilometri. Sempre qui, provo il giorno della gara, simulando il più possibile alcune situazioni: vestiario, alimentazione, orario di corsa, riscaldamento. Quindi, corro di mattina, scelgo le pantaloncini e calze della gara, faccio una "colazione-tipo", due bustine di zucchero in tasca, una bottiglietta con acqua e sali minerali, ripeto alcuni esercizi di stretching e riscaldamento. Come se la maratona la dovessi fare in quel momento. Perché alla fine, questi allenamenti sono la migliore cortina di tornasole dell'attuale condizione fisica.

Aggiornamento sui progressi nella serie dei lunghi

Così è stato anche negli ultimi due lunghi, in cui ho sfiorato rispettivamente le distanze di 33 e 35 chilometri. Cosa hanno spiegato questi due allenamenti? Che abbassare il passo sui lunghi non sempre è possibile. Oltre i trenta chilometri, la fatica bussa alla porta, il lattato si fa largo nei muscoli, e bisogna andare più piano. L'importante è non decelerare troppo, ma tenere un ritmo, più lento, ma il più costante possibile. Detto fatto: 4'36"/km sui 33 chilometri, 4'40"/km sui 35 chilometri, in entrambi i casi realizzati con negative split (seconda metà più veloce della prima) contenuto, a riprova dello sforzo fatto per correre il più possibile a ritmo costante. Le sensazioni di fatica sono sempre tremende, ma sono pedagogiche: servono a capire cosa si prova durante la maratona. Il dato che però più mi conforta, anzi, mi infonde speranza e ulteriore fiducia, è il passo nell'ultimo lungo. Due settimane prima della Haspa Marathon Hamburg di aprile, sullo stesso identico percorso, ma con la scusante del vento (vedi post), mi servivano sedici secondi in più per ogni chilometro corso. Un'eternità, moltiplicato sui 42 chilometri. Senza comunque crearsi false illusioni, questo vuol dire che la condizione atletica c'è, eccome se c'è. Lo capisco da tante cose, a partire dal recupero fisico, che mi pare più rapido rispetto alle precedenti preparazioni. Ancora qualcosina da sistemare c'è: una scarpa che sfrega sul collo del piede, una vescica che non se ne vuole andare, un fastidio ad una spalla (che io reputo dovuto al tenere una bottiglietta in mano per trenta chilometri, e che a Firenze non ci sarà). Venti giorni, ancora. Il tempo per arrivare al top c'è ancora tutto!
Bis bald!
Stefano

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