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martedì 21 luglio 2015

Alta Via n.2 della Valle d'Aosta, un piccolo bilancio

Ciao a tutti!
È difficile tracciare un bilancio di questa esperienza appena conclusa, sono passati ancora pochi giorni da quando ho terminato l'Alta Via n.2 della Valle d'Aosta e tanti pensieri, tante immagini affollano caoticamente la mia testa. Più di una persona mi ha chiesto se l'Alta Via n.1 era più bella. Giudicare è sostanzialmente impossibile. Queste sono montagne incredibili, dire che una sia esteticamente migliore di un'altra è operazione discutibile. Il Gran Paradiso è meglio del Monte Rosa? Il ghiacciaio del Rutor è più affascinante del Grand Combin? Il Cervino? Lui lo vedi perfettamente da entrambe le vie. Dirò che sono entrambi percorsi bellissimi, consiglio di fare entrambi, per poter godere appieno delle meraviglie naturalistiche valdostane.
Un dato di fatto importante è il fattore meteo. Già tre anni fa, sull'Alta Via dei Giganti mi ritenni fortunato, ma stavolta... Dieci giorni di sole, pochissime nuvole e zero pioggia. Zero pioggia... in montagna è praticamente impossibile non incontrare anche qualche gocciolina nell'arco di dieci giorni. Solo sole e tanto caldo, gli anticicloni Flegetonte e Caronte non hanno lasciato scampo. Il caldo è stato tremendo, soprattutto nei primi e negli ultimi giorni di cammino, da cambiarsi le maglie ogni ora e dover bere fino a sei litri di acqua al giorno.

Lasciando il Rifugio V. Sella
Una piccola delusione c'è stata, dal punto di vista naturalistico. Alcune fioriture si sono rivelate le grandi assenti, come i rododendri, spesso "bruciati" dal caldo, e soprattutto genzianelle e genziane, queste ultime mai incontrate sul percorso. La fauna non è stata da meno e la fama del Parco Nazionale del Gran Paradiso non ha trovata conferma. Fatta eccezione per le tante marmotte, in dieci giorni di cammino ho incrociato un camoscio (a quote stranamente basse) e uno stambecco. Dove sono finiti tutti gli stambecchi che pascolano al Rifugio Vittorio Sella?

Segui il segnavia

È stata dura come l'Alta Via n.1? Difficile da paragonare le difficoltà delle due alte vie e soprattutto le sensazioni di fatica. il caldo ha reso più faticose alcune giornate, ma nel complesso credo che l'Alta Via n.1 sia stata più faticosa e tecnicamente complessa. Mancava una tappa come quella dal Rifugio Coda a Niel (dodici ore circa di cammino senza punti di appoggio, a parte un bivacco), nonostante la frazione da Crest a Champorcher avesse una durata decisamente notevole. Assenti i tratti in cresta e con corde fisse, come nel caso della tappa che porta al Rifugio Coda; sì, qualche corda sul Col Lauson c'è, ma è totalmente ininfluente. Nessun tratto è risultato veramente pericoloso sull'Alta Via n.2, mentre sull'Alta Via n.1 qualche zona discutibile (penso alla discesa da Col de Vessonaz) la si poteva trovare.

Il Monte Bianco dal Col de la Crosatie

Emozioni? Tante, tantissime. Le montagne le conoscevo, ma non mi sono stufato di vederle e rivederle. Anche da nuove angolazioni: in Valsavarenche, ad esempio, non ero mai andato. C'è l'emozione del panorama meraviglioso, quello che solo la montagna può dare, e c'è l'emozione dei racconti di chi vive la montagna. Ho incontrato molta gente in cammino sui sentieri dell'Alta Via (e non solo) in questi dieci giorni. Italiani, inglesi, francesi e anche extraeuropei: le storie di chi ama la montagna non sono mai banali. Cercherò, poco alla volta, di raccontarle. Il tutto, condito dalle immagini di questi dieci giorni. Perché alla fine, ciò che più rimane dentro sono proprio le immagini delle montagne per me più belle del mondo!

domenica 12 luglio 2015

Col Lauson, a tu per tu con lo stambecco

Ciao a tutti!
La tappa di oggi doveva essere la più temuta, in quanto la quinta frazione, quella che traccia la metà dell'Alta Via, prevedeva la ascesa al Col Lauson (o Col Loson), il passaggio più alto in quota, all'altitudine di ben 3299 metri. In realtà non è stata la salita, bensì la lunga, interminabile, discesa verso Valsavarenche, a rendere più faticosa la tappa di oggi.

Simbolo del Parco Nazionale del Gran Paradiso

La giornata del Lauson ha inizio dal Rifugio Vittorio Sella, dove c'è un'atmosfera speciale. L'aria frizzante, il gioco di ombre e luci sui ghiacciai del Gran Paradiso, i magnifici prati del Lauson...e come tradizione da qualche giorno a questa parte, non una nuvola copre il cielo della Valle d'Aosta. Tutto è pronto per partire. Inizio la salita, non ardua, ma interrompo frequentemente il cammino. Non per mancanza di energie o di fiato. Le marmotte pullulano attorno al sentiero e, come mai mi era successo prima, ci si può avvicinare anche fino a distanza di 1-2 metri, prima che fuggano o si riparino nella loro tana. Spero di trovare anche qualche stambecco nella conca che sovrasta il rifugio, ma dell'animale simbolo del Parco Nazionale del Gran Paradiso non vi è traccia. Non ne avevo visti finora, e anche nel conviviale momento della cena in rifugio, si diceva che non è l'anno buono per osservare la fauna locale. Che anche loro abbiano troppo caldo?

In salita verso il Col Lauson

La marcia verso il Lauson continua. Si sale in quota senza troppi strappi, lo si percepisce dall'aria più fine e dalla vegetazione che cambia. I prati, già non molto fitti, lasciano spazio al tipico macereto di alta quota, mentre la fioritura cambia drasticamente. Intorno ai 3000 metri si raggiunge un pianoro di pura ghiaia, dove spuntano fiori sui quali mi sono sempre chiesto come possano crescere e proliferare in ambiente roccioso. Da questo pianoro è inoltre ben visibile il Col Lauson, anche grazie all'ometto di pietra posto su tutti i passi dell'Alta Via. Il percorso è tracciato, bisogna "solo" coprire questi trecento metri di dislivello.

Una delle tante marmotte incontrate

Lungo la salita, mai veramente ripida, incontro altri gruppi di escursionisti, li supero, nonostante un po' di fiatone. Oh, sono a più di tremila metri, è comprensibile. La visuale sulla conca del Lauson e sui ghiacciai della Valle di Cogne è sempre più ampia, ma lo sguardo può finalmente posarsi su uno stambecco, il primo dell'Alta Via! Non è lontano e non pare molto intimidito, si lascia fotografare, poi torna a cercarsi del cibo.

La conca del Lauson (e qualche montagna...)

Io continuo il cammino, fiatone incluso, fino ad un piccolo colle che è l'anticamera del Col Lauson. Da qui mancano ancora cinquanta metri di salita, i più esposti anche se mai veramente pericolosi per la propria incolumità. Gli ultimi sfasciumi si percorrono in fretta, desideroso come sono di raggiungere finalmente il punto più alto dell'Alta Via.

Ultimi metri di salita

Che balconata! Verso Cogne, si spazia dal gruppo del Monte Rosa, alla Tersiva, ai ghiacciai del Gran Paradiso; un po' meno interessante verso la Valsavarenche, dove (per ora) non si può vedere altro se non il Vallone di Levionaz. Dispiace salutare la Valle di Cogne e le sue bellezze, ma la strada verso Courmayeur deve andare avanti.

Dal Col Lauson

Il tempo di fare uno spuntino e riparto. La discesa è lunga (più di 1700 metri!). Già dai primi passi, capisco che sarà eterna. A parte un primo tratto da superare con cautela, il sentiero scende molto dolcemente lungo il Vallone di Levionaz, che offre interessanti spunti visivi. Su tutti, il muro di roccia rossa delle Gordes de Grivola, l'aguzza Pointe de Levionaz e l'imponente Pointe d'Herbetet. Man mano che perdo quota, la Valsavarenche si mostra sempre di più e inizio ad ipotizzare i possibili sentieri del giorno dopo. Scendo tutto il Vallone di Levionaz, certamente un posto di grande fascino per la sua natura selvaggia: cascate, pendii erbosi e variegate fioriture rendono questo vallone un luogo tra i più attraenti della Valle d'Aosta. Nonché frequentatissimo da escursionisti esperti e famiglie alla ricerca di frescura nella gita domenicale.

Il vallone di Levionaz

Il paesaggio cambia radicalmente nella "località" di Levionaz inferiore. Facilmente riconoscibile dal grazioso casotto dei guardiaparco, questo punto del sentiero rappresenta un baluardo sulla Valsavarenche. Di qui si può dominare (quasi) l'intera valle, l'unica valle valdostana, insieme a quella di Champdepraz, in cui non avevo ancora messo piede nelle mie scorribande escursionistiche. All'ombra delle mura delle costruzioni di Levionaz inferiore trovo finalmente relax per i miei piedi, provati da mille metri di discesa, ristoro per il mio stomaco e conforto per la mia pelle bruciata dal sole. E anche un po' di rete mobile, che ritrovo dopo quasi ventiquattro ore, per poter finalmente comunicare con Giulia e con la mia famiglia. Tutto con una gran vista sulla Valsavarenche.

Panorama sulla Valsavarenche

Poi inizia un'ora di sofferenza. È la discesa finale, circa 700 metri di dislivello da compiersi in pineta. Nel ripido, nello sconnesso, con già due ore di discesa: qualcosa che non amo particolarmente. Il rumore dell'impetuosa cascata del torrente Levionaz mi avvisa: la discesa sta per finire, le sofferenze a piedi e ginocchia pure. La Valsavarenche è raggiunta, metà dell'Alta Via è completata. Brindare? Ancora presto, mancano ancora troppi passi e troppi metri da ascendere. Domani si ritorna a tremila metri...
A presto!
Stefano

Pillole dall'Alta Via, 12 luglio

"Vorrei che gli increduli provassero il benefico effetto che produce in noi una grande salita. Allora ci sembrano meschine le vanità che ingombravano il nostro animo prima di partire; troviamo buoni gli agi di cui prima eravamo sazi; sentiamo di amare di più la nostra casa e la nostra famiglia che in essa ci attende; anche noi, alpinisti, abbiamo i nostri affetti, ai quali pensiamo, nel momento del pericolo, assai più intensamente che non vi pensi altri quando vive della sua vita consueta; e, scendendo dai monti, siamo lieti di recare ai nostri cari la serenità acquistata lassù, di vederli sorriderci perché sanno che la montagna restituisce loro un figlio, un fratello, un amico più sano, più affettuoso, più forte."
Guido Rey, Il Monte Cervino


I ghiacciai del Gran Paradiso visti dal sentiero per il Rifugio Vittorio Sella

sabato 11 luglio 2015

Pernottamento vista ghiacciaio

Ciao a tutti!
Scrivo dal Rifugio Vittorio Sella, dove ho terminato qualche ora fa la quarta tappa della mia Alta Via n.2 della Valle d'Aosta. È stata una tappa lunga, non estenuante ma non per questo meno faticosa. Temevo questa frazione in quanto in passato non ho mai gradito particolarmente affrontare in sequenza una discesa (in questo caso dal Rifugio Sogno di Berdzé) e quindi una salita (verso il Rifugio Vittorio Sella), per di più con un chilometro di dislivello. Allo stesso tempo, attendevo fortemente questa tappa, perché si attraversa tutto il comprensorio di Cogne, dal vallone che porta a Lillaz fino a quello di Valnontey. Il che è sinonimo di grandi panorami sul gruppo del Gran Paradiso e dei suoi ghiacciai.

La fontana e i prati di Sant'Orso, a Cogne

La giornata è fin dall'inizio meravigliosa. Il cielo è quasi completamente sgombro da nubi, e tale resterà per tutto l'arco del giorno. Il sole illumina con veemenza i prati del Vallone dell'Urtier, una vera e propria meraviglia della montagna che però è rovinata dalla presenza di un ingombrante quanto antiestetico elettrodotto. Saluto i gestori del Rifugio Sogno di Berdzé, tra i più simpatici e cordiali incontrati sui miei cammini tra i monti. Lo faccio con un filo di tristezza perché raramente accade di potersi sentire così a proprio agio. Sapevo già bene in quel momento (ma ne sto avendo la conferma in questo momento) che non potrei trovare una simile situazione in un rifugio come il Vittorio Sella, molto frequentato (dispone di ben 150 posti letto!), a maggior ragione in un weekend di caldo e sole.

Primi passi nel Vallone dell'Urtier

Intraprendo il cammino verso Cogne sulla poderale, che lascio ben presto per il sentiero ufficiale dell'Alta Via, iperconsigliato da Stefano, il gestore del Sogno di Berdzé, in quanto molto più panoramico della mulattiera, la quale è invece più rilassante per le proprie membra. La scelta si rivelerà azzeccatissima. Il sentiero è in prima battuta un balcone sul Vallone dell'Urtier con vista sulla Grivola. Poi, quando piega verso sud, verso il Vallone di Bardoney, si incontrano prati, cascate, torrenti, boschi. È uno scenario bucolico, paradisiaco. Non si fa parte del Parco Nazionale del Gran Paradiso per caso. Tutti gli escursionisti che incontro e si fermano a scambiare due chiacchiere mi confermano che questo è un sentiero speciale. Non scende quasi mai in maniera ripida, è tutto sommato agevole da affrontare in discesa e credo che anche in salita non sia particolarmente duro.

Vista sulla Grivola

Lo scenario della prima ora di cammino cambia repentinamente quando si raggiunge Goilles-dessous. Un posto meraviglioso, uno scrigno di natura, circondato da pascoli e disegnato sinuoso dal corso del torrente Urtier: da qui inizia a intravedersi il vallone di Lillaz e pregusto finalmente un po' di riposo, magari su comoda panchina. Devo ancora abbassarmi di duecento metri di quota prima di poter finalmente raggiungere Lillaz, non senza aver prima gettato un occhiata veloce sulle celeberrime cascate originate dal torrente Urtier, sicuramente una delle principali attrazioni turistiche di Cogne, e sui primi nevai e ghiacciai del gruppo del Gran Paradiso.

Finisce la discesa, Lillaz è vicina

A Lillaz trovo finalmente una panchina, per me sinonimo di ristoro e riposo dopo quasi un chilometro di dislivello in discesa. Poi continuo fino a Champlong, altra frazione di Cogne, prima di addentrarmi nel Bosco di Sylvenoire (la "selva nera"). Una piacevole passeggiata di circa tre/quattro chilometri mi conduce finalmente a Cogne, una delle più importanti località turistiche valdostane. La sua fama è dovuta al Parco Nazionale del Gran Paradiso, il più antico parco italiano (fondato nel 1922), del quale è il "capoluogo" indiscusso. Ma in passato fu anche un centro che visse sull'estrazione dei minerali ferrosi dell'acciaieria aostana che si chiama proprio... Cogne!

Goilles-dessous

Cogne è anche...i prati di Sant'Orso. Dal centro cittadino, la segnaletica gialla della sentieristica valdostana, oltre a sentenziare 3h30' di cammino fino al rifugio (che coprirò però con 40 minuti in meno...), indica una svolta a destra verso Valnontey. Qui appare grandioso il panorama che rende famosa Cogne. La grande spianata erbosa e sullo sfondo il Gran Paradiso. È una delle immagini più conosciute, fotografate e apprezzate dell'intera regione. Il contorno del Gran Paradiso e del Ghiacciaio della Tribolazione mi accompagna fedele fino alla frazione di Valnontey. Cammino su un sentiero che costeggia la strada, poi giunto a Valnontey, supero l'omonimo torrente e comincio la salita di giornata.

Il Rifugio Vittorio Sella

Si sale nel bosco, risalendo il ripido versante ovest della Valnontey. È un sentiero tosto, a tratti veramente duro. Ma non c'è sconforto. Molte delle ampie piroette del sentiero sono balconate sui ghiacciai del versante est della Valnontey ( Ghiacciaio di Patri, Ghiacciaio di Money). Fai una foto, prendi fiato. E quanta gente scende dal sentiero...il Rifugio Vittorio Sella è anche una splendida meta per una escursione di un giorno. Molti turisti sono inoltre attratti dal simbolo del Parco Nazionale del Gran Paradiso, lo stambecco - oh, per ora io mica l'ho visto - e dunque devo sprecare un sacco di fiato per salutare (mia abitudine durante le passeggiate) tutti coloro che ritornano a valle. Poi, a metà salita, incontro una famiglia di Vercelli (padre, madre e due figli) anch'essa diretta al Vittorio Sella. Il figlioletto pare assatanato, mi raggiunge, vuole ciarlare con me; quando capisce che la salita e lo zaino pesante non facilitano la mia parlantina, mi supera con passo svelto. Questo ragazzino mi fa affiorare alla mente la mia infanzia, durante la quale, in montagna, era consuetudine far disperare i miei genitori, staccati ore dal sottoscritto, il quale regolarmente poi doveva subire il solito (meritato o no, non lo so) cazziatone per essermi allontanato eccessivamente. Promettevo già bene allora, sui sentieri di montagna...

I ghiacciai del Gran Paradiso

Intorno a 2200-2300 metri di quota, il ponticello sul torrente Lauson segna il confine tra il sentiero duro e quello facile. Sempre all'ombra di magnifici ghiacciai, risalgo le pendici erbose della Testa Tsaplane, fino a quando il sentiero spiana ed entra nella conca del Lauson, un'altra meraviglia valdostana fatta di prati e una fitta rete di torrentelli. C'è una costruzione, ma è il casotto del Parco nazionale. Le bandiere non tradiscono, il rifugio è vicino. È ad un passo. I due caseggiati del Vittorio Sella sono lì, pronti per accogliermi in una notte che deve essere di riposo assoluto. Dopo ventidue chilometri e con il Col Lauson, il punto più alto dell'Alta Via, l'indomani... serve arrivarci riposati e col pieno di energie. Per ora, aggiungo un tassello in più ad un percorso che si appresta a raggiungere la sua metà, domani, in Valsavarenche.
A presto!
Stefano

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