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venerdì 5 luglio 2013

Il lago di Dio

Ciao a tutti!
Avevo scritto qualche post fa riguardo il lago del Sorapiss. Ne volevo parlare in un post appositamente dedicato. Un luogo speciale merita un post speciale.
Beh, sapevo di questo lago vicino al Rifugio Vandelli. E ne ho sentito parlare, nei discorsi degli ospiti del rifugio. E anche le foto erano degne di nota.

Il lago del Sorapiss, dominato dal Dito di Dio

Ma dal vivo, ragazzi, è qualcosa di inimmaginabile. Non lo posso descrivere, di aggettivi "adatti" non ne ho. Un azzurro così non l'avevo ancora mai visto... In Dolomiti è famosissimo il Lago di Carezza. E ce ne sono tanti altri di laghi ricchi di fascino. Ma questo li batte tutti, non ho dubbi. Non so quante foto avrò fatto.

L'impressionante muraglia rocciosa che circonda il Lago del Sorapiss

Il Lago del Sorapiss si trova a pochi minuti di cammino dal Rifugio Vandelli: ci si muove verso il Circo del Sorapiss, una spianata in cui campeggia questa beneficenza della natura. Già solo questa spianata fa di per sé impressione, perché ci si trova di fronte ad un semicerchio di parete verticale di roccia. Con al centro uno sperone alto 2603 metri, il Dito di Dio. Con il Lago del Sorapiss forma un'accoppiata che ti strega, che ti rapisce gli occhi...

Al cospetto di... un dito "divino"


Non voglio fare pubblicità al Rifugio Vandelli, o al Cadore o tantomeno ad Auronzo di Cadore o Cortina d'Ampezzo, ma questo posto merita una visita, ed è raggiungibile anche per i meno allenati. La montagna non è qualcosa da tenere per sé o da preservare dagli sguardi altrui. È un bene da divulgare. E io divulgo.
Buonanotte!
Stefano

Altri trenta chilometri (e più) nel taschino

Ciao a tutti!
Scrivo dal Rifugio Venezia, ove sono arrivato da poco, completando la quarta tappa dell'Alta Via n.3 delle Dolomiti. Giro di boa dell'Alta Via? No, il giro di boa è già stato ampiamente superato ieri, durante la tappa dal Rifugio Vandelli a Borca di Cadore.
Le sensazioni vissute durante la giornata di ieri sono quelle di un anno fa circa, nella arcinota (per me) tappa dell'Alta Via n.1 della Valle d'Aosta con arrivo a Niel. Una fatica semplicemente... pazzesca. Qualche numero per spiegare meglio: più di dieci ore di cammino, e quasi trentaquattro chilometri percorsi. Ha contribuito il cambio di programma: tornare indietro al Passo Tre Croci mi ha costretto ad allungare di molto. Stimo in un'ora e mezza/due il prezzo della neve ai Ciadin del Loudo e ai Tondi di Faloria.

L'imponenza delle Tofane, le dominatrici della Valle del Boite

La mattina si apre con i migliori auspici. Basta alzare gli occhi al cielo per vedere ampi squarci di sereno nel cielo. Misurina è baciata dal sole e anche l'impensabile visuale sulle Tre Cime di Lavaredo è perfetta. Di nuvole ce ne sono ancora comunque parecchie: non c'è azzurro sopra l'impressionante barriera rocciosa del Sorapiss e anche sui Cadini di Misurina si addensa un nembo che trasforma il gruppo montuoso in un vulcano in piena eruzione. E anche il Cristallo non è esente da copertura nuvolosa.
Le foto all'interno del Rifugio Vandelli e i racconti di un'escursionista incontrato al Rifugio Vallandro mi spingono a scaldare la gamba andando al Lago del Sorapiss, a due minuti di cammino dal rifugio. Le gambe le scaldo eccome, esattamente come l'indice della mano destra sul bottone della macchina fotografica. Non anticipo nulla, questo tema merita un post a parte.
La discesa dal Rifugio Vandelli mi permette di ammirare tutto ciò che la tormentata salita della sera prima mi ha impedito. A partire dalle pareti del Sorapiss, per arrivare alle cime maestose del Cristallo. La discesa al Passo Tre Croci è lunga tanto quanto la salita, ma le condizioni al contorno sono ben diverse...
Dal passo mi dirigo per sentieri fino alla Capanna Rio Gere. Lì inizia la salita al Rifugio Faloria, tramite una carrozzabile ampia e a tratti anche ripida. Sicuramente è un percorso impoverito di fascino, ma la magia del Cristallo, proprio di fronte, lo rivaluta. Si cammina tra le piste da sci di Cortina d'Ampezzo e ciò basta per farmi intuire cosa mi toccherà vedere in cima. Quasi al termine della salita, c'è il Rifugio Faloria: è la classica meta del turismo ignorante di Cortina: russi, giapponesi, cinesi, alcuni addirittura in infradito ma comunque rigorosamente griffati a 360 gradi. L'alternativa è il classico turista terrone che proprio sembra non possa fare a meno di alzare i decibel della voce (sia ben chiaro, non ho preconcetti contro i "terroni", ne ho invece contro certa maleducazione, che non ha origine geografica). Mi sento un pesce fuor d'acqua, ma ciò che conta per me è infine trovare una panchina per sedermi e sfamarmi. E un locale per un caffè... che per di più buono non è.

Spettacolare visione lungo la discesa della Val Orita


Superata l'insellatura appena sopra il Rifugio Faloria, inizia una lunghissima discesa lungo la Val Orita, in direzione Cortina d'Ampezzo. Discesa non difficile, ma con tratti in pendenza fino al 40%. Ci pensa il mio capo, via telefono, ad accorciarmi un po' la discesa. Secondo lui avevo il fiatone. Pfui, in discesa... Uscito dalla valle si scende lungo una costa che mi fa tornare alla mente tutto il trekking dolomitico dell'anno scorso: li posso vedere tutti, in fila, Pelmo, Croda da Lago, Nuvolau, Averau, Tofane...
Al termine della discesa inizia il tratto più insopportabile dell'intero percorso finora incontrato, addirittura più dei tratti in asfalto: dover passare tra i campi da golf di Cortina, tra riccazzi che ti guardano storto semplicemente perché hai uno zaino sulle spalle, non è stata un'esperienza gratificante. Eppure il percorso è quello giusto, non ho sbagliato via.
La discesa in Cadore termina in località Zuel. A quel punto, senza rendermene conto, inizia il calvario di giornata. L'Alta Via prosegue quasi interamente fino a San Vito di Cadore lungo un ampio sentiero (adatto anche alle bici) in un meraviglioso bosco sulla destra orografica della valle. Ogni tanto si apre qualche gradevole scorcio sul Torrente Boite e sui gruppi del lato opposto della valle (Sorapiss e Antelao) che, assieme all'ombra del bosco, permette di trovare un po' di refrigerio nella calda giornata di ieri. Il sentiero non finisce mai, e il bosco non fornisce molti riferimenti visivi per capire a che punto mi trovo. Il nervosismo sale, so di non aver sbagliato strada, ma mi chiedo quanto è lunga. Sono già quasi le 18 quando l'Alta Via ritorna sulla Statale 51. Da lì, poco più di un'ora ancora di scarpinata (con l'attraversamento della ridente San Vito di Cadore) per arrivare in albergo. Stanchissimo, perché altri trentaquattro chilometri sommati ai diciannove della tappa del Rifugio Vallandro e ai trentadue (o meglio, ventinove) del Rifugio Vandelli, fanno ottantacinque in tre giorni!

Il Cristallo


Numeri che fanno pensare quale razza di serata abbia potuto trascorrere ieri: bagno caldo, cena molto sostanziosa (ringrazio a tal proposito l'Hotel Villa Ines presso il quale ero alloggiato), una telefonata al mio amore e poi giù sotto le coperte, a riposare ogni singola parte del mio corpo. Ne avevo bisogno
Il peggio è passato, ora. Ciò che affronterò (a partire dalla tappa di oggi appena conclusa) sarà nulla in confronto...
A presto!
Stefano

mercoledì 3 luglio 2013

Sudore o pioggia? Dal Vallandro al Vandelli

Ciao a tutti!
Quando pensi di aver sofferto abbastanza, ci si sbaglia: oggi ne ho avuto l'ennesima prova. Doveva essere la tappa più lunga, forse anche la più dura. Lunga è stata lunga, dura anche. Infinita, eterna, massacrante. I numeri registrati dal mio orologio GPS parlano chiaro: quasi 2000 metri di dislivello verticale (sia in salita che in discesa), distribuiti su quasi 33 chilometri di percorso totali. In realtà non sono proprio trentatre, capirete perché. Un passo alla volta però, proprio come faccio io lungo i sentieri di montagna.

Nubi scure si addensano sulla Val Popena Alta

La partenza dal rifugio Vallandro nasce sotto i migliori auspici, clima caldo e soleggiato. Con lo spettacolo del Cristallo a salutare un nuovo giorno di trekking. La prima parte del percorso prevede subito una salita, alla Sella di Monte Specie, circa duecento metri sopra il rifugio. Qui inizia un lungo percorso intriso di storia, e di tragedia: sono numerose le strutture belliche risalenti alla Grande Guerra, così come le lapidi dedicate a battaglioni e generali. Senza alcuna differenza tra le fazioni in conflitto, alla fine i morti non hanno nazionalità.
Dalla Sella di Monte Specie inizia una lunga ma suggestiva discesa fino alla Val di Landro, che dà il nome all'omonimo lago (già incontrato salendo a Dobbiaco via bus). Spazio per un po' di relax a gambe e piedi, la strada procede in falsopiano per più ore, anche su tratti asfaltati. Intanto, il cielo inizia ad annuvolarsi. Ma non abbastanza per impedirmi di ammirare ancora una volta lo spettacolo delle Tre Cime di Lavaredo, e dal versante nord, quello più suggestivo e carico di fascino. Le nuvole sono però sufficienti a scaricare un piccolo acquazzone mentre mi trovo all'imbocco della Val Popena Alta, passaggio chiave dell'intera tappa: in alternativa, asfalto (e molto meno panorama) fino al Passo Tre Croci.

Postumi della Grande Guerra

La Val Popena Alta è uno scrigno di sorprese. Il sentiero che la risale si sviluppa inizialmente sui detriti di un (presumo) vecchio torrente. E benedico i segnavia biancorossi, difficile orientarsi in quel cumulo di pietre, alternate a isole in cui i baranci fanno la parte del leone. Fortuna che poi la valle si trasforma come per magia in un dolce pendio erboso attorniato dalle Pale di Misurina a est e dal Cristallino di Misurina ad ovest, che permette di tirare un po' il fiato.

In cima al Monte Specie...

La Valle Popena Alta rivela tutta la varietà della roccia dolomitica. Si prendano ad esempio due punte: la Croda di Pausa Marza e la Pala Sud-Ovest di Misurina. La prima sembra inizialmente uno sperone conficcato nell'erba della vallata, poi un dente affilatissimo, per finire come una "misera" cima a contorno del gruppo del Cristallo. La seconda invece sembra dapprima far parte di una catena a est della Valle Popena Alta, ma ben presto si rivela una cima dalle forme inaspettatamente verticali.

Sempre impressionanti, da ovunque le si vedano...

Il bello viene dopo lo scollinamento della Sella Popena. La discesa è su ghiaione, un classico dolomitico che mi ricorda tanto il sentiero Flaibani del Monte Pelmo. Confidente nei segnavia, seguo costantemente le tracce rosse o biancorosse, per poi accorgermi, dopo mezz'ora di discesa, che qualcosa non va per il verso giusto. Il sentiero punta improvvisamente ad est, verso Misurina e il suo lago, invece di puntare direttamente verso il Passo Tre Croci. Consulto la mappa e mi accorgo che il sentiero intrapreso è un altro. Possibile? Eppure è l'unico segnato. Nessun dramma, penso. In fondo potrebbe anche esser una soluzione migliore scendere a Misurina invece di tornare indietro alla ricerca di un sentiero probabilmente non segnato. Certo, ma quanto allungo? I tragitti su asfalto non accorciano la fatica...

La Corda di Pausa Marza domina la Val Popena Alta

Scendo dunque a Misurina (seconda volta in meno di 40 giorni), accolto dalla maestosità della Cima Ovest e della Cima Grande di Lavaredo. Giunto sulla provinciale, mi adopero alla ricerca di qualcuno che mi conceda un passaggio fino al Passo Tre Croci. Autostop sia, dunque. Ne passano di vetture, spesso "griffate", ma non mi aspetto che sia l'opulenza di una Jaguar a darmi una mano (o come sarebbe meglio dire, due gambe). Trovo invece conforto da una bizzarra coppia di Lignano su una Jeep (sarà che Jeep è il main sponsor della Juventus?... io voglio credere di si), che abbreviano fino al Passo Tre Croci, al ritmo di musica country, il mio percorso di fatica e sudore. Anche se non leggeranno, lì voglio caldamente ringraziare per il piccolo ed onesto ma importante sostegno che hanno voluto concedermi.

Si cammina laddove i soldati hanno scritto la storia...

I problemi non vengono mai da soli, dunque arriva anche la pioggia a mettere i bastoni tra le ruote. E stavolta non è l'acquazzone pomeridiano tipico dell'ambiente montano, questa è pioggia dura. Non è mai stato un diluvio, tant'è che non ho neanche indossato il poncho, ma è stata una precipitazione sufficiente a rendere infinito l'arrivo al Vandelli. Eterno: quello che sulla mappa sembrava una gita tranquilla si è rivelata un lungo trasferimento tra i boschi prima e su cengia dopo. Già: Passo Tre Croci a 1805 metri, Rifugio Vandelli a 1926 metri. Una salita di cento metri, cosa vuoi mai che sia. Altrochè, è un saliscendi continuo, anche con tratti ripidi. Sotto la pioggia e con l'incessante bisogno di risposta alla domanda: "Quand'è che si inizia a vedere il rifugio?". Arriverà, alla fine, dopo ben più di un'ora e mezza di cammino preventivato da me. È il prezzo da pagare per questa tappa senza fine.

La stretta Valle Chiara (Helltal), prima discesa di tappa

Il collo fa male, le spalle pure. Ma c'è la gioia e la soddisfazione di avere superato uno degli ostacoli più duri dell'intera Alta Via. E c'è il calore del Rifugio Vandelli ad aspettarmi, nonché il calore umano dello staff del rifugio per un lieto trascorrere di serata. Senza tralasciare la parte più importante, un pasto sostanzioso, caldo e rifocillante. E un bicchierino di grappa, quello tira su il morale che è un piacere!
Ora le Forcelle del Ciadin, forse il punto più temuto da me. È il punto più alto dell'intera Alta Via n.3, quello più esposto a nord e quindi, il più soggetto alla presenza di neve. Non temete, c'è in serbo un percorso alternativo in caso di maltempo o di troppa neve. La pellaccia mi serve ancora (e non solo a me), statene pur certi!
Buonanotte a tutti (che ce n'è bisogno)!
Stefano

giovedì 27 giugno 2013

Il percorso dell'Alta Via dei Camosci

Ciao a tutti!
Praticamente ci siamo! Dopo qualche ricerca di ulteriori informazioni e dettagli tramite rifugi, uffici del turismo e guide alpine (e anche un po' di lavoro sulle mappe), posso finalmente dire che sono pronto per partire per le Dolomiti. A scanso di equivoci o di variazioni dell'ultim'ora, lunedì si parte per Belluno. Ove lascerò la macchina per raggiungere Villabassa o Dobbiaco. Lì comincerà l'avventura sull'Alta Via n.3 delle Dolomiti, detta anche "dei Camosci".
La decisione finale è maturata solamente nelle ultime ore. Nessun problema a livello di rifugi e ricettività, non credo che in questa settimana di luglio ci siano alberghi e rifugi pieni. Qualche preoccupazione per i trasporti locali, la provincia di Belluno è una selva di compagnia di servizi di trasporto e relative linee. Una matassa non facile da sbrogliare, insomma.

Giro di boa dell'Alta Via n.3: arrivo al Rifugio Venezia, sullo sfondo l'Antelao (foto di archivio, 7 agosto 2012)

Il problema più complesso da risolvere è stato quello del percorso da intraprendere. C'è un percorso ufficiale, ma alcuni tratti potrebbero essere pesantemente coperti da neve, cosa che rende molto pericolosi i sentieri. Le guide alpine mi hanno comunque rassicurato sulla presenza di neve sul percorso. Le ghette dovrò metterle, molto probabilmente, specie nei lati esposti a nord dei sentieri. I tratti più insidiosi saranno sicuramente nei primi giorni, dove le quote altimetriche sono decisamente più elevate. E superiore è la probabilità di trovare neve sul sentiero, nel caso di maltempo.
Tutta colpa di questa primavera decisamente... nevosa. E ne so qualcosa. Vedi le condizioni climatiche assurde incontrate alle Tre Cime di Lavaredo in occasione del Giro d'Italia (vedi post del 26 maggio 2013). Solamente nella notte tra domenica e lunedì stava nevicando. Non che mi crei apprensione questa neve. Ma quella che già è per terra non si scioglie.
Fortunatamente rispetto alla Valle d'Aosta, le Dolomiti offrono una rete di sentieri ineguagliabile, anche favorite dalla conformazione geografica delle vallate molto meno severa. Mal che vada, mi abbasserò di quota o in extrema ratio, calpesterò il bordo strada delle regionali bellunesi. Quindi, nessun indugio: ora prenotazione di rifugi e alberghi, definizione del trasferimento in Dolomiti e preparazione dello zaino. Quindi partenza per le magiche montagne trentine e venete: Vallandro, Sorapiss, Cristallo, Pelmo, Antelao, Tofane mi aspettano.

Il percorso dell'Alta Via dei Camosci

Il percorso potrebbe ancora subire variazioni, ma indicativamente dovrebbe essere il seguente:
Martedì 2 luglio >>> Villabassa - Rifugio Vallandro
Mercoledì 3 luglio >>> Rifugio Vallandro - Rifugio Alfonso Vandelli
Giovedì 4 luglio >>> Rifugio Alfonso Vandelli - Borca di Cadore
Venerdì 5 luglio >>> Borca di Cadore - Rifugio Venezia-Alba Maria De Luca
Sabato 6 luglio >>> Rifugio Venezia-Alba Maria De Luca - Rifugio Dolomites
Domenica 7 luglio >>> Rifugio Dolomites - Rifugio Casera Bosconero
Lunedì 8 luglio >>> Rifugio Casera Bosconero - Bivacco Osvaldo Tovanella
Martedì 9 luglio >>> Bivacco Osvaldo Tovanella - Longarone

E come dissi un anno fa circa, alla vigilia dell'Alta Via dei Giganti, "caro Stefano, non ti resta che scarpinare!"
A presto,
Stefano

mercoledì 19 giugno 2013

Annunci in vista, atto primo: Dolomiti!

Ciao a tutti!
Come avevo già raccontato (anche se parzialmente) nel post pubblicato una settimana fa, quest'anno avrei voluto completare l'esperienza "valdostana" ripetendo il trekking che porta da Donnas a Courmayeur, ma percorrendo in questo caso i sentieri dell'Alta Via n.2 (detta anche "Naturalistica")... Rosa, Cervino e Grand Combin sostituiti da Avic, Gran Paradiso e Rutor.
Niente avventure valdostane, purtroppo. Nonostante la colonnina di mercurio si sia alzata parecchio negli ultimi giorni, il manto nevoso è ancora molto spesso. Le immagini che provengono dalle webcam poste a La Thuile e al Colle del Piccolo San Bernardo sono poco incoraggianti. Troppo rischioso provare a superare punti a quota oltre tremila metri in queste condizioni. E i nevai nei canalini? Sarebbero attraversabili in sicurezza? Troppi sono i fattori di incertezza sul percorso.

Il Pelmo visto dal Rifugio Sonino al Coldai al tramonto (foto di archivio, 11 agosto 2012)

Per ora, non voglio rinunciare ad una bella avventura in montagna ad inizio luglio. Ma se la Valle d'Aosta non è, per così dire, agibile, la situazione è ben diversa per quanto riguarda le Dolomiti. Le quote altimetriche sono inferiori e le possibilità di trovare neve sui sentieri sono decisamente minori. Quindi, Dolomiti siano!
Non c'è ancora nulla di ufficiale, ma il percorso prescelto è quello dell'Alta Via n°3 delle Dolomiti, detta anche "dei Camosci". Si parte da Villabassa, in Val Pusteria e in sette/otto giorni si arriva a Longarone, nella Valle del Piave. Sono circa 120 chilometri di percorso, 6500 metri di dislivello verticale e 35/40 ore di cammino. Un'altra avventura notevole. Nulla da paragonare con la mia prima Alta Via, quella "dei Giganti".
Ah, dimenticavo... Ancora una volta, in solitaria!

Il gruppo del Sorapiss e il Monte Cristallo visto dalle Tre Cime di Lavaredo (foto di archivio, 4 luglio 2011)

Montagne diverse, sentieri diversi, atmosfera diversa. Completamente, ma panorami altrettanto affascinanti. Posso garantirvelo, e ve lo dimostrerò, ancora una volta con il racconto su A spasso tra i Giganti.
Partenza prevista per la prima settimana di luglio, ma tutto è ancora da confermare: l'Alta Via richiede molta preparazione, e questa volta non intendo dire solo quella fisica. Studiare il percorso, contattare i rifugi e gli uffici turistici, valutare le condizioni dei sentieri e preparare l'attrezzatura necessaria. Ovviamente, ulteriori aggiornamenti nei prossimi post!
A presto,
Stefano

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