sabato 18 luglio 2015

L'unione tra cielo e terra

Ieri, 17 luglio 2015, è stata una giornata importante per l'alpinismo italiano. Valtournenche ha celebrato (e continuerà a farlo oggi e nei prossimi giorni) i centocinquanta anni dalla prima scalata del Cervino nel suo versante italiano.
Da amante della montagna e specialmente di QUESTA montagna, il Cervino, tornerò sull'argomento - non appena mi sarò ripreso dalle fatiche dell'Alta Via n.2 della Valle d'Aosta, appena conclusa. Per ora, mi limito a condividere pienamente le parole di Annibale Salsa, già presidente del Club Alpino Italiano.

Un Cervino illuminato a festa!

«Il Cervino? E' la montagna simbolo per antonomasia», dice Annibale Salsa, antropologo e già presidente del Club alpino italiano.
- Perché proprio il Cervino?
«Per forma e isolamento. Piramide nel cielo. Richiama l'immagine della montagna nel modo più evidente proprio perché deriva dall'immaginario. Guardandolo, risalendo il versante Sud della Valtournenche, emerge con chiarezza il rimando al concetto semiologico. Il Cervino è una scala».
- Scusi?
«Una scala, trait d'union tra terra e cielo. Una percezione che è già della protostoria. E' un palo sacro, un eone, cioè materia, realtà che conduce all'immateriale. La montagna ha sempre avuto questo doppio significato».
- La montagna in genere.
«Sì, ma il Cervino è un riferimento certo proprio per la sua forma. E' materia e rappresenta anche il cielo, il trascendere la realtà, perché scala. Le Dolomiti, ad esempio, con torri e pilastri non offrono il senso della scala».
- Un'evidenza maggiore sul versante italiano del Cervino. Perché allora è più conosciuto come montagna svizzera?
«Altra storia. Riguarda il secolo dei Lumi, il Settecento, quando gli svizzeri inventarono le Alpi come paesaggio. È il fenomeno dell'esotismo alpino che poi viene replicato. Lo scienziato Horace Bénédict De Saussure solleticò la curiosità del mondo con il suo “Voyages dans les Alpes”. Gli inglesi ne furono poi i grandi promotori, esplorando le Alpi, salendole e diffondendo le loro imprese».
- Anche sul versante italiano?
«Meno. La montagna italiana era il Monviso, perché dominava la pianura, larga piramide che si vedeva da lontano. E si riteneva che fosse la montagna più alta d'Italia. Con De Saussure le Alpi sul versante settentrionale diventano meta di numerosi viaggi. Le guide locali non riuscivano neppure a soddisfare le richieste. Stessa sorte per il Monte Bianco».
- Sempre grazie a De Saussure, che ne lanciò la conquista proprio negli ultimi anni del Settecento?
«Già. Era ginevrino e dalla sua città si vede la cupola candida del Bianco. Anche in questo caso una visione lontana, quasi un miraggio appeso al cielo».
- Il Cervino poi è entrato nell'immaginario collettivo.
«Sì. Per la Svizzera è la montagna di riferimento, compare come icona di molti prodotti. Più della Jungfrau o dell'Eiger. In realtà il Cervino è molto più visibile sul versante italiano. Dall'elvetica Zermatt il Matterhorn è più lontano rispetto a quanto lo è il Cervino per Cervinia. Ma le Alpi, anche nei pacchetti vacanza più importanti, sono svizzere. Grazie a icone datate 300 anni fa, grazie a una messa in scena, a un sipario che si apre su un sogno da vivere. Questione di marketing».

da La Stampa, 14 giugno 2015

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