lunedì 29 maggio 2017

Alé

Lo sport porta quotidianamente alla ribalta storie di uomini. Uomini che sono nient'altro che persone normali, come tante altre, ma che hanno avuto la bravura di distinguersi nel loro ambito. E se l'ambito è quello del calcio, è inevitabile che si finisca sotto i riflettori. Nel giorno che passerà alla storia del calcio come quello in cui Francesco Totti ha giocato la sua ultima partita con la maglia della Roma, vi è una storia - calcistica, ma anche umana - che (personalmente parlando) mette in secondo piano quanto successo all'Olimpico di Roma. È l'incredibile salvezza del Crotone, è la vicenda del suo allenatore Davide Nicola.

Davide Nicola portato in trionfo dopo la vittoria per 3-1 sulla Lazio

Nicola è un allenatore giovane, è un piemontese (come me), ma non solo. Lui è un uomo che arriva dalla campagna pinerolese, da Vigone, un paese che confina con il mio paese di origine (Cercenasco), i quali distano poche centinaia di metri tra loro. Gli abitanti sono pochi, ne conta poco più di cinquemila Vigone, poco meno di duemila la mia Cercenasco. In questi paeselli, più o meno tutti si conoscono; sapere che un concittadino è un calciatore di una squadra che milita in Serie A o in Serie B, e successivamente allena squadre dei campionati professionistici italiani, è motivo di interesse, di orgoglio e di vanto. Nicola non era un fuoriclasse in campo, non so se il futuro gli riserverà grandi trionfi in panchina, ma è assodato come sia sempre stato un professionista esemplare per applicazione, rispetto e dedizione. Gli appassionati di calcio della zona seguirono, e seguono tuttora, con massima attenzione, la carriera di Nicola, augurandogli sempre tutto il meglio.
Il mondo del calcio tutto, ma ancora di più la popolazione locale si è stretta intorno a lui e alla sua famiglia quando, il 14 luglio 2014, Nicola ha perso un figlio a causa di un terribile incidente in bici. Quel giorno me lo ricordo perfettamente. Ero in vacanza all'Isola d'Elba e, tornando dalla spiaggia, mia madre mi chiamò disperata raccontandomi quel che era successo. Era sotto shock, non solo per la tragedia, ma anche perché in quel momento lei si trovava a soli cento metri dal luogo dell'incidente, perché nel punto in cui è morto Alessandro Nicola io in bicicletta ci sarò passato centinaia di volte, per le modalità dell'incidente - assolutamente terribili. Conosco persone che quella notte non la dormirono, per ciò che successe quel maledetto pomeriggio di luglio. 
Lui è una persona normalissima, spesso si faceva vivo in paese quando poteva (io lo incrociai una sera in pizzeria), è un ragazzo al quale non si poteva e non si può non voler bene. Il destino ha tolto tanto a Davide Nicola, anzi troppo: un figlio. Neanche vincere una Champions League da allenatore sarebbe sufficiente per sanare una ferita come quella della perdita del figlio Alessandro. Però tutti quelli che lo conoscono hanno sempre desiderato che almeno la carriera da allenatore gli restituisse almeno un po' di ciò che un destino infame gli ha tolto.
Allenare una neopromossa come il Crotone, con zero esperienza nella massima serie e una rosa giovane e tecnicamente non all'altezza del campionato, rappresenta una sfida difficile per Nicola. Il Crotone colleziona una serie infinita di sconfitte e il girone di andata di chiude con soli nove punti all'attivo. Nel girone di ritorno la svolta, grazie ad un rush finale condotto ad media punti da far invidia alla Juventus capolista. Quando, a undici punti di distanza dalla quartultima in classifica, affermò che la salvezza per lui era un obiettivo possibile, molti storsero il naso, dandogli del pazzo o del visionario. Prima della partita (vittoriosa) con l'Inter, Nicola aveva detto che se la salvezza si fosse concretizzata sarebbe tornato a casa, da Crotone a Torino, in bici. Addirittura in bici, quella bici che gli ha tolto il bene più prezioso che può avere un uomo.
Quando poi, a due giornate dal termine, si doveva giocare Juventus-Crotone, con la Juventus che cercava i tre punti per la vittoria del campionato e i calabresi alla ricerca di punti-salvezza, ero dispiaciuto. Dispiaciuto che la gioia dell'una significasse la disperazione dell'altra. Fortunatamente, il destino stavolta ha aiutato l'audace Crotone. Nicola e la sua squadra hanno fatto un capolavoro, grazie a tanta passione e altrettanto duro lavoro in allenamento e in campo, il miracolo si è compiuto, la favola del Crotone ha il tanto invocato "lieto fine". Dopo la corsa nello stadio del Crotone, ora è il momento di correre a casa, in sella!

domenica 28 maggio 2017

Nozze di cotone

L'avresti detto ieri, che oggi siamo qua, con tutta l'anima
Noi adesso, due emozioni che si danno pace e il permesso di conoscersi profondamente
Con le braccia aperte nude ad accoglierci
Solo chi ha paura mette limiti
Orgogliosamente noi
Eros Ramazzotti, Noi

Un anno di NOI

sabato 27 maggio 2017

Sotto una coltre di rovine

Ciao a tutti!
L'estate non è ancora arrivata ma le temperature sempre più alte sono il sintomo che ormai si sta per entrare nella stagione più calda. Quest'anno l'estate vorrebbe essere nuovamente un momento in cui dedicarmi alla montagna. Così amata, così rimpianta, così fortemente assente, da quando sono in Germania. Qualsiasi avventura tra i monti, però, richiede preparazione adeguata. Su ripidi sentieri e su percorsi chilometrici, non si improvvisa nulla. Servono gambe forti e polmoni abituati. Per questo motivo, dunque, da qualche giorno sto iniziando la preparazione atletica in vista di ciò che, a scanso di problemi last-minute, succederà a luglio: nuovi percorsi nelle Alpi, rigorosamente a piedi e con lo zaino sulle spalle. La preparazione per questo tipo di attività comprende diversi tipi di allenamenti, ma quello che ritengo più importante è quello specifico: camminare, camminare, camminare. E se ciò che mi circonda, qui in Franconia, non consente di accumulare grossi dislivelli, allora è necessario rimediare allungando la distanza percorsa. Questo non è un problema: le ampie foreste tedesche, attraversate da una fitta rete di sentieri, consentono di scarpinare per decine di chilometri senza spostarsi eccessivamente.

Campi gialli in via di sfioritura

Con il passare dei mesi in Germania, mi sono reso conto che attorno a Schweinfurt ci sono molte aree che non conosco e da me inesplorate. Dopo la Gramschatzer Wald, la Rhön e la Thüringer Wald, stavolta è toccato alla Haßberge. È un area ad est di Schweinfurt - da cui prende anche il nome la città di Haßfurt - caratterizzata da numerose colline boscose. Formerebbe un'entità unica con la Steigerwald, ma a separarle c'è proprio il Meno: la Haßberge è a nord, mentre la Steigerwald è sud del grande fiume che attraversa la Bassa Franconia.
Il mio itinerario inizia da Hohnhausen, una frazione di Burgpreppach, che giace in una conca che in questa stagione presenta l'ultima fioritura dei campi di colza. Il primo tratto di sentiero, prima di addentrarsi nella foresta, è proprio nel giallo della colza. Viste da un'altura, queste coltivazioni regalano sempre un colpo d'occhio che mi fa realizzare quanto sia fortunato a vivere in questa zona della Germania.

Burg Königsberg

La foresta, oltre a garantire un'ampia rete di sentieri, è perfetta anche nelle situazioni in cui si fa sentire la forza del primo caldo. Camminando su queste comode vie circondate da alberi – sterrate ma carrozzabili – è molto facile perdere l'orientamento. Spesso la coltre di alberi è senza soluzione di continuità, nonostante le foreste dentro il parco della Haßberge siano numerose; nel mio percorso ne ho attraversate tre: Großmanndorfer Wald, Stadtwald e Bramberger Wald. Senza mai accorgermi dove fosse il confine tra di esse. La compagnia è scarsa: qualche non più giovane camminatore, una comitiva a cavallo e un cervo (o un capriolo, comunque un cervide) che all'improvvisa attraversa rapidamente il sentiero di fronte a me.
Uno dei tanti percorsi che si possono seguire nelle foreste della Haßberge collega i diversi castelli in rovina che si trovano in quest'area. Paradossalmente, il primo castello che incontro è invece tutt'altro che massacrato dall'incuria e dall'incedere del tempo. È il Burg Königsberg, il castello che domina l'omonimo borgo di Königsberg in Bayern. È un castello visibilmente restaurato negli ultimi decenni, ma le sue origini risalgono al 1200 e annovera un lungo periodo di decadenza lungo oltre due secoli, fino all'attuale restauro. Ora il castello ospita un piccolo ristorante e dalle sue mura si gode di un gran panorama sulla cittadina di Königsberg in Bayern, nonché sulle pianure della valle del Meno. Al Meno, però, piace nascondersi tra le campagne circostanti.

Vista dalle rovine di Bramberg

Attraverso qualche campo di grano prima di rientrare nella foresta, incontro le prime vere "asperità" sul percorso, e il sentiero ritorna circondato da una fitta foresta. Adoro camminare nella foresta: se è vero che ad ogni incrocio di sentieri bisogna fare molta attenzione alla direzione intrapresa, è altrettanto vero che rimane una grande quantità di tempo nel quale riflettere e pensare. In montagna bisogna fare attenzione, oppure si può contemplare una bella visuale su vette e dirupi. Qui invece si può trascorrere molto tempo in compagnia della propria mente. Sarà per questo che la Germania è la per eccellenza la patria dei più grandi filosofi dell'epoca moderna?

Da Hohnhausen a Königsberg in Bayern, andata e ritorno...

...su e giù

Ritrovo il sole nei pressi di Bramberg, un'altra frazione (di Ebern) nell'area del parco naturale della Haßberge. È da qui che ha inizio l'ultima salita, verso le rovine del castello di Bramberg, che ha una particolarità: è il più alto dell'area e fu distrutto addirittura da un imperatore, Federico I Barbarossa. Un castello che andava annientato per la sua posizione strategica? Non mi è dato di saperlo, ma la vista sulle colline a nord del Meno è veramente ampia.
Questa, verso le rovine di Bramberg, era l'ultima salita della giornata. Breve ma tosta. Dopo oltre venticinque chilometri di cammino, sicuramente si è fatta sentire sulle gambe. E meno male, perché fra poco più di un mese, dovrò sentire ben altre fatiche.
Bis bald!
Stefano

giovedì 25 maggio 2017

Meine schöne Stadt vol.10

Quando l'estate finalmente arriva a Schweinfurt... è subito amore!

Le panchine sono come inestimabili scrigni della memoria. Su queste consunte superfici di legno vengono custodite innumerevoli storie, tristi o gioiose, mani che si cercano, dita che sfogliano libri, occhi che si incrociano, labbra che si trovano e si ritrovano, la testimonianza del tempo che scorre.

mercoledì 24 maggio 2017

Mille grazie, Ferrari

Ci sono quelle mattine in cui ti svegli e non credi ai tuoi occhi. Vivi in Germania ormai da qualche anno e certe cose non le pensi neanche, perché, col senno di poi, le ritieni inconcepibili.
Una mattina, a poche decine di metri dall'ingresso del mio luogo di lavoro, vedo che qualcosa è cambiato. Il cartellone pubblicitario della mia azienda, in posizione strategica (tutti coloro che escono da Schweinfurt per immettersi in autostrada sono obbligati a vederlo), ha qualcosa di nuovo da elogiare. Non è più la meravigliosa formazione delle giovani leve, né la grande qualità dei suoi prodotti o le sue competenze in termini di ricerca e sviluppo, ma... i settant'anni di partnership con la Scuderia Ferrari. Una grande scritta, "Mille Grazie, Ferrari".

Omaggio al Cavallino

L'azienda per cui lavoro da oltre dieci anni (non la cito, ma basta vedere la foto) è fornitore ufficiale della Scuderia Ferrari, il suo nome compare sul telaio delle vetture di Sebastian Vettel e Kimi Raikkonen, e questo già è sufficiente per rendermi orgoglioso. Stavolta, però, l'orgoglio è qualcosa di diverso. Cercate di comprendermi: si tratta di tedeschi che ringraziano italiani. Non è un fatto scontato. I tedeschi amano l'Italia: vengono in vacanza nel nostro paese, apprezzano le nostre donne, invidiano il nostro clima, bevono il nostro vino e vanno pazzi per la nostra cucina. Ma in fondo siamo rivali, e non solo nel calcio (vedi post). La storia ce lo insegna: le guerre nel secolo scorso, i contrasti all'interno dell'Unione Europea, ora. E si potrebbero fare tanti altri esempi.
Vedere un tedesco, o una azienda tedesca che ringrazia un'azienda italiana (probabilmente la più famosa nel mondo, d'accordo) è motivo di rispetto per un popolo che si è spesso dimostrato arrogante nei nostri confronti, è motivo di gioia per la stima reciproca tra due popolazioni, è motivo di onore ed orgoglio per un italiano in Germania, ma per l'Italia tutta.
Bis bald!
Stefano

lunedì 22 maggio 2017

Commozione e rabbia

Un mese fa... Michele Scarponi. Oggi, Nicky Hayden. Due grandi personaggi di sport, due sportivi di primo piano delle due ruote, motorizzate e non, il cui destino in comune è quello di aver concluso la propria vita sulle strade, in sella ad una bicicletta.
La morte di Hayden, campione del mondo della MotoGP nel 2006, è a suo modo ancora più beffarda e assurda. Beffarda perché chi di professione corre su una moto si espone a rischi continui tutti i santi weekend, rischi ben più grandi di salire su una bicicletta. Assurda, perché Hayden amava la bici, il ciclismo era un modo per tenersi in forma, morire così... non ha senso.
Si potranno dire tante cose, che la macchina che l'ha investito troppo forte, che lui non ha rispettato lo stop all'incrocio, o chissà cos'altro. Una cosa è certa: andare in bicicletta su queste strade, in Italia, è pericoloso, quasi un azzardo. Ne è prova la morte, sempre a Rimini (!!!), della triatleta tedesca Julia Viellehner, investita da un camion.
Basta guardare le foto del luogo dell'incidente. Il segnale di stop è coperto da un cespuglio, la segnaletica orizzontale pare deficitaria, la strada non ha "vie di fuga". Zero spazio per un ciclista. Penso alle strade della mia terra di origine (che criticai ampiamente solo un mesetto fa, vedi post), ma più in generale alle strade italiane. Poi, ripenso a quelle che vedo costantemente in Germania, ogni giorno, ogni mattina per recarmi in ufficio. Con molto spazio per le bici, talvolta con una corsia ad esse dedicata, se non addirittura un intera carreggiata a disposizione. Una differenza che sarebbe eufemistico definire abissale.

Nicky Hayden dopo la vittoria del Campionato Mondiale MotoGP nel 2006

Per queste motivazioni, la morte di Nicky Hayden non solo suscita in me solo la commozione e la tristezza del caso, ma anche tanta rabbia. La morte di un personaggio famoso ovviamente colpisce di più rispetto a quella di una persona sconosciuta, ma è importante non dimenticare che la scomparsa di Hayden è solo la punta dell'iceberg di un grande problema: la sicurezza dei ciclisti sulle nostre strade.
Buon viaggio, campione.

domenica 21 maggio 2017

Si scrive 6 (+3), si legge... storia!

"A parte il primo scudetto in cui siamo stati la rivelazione, la sorpresa, in tutti gli altri siamo partiti come favoriti e sulla carta lo eravamo. Però dico anche, per chi non è avvezzo a certe vittorie e alla continuità, che anche si è più forti, riuscire a vincere per così tanti anni di fila è un sacrificio enorme, a livello nervoso, tutti i giorni per migliorarsi, tutte le domeniche per vincere, perché ogni pareggio è una mezza sconfitta ed è veramente un assillo. Siamo stati, secondo me, grandiosi."
Gianluigi Buffon, dopo la conquista del 35° Campionato italiano di Serie A

Let's the party started (fonte: juventus.com)

"Grandiosi". Le parole del capitano della Juventus, Gianluigi Buffon, sono a mio parere le più significative, tra quelle sentite ieri, dopo la vittoria per 3-0 sul Crotone, che ha matematicamente sancito la vittoria del trentacinquesimo Campionato italiano. Esprimono tutta la mentalità vincente che si vive alla Juventus per poter conseguire tali risultati.
Sei scudetti consecutivi (più tre Coppe Italia consecutive): serve aggiungere qualche altro? Direi proprio di no. I numeri che ho citato (solo alcuni, se ne potrebbero inanellare molti altri) spiegano da soli quanto questa squadra in sei anni abbia riscritto la storia del calcio italiano, senza considerare che tutto avviene a soli dieci anni dal ritorno in Serie A. Protagonisti non sono solo i calciatori, gli attori che scendono in campo ogni fine settimana, ma anche un allenatore serio e preparato, il suo staff, una dirigenza attenta e determinata. Uomini che alimentano, anno dopo anno, la leggenda di una squadra.
Come è tradizione ormai da sei anni, ora è il momento di fare festa, di riempire le piazze (io, qui in Germania, no di certo), di sventolare le bandiere, urlare la nostra gioia, alla faccia di chi voleva finiti. Ma senza esagerare: c'è da tenere presente che ancora molto ci attende. Una sola città: Cardiff. Un solo obiettivo: Champions League.

Sei uomini, sei scudetti (fonte: juventus.com)

I giocatori che riscrissero la storia del calcio italiano (fonte: juventus.com)

Bis bald!
Stefano

sabato 20 maggio 2017

Un nuovo inizio nella foresta

I nuovi progetti nascono nella mente e crescono nel cuore. I nuovi progetti si concretizzano in chissà quale luogo, ma si costruiscono a casa. Soprattutto nelle loro fasi iniziali. Anche stavolta. Quest'estate proverò ad inseguire nuovi sogni alpini, ma per farlo devo cominciare dai sentieri di casa.
Ho scelto la Gramschatzer Wald per iniziare l'allenamento in vista dell'estate. Questa foresta per me è un luogo speciale. Qui trovo pace, perché non c'è la folla dei luoghi più frequentati della Franconia. C'è sempre ombra, anche quando c'è il sole, al massimo cambia la sfumatura di verde. I sentieri sono comodi, ampi, al punto tale che è perfetta anche per correre. È profonda, in quanto l'altezza dei suoi alberi la trasforma di una sorta di caverna in qui rimbomba anche il cinguettio dei volatili. È la collaborazione dell'uomo con la natura che trionfa, perché se da una parte è evidente la mano umana nella conservazione della foresta, dall'altra è bello vedere come alcuni elementi siano lasciati la loro destino: l'aroma che si sprigiona da un albero appena tagliato è una abitudine sensoriale piacevole quanto osservare la flora del sottobosco che splende in primavera.

Sentieri della Gramschatzer Wald

Non ho dubbi, da questo polmone verde della Bassa Franconia, si può tornare a costruire, un passo dopo l'altro - con piacere, passione e sì, anche tanto sudore - una grande avventura sulle montagne più belle delle Alpi.
Bis bald!
Stefano

domenica 14 maggio 2017

Bücher: Fai bei sogni

"L'intuizione ci rivela di continuo chi siamo. Ma restiamo insensibili alla voce degli dei, coprendola con il ticchettio dei pensieri e il frastuono delle emozioni. Preferiamo ignorarla, la verità. Per non soffrire. Per non guarire. Perché altrimenti diventeremmo quello che abbiamo paura di essere. Completamente vivi."
Massimo Gramellini, Fai bei sogni


Al termine della lettura di Fai bei sogni, sono stati sostanzialmente due i miei pareri su questo romanzo del giornalista torinese Massimo Gramellini. Una storia che è un regalo, una storia che è una lezione di vita.
È un regalo perché è una storia sua, difficile, vissuta in prima persona, È l'aprire il cassetto dei ricordi sulla cruda realtà vissuta da un bambino rimasto che permane tale anche in età adulta, che cerca il più sincero affetto nonostante il cuore abbia ricevuto più delusioni che soddisfazioni. È un viaggio interiore così profondo che sembra quasi una violazione della privacy, qualcosa che mi ha portato a chiedermi se quella persona che vedevo ogni domenica sera a Che tempo che fa è la medesima che si è raccontata con tale franchezza in Fai bei sogni. Questo punto di vista, che è cresciuto progressivamente nel corso del libro, mi fa comprendere maggiormente che talvolta si crede di conoscere le persone, ma dietro il sarcasmo, spesso si nasconde qualcosa che l'anima tende a rinchiudere nelle segrete più inaccessibili. In fondo, non può che essere così: la malattia di una persona cara, come nella vicenda narrata in Fai bei sogni, lascia tracce indelebili, soprattutto in tenerà età. Con lo scorrere degli anni, però, i ricordi e le emozioni possono tornare prepotentemente in superficie e influenzare il proprio relazionarsi con la vita, con la propria famiglia e con il prossimo.
La lezione di vita che implicitamente ci viene trasmessa da questo libro è molto semplice. Senza rimanere aggrappati al passato, bensì accettando i fatti nella loro verità, e dunque il dolore che ne scaturisce, possiamo davvero essere liberi e vivi. Le avversità rimangono avversità, e non si può stravolgere il corso di una vita tornando indietro. Ma anche una sventura ci può donare qualcosa, imparando a convivere con gli ostacoli che ogni giorno la vita ci pone di fronte, senza lasciarsi soccombere da essi.
Il racconto dell'infanzia di Gramellini - uno splendido racconto: mica facile mettere per iscritto con tale poesia i pensieri sfocati di un bambino di quarant'anni fa - è stato per me uno spunto per un paio di ulteriori riflessioni. Il legame genitoriale può avere radici profonde anche se in apparenza è il contrario: recidere queste radici ha un impatto che può influenzare non solo il bambino ma ma può riflettersi nella vita adulta. E i genitori... nel bene o nel male, sono sempre pronti a donare tanto ai propri figli. Commettendo errori, a volta, ma sempre in buona fede, con tanto amore.
Leggetelo, questo libro. Vi spalancherà l'anima.
Bis bald!
Stefano

Giudizio: 10/10 

sabato 13 maggio 2017

Meine schöne Stadt vol.9

Niente da dire.
Quando la primavera vuole uscire, lo fa con forza (e soprattutto lo fa in rosa)! Che tu sia finalmente benvenuta, cara stagione così tanto attesa.
 
Willkommen Frühling

domenica 7 maggio 2017

Überraschung - 1:28:01 nella Città del Meno

Oggi avevo una corsa. Una corsa alla quale mi sono iscritto più per divertimento e passione che per reale intenzione di raggiungere un qualche obiettivo. Una mezza maratona nell'ambito della giornata podistica che ogni primavera si tiene nella mia città, la MainCityRun. Ventuno chilometri nel centro di Schweinfurt e lungo le due sponde del Meno.
Come è andata? Nonostante il caldo, nonostante gambe che al risveglio sembravano stanche e svogliate, nonostante il cervello non volesse impegnarsi più di tanto perché dopo tanti duri allenamenti invernali in fondo aveva diritto a divertirsi, nonostante il percorso che proprio veloce non è (neanche lento, eh), nonostante tutto... ho corso la Fußbodentechnik Schmitt Halbmarathon 2017 in 1:28:01, che rappresenta il mio nuovo miglior tempo sui 21,097 chilometri. Ben cinquanta secondi in meno rispetto ad un primato personale che resisteva da una gelida mattina di gennaio di oltre quattro anni fa (vedi post) e che, per svariati motivi e circostanze, non voleva proprio cadere.
È caduto nell'occasione meno pronosticata, è caduto sulle strade della mia città adottiva, è caduto a solo un mese di distanza da una maratona indimenticabile. E questo non fa che testimoniare il buon stato di forma, nonché confermare (ma racconterò più in là) di come l'aspetto mentale sia essenziale quando si corre.

Niente di strano, a parte il tempone?

Bis bald!
Stefano

venerdì 5 maggio 2017

Bücher: I guardiani

"Toni Turek volle personalmente acquistare i biglietti per tutte le partite casalinghe del Fortuna in modo che, come aveva promesso a sé stesso a Orël, Kubsch potesse vederle seduto tra il borgomastro e il presidente della società. Insistette per farlo anche quando abbandonò la squadra e la professione di calciatore, ma l'amico rifiutò l'offerta: «Toni. Ho guardato tutte le partite del Fortuna perché ci giocava "il Dio del Calcio". Senza di lui la squadra vale poco. Fidati di uno che di pallone ne capisce»."
Marco Ballestracci, I guardiani


Un romanzo atipico sullo sport più bello del mondo: dopo tanti racconti figli del sudore e della fatica del ciclismo (L'ombra del Cannibale, Imerio, Il dio della bicicletta), sport che come pochi altri sa regalare storie, Marco Ballestracci si sposta sul rettangolo verde di un campo da calcio. Lo fa intrecciando le storie di cinque giocatori che hanno ricoperto il ruolo più complicato da ricoprire in campo, quello del portiere.
Il trait d'union tra il ciclista e il portiere è il senso di solitudine: il primo sulle grandi montagne, il secondo per buona parte dei novanta minuti. Nel mondo del calcio, quello del portiere è un ruolo... particolare. Raramente un portiere viene celebrato al pari dell'attaccante, molto più spesso viene detronizzato per un suo errore. Se all'errore dell'attaccante si può, forse, porre rimedio, all'errore del portiere non c'è salvagente. Quando l'avversario ha scagliato la palla verso la propria porta, il resto dei contendenti non conta più nulla e diventa una sfida a due: un oggetto che viaggia a cento chilometri orari contro un uomo, in volo, che non vuole raccogliere quella palla in fondo alla rete. Questione di attimi in cui nessuno può aiutare l'estremo difensore. Sbagliare l'intervento, o compierlo, fa tutta la differenza del mondo, significa l'inferno piuttosto che la gloria.
Dall'inferno e dalla gloria sono passati tutti i protagonisti de I guardiani, l'ultima fatica di Marco Ballestracci. Cinque storie di altrettanti fenomenali portieri, protagonisti di storie che portano il lettore sui campi di mezza Europa, in un arco temporale che va dagli anni Trenta ai Settanta. Cinque storie accomunate dalla figura del bambino che si scopre forte nel volare tra i pali e dalla figura del Vecchio Allenatore, che li guida a diventare uomini ancora prima che campioni. La cornice di queste storie non è quella dei riflettori dei grandi stadi, ma un campetto di periferia, laddove questo sport non è ancora avvelenato, laddove questo sport mantiene una traccia di romanticismo.
E non ci potrebbero essere storie più romantiche di quelle di Toni Turek, reduce di guerra e campione mondiale nel 1954; di Giuseppe Perucchetti, un portiere partigiano salvato dal pallone; di Jan Tomaszewski, l'eccentrico portiere polacco che sbarrò la strada verso i Mondiali del 1974 all'Inghilterra; di William Vecchi, il portiere che di fattò portò a Milano la Coppa delle Coppe nel 1973; di Bernd Trautmann, da paracadutista della Luftwaffe ad eroe della FA Cup del 1956. Cinque storie raccontate con la semplicità che è propria di Ballestracci, cinque storie raccontate con gli occhi liberi ed ingenui del bambino che sogna di diventare grande tra i pali.
Bis bald!
Stefano

Giudizio: 10/10 

lunedì 1 maggio 2017

Grande spirito

"Se una persona non ha più sogni, non ha più alcuna ragione di vivere. Sognare è necessario, anche se nel sogno va intravista la realtà. Per me è uno dei principi della vita."  
Ayrton Senna



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