martedì 14 luglio 2015

So steap, isn't it?

Ciao a tutti!
Camera d'albergo arredata in perfetto stile alpino, gambe rilassate su un morbido letto, una abat-jour che illumina fioca, finestra aperta per godersi la brezza montana e per poter osservare, prima che l'oscurità sia totale, il contorno dei monti in una notte di luglio. Questo l'ambiente nel quale scrivo per raccontarvi la settima tappa dell'Alta Via n.2 della Valle d'Aosta. Dalla Valle di Rhêmes sono passato in Valgrisenche, raggiungendo Planaval, frazione di Arvier, dalla quale domattina scatterò per quella che (probabilmente) è la tappa più dura dell'Alta Via.

Il Lago di Beauregard

Non che oggi si scherzasse, comunque. Il Col Finestra (o Col Fenêtre), inferiore in quota a Lauson ed Entrelor, si è rivelato il più ripido di tutta l'Alta Via. La lunga discesa e l'attraversamento della Valgrisenche in tutta la sua lunghezza mi ha portato a camminare per quasi 22 chilometri. Insomma, non una tappa banale.

Si abbandona la Val di Rhêmes...

La giornata inizia con il "solito" sole. Da Rhêmes-Notre-Dame finalmente spicca in tutta la sua maestosità la Granta Parei, montagna meno nota della Valle d'Aosta, a mio parere perché non è un quattromila e priva di ghiacciai, ma non per questo meno imponente. Me la posso godere poco, perché il ripidissimo sentiero che risale un pendio erboso e che continuando a mezzacosta entra nel Vallone di Torrent mi toglie dalla vista in un colpo solo Rhêmes-Notre-Dame e Granta Parei. Aggiunge altro però, apparentemente meno piacevole. È subito chiaro, palese, che oggi ci sarà da faticare parecchio. Vedo chiaramente il passaggio in quota del Col Finestra e il muro di erba e roccia da risalire per superarlo. Impressionante! Nota: questo colle durante il periodo fascista fu usato per addestrare i militari italiani. È tutto detto.

...per salire il ripidissimo Col Finestra

Dopo aver raggiunto l'alpe Torrent, il sentiero ricomincia a impennarsi con brutalità sul lato sinistro del canale, senza possibilità di respiro. La pendenza media è del 35%, massacrante. Io cammino, ogni tanto prendendo fiato, ma continuo imperterrito. Non mi fermano i due piccoli nevai sul tratto ripodo, e segnalati da escursionisti incontrati sull'Alta Via. Il primo lo aggiro da sotto, lo scioglimento avanzato mi fa temere per la sua stabilita; il secondo lo supero tagliando dei gradini sulla neve, senza problemi. Mancano ancora parecchi metri, tutti durissimi, tutti da camminare lungo un sentiero che disegna una serpentina inferocita. Ma come gli ultimi sessanta, non vi è storia. Che fatica, per superare questo passo...

Finalmente il Monte Bianco, dal Col Finestra

Sul Col Finestra c'è però una gratifica importante. È il primo contatto con il Rutor e il Monte Bianco. Ma per loro ci sarà tempo nei tre giorni che seguono. Ora c'è da scendere. La prima parte, fino al Rifugio Chalet de l'Epée, è puro piacere. Prima su pietraia e dunque su erba, si scende dolcemente, senza strappi e con un panorama da cartolina di fronte. Al rifugio, a quota 2373 metri, mi concedo una sosta per una dose di caffeina. Servirà eccome, per la prossima dozzina di chilometri (e anche più) da compiere.

In discesa versoverso Valgrisenche

Dopo un breve saliscendi, finalmente compare il Lago di Beauregard, uno dei più importanti laghi artificiali valdostani.  Visto dall'alto, da un sentiero che è una sorta di balconata sulla Valgrisenche, il Lago di Beauregard ruba la scena a tutte le vette che lo circondano. Poi anche il tempo del saliscendi finisce e mi tocca scendere in valle. Come al solito, la discesa nel tipico bosco di conifere è contemporaneamente rapida e ripida e in men che non si dica mi ritrovo alle porte del capoluogo di Valgrisenche, un borgo alquanto suggestivo e tranquillo (come tutta l'impervia Valgrisenche).

Prariond, una frazione di Valgrisenche

Bene, qui termina la discesa. Ma non è finita qui. I cartelli gialli parlano di ancora due ore di cammino. Bisogna attraversare tutti i pascoli della meravigliosa Valgrisenche e numerosi villaggi, prima di concludere lo sforzo di oggi. La via, in un misto di ghiaia, asfalto ed erba, non è mai pianeggiante, ma è un costante saliscendi che alla lunga risulta essere stancante per gambe, piedi e spalle. Revers, con la sua tipica cappella eretta su uno spuntone di roccia è l'ultimo ostacolo. Dopo, vi sono "solamente" 1500 durissimi metri di asfalto per arrivare a Planaval. L'albergo è una salvezza per il mio corpo, che iniziava a dare segni di stanchezza profonda. Per completare l'opera lancio uno sguardo in alto. La salita del giorno dopo è proprio sotto l'amena Planaval, proprio sotto la mia testa. Che però ora vuole lasciarsi andare sul cuscino. Per poter, domani, fare il pieno di ulteriori bellezze. E salite infinite da compiere...
A presto!
Stefano

P.s.: oggi, 14 luglio 2015 ricorre il centocinquantesimo anniversario della prima salita del Cervino. Avrei voluto parlarne, ma l'impegno sull'Alta Via n.2 della Valle d'Aosta non mi consente di dedicarvi spazio, momentaneamente. Ci tornerò settimana prossima...

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