sabato 31 dicembre 2016

Anelli, aerei e tutori

Un altro anno sta per salutarci. Il 2016 fra poco sarà un ricordo da incastonare nella nostra teca delle memorie passate. Ma che anno è stato? Ottimista di natura, quasi di professione, porterò con me tanta positività. E non potrebbe essere altrimenti. Per me il 2016 è in assoluto l'anno del matrimonio: dopo tre anni trascorsi da fidanzati prima e da conviventi dopo, mi son sposato con Giulia. Anno importante, dunque, il 2016. Il matrimonio è una tappa essenziale nel breve e lungo cammino della nostra vita sulla Terra. Impossibile per noi dimenticare questo anno.

Ricordo principe del 2016: il viaggio di nozze (qui alle Cascate Vittoria)

Non lo possiamo dimenticare anche per tutti gli annessi e connessi di un matrimonio. Penso subito al viaggio di nozze. Per suggellare la nostra unione abbiamo deciso di trascorrere la luna di miele in un altro continente. Abbiamo scelto l'Africa, l'Africa più lontana, quella dell'emisfero australe. Due settimane tra Sudafrica e Zimbabwe, per rilassarci (mentalmente, non fisicamente) dalle ansie e dagli stress che comporta una cerimonia come il matrimonio. Due settimane in cui abbiamo scoperto qualcosa agli antipodi della nostra cultura, del nostro paesaggio e della nostra tradizione. Momenti assolutamente indimenticabili.

Come non innamorarsi di Creta?

Non solo Africa tra le scoperte del 2016. C'è stata una prima volta in Grecia, per la precisione a Creta, per la quale è sbocciato un amore devastante, per il quale credo che un nostro ritorno (non necessariamente a Creta, ma in qualche altra isola greca - o anche sulla terraferma) sia molto probabile in tempi non troppo distanti. Creta ti prende e ti porta via, utilizzando le parole di una celebra canzone di Vasco Rossi. Sempre restando sul tema balneare, abbiamo scoperto come anche un mare assai meno frequentato come il Mar Baltico possa essere una fonte di ispirazione per futuri viaggi nel nord Europa.

Le strandkorb del Mar Baltico

Ma il 2016 è stato anche l'anno di nuove, grandi e piccole, scoperte e riscoperte.
Ho scoperto il fantastico mondo delle terme, ho scoperto come siano appassionanti i libri di Elena Ferrante (e non ho ancora finito). Ho riscoperto la straordinaria figura di Walter Bonatti, a cinque anni dalla sua morte. Ho riscoperto l'amore per la musica di Bruce Springsteen, toccando l'apice nel concerto del 3 luglio a San Siro. Insomma, le soddisfazioni non sono mancate. Ho riscoperto città che già amavo, come Monaco, Amburgo e Berlino, o altre che apprezzavo meno, come Milano. Ne ho scoperte di nuove, come Lubecca.

Soddisfazioni e infortuni da Berlino

L'unico capitolo che definirei agrodolce è stato quello relativo alla corsa. Più impegni e più guai di salute si traducono immediatamente in meno chilometri e meno corse. Il matrimonio porta via risorse psicofisiche non più investibili in allenamento, e due influenze hanno ridotto il programma primaverile ad una mezza maratona (a Gelsenkirchen). L'autunno doveva essere la stagione del riscatto, è in parte lo è stato. Una maratona l'ho corsa, a Berlino: voleva essere una maratona da record per me, è stata una esperienza meravigliosa ma allo stesso tempo sono stato ben lontano dai tempi previsti e prefissati, e soprattutto sono incappato in un infortunio serio al piede, che mi ha tenuto lontano da ogni pratica sportiva per un paio di mesi. Poteva andare meglio, ecco. Ma non cerco scuse, non voglio sentire lamentele uscire dalla mia bocca.
Tutto è migliorabile, a partire dall'anno che verrà. Capodanno serve proprio a questo: chiudere bene il capitolo di un anno che ci sta salutando, aprire altrettanto bene un nuovo capitolo del libro della vita, un 2017 che spero ricco di nuove emozioni e di nuove scoperte.
Per me e per voi. Tanti Auguri di Buon Anno!
Stefano

mercoledì 28 dicembre 2016

Langhe, tra cavatappi e panchine

Certe volte le pieghe del destino ci portano (e ci riportano!) in posti che, sebbene veramente vicini a dove si è vissuti per decenni, erano stati... snobbati. Il destino, nel caso che voglio raccontare in questo post, si chiama matrimonio. Il posto, nella fattispecie è un paese, si chiama invece Barolo e posso dire che nel 2016 ho avuto l'onore di recarmici per ben due volte. Barolo è una località simbolo delle Langhe, per più di un motivo. Per l'omonimo e rinomatissimo vino, che ho bevuto per la prima volta proprio il giorno dopo essermi sposato. Per il suo ridente ed accogliente centro storico, sempre vivace e ricco di visitatori, nella bella stagione come in quella più fredda. Per i suoi ristoranti, che uniscono la fama vinicola alla sapiente tradizione gastronomica piemontese.

Panorama da Vergne

Il giorno dopo il matrimonio con Giulia, Barolo (e più in generale, le Langhe) è diventata la sede dove trascorrere la giornata che avrebbe preceduto la nostra partenza verso il Sudafrica. Era da anni che non mi recavo più nelle Langhe, che non vi trascorrevo una giornata. E ho riscoperto una realtà, personalmente accantonata e messa da parte, forse perché a meno di un'ora da casa, che è qualcosa dal valore inestimabile. Arrivando in auto da ovest, si ha già un primo assaggio scendendo da Bra verso Cherasco, oppure risalendo la strada che porta alla borgata di Vergne. Ma quando si percorre la discesa che punta verso Barolo, lì si rimane estasiato. Per ben due volte, a circa sei mesi di distanza, questo breve tratto di strada ha saputo meravigliarmi. A maggio, le Langhe, con le sue preziose vigne nel bel pieno della loro rigogliosità, sono uno spettacolo che lascia senza fiato.

Le Langhe viste da Barolo

Le colline innevate di Clavesana

Una tale visione mi aveva fatto immediatamente colpito al punto tale che avrei voluto tornare al più presto. E così, nelle Langhe sono tornato con i miei amici per la tradizionale gita "di fine anno", qualcosa a metà strada tra una scampagnata e una "zingarata" in stile Amici miei. La neve caduta nei giorni prima di Natale, non spazzata via dal vento, ha macchiato di bianco queste colline, rendendole ancora più uniche. L'immaginario collettivo delle Langhe fa riferimento alle tonalità giallo-rosse dei vigneti in autunno, non al bianco della neve, che il riscaldamento globale rende sempre più rara. Beh, questo tratto della SP3 che scende verso Barolo è ufficialmente una delle mie strade preferite. Una strada in cui c'è tutto il meglio del Piemonte: un panorama incredibile sulle Langhe, i vigneti simbolo della insuperabile tradizione enogastronomica piemontese, il castello dei Marchesi Falletti che spunta, come uno sperone dal piccolo altipiano in cui giace il piccolo centro abitato di Barolo.

Il castello dei Marchesi Falletti di Barolo

Barolo è diventato negli ultimi anni un'importante meta turistica per il Piemonte, grazie all'incredibile offerta (specie considerando che Barolo conta meno di mille abitanti!) che ha messo a disposizione questo territorio. C'è il WiMu (= WineMuseum), il museo del vino, all'interno del castello Falletti. C'è il Collisioni Festival, un evento di musica e letteratura che attrae star internazionali e di conseguenza il pubblico. C'è un borgo storico curato e seducente, ci sono decine di enoteche, in grado di attirare i favori di una clientela giovane ed esigente. In una di queste, si trova anche il museo del cavatappi, che abbiamo visitato.

Vista su Langhe e Alpi coperte dalla neve

È incredibile, ma è vero: non ci si immagina come attorno ad un cavatappi, un oggetto così semplice, si possa nascondere una parte di storia della nostra cultura e la vivifica immaginazione e creatività dell'uomo. Nel museo allestito in una sala dell'enoteca Barolofriends, vengono esposte centinaia di esemplari diversi dell'utensile utilizzato per aprire le (preziose, se parliamo di Langhe) bottiglie di vino, il cui primo brevetto risale alla fine del XVIII secolo. Sono gli inglesi, amanti del buon vino italiano, a depositarlo. Sembra assurdo, per noi che consideriamo una bottiglia di vetro come un oggetto comune, ma prima del 1728 era vietato il commercio di vino in contenitori di vetro: proprio per questo motivo non esistevano cavatappi.
Il museo ripercorre la storia di questo oggetto, proponendo una selezione di cavatappi nelle sue diverse tipologie, dal più semplice modello a T (il classico tirabusciò) all'antiquato cavatappo a leve composte, dai primi cavatappi a campana al cavatappi tascabile, dal comune cavatappi domestico a leva fino ai più giganti cavatappi da parete. Senza dimenticare come la moda e le influenze stilistiche abbiano influenzato il design di questi oggetti. Alcuni esemplari, dal manico in oro o in avorio, realizzati da Tiffany o da Cartier, sono da considerare alla stregua di gioielli preziosi. Altri esemplari, tra cui i cavatappi figurativi, sono l'esempio estremo della gara creativa alla ricerca dell'originalità a scapito della praticità. Alcune immagini in basso spiegano in modo più che chiaro cosa intendo dire...

Cavatappi ironici...

...e "fallici"

Fermarsi a mangiare a Barolo è un must. Di ristoranti ce ne sono molti, considerando la dimensione del paese. In uno di questi abbiamo trovato il culmine del piacere gustativo, ognuno a suo modo. Chi con il brasato al barolo, chi con i tajarin al ragoût d'anatra. Chi con il risotto al barolo e chi con gli gnocchi al castelmagno. Tutti, rigorosamente, con un bicchiere di nebbiolo. Appagante. Non si può passare da Barolo senza una doverosa e qualitativa tappa enogastronomica. Come andare a Parigi senza vedere la Tour Eiffel.

Tramonto invernale su Dogliani

Il pranzo di Santo Stefano è stato eccellente. Ma dopo i bagordi di Natale, inizia a sentirsi un certo peso. Bisogna bruciare calorie. Allora decidiamo di andare a caccia. Non di animali, no. Di panchine. Di panchine giganti. Da qualche mese, infatti, le Langhe si sono riempite di panchine dalla taglia extra-large. Sono un'idea di un designer americano che ha deciso di stabilirsi proprio nelle Langhe. Oggi ce ne sono ben otto, sparse tra le varie colline, poste in diversi punti panoramici.
Nell'abitato di Clavesana avremmo dovuto trovarne ben tre, ma la ricerca è stata infruttuosa. Siamo andati alla loro ricerca un po' come un'armata Brancaleone, poco preparati e male attrezzati per camminare tra le vigne che se non sono innevate, risultano infangate. Abbiamo dunque ripiegato su Dogliani, dove la panchina gigante è posizionata nella parte alta della città, dalla quale si gode di una gran visuale sul paese in basso e soprattutto sulle Cozie, Monviso in primis. Che dire, giganti lo sono eccome: serve una scaletta per salirvi sopra!

La panchina gigante di Dogliani...

...veramente gigante!

Cercare le panchine giganti nelle Langhe è stato un modo alternativo per riscoprire questo territorio che, ammetto, non conoscevo (e non conosco) bene. Alcuni punti di vista sono un patrimonio di incredibile valore. Cercando queste panchine ci siamo imbattuti e veri e propri balconi a 360°: da una parte la sterminata distesa di colline, dall'altra una fila di vette e guglie che poche altre regioni al mondo possono vantare. I colori del tramonto, un paesaggio insolitamente innevato hanno fatto il resto, tutto il resto di una giornata indimenticabile.
A presto!
Stefano

lunedì 26 dicembre 2016

Bücher: L'ombra del Cannibale

"Quei due ragazzi non l'avevano riconosciuto e tanta altra gente non si voltava quando l'incontrava. Era un uomo come tutti gli altri. Però, a differenza degli altri, aveva così tante storie da raccontare che tre vite non sarebbero bastate. Era un uomo fortunato. Aveva avuto l'opportunità di dimostrare il suo talento senza che nulla ostacolasse il disegno. Altri erano stati fermati da infortuni o da sfortunate casualità della vita. Ogni secondo della sua esistenza era stato scandito con armonia e con la precisione degna del miglior cronometro da competizione. Pareva che Dio avesse posato il dito su Menseel-Kiezegem quando lui era nato e che poi l'avesse seguito in ogni suo spostamento. Non sapeva perché proprio lui fosse Eddy Merckx."
Marco Ballestracci, L'ombra del Cannibale


Ballestracci e un altro capolavoro: L'ombra del Cannibale, libro incentrato sulla figura del più forte ciclista di tutti i tempi, Eddy Merckx. Si, un capolavoro. Un romanzo composto di tanti racconti che raccontano una carriera ineguagliabile e delineano la personalità del campione belga.
Perché Cannibale? Perché la voglia di vincere di Merckx era senza paragoni: ai suoi avversari, solo le briciole (e il nostro Gimondi lo sa bene). Dunque cosa è l'ombra del Cannibale? Era il lato più nascosto della sua etica ciclistica: non si trattava di vincere per il gusto di vincere o per detronizzare l'avversario, ma perché è giusto che sia il più forte a vincere, perché è la cosa più sensata e corretta. Se sei il più forte non puoi buttare i sacrifici, fisici e non solo, di una vita, bisogna puntare al massimo. E il più forte era indubbiamente Eddy Merckx. Era il numero uno, sapeva di esserlo, ma con grande serenità accettava la sconfitta, purché questa fosse giusta e conquistata con onore.
L'ombra del Cannibale sono le centinaia di storie che Merckx ha direttamente o indirettamente influenzato, alcune di queste raccontate da Ballestracci con toni che sconfinano nell'epica. Come il dramma di Jean-Pierre Monseré, l'astro nascente del ciclismo belga morto investito da un auto durante una corsa minore. Come le beffe subite da Franco Bitossi al Mondiale di Gap del 1972 e il secondo posto di Baronchelli al Giro del 1974 per soli diciotto secondi dopo il prodigioso recupero di Merckx. Come la vendetta su Cyrille Guimard a Bordeaux, come il dramma di Luis Ocaña sulla discesa del Col de Menté - forse il punto più bello di tutto il romanzo. In L'ombra del Cannibale la figura di Merckx e la psicologia che stava dietro il campione vengono magistralmente illustrate tramite alcune tappe chiave della sua carriera: i primi allenamenti in sella facendo il fattorino, le prime corse vinte da ragazzino, dal primo Mondiale fino alla debacle che ne segnerà il declino, nella tappa di Pra Loup nel Tour 1975.
L'ombra del Cannibale è anche un libro perfetto per tramandare momenti di storia di ciclismo che non c'è più. La morte di Tom Simpson sul Mont Ventoux o l'assalto a Bartali e Robic sul Col d'Aspin sono vicende drammatiche che appartengono ad uno sport che, oggi, non esiste più. Nel romantico e malinconico finale, durante il quale ho dovuto trattenere la lacrimuccia, Ballestracci opera una riflessione sul ciclismo del Duemila, immaginando un Merckx ormai avviato verso i sessant'anni, che ripercorre le strade sulle quali ha bruciato energie e sparso sudore e vede un mondo che non è più il suo. Nel ciclismo iperprogrammato di oggi, di figure come Eddy Merckx, senza la paura di vincere, ci sarebbe bisogno come il pane.
Bis bald!
Stefano

Giudizio: 10/10 

domenica 25 dicembre 2016

Di cuore e col cuore: Buon Natale!

Forse da italiano all'estero è un'altra cosa. Settimane, mesi, trascorsi lontani dai propri affetti. Per Natale, poi, torni a casa, in Italia, per quella che per noi più che una festa è ormai un giorno di vacanza prestabilita, inamovibile, scolpito nella dura pietra. A poco a poco ritrovi luoghi, persone, immagini, sorrisi, qualcosa che era così lontano, il cui ricordo è immortale nel pensiero ma la cui immagine tende a sfocare. Una gioia grande, quando recupero tutto questo carico di bene. Una sensazione di pace dentro.


Non posso che augurarvi questo per il giorno di Natale e per i giorni di festa che stanno arrivando. A tutti quanti voi, lettori di A spasso tra i Giganti, i più cari Auguri di Buone Feste!
A presto!
Stefano

sabato 24 dicembre 2016

Weihnachtsmarkt, Anno Domini 2016

Dici "mercatini di Natale" e dici Germania. No other way. La tradizione di una manifestazione non la si può esportare. La tradizione di eventi dalla storia centenaria, secolare, non la si inventa da un giorno all'altro. Le peculiarità dei mercatini tedeschi sono ineguagliabili, uniche al mondo. Per respirare tutta la gioia dell'Avvento bisogna venire a nord, nel cuore della Germania. Dove farà freddo, ma c'è il Glühwein per scaldarsi. Dove non ci sarà il cibo italiano, ma a Natale ci sono leccornie ineguagliabili. Dove c'è poca luce, ma candele e lanterne garantiscono un'illuminazione emozionante. Dove c'è il gusto del trovarsi insieme per comprare un regalo o bere una tazza di vino, in allegria, serenamente. Tutto questo sono i Weihnachtsmarkt, e questo post fotografico nella vigilia di Natale, è il mio omaggio al dicembre tedesco, uno dei momenti in cui sono più contento di vivere in questo paese.


































 




Bis bald!
Stefano

(foto scattate dai mercatini natalizi di Francoforte sul Meno, Coburgo, Forchheim e Norimberga)

venerdì 23 dicembre 2016

Weihnachtsmarkt 2016 @ Schweinfurt

E non potevo, giunti alla fine dell'Avvento, non presentare i mercatini di Natale di casa. Proprio loro, che ci fanno emozionare quando vediamo le prime casette montate sulla fine di novembre, che ci sanno ammaliare con aromi a cui dovremmo essere abituati ma che infine riscopriamo ogni anno con felicità, che ci dimostrano come è bello festeggiare le vacanze natalizie in Germania. E che ci fanno disperare, anche, perché sfido tutti a trovare parcheggio o a non morire asfissiati dai gas di scarico in questi giorni di convulso shopping pre-natalizio.

La folla degli ultimi giorni di mercatini, a Schweinfurt

Però li amo, li amiamo. Senza, il mese di dicembre, uno dei periodi migliori per venire in Germania, non sarebbe affatto la stessa cosa. Quelli di Schweinfurt, poi, in modo particolare. Perché in fondo ogni dicembre, nelle varie casupole installate nella Marktplatz, vediamo sempre le solite facce, decorazioni che non cambiano mai da un anno all'altro, le stesse tazze per il Glühwein, la stessa giostrina che gira. E così ci piace, forse vorremmo fosse sempre così.

All'ombra del Rathaus - e di un albero mica tanto piccolo...

Quest'anno, anche a causa di impegni lavorativi che ci hanno costretto a dedicare meno tempo ad attività ludiche come i mercatini, non abbiamo vissuto la manifestazione come avremmo voluto. Credo che il numero di tazze di Glühwein bevute a Schweinfurt sia... una! (un record storico in negativo). Quest'anno è andata così. Ma quando stamattina, recandomi in ufficio, sono passato con la bici tra le casette ancora chiuse, avvolte nella nebbia mattutina, quando poco fa sono passato per l'ultimo giro tra le bancarelle, per fare il pieno di profumo di Gebrannte Mandeln e Glühwein, prima di tornare a casa per preparare i bagagli perché domani si ritorna in Italia, un po' di magone in gola ce l'avevo. Finisce un altro Avvento, e dovremo aspettare altri undici mesi - un lungo inverno e un'estate torrida, nel mezzo - prima di ritrovare quell'aura magica che ogni anno ci fa amare questi mercatini...







Bis bald!
Stefano

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