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domenica 28 ottobre 2018

Che la corsa sia con me - 3:24:07 a Francoforte!

Ciao a tutti!
È andata ma non è andata come auspicavo. All'arrivo nella Festhalle ho fermato il cronometro dopo tre ore, ventiquattro minuti e sette secondi. Molto lontano dalle 3h15' che pensavo possibili.
Seppure in condizioni meteo diverse, questa maratona ricalca molto nello sviluppo del passo di corsa quella di oltre due anni fa a Berlino. Tanti chilometri corsi ad un ottimo passo, il lento decadimento prestazionale tra i venticinque e i trenta chilometri, dunque il crollo, già a dieci chilometri dalla fine.
Non ci sono scusanti, neanche le violente raffiche di vento che a tratti hanno sferzato il percorso della maratona. Non avevo le gambe per raggiungere le 3h15', o le ho consumate troppo in fretta. Per questo, in parte, merito questa medaglia. Frutto di un (a mio parere) buon allenamento che non ha fruttato come sperato, ma soprattutto di dieci chilometri - quelli finali - allucinanti. 

Che fatica, ma anche io ho una medaglia e...un podio

Me la godo, e ora...riposo!
Bis bald!
Stefano

Adrenalina vol.7

"You'd better run
You better run all day
And run all night"
Pink Floyd, Run like hell

Ancora 60 minuti alla partenza!

sabato 27 ottobre 2018

Alle porte di Francoforte

Ciao a tutti!
La vigilia di un nuovo appuntamento con la maratona, la mia undicesima maratona, è giunta, nuovamente, con tutto il suo carico di emozioni e contrastanti sensazioni.
Sono a Francoforte ora, in albergo, alle prese con i preparativi del sabato sera prima della corsa attesa da un anno. La scelta del vestiario per la gara - difficile stavolta per le condizioni meteo incerte di domani - il chip da fissare alle scarpe, la borsa con tutto il necessario prima e dopo la fatica dei 42 chilometri. Le speranze di poter correre come ho sognato per mesi, la speranza prima di tutto di arrivare fino al traguardo della Messe Frankfurt tutto intero e magari con un bel tempo finale, un tempo che riscatti il ricordo opaco di un anno fa a Venezia.

Al sabato si coltivano sogni di gloria

Sono a Francoforte, ora, ma nel viaggio in auto da casa verso la Manhattan di Germania, ho avuto modo di pensare e ripensare a tutto ciò che potrà essere domani. Dal punto di vista podistico, c'è tantissima curiosità. Sto molto bene fisicamente, sento di avere delle gambe in forma e ben riposate. Gli allenamenti delle ultime settimane lo hanno confermato, i tempi fatti sono stati buoni, non lontani da quelli che feci in preparazione alla maratona di Roma, nella primavera dell'anno scorso. E in più, su un percorso molto più vallonato della ciclovia sulla quale sono stato solito allenarmi negli ultimi tre anni. E poi ci sarebbe da dire che il percorso di Francoforte si presenta come estremamente veloce. Di certo non come il percorso di Roma... Si può migliorare quel 3h13'06" di Roma? Non si può dire con certezza, mai. Perché l'eventualità di una caduta e di un piede rotto non si può mai escludere. Scherzi a parte, è una gran bella domanda. Restare sotto le 3h15' sarebbe già un grandissimo risultato, scendere sotto le 3h13' e migliorare il proprio personale sarebbe qualcosa di meraviglioso e anche un po' inaspettato. Perchè dalla grigia prestazione di un anno fa ad ora, ne è passata di acqua sotto i ponti. Ma è un acqua che non raccontava storie composte da passi che si susseguono uno dopo l'altro. Si vedrà domani. Intanto, allo stand Asics della Marathon Mall allestita per la Mainova Frankfurt Marathon, mi sono fatto stampare il braccialetto Pace My Race con il tempo di 3h13'00". Sarà una motivazione in più per provare a sfiorare qualcosa di "impossibile", perlomeno fino a qualche giorno fa.

Alla ricerca di un nome. Lo troverò?

A Francoforte ci sono migliaia di persone in attesa della maratona di domani. Da tutto il mondo. Cercano la loro strada tra le vie di Francoforte, cercano il loro nome su un pannello in cui sono stampati i nomi di tutti i partecipanti che affolleranno la città dei grattacieli. Provo a cercare anche il mio, senza successo. Magari riproverò domani, quando proverò a scaricare la crescente tensione della corsa che si avvicina. Però è bellissimo vedere tutti alla ricerca del proprio nome, che non è altro che una goccia nell'oceano. Siamo tantissimi, da tutte le parti del mondo. I nomi non tradiscono, e tantomeno tradiscono lingue e accenti: domani ci saranno maratoneti da tutti i continenti. Tanti tedeschi ovviamente, ma ho colto la presenza di tanto Giappone (una scuola eccezionale di maratoneti) e tanta Russia.

Le strade dove solitamente impazzava il traffico...domani saranno assalite dai maratoneti!

Prendo il mio pettorale, numero 9255, le spille e il chip da fissare alla scarpa. Personale: così così. Organizzazione: così così. Ormai so il tedesco a sufficienza per cavarmela, ma chi arriva dall'estero, qui fa fatica. Ritiro la maglietta del finisher (come se l'avessi già finita, questa maratona...), una foto ricordo sul podio in cui verranno premiati i vincitori di domani, faccio un giretto tra gli stand. In cui scopro ogni volta marchi nuovi. La corsa non è più solamente uno sport, è innanzitutto un business in continua crescita. Scarpe, magliette, kit invernali, orologi, ma soprattutto poliestere... poliestere come pioggia torrenziale.
Poi esco dalla Messe Frankfurt per scendere in strada. Per pensare e provare a rincorrere i pensieri. Proprio davanti alla Fiera di Francoforte, nella Friedrich-Ebert-Anlage, vi è la partenza della maratona. Poco a lato, nella Festhalle della Fiera, l'arrivo. Un arrivo atipico, indoor. Che sarà un ottimo riparo se dovesse infuriare il maltempo domani. La luce del giorno scende su Francoforte. Domani arriva presto, più presto. E sarà ora di maratona, finalmente. Per ora, posso solo più dire... buonanotte.
Bis bald!
Stefano

sabato 13 ottobre 2018

Run the skyline

Ciao a tutti!
Questo è uno di quegli annunci che si è fatto attendere più del dovuto. Perché quando si tratta di corsa riesco a pianificare molto bene ogni singola azione: allenamenti, giornate di riposo, chilometraggi e per l'appunto, annunci. Si, questa volta ci ho messo un po' di più. La mia nuova vita da papà mi lascia - come è naturale che sia nei primi mesi - meno tempo libero a disposizione, da investire sul blog e soprattutto sulla corsa. Ho aspettato quasi fino all'ultimo per prendere una decisione finale e dunque annunciarla.
Fra due settimane circa, domenica 28 ottobre, sarò al via dell'edizione n.37 della Mainova Frankfurt Marathon.

Una maratona all'ombra dei grattacieli della Manhattan europea (fonte: main-spitze.com)

La mia undicesima maratona, la prima da papà, la correrò dunque a Francoforte sul Meno, non lontano da casa, su uno dei percorsi considerati tra i più veloci in assoluti al mondo, in un periodo perfetto per disputare una competizione che per il sottoscritto durerà almeno tre ore. Erano necessari questi elementi per ripartire dopo la maratona un po' interlocutoria disputata a Venezia un anno fa.  Ah, la Venice Marathon dell'anno scorso... corsa per una questione romantica, più con il cuore che con le gambe, dopo un ciclo di allenamento tutto fuorché brillante e con un esito (emozioni di Venezia e di Piazza San Marco escluse) da dimenticare. Con l'autunno volevo ripartire, credo che lo stia già facendo bene, e proverò a confermarlo a Francoforte, in una maratona che ha tutto ciò che serve per concedermi delle belle soddisfazioni.
Francoforte è una città che conosco abbastanza bene e che già podisticamente parlando ha avuto un'impronta positiva sul mio ruolino personale: qui nel marzo dell'anno scorso ho corso una mezza maratona, da annoverare al momento come la mia terza migliore in assoluto. Il suo percorso è molto veloce, così veloce che è al primo posto al mondo per quanto riguarda i tempi medi di percorrenza in assoluto. Non ha il blasone di Berlino, ma forse è un bene, in quanto anche il numero di partecipanti è decisamente inferiore: in sintesi, è un correre più rilassato.
Dove posso arrivare non lo so ancora, forse sto iniziando ad intuirlo, ma migliorare la performance strepitosa di Roma sarà impresa quasi impossibile. Sarebbe un risultato splendido scendere nuovamente sotto le tre ore e quindici minuti. Significherebbe lasciarsi alle spalle l'opaca Venice Marathon dell'anno scorso e rimettere le gambe nella giusta carreggiata dopo mesi di incertezza atletica. Farlo in questa città, in cui ho solo ricordi piacevoli, sarebbe una immensa soddisfazione. Insomma, come dico spesso, wir werden sehen (vedremo)...
Bis bald!
Stefano

sabato 5 maggio 2018

Dieci, da quanto tempo...

Ciao a tutti!
Corro ancora, nel poco tempo rimasto tra lavoro, lavoro post-lavoro, un pannolino e un biberon. Si, un po' di tempo libero è rimasto, e lo uso per tenermi in una discreta forma, per provare a presentarmi alla partenza di qualche corsa. Un po' come farò domani, proprio nella città in cui mi sono trasferito, nel mio passaggio dall'Italia alla Germania, ed ora - da qualche mese - ex-città di residenza.
La prima domenica di maggio è da un po' di tempo il momento della MainCityRun, l'evento podistico dell'anno nella città di Schweinfurt: distanze per tutti i podisti e per tutte le gambe, dai cinque chilometri alla mezza maratona, un momento di sicuro interesse per gli appassionati di corsa della regione, anche grazie alla buona organizzazione.
Nelle edizioni passate ho sempre corso la distanza più lunga, quella della mezza maratona. Proprio qui, un anno fa, stabilii il mio record personale sui 21,097 chilometri. Quest'anno, vari i fattori complici, ho scelto di puntare sui dieci chilometri. Una distanza che non correvo in gara da oltre cinque anni, se non ricordo male.

MainCityRun 2017, la partenza dei 10 chilometri (fonte: maincityrun.de)

Da una parte c'è l'orario: la partenza per la prova sui dieci chilometri è fissata per le 11, mentre per la mezza maratona bisogna aspettare le 13. Quando fa più caldo, quando vorrei già essere a tavola con il resto della famiglia, soprattutto adesso che è più larga. Poi c'è la curiosità di vedere e riprovare la sensazione di correre i dieci chilometri. Sulla mezza maratona e sulla maratona si corre in un modo. Sui dieci chilometri si provano fatiche e sofferenze completamente diverse. Si corre di meno, ma si corre più forte, e questo non vuol dire per forza, minori tormenti. Provare a correre su velocità più alte, potrebbe essere un buon inizio per un percorso futuro. Poi, dulcis in fundo: e se la mezza maratona volessi affrontarla sì, ma tra qualche giorno? Lo deciderò domani, alla luce di come correrò questi dieci chilometri... (a oltre sette mesi dall'ultima manifestazione!)
Bis bald!
Stefano

martedì 2 gennaio 2018

Tutti i colori delle maratone

Dieci maratone. Dieci volte i 42,195 chilometri. Dieci medaglie sudatissime. Dieci preparazioni. Dieci emozioni diverse, dieci storie che si possono riassumere in modo molto semplice.
Con un colore.

Dieci colori per dieci maratone

Il bianco è indubbiamente il colore della mia prima maratona, nel 2012 a Torino. Perché è stata la mia prima esperienza con questa distanza. Il bianco è il colore della prima pagina da riempire di ricordi. E chi l'avrebbe mai detto, che poi di ricordi ce ne furono ancora così tanti...
Alla mia seconda maratona, a Barcellona nel 2013, associo il rosa. Un colore lieto e pieno di speranza, al quale collego il bel ricordo di una settimana catalana ma soprattutto i giorni in cui poi mi stavo innamorando... di colei che poco più di tre anni dopo sarebbe diventata mia moglie.
L'azzurro è il colore della mia prima maratona a Venezia, sempre nel 2013. L'azzurro è colore di positività (e come non esserlo dopo aver migliorato il mio personale di oltre quattro minuti?), ma è il colore del cielo di Venezia dopo aver sfondato il muro di nebbia della pianura, è il colore delle acque del Canal Grande, un momento per il quale vale la pena essere un maratoneta.
Il grigio è il colore della mia seconda maratona a Torino, nel 2013. La sintesi del bianco e nero che indossai quel giorno, ma soprattutto è la giornata plumbea, un esito di certo non brillante (rimane tuttora la peggior performance) e molti episodi che mi hanno deluso - mi riferisco alla scadente organizzazione e ahimè, mi duole ammetterlo, ai torinesi stessi. Episodi che mi hanno allontanato da quella maratona che dovrebbe essere "di casa".
La mia seconda volta a Venezia, nel 2014, in cui sono fortissimamente voluto tornare dopo la bella esperienza dell'anno precedente, è quella che senza dubbio alcuno lego al colore rosso. Il colore dell'amore per una maratona, in cui sì, limai di un minutino il mio personale, ma che io ricordo solamente per aver chiesto a Giulia se voleva sposarmi...
La mia prima volta all'estero è stata nel 2015, ad Amburgo: la maratona che io abbino al colore verde. Per un percorso, per l'appunto, ricco di verde, ma soprattutto per l'equilibrio che mantenni per tutta la corsa. Per una speranza concretizzatisi nel nuovo personale e finalmente, per la prima volta, in una maratona completata in 3h15' (e qualcosina).
Dunque è il turno del viola, il colore della sofferenza. E mai come nel 2015 a Firenze sperimentai questa sensazione negli ultimi cinque chilometri. Quelli che furono i chilometri molto probabilmente più lenti che abbia mai corso in una maratona.
Anno 2016, maratona di Berlino. Una chance di miglioramento sfruttata male, per una preparazione troppo lunga, un allenamento svoltosi in un caldo fuori dalla norma, la sfiga. E soprattutto il ritorno a casa con un piede rotto. C'è poco da aggiungere, il colore che associo a questa maratona è certamente il marrone.
La maratona che a livello di risultati ritengo la più bella di sempre la lego al colore arancio. Parlo della maratona di Roma, nel 2017: un percorso duro scelto per ritornare sui 42,195 chilometri dopo mesi per rimettermi in forma dopo la frattura al piede, convinto di non poter mai e poi mai migliorare il mio miglior tempo. E invece, in una giornata tetra, dopo due acquazzoni (e un terzo evitato per questione di minuti) e sampietrini che diventano saponette, arrivo ai Fori Imperiali con il miglior tempo di sempre. Nelle gambe, quel giorno, avevo il fuoco.
Il giallo, che per me è sinonimo di maturità, lo voglio associare alla mia decima maratona, la terza a Venezia. Decima maratona che corsi più per romanticismo che per vera volontà: era la decima, e avrei desiderato tanto che fosse a Venezia. Per innumerevoli ragioni. Ma le gambe non sempre vanno di pari passo con la testa. E se manca quella, non si va lontano. Solo con l'esperienza di dieci maratone sono arrivato al traguardo senza massacrarmi. Già proiettato verso la prossima volta...
Bis bald!
Stefano

mercoledì 25 ottobre 2017

Strade faticose

"Proprio nello sforzo enorme e coraggioso di vincere la fatica riusciamo a provare, almeno per un istante, la sensazione autentica di vivere. Raggiungiamo la consapevolezza che la qualità del vivere non si trova in valori misurabili in voti, numeri e gradi, ma è insita nell'azione stessa, vi scorre dentro."
Haruki Murakami, L'arte di correre

La maratona è come un puzzle

Non sempre gira tutto bene, o come si vorrebbe. Ogni maratona è storia fine a sé stessa. Ma tutte sono accomunate dal sacrificio e dalla fatica, la cui ricerca è quasi il senso stesso di mesi di allenamento e sudore, la cui ricerca è la medaglia del finisher, la cui ricerca vale quanto una vittoria a braccia alzate.

domenica 22 ottobre 2017

La decima da pagare - 3:44:16 a Venezia!

Sapevo di non essere in grossa forma, considerati gli ultimi due mesi in cui è successo molto - di tutto, di più - ma speravo in qualcosa di più. Le gambe lontane sono state - e su questo invece non avevo dubbi - lontane parenti di quelle brillanti ed esplosive di sei mesi fa a Roma. Ho dovuto gestirle dall'inizio alla fine per evitare di arrivare a Venezia camminando. Ho sempre corso, non mi sono mai fermato, non ho mai gettato la spugna, arrivando sulla linea del traguardo esausto. Condizione nella quale è giusto ritrovarsi alla fine di una competizione in cui si dà tutto nel giro di tre (quasi quattro, oggi) ore.
Lontano dalla migliore condizione, lontano dai tempi che ero solito correre, ma ugualmente felice. Felice di esserci, felice di essermi emozionato correndo a Venezia. La terza volta, ma è come se fosse la prima. Un privilegio, correre qui, un'esperienza che auguro a tutti nella vita. E poi, questa è la decima volta sul traguardo di una maratona. Un traguardo nel traguardo, un'enorme soddisfazione che solo cinque anni fa, quando stavo allenandomi per la mia prima maratona, non potevo proprio pronosticare. E invece eccone dieci. Torino, Barcellona, Venezia, Torino, Venezia, Amburgo, Firenze, Berlino, Roma, Venezia.
Ora riposo, reset fisico e mentale (necessario), una lunga pausa e poi si vedrà. Dopo dieci maratone, un piccolo ciclo si è chiuso. Qualcosa cambierà, ma se ne riparlerà nel 2018.

Passaggio in Piazza San Marco, chilometro 41

Bis bald!
Stefano

Adrenalina vol.6

Please don't be long, please don't you be very long
Please don't be long, or I may be asleep
The Beatles, Blue jay way

-2 ore alla Venice Marathon


venerdì 8 settembre 2017

Alla conquista della decima: una "mezza" a punto

Proprio come tre anni fa, per arrivare a Venezia passerò da Monza. La mezza maratona che correrò in preparazione della Venice Marathon sarà proprio la Mezza di Monza, che giunge domenica alla sua edizione numero 14. Monza è una scelta che va oltre il semplice aspetto podistico - perché nel calendario non è inserita nel momento migliore, se si vuole preparare una maratona nella seconda metà di ottobre. No, Monza è la scelta di un evento organizzato in modo eccellente e in una cornice che è tutto fuorché banale: il Parco di Monza, un enorme polmone verde nel quale è disegnato il cuore del percorso della competizione, e l'Autodromo Nazionale, ossia dove prende il via e dove si conclude la mezza maratona (e le altre distanze sulle quali si può competere, 30, 10 e 5 chilometri).

Atleti in azione nell'Autodromo Nazionale di Monzac (fonte: gloryofedzell.blogspot.com)

Come spesso accade quando mi ritrovo ad inizio preparazione, non posso pensare di ambire a realizzare un bel tempo alla Mezza di Monza - nonostante la sorpresa sia sempre dietro l'angolo, come è successo a Francoforte. Le ultime uscite sono state piuttosto lente e rimanere sotto 1h35' sarebbe già un buon risultato. Se arrivasse un tempo intorno a 1h33' potrei quasi dire che sarebbe una eccellente prestazione. Questa mezza maratona mi darà qualche indicazione, ma lo scopo è quello di mettere chilometri nelle gambe, ritrovare il feeling con le competizioni, lavorare sul ritmo di gara. Nella prima fase di allenamento verso la migliore condizione atletica in vista di una maratona, le performance sono tutt'altro che brillanti. Quello che succede, per usare un gergo automobilistico - dato che si parla di Monza - è un po' come premere sull'acceleratore ma senza riuscire ad andare più forte: nonostante tutto l'impegno profuso, non c'è verso di essere più veloci. Bisogna pazientare, e il lavoro costante saprà dare i suoi frutti: a pensarci bene, anche Venezia non fu costruita in un giorno. In un giorno di mezza maratona, invece, in quei novanta minuti di corsa, penserò a dare il massimo e soprattutto a divertirmi. No run, no fun!
Bis bald!
Stefano

P.s.: Monza non è una scelta puramente podistica ma è anche una scelta di cuore, non lo nego, perché le origini di mia moglie sono anche monzesi...

mercoledì 6 settembre 2017

Alla conquista della decima: qualche goccia di Svitol

Per raggiungere Venezia, partendo dal cuore della Bassa Franconia, serve un viaggio di oltre ottocento chilometri. Lungo ed estenuante, perché si guida in tre nazioni, perché si attraversano le Alpi, perché le autostrade tedesche non sono arterie agevoli. Anche preparare una maratona è un percorso dalle caratteristiche simili. Quando si inizia la preparazione, infatti, si incontra più di una difficoltà. Credo che sia sempre stato così, per ogni maratona che ho preparato. Non si scherza mai con una corsa di più di quaranta chilometri.

Un po' di lubrificante per questa macchina un po' arrugginita

Stavolta a mettersi di traverso è stata anche la salute. Nella prima settimana che avrebbe dovuto essere di allenamento, sono stato colpito da influenza. Febbre, dolori ossei e muscolari, mal di testa: impossibile alcun tipo di allenamento per sette giorni. Riprendere dopo questi malanni (fuori stagioni) è stato piuttosto faticoso.
La prima uscita in allenamento, poco più di quattordici chilometri, l'ho corsa appena sotto i 5'/km. Nella seconda uscita ho fatto anche di peggio, ma almeno avevo una scusante, ossia le gambe ancora stanche dallo sforzo precedente. Sono proprio le sensazioni generali a non essere particolarmente positive, ma non ricordo di avere iniziato un allenamento per una maratona già in forma. Solo all'inizio della preparazione per la maratona di Berlino stavo relativamente bene: ma come è andata a finire (al netto dell'incidente)?
Una buona condizione atletica non scende come pioggia dal cielo ma la si costruisce giorno dopo giorno, con un duro allenamento, in palestra e in strada. E quindi è bene stamparsi in testa che le prime settimane, in cui il lavoro è tipicamente pesante e la reazione fisica si traduce in una sensazione generale di stanchezza, non possono dare indicazioni affidabili. C'è da risvegliare una macchina che in estate si è presa un po' di riposo e va tirata a lucido, da oliare meccanismi sui quali si è depositato un sottile strato di ruggine: recuperare fiato, ritrovare reattività muscolare, perdere qualche chilo di troppo.
Non ho molto tempo per farlo. Avevo scelto di impostare l'allenamento verso Venezia con un ciclo ancora più corto: nove settimane di preparazione contro le dieci per la maratona di Roma. L'influenza estiva le ha ridotte a otto. Vorrà dire che farò degli straordinari. Se saranno pagati lo saprò solo il 22 ottobre!
Bis bald!
Stefano

martedì 5 settembre 2017

Dalla Germania al Giappone in trenta centimetri

C'era una volta un paio di scarpe Adidas... Care Supernova, avete fatto il vostro egregio dovere, come le vostre antenate. Due maratone in cui, nel bene (Roma 2017) o nel male (Berlino 2016), mi avete supportato al meglio, in gara e soprattutto in allenamento. Ora, è giunto il momento di salutarci.

Cambia la scarpa ma non cambia il percorso!

So che quando avrò bisogno di una bella scarpa, comoda, resiliente ed affidabile, potrò sempre rivolgermi ad Adidas. Ora, in previsione della maratona di Venezia, percepivo la necessità di qualcosa di nuovo, sentivo la volontà di esplorare cosa può offrire il mercato delle calzature da corsa. Adidas è sempre una garanzia, Asics mi ha deluso (non per performance ma per resistenza del materiale), ma gli altri brand? Per la prossima maratona ho scelto la giapponese Mizuno, la Wave Paradox 4. Il supporto per il mio piede iperpronatore ovviamente non manca, ma la leggerezza che provo indossando questa calzatura è ineguagliabile, se la paragono alle calzature indossate negli ultimi sei anni di attività podistica. Anche il look è accattivante, nonostante non faccia pendant con la mia canotta rossa. Un semplice dettaglio, quest'ultimo: in fondo, ciò che mi auguro è che esse facciano il loro dovere sulle strade e sui ponti veneziani...
Bis bald!
Stefano

lunedì 4 settembre 2017

Sarà una serenissima decima

Roma fu la nona. Per la decima maratona, non ho mai avuto dubbi sul dove avrei voluto correre. Il decimo appuntamento con i 42.195 chilometri non poteva che essere in un luogo speciale. Esiste luogo più speciale di Venezia? Non per me. Esiste maratona più spettacolare della Venice Marathon? Non per me. Se c'era un traguardo che avrei voluto superare, quello non poteva che essere quello di Riva dei Sette Martiri, nel sestiere di Castello, la magnifica conclusione di un percorso che inizia dalla Riviera del Brenta e termina su quell'isola che è un trattato di storia dell'arte... Venezia.

Sognare un arrivo più bello non è possibile... (fonte: viajejet.com)

La prima volta fu una scoperta. Conoscevo il percorso solo sulla carta e lo consideravo stupendo. Sognavo Piazza San Marco, immaginavo la sensazione che si poteva provare superando il ponte innalzato sul Canal Grande solo per la maratona. Quella maratona, la prima con colei che sarebbe diventata mia moglie, fu una rivelazione continua e rappresentò il più importante miglioramento cronometrico sulla distanza.
La seconda volta fu un'emozione senza pari. Sapevo a cosa andavo incontro, ero conscio di cosa significhi per le gambe superare quattordici ponti veneziani, di ciò che rappresenta in termini di energie fisiche e mentali correre lungo il Ponte della Libertà. Ritornavo a correre una maratona dopo una prima metà dell'anno condizionata da un problema ad un ginocchio, era la prima maratona dopo il trasloco in Germania. Non volevo mancarla, perché sapevo che in Piazza San Marco mi aspettava Giulia. Lei non sapeva, tuttavia, che lì le avrei chiesto di sposarla.

...ma la partenza non scherza affatto (fonte: sporteconomy.it)

Da una terza partecipazione alla Venice Marathon non dovrei più aspettarmi niente e invece... non vedo l'ora di esserci, aspetto il 22 ottobre 2017 da giorni, mesi, anni. Esattamente da tre anni fa. Quando corro, penso spesso a Venezia e alla sua maratona. Adesso che ho ricominciato ad allenarmi duramente in vista di questo appuntamento, non faccio altro che sognare quelle tre ore di corsa ininterrotte verso il cuore della Serenissima, i brividi di Piazza San Marco e il sole sulla faccia in Riva dei Sette Martiri.
Può darsi che qualcuno mi possa prendere per pazzo, ma chi ha corso almeno una volta la Venice Marathon, comprende perfettamente questi miei pensieri.
Bis bald!
Stefano

sabato 2 settembre 2017

Fulmini sulla capitale - Il racconto della mia maratona di Roma 2017

Dopo un piede rotto, un mese di totale inattività, e settimane di recupero, si dovrebbe badare a ritornare a correre, invece di pensare a ritornare a correre più forte. Proprio per questo avevo scelto di correre a Roma: è una maratona dura, sulla quale non nutrivo ambizioni particolari, ideale per un rientro su questa distanza. Quello che voleva essere per me un viatico primaverile in vista di un bel miglioramento in autunno, si è trasformato in una maratona indimenticabile, perché in condizioni climatiche non ideali e su un percorso tosto, ho chiuso la maratona di Roma con un tempo che rappresenta il mio attuale miglior tempo sui 42,195 chilometri: 3:13:06, oltre un minuto dal vecchio record stabilito a Firenze. Un tempo tutto da raccontare.

Tutti dietro!

Fino al venerdì pomeriggio antecedente la domenica di gara, avrei immaginato di soffrire il caldo della capitale. A Roma, ad inizio aprile, il clima può essere già rovente per un maratoneta. Ma venerdì sera - ricordo bene quel momento, ero sotto il colonnato di San Pietro - ecco il pesce d'aprile: cambio repentino delle previsioni e temporali previsti per domenica mattina. Cerco di consolarmi dalla sconfortante notizia pensando che sì, in fondo è meglio una maratona bagnata che una maratona afosa, se si vuole puntare alla prestazione pura.
Eppure quando mi sveglio e lancio un'occhiata dalla finestra, sembra ancora tutto asciutto. E fresco. Inizio a nutrire qualche speranza per una maratona in condizioni perfette. Non ci voglio pensare, e col mio passo svogliato ed addormentato scendo alla reception per prelevare un non troppo ricco pacco-colazione (è troppo presto per l'albergo per servire la colazione) che integro con altre provviste acquistate nei giorni precedenti, in modo da fare il pieno di nutrienti che dovranno alimentare le mie gambe di lì a tre ore, il momento della partenza. Prima di uscire controllo di avere tutto ciò che mi può servire prima dell'ingresso nella gabbia, e fisso il pettorale alla mia canotta, con rigoroso scrupolo. Dunque si esce: la Via Nomentana è viva solo grazie alle luci dei negozi e di bar che iniziano ad accendere la loro domenica di lavoro. Nel sottopassaggio della stazione Nomentana i barboni dormono ancora.

L'ora della partenza si avvicina (fonte: facebook.com/maratonadiroma)

Alla stazione Libia della metropolitana, c'è già un capannello di maratoneti. Avvicinandosi alla fermata del Circo Massimo, da dove usciranno tutti gli atleti che raggiungono la zona di partenza in metropolitana, il vagone nel quale sono seduto anch'io si riempie progressivamente di alcuni tra le migliaia di maratoneti che calcheranno Via dei Fori Imperiali nel giro di qualche decina di minuti. Ci sono tante lingue, tante bandiere e soprattutto i tanti colori - maglie, scarpe e accessori (alcuni veramente discutibili, trattandosi di una corsa su strada). Nello spazio di mezz'ora, trascorso nelle viscere della metropolitana di Roma, il giorno sorge sulla Città Eterna e, di fronte alla spianata del Circo Massimo, si rivela per ciò che sarà durante tutta la giornata: coperto da nubi plumbee.
Per raggiungere la zona di partenza, c'è da scarpinare e non poco. Un pre-riscaldamento leggero, lo si potrebbe definire. La splendida Via di San Gregorio è il portale di accesso al Colosseo, attorno al quale sono stati parcheggiati i camion messi a disposizione dall'organizzazione per contenere le borse con gli effetti personali dei maratoneti. Di fronte al Colosseo sono stati parcheggiati anche i bagni mobili, scelta che ha fatto molto scalpore tra i turisti e sui social network: ma ci si rende conto che stiamo parlando di un evento che dura un giorno, uno? Prima di entrare nell'area riservata ai maratoneti, dalle quali famiglie si devono ora separare, mi incontro con il mio compagno di squadra Maurilio, il quale sarà di non indifferente aiuto. Infatti, nella fretta di lasciare l'albergo mi sono completamente dimenticato di portare con me la vaselina che spalmo sui capezzoli prima di ogni corsa superiore ai 25 chilometri, onde evitare il loro insopportabile sanguinamento. Mi faccio prestare un po' di crema e anche questo pericolo è scampato. Ora si può entrare nel mondo della maratona di Roma.

Davanti a San Pietro, sotto la pioggia battente

Cerco il camion al quale è destinato il mio zaino. Consegnare i propri effetti personali è un momento topico della domenica di corsa, perché da quel momento si è da soli contro la maratona. Dentro quello zaino c'è una piccola parte di te. Soprattutto, dopo la consegna non ho più conforto alcuno da amici, familiari, moglie. Solo un corpo al vento per oltre tre ore.
Guardo il cielo color cobalto e cerco di rimanere fiducioso: concretamente, rinuncio a indossare il visore che utilizzo normalmente negli allenamenti sotto la pioggia. I camion sono stipati attorno al Colosseo. Sono tantissimi, serve tempo per superarli e immettersi in Via dei Fori Imperiali, dove si trova la zona di partenza. Non entro subito nella gabbia a me destinata (la più veloce, professionisti esclusi!). Eseguo un quarto d'ora di riscaldamento vero e proprio, seguito da stretching, tra altri atleti pronti a dare il massimo sui sampietrini di Roma. Di certo, non una sessione lunga, perché l'innata paura di fare tardi alle gabbie alla fine prende il sopravvento.
La partenza è quasi alla fine di Via dei Fori Imperiali. Bisogna percorrerla tutta per raggiungere la propria gabbia - ovviamente dopo aver lasciato gli ultimi liquidi nei vari bagni chimici dislocati lungo l'area di partenza (in alternativa, ci sono i muri di quelli che mi sono apparsi come uffici del turismo). Una volta dentro la gabbia, si prega che le lancette possano scorrere velocemente, che il momento del via arrivi in fretta. Il batticuore si fa insostenibile, e le musiche de Il gladiatore non aiutano certo ad attenuarlo. I dolorini escono all'improvviso, tutti quanti insieme, quasi come un monito: "fra tre ore, sentirai ben altro!". Alzo lo sguardo al cielo per qualche secondo, come faccio sempre prima della partenza di una maratona. Sono secondi in cui ripenso a mesi di allenamento, iniziati con il gelo sull'asfalto e terminati con i primi fiori tra i ciuffi d'erba, di fatiche, di gambe stanche. Mi riportano sulla terra le poche parole del sindaco di Roma, in procinto di sparare il colpo che darà il via alla corsa. Sì, sono a Roma, nella città eterna, e tra le sue meraviglie fra pochi secondi correrò una maratona...

Primo passaggio davanti al Vittoriano (fonte: facebook.com/maratonadiroma)

VIA! La maratona di Roma inizia sotto un cielo che fa paura ma intanto, nelle prime centinaia di metri, bisogna trovare i varchi giusti per non rimanere intrappolati nella bolgia della partenza. Cosa che puntualmente mi accade dopo pochissimi metri, dietro a due sudafricani che partono come se fossero in una scampagnata primaverile, sobbarcandosi gli insulti (meritati, si) di un paio di maratoneti romani. L'andatura è abbastanza ridotta nei primi cinquecento chilometri, dove si assaggia il primo tratto di sampietrini. Bisogna arrivare in Via Petroselli per trovare quell'ampiezza di carreggiata che permette di poter allargarsi e correre più comodamente senza un continuo rallentare e accelerare. Mi tengo sulla sinistra nel chiudere il primo chilometro (4'34"/km), perché so che la curva che conduce alla prima salita, quella del Circo Massimo svolta proprio sul lato mancino. Una salita di riscaldamento, perché arriverà molto di meglio nel corso della maratona. Ma non è la salita il problema.

Piazza Navona, inizia l'ultimo tratto nel centro più centro

Una curva a destra collega Via dei Cerchi (il viale che costeggia l'area del Circo Massimo) e il Viale Aventino. Proprio qui, sento sulla pelle la prima goccia di pioggia. Pochi metri dopo, quando ormai il percorso punta dritto verso il quartiere Ostiense, ecco i primi tuoni che arrivano da sud. Le gocce di pioggia si intensificano sempre di più, ma se tutto rimanesse così proprio non ci si potrebbe lamentare. Anzi, meglio correre al fresco che nell'afa. I primi chilometri li prendo proprio tranquillamente, forse un po' spaventato da cosa potrei incontrare: pioggia? salite? Il ritmo tra 4'30" e 4'40"/km, è comunque positivo, perché sicuramente non è lento e altrettanto non è eccessivo. Premere sull'acceleratore già dalle prime battute è un problema di tanti maratoneti, e anche mio. Perché quando si ha benzina, la si vuole usare, dimenticando che il distributore per un maratoneta compare solo due giorni dopo la corsa.

Via!

Sul Ponte Settimia Spizzichino incontro le prime avvisaglie di ciò che sarà: un vento fortissimo che sposta tutti gli atleti sulla destra della carreggiata. Curva a sinistra per immettersi sulla Via Ostiense e, poco prima di intravedere la Basilica di San Paolo fuori le Mura, inizia a piovere copiosamente. E in pochi secondi diventa diluvio. Questo è un vero e proprio temporale, verso il quale mi sto avvicinando. Da esso mi riparo per qualche decina di metri, trovando conforto sotto i folti alberi tra i due sensi di marcia di Viale San Paolo, ma poi il percorso prevede una curva a sinistra per ricongiungersi nuovamente con Via Ostiense. E la sento tutta.
In pochi secondi la maglietta è un tutt'uno con il mio corpo e anche le scarpe sono presto fradicie. Schivare le pozzanghere già è attività complessa normalmente, farlo in Italia, dove le strade sono normalmente in condizioni pietose, è praticamente impossibile. Canottiera bagnata, pantaloncini bagnati, scarpe bagnate. "Coraggio, stavolta ti tocca andare in fondo così, sotto il diluvio". Poco prima del Ponte Marconi, inciampo in un'altra pozzanghera che sì, mi fa imprecare, e cerco positività nelle parole della mia amica Margherita, che Roma la conosce bene, e che il giorno prima mi aveva indicato (potrei quasi dire che fu un monito) come nella capitale i temporali sono tanto improvvisi quanto veloci nell'estinguersi. Infatti, appena arrivati sulla riva destra del Tevere, tutto si placa: quindici minuti di ira del cielo, dunque la calma. La pioggia continua a scendere ma con ben altra intensità.

Piazza del Popolo

Il primo tratto sulla sponda destra del Tevere è quello più brutto, non tanto per l'intensità e la qualità di corsa (stabile tra 4'35" e 4'40"/km), ma per le zone attraversate dal percorso. Devo attendere qualche chilometro per oltrepassare nuovamente il Tevere, al Ponte Testaccio. Qui il percorso ritrova un'altra Roma, una Roma più consona alle mie aspettative. Ma il ritmo non cambia - e questo è un bene, perché mantenere un passo costante per molti chilometri è una delle chiavi per riuscire nell'intento di non crollare negli ultimi chilometri. C'è pure qualche piccola nota positiva: un po' di sole si affaccia tra le nuvole, e mi accompagna per i chilometri lungo il tratto alberato del tratto di Lungotevere tra il Ponte Sublicio e il Ponte Cavour. Nulla di serio, ma la presenza di qualche pavido raggio di sole mi conforta e mi dà vigore per provare ad incrementare leggermente il ritmo di corsa fino alla soglia dei 4'30"/km. Non è un accelerazione importante, ma un piccolo" colpetto" alla media di corsa.

La prima salita, verso il Circo Massimo (fonte: facebook.com/maratonadiroma)

Superato per la terza volta il Tevere, mi ritrovo a fare i conti nuovamente con la pioggia. Mi trovo in Piazza Cavour quando ricomincia a piovere. Qui mi rendo conto appieno di come i sampietrini siano un terreno insidioso reso ancora più infido dalla pioggia. I piedi lo percepiscono appena, ma quanto basta per capire che sui sampietrini bagnati bisogna correre con cautela. Se volessi trovare una formula che spieghi cosa significa correre su un sampietrino bagnato direi che è quasi come correre sul sapone, soprattutto quando la pioggia non è intensa.
Via Crescenzio, Via di Porta Castello, una curva a destra ed eccoci in Via della Conciliazione. Il passaggio alle porte di Piazza San Pietro avviene sotto la pioggia battente, ma non per questo è un momento meno emozionante. Vedo i maratoneti che mi precedono, e nonostante stiano tutti facendo qualcosa di grande, sembrano così piccoli di fronte alla maestosità della Basilica di San Pietro, minuscole particelle nell'imponenza di Roma.

Meno di un chilometro, so già bene che è stata una grande maratona

Superato il Passetto di Borgo, il percorso punta verso nord, dove si vanno ad incontrare ampi e lunghi viali raccordati da curve ad angolo retto. Questo lungo tratto, che separa San Pietro dai chilometri che precedono lo Stadio Olimpico, sono forse i più difficili, perché vissuti nell'incertezza. L'unico conforto arriva dal cielo, che smette di scaricare acqua pochi minuti dopo aver lasciato alle spalle il Vaticano. Per il resto, sono chilometri di titubanze e di tentennamenti. Mi sono sentito palesemente in difficoltà nel leggere i segnali che arrivano dalle gambe. Mille domande attraversano la mia mente. Fin dove posso spingermi in questa maratona? Posso provare ad incrementare il ritmo senza andare fuorigiri? O è meglio puntare a mantenere un ritmo accettabile per arrivare in condizioni accettabili fino al chilometro 37/38 e dunque scaricare tutto il serbatoio nel finale? Sono domande che non trovano immediatamente risposta, perché è anche dal cronometro - che registra più metri di quelli effettivamente percorsi - che non trovo aiuto. Nell'indecisione, tuttavia, registro alcuni chilometri corsi ad un passo relativamente veloce. Tra il chilometro 18 (appena dopo Piazza San Pietro) e il chilometro 23 (dove il percorso riabbraccia il corso del Tevere) registro una accelerazione nel passo gara che mi mantiene costantemente sotto i 4'30"/km - una soglia importante, perché correre sotto i 4'30"/km significa chiudere una maratona in 3h10'.
Non è il mio obiettivo chiudere in 3h10', so che è troppo ambizioso in un percorso duro come quello della maratona di Roma, per di più affrontato con la pioggia e dopo un ciclo di allenamento affrontato al termine di un lungo stop dalla corsa. Però non voglio avere rimpianti al traguardo, non voglio guardarmi indietro e dover constatare che potevo fare di più. In questi chilometri mi chiedo cosa è meglio fare, se attendere a dare tutto oppure iniziare il forcing. Mancano ancora tanti chilometri e già tanti ne ho percorsi, questo è il momento delle decisioni più complicate. Quello che succede nella realtà (senza che io lo volessi appositamente) è che accelero, ma senza strafare, mantenendo sempre un po' di margine per un ulteriore cambio di passo.

I più forti hanno già fatto il vuoto in pochi metri (fonte: facebook.com/maratonadiroma)

Quando arrivo nella zona del Foro Italico e dello Stadio Olimpico, mi trovo intorno al chilometro 25 e i dubbi mi tormentano. Interpretare i dati che arrivano dal cronometro diventa qualcosa di cervellotico, perché bisogna considerare anche l'errore di misurazione (ampio). Questo è il momento in cui mi sento le energie iniziare a calare. Non un crollo repentino, ma piccoli segnali di cedimento. E non so perché, attorno a me, ci sono tanti maratoneti che mi superano con vigoria. Appena superato il Ponte Duca d'Aosta - l'ultimo ponte sul Tevere - mi supera a velocità tripla un maratoneta che secondo me è partito con la seconda ondata. Cazzo, quanta benzina aveva nelle gambe. Questo è il momento più difficile della mia maratona.
Da quel momento, faccio fatica ad ingranare. Sento le mie gambe come addormentate e incapaci di svegliarsi dal torpore. Non mi sento stanco, bensì come sotto l'effetto di un sonnifero. Dopo quel sorpasso, dico a me stesso "basta, dopo la salita, molli tutto ciò che c'è da mollare". So bene, avendo cercato i punti più critici del percorso, che dopo aver abbandonato il Tevere c'è la salita di Via della Moschea. Non è una salita durissima ma è piuttosto lunga. Arriva al chilometro 28, dopo esattamente due terzi di corsa: quello è il momento giusto per sfruttare quel che rimane dell'energia migliore a disposizione. La salita non va affrontata a perdifiato ma con cognizione: rallentare è obbligatorio ma sempre cercando di mantenere un ritmo buono (la affronterò a 4'45"/km) dal quale ritornare ad accelerare una volta tornati sul piano. La salita di Via della Moschea è la svolta della mia maratona, in quanto al termine di essa mi rendo conto di poter imprimere più forza alla mia corsa. Da quel momento, i riferimenti cronometrici saranno sempre (esclusa una giustificata eccezione) sotto la media di corsa. Il quartiere Parioli lo supero senza problemi, ma è quando entro nel Flaminio, ed è il chilometro 31, che inizia la cavalcata finale. Stavolta non ci sono muri, le mie gambe sembrano ancora fresche.

Ultimissimi metri di fatica

Sul Lungotevere Flaminio succede un fatto decisivo. Il viale è ampio, così esteso che la “cordata” di maratoneti tende ad allargarsi dando quasi la sensazione di sfilacciarsi. Il temporale ormai è passato, anzi, si affaccia un timido sole, tiepido quanto basta ad asciugare la canotta: la visibilità è ottima. Nonostante il viale curvi costantemente verso sinistra, vedo in fondo dei palloncini. Sono le "lepri" delle 3h15'. Sono indietro, ma non indietrissimo. Nulla e nessuno, peraltro, può negare che le lepri stiano correndo anche più forte di 3h15'. Quel riferimento visivo, però, è un valore aggiunto importante. Il Lungotevere Flaminio segna l'inizio della rimonta. Qualche numero per chiarire meglio il concetto di rimonta: dal trentesimo al trentacinquesimo chilometro ho superato 132 atleti. Un atleta superato ogni 37 metri di corsa. Oppure, poco meno di tre atleti raggiunti e superati ogni cento metri. Quando si corre così, sulle ali dell'entusiasmo e sospinti da grande forza e convinzione morale, si può raggiungere qualcosa di importante.
Sarei molto probabilmente sceso sotto le 3h15' e altrettanto presumibilmente avrei anche stabilito il nuovo record personale, ma resto convinto che quello che è successo sul Lungotevere Flaminio sia stata la scintilla decisiva per realizzare questo tempo, un crono che ritenevo quasi impossibile potessi realizzare ora, a Roma.

Il vincitore 2017 della maratona di Roma, l'etiope Tola

Il chilometro 35 è posto sul Lungotevere Arnaldo da Brescia. Qui inizia un sottopasso che dà ulteriore slancio alla mia azione, e quando si esce per imboccare la stretta Passeggiata di Ripetta, vedo molto bene le ultime lepri delle 3h15'. Sono ad un passo. Tutta benzina che ritrovo improvvisamente nelle gambe, benzina che fa in fretta ad incendiarsi, perché l'arrivo alla Passeggiata di Ripetta significa essere rientrati nel centro storico di Roma. Ancora un po' di Lungotevere, poi una curva a destra, prima di concludere il chilometro numero 37, di lì a breve si entra in Piazza Navona e di fianco alla Fontana dei Quattro Fiumi. Da qui in avanti, nonostante il maltempo, siamo accompagnati costantemente da due ali di folla più o meno folte. Supero l'angusto passaggio per entrare in Corso del Risorgimento e dunque in Corso Vittorio Emanuele II. Lo supero in grande scioltezza, perché mi sento ancora molto bene. Infatti, questi chilometri in centro tra Piazza Navona e Piazza del Popolo risulteranno essere tra i più veloci dell'intera maratona, con un ritmo che varia tra 4'18" e 4'21"/km. I primi cenni di cedimento arrivano solamente in Via del Corso, una via dal fondo difficile e soprattutto che sembra essere infinita. Stretta e lunghissima, Via del Corso collega Piazza Venezia a Piazza del Popolo ed è l'arteria che inaugura l'ultimo ed insidioso settore della maratona di Roma. Mancano pochi chilometri, tuttavia i segnali sempre più inequivocabili non sono quelli di un crollo verticale, come spesso mi è capitato in maratona. I muscoli sono sempre più rigidi e meno reattivi ma hanno ancora il carburante per mantenere un ritmo mai corso prima d’ora negli ultimi chilometri: inizio Via del Corso dopo 2 ore, 52 minuti e 20 secondi di corsa, ne esco dopo 2 ore, 59 minuti e 24 secondi. Sette minuti per percorrere 1600 metri circa vuol dire che corro, alla soglia del completamento del quarantesimo chilometro, in 4'22"/km. È un ritmo che mi pare impossibile poter sostenere dopo così già tanti chilometri incamerati nei muscoli. Eppure, so di correre spinto da gambe ben allenate, una forza morale che non può che attestarsi ai massimi livelli – sono conscio che sto correndo alla grande! – e da tanto tifo sui marciapiedi di Via del Corso. Tanti turisti che, spesso nell'attesa di poter attraversare la via per recarsi dalla Fontana di Trevi a Montecitorio, applaudono e incitano i maratoneti. Tra di loro anche tanti bambini, e ai bambini, un cinque con la mano non glielo neghi mai. Perché è bello, perché loro ne saranno felici, perché noi maratoneti ne trarremo nuovo vigore.

Chilometro 40

Piazza del Popolo è un passaggio da prendere con le molle, perché i sampietrini sono ancora umidi e se ne esce solamente girando attorno all'Obelisco Flaminio, un lungo curvone che porta in Via del Babuino. Purtroppo davanti a me incontro alcuni atleti più lenti, in una più che probabile fase di calo fisico, e sono costretto a spendere risorse per superarli. Via del Babuino è invece un'impercettibile salita che porta la maratona di Roma in Piazza di Spagna. La affronto ancora con un ottimo ritmo, perché copro i 530 metri di Via del Babuino in 2 minuti e 20 secondi. E sto parlando di un tratto che è un lungo falsopiano in salita. Sto correndo forte, ma realizzo solo in Piazza di Spagna, dove cade esattamente il chilometro 40, che questa maratona sarà foriera di grande soddisfazione. Proprio di fronte alla scalinata di Trinità dei Monti mi ricongiungo ai primi pacer delle 3h15'. Sanno di poter concludere con un tempo decisamente migliore e allora rallentano per aspettare altri atleti. Li supero, involandomi verso gli ultimi due chilometri. Ma è proprio qui che arriva il bello.

I centurioni scortano l'arrivo dei maratoneti

Da Largo del Tritone inizia la seconda vera salita della maratona di Roma, meno dura di quella di Via della Moschea... con la differenza quest’ultima che non arriva dopo oltre quaranta chilometri di corsa. La quantifico in 360 metri di lunghezza e qualche metro di dislivello: è la salita del Traforo Umberto I. Dopo così tanti chilometri questa asperità diventa un macigno e anche la velocità, ovviamente, ne risente: 4'50"/km nei metri di salita. Il peggio, ahimè, deve arrivare: è lo stesso traforo che buca il colle del Quirinale ad rappresentare uno dei momenti più complicati della maratona. Oltre ad essere in salita, è un ambiente chiuso, ovattato, in cui le orrende luci e un’acustica da incubo diventano un contorno straniante. Bisogna tenere duro, perché il culmine di questa salita coincide con il chilometro 41 e rappresenta l’ultima vera difficoltà della maratona di Roma. Dopo, si può solo volare.

Un bacio all'ombra della cupola di Santa Maria di Loreto

Poche ancora le curve. Una verso destra, dove sostanzialmente iniziano gli ultimi metri, per imboccare Via Nazionale, dove mi aspettano i miei genitori da un’intera mattina: con loro, il segno del cinque per prendere da loro ulteriore slancio, una rassicurazione ("sono tutto intero") e la sensazione del momento ("vado a fare il personale"). Una volta raggiunto Largo Magnanopoli, inizia il discesone finale di Via IV Novembre, una curva a destra seguita da una controcurva a sinistra, per riprendere finalmente Piazza Venezia: non serve aggiungere con quale stato morale ho percorso quella discesa. Entusiasmo alle stelle, euforia, esaltazione. Il traguardo è sempre più vicino, io continuo a guardare l’orologio perché tutto ciò non mi sembra vero. Dopo un piede rotto, mesi di inattività, un allenamento proficuo ma sul quale non ho mai voluto riporre particolari speranze... arrivare a Roma, correre per parecchio tempo sotto la pioggia, su sampietrini spesso umidi, nel saliscendi dei colli della capitale e migliorare di oltre un minuto il proprio personale... era per me fantascienza!
Sono finalmente in Piazza Venezia, davanti ho tutta la mole del Vittoriano e inizio a vedere l'arrivo. Non so più come sto correndo, so solo che di fronte ho la linea dell'arrivo, una meta che a tratti ho pensato di non poter più toccare. Ci sono ancora pochi metri di sampietrini a separarmi da Via dei Fori Imperiali, dal traguardo con vista Colosseo. Guardo un po' in aria, dove il cielo è plumbeo come alla partenza. Guardo e riguardo la fede al dito, perché a tanti chilometri di distanza c'è chi ha sofferto e soffre con me. Poi mi prendo gli ultimi metri e me li godo tutti quanti. Metri di brividi, perché il Colosseo ancora lontano è ormai lì. Metri di liberazione, in quanto solo pochi mesi prima non so se avrei scommesso di essere nuovamente al quarantaduesimo chilometro. Metri di gioia senza fine, perché sono di nuovo qui, ma anche perché nonostante questo percorso e questa pioggia, ho corso veloce come mai prima su questa distanza. C'è tutto quello che serve per poter esternare un urlo liberatorio sul traguardo e poi finalmente rallentare. Roma mi ha portato fortuna e su questo meraviglioso percorso ho fermato il cronometro dopo 3 ore, 13 minuti e 6 secondi. Il che significa nuovo personale, grazie ad un miglioramento di oltre un minuto. Qualcosa che non ritenevo assolutamente possibile e proprio per questa ragione, ha trasformato questo fine settimana romano in qualcosa di ancora più dolce...

Che arrivo sia!

E va beh, poco importa se quindici minuti dopo il mio arrivo, già medagliato, dissetato e (parzialmente) sfamato, si scatena un diluvio ancor peggiore di quello incontrato ad inizio corsa. I viali attorno al Colosseo sono fiumi d'acqua, le stazioni della metropolitana diventano spogliatoi. Mi riparo con il telino ricevuto all'arrivo e scappo velocemente in albergo. Confidavo in un riposo tranquillo, all'ombra del Colosseo, ma così non sarà. Vado a prendermi tutto il riposo che serve, al Colosseo ci tornerò in serata, per la foto di rito con medaglia.
Quello che conta è essere arrivati al traguardo ancora una volta, ancora più bello è sapere di averlo fatto alla grande, migliorando ancora una volta il proprio limite. Realizzare tutto questo a Roma... è una dolce soddisfazione!
Bis bald!
Stefano

domenica 7 maggio 2017

Überraschung - 1:28:01 nella Città del Meno

Oggi avevo una corsa. Una corsa alla quale mi sono iscritto più per divertimento e passione che per reale intenzione di raggiungere un qualche obiettivo. Una mezza maratona nell'ambito della giornata podistica che ogni primavera si tiene nella mia città, la MainCityRun. Ventuno chilometri nel centro di Schweinfurt e lungo le due sponde del Meno.
Come è andata? Nonostante il caldo, nonostante gambe che al risveglio sembravano stanche e svogliate, nonostante il cervello non volesse impegnarsi più di tanto perché dopo tanti duri allenamenti invernali in fondo aveva diritto a divertirsi, nonostante il percorso che proprio veloce non è (neanche lento, eh), nonostante tutto... ho corso la Fußbodentechnik Schmitt Halbmarathon 2017 in 1:28:01, che rappresenta il mio nuovo miglior tempo sui 21,097 chilometri. Ben cinquanta secondi in meno rispetto ad un primato personale che resisteva da una gelida mattina di gennaio di oltre quattro anni fa (vedi post) e che, per svariati motivi e circostanze, non voleva proprio cadere.
È caduto nell'occasione meno pronosticata, è caduto sulle strade della mia città adottiva, è caduto a solo un mese di distanza da una maratona indimenticabile. E questo non fa che testimoniare il buon stato di forma, nonché confermare (ma racconterò più in là) di come l'aspetto mentale sia essenziale quando si corre.

Niente di strano, a parte il tempone?

Bis bald!
Stefano

domenica 30 aprile 2017

21 km nella città del Meno

Ciao a tutti!
Il riposo è finito ed è nuovamente il momento della corsa. Ad oltre un mese di distanza dalla memorabile esperienza alla maratona di Roma, sono tornato a calcare l'asfalto della mia città in vista di un appuntamento che avrà luogo… proprio a Schweinfurt! È il classico appuntamento primaverile della MainCityRun, l'evento podistico (credo pure l'unico) che coinvolge migliaia di atleti e appssionati della zona, grazie alla grande varietà di distanze sulle quali è possibile partecipare: si va dai 500 metri riservati ai bambini fino ad arrivare alla mezza maratona per i più resistenti, passando per le distanze più corte di 1.1 e 3.2 chilometri per gli studenti, e di 5 e 10 chilometri per gli adulti.
Quest'anno la MainCityRun è fissata per la prima domenica di maggio. Io parteciperò alla distanza più lunga, quella della mezza maratona. Perché se posso scegliere tra dieci e ventuno chilometri, la scelta ricade sempre sulla distanza più lunga. Nonostante senta nelle gambe la possibilità di poter migliorare il mio personale sui dieci chilometri, che è rimasto fermo al 2013, la voglia di correre una mezza maratona rimane sempre superiore. E poi, so per esperienza che la distanza della mezza maratona, quando sono in forma, può darmi delle grosse soddisfazioni. Il mio corpo percepisce i venti/venticinque chilometri come il punto di equilibrio ideale tra la velocità espressa in corsa e lo sforzo eseguito.

Appuntamento per il 7 maggio per la corsa nella città del Meno!

Pensare di migliorare il personale qui, su questo percorso e con temperature che prevedo ben più elevate di quelle ideali (nonostante i termometri recentemente siano stati spesso vicini allo zero, anche ad aprile), è obiettivo chimerico. C'è invece la curiosità di scoprire come il mio corpo reagirà dopo un mese di stop dalla corsa, fondamentale per rigenerare i muscoli provati dallo sforzo della maratona. Farlo in una domenica di primavera, assieme a tante persone che conosco, sulle rive del Meno, il fiume che scorre ogni giorno davanti a noi e scandisce la mia vita in Germania, non può che essere ancora più piacevole.
Bis bald!
Stefano

lunedì 3 aprile 2017

Un piacere inatteso

We made a promise
we swore we’d always remember
no retreat, believe me, no surrender
like soldiers in the winter’s night
with a vow to defend
no retreat, believe me, no surrender 
Bruce Springsteen, No surrender

Una medaglia davanti al grande spettatore della maratona, il Colosseo

Non mi sono arreso, no. Fino alla fine ho tirato fuori il meglio che il mio fisico poteva esprimere.
E, all'ombra del travertino del Colosseo e del marmo dell'Altare della Patria, ho ottenuto la mia personale vittoria.

domenica 2 aprile 2017

Adrenalina vol.5

And if I only could,
I'd make a deal with God,
And I'd get him to swap our places,
Be running up that road,
Be running up that hill,
With no problems
Kate Bush, Running up that hill

Dajetutta! 

sabato 1 aprile 2017

Sarà pesce d'aprile?

Ciao a tutti!
Il giorno di vigilia è arrivato, finalmente o purtroppo. Dipende dai stati d'animo che attraversano la mente di un maratoneta il giorno prima di una gara lunga oltre quaranta chilometri, che si palesa in tutta la sua forza dopo mesi di oscura e intensa preparazione atletica e psicologica. Da una parte c'è l'attesa sana, perché ci si prepara a lungo e si cerca di fare bene. Dall'altra vi è vera propria ansia: di arrivare in fondo, di farlo con le proprie gambe senza spaccarsi qualche osso sui tenaci sampietrini romani, di non trovare maltempo.

Via dei Fori Imperiali è pronta

In effetti, fino a ieri - dopo il giovedì mattina in cui ho ritirato il numero di gara - non ho pensato all'appuntamento di domani, se non relativamente all'alimentazione, in questi ultimi giorni molto ricca di carboidrati, e al percorso, che ho visionato quà e là durante gli itinerari turistici. Poi, ho voluto guardare le previsioni meteo, per controllare se le temperature estive previste per domenica erano confermate. E voilà, ecco lo scherzetto del primo aprile servito su un vassoio d'argento: perturbazione in arrivo sul centro-Italia, con pioggia e temporali in arrivo sulla capitale. La pioggia non è mai un bel cliente durante una maratona, ancora di meno lo è a Roma, dove i sampietrini sono una difficoltà oggettiva e nel complesso la rete stradale mi pare piuttosto dissestata. Sommando le cose penso già a pozzanghere e piedi inzuppati di acqua. Oltre a tutto ciò che deriva dal correre con la pioggia. Che è sempre meglio dell'afa ma non è mai una condizione desiderata. Domattina, tuttavia, non è ancora arrivata.

Pioggia, pioggia, pioggia

Parlando di percorso, ho visionato alcuni punti interessanti. Uno è il temuto traforo Umberto I, una salita che sembra impercettibile ma in realtà a poche centinaia di metri dall'arrivo potrebbe fare veramente male. L'altra è la discesa di Via IV Novembre, bella, veloce, l'ultima spinta verso il traguardo.
I sampietrini non mi sono sembrati particolarmente insidiosi, però tutti sono preoccupati del duro fondo stradale tipico di Roma. Molto dipende dalla loro manutenzione. Se sarà quella incontrata oggi a Trastevere, ci sarà da imprecare. 

Piatto di pasta n.2

La giornata del sabato prima della maratona è dedicata normalmente al riposo e alla ricca alimentazione. Oggi ho fatto un po' meno il turista in giro per la città e ho badato di più a non stancarmi. Gambe sotto il tavolo, e nello stomaco ben tre piatti di pasta. Il bello di Roma, per me che sono celiaco, è che più di un ristorante propone nel suo menu molti piatti a base di pasta nella loro versione senza glutine. Immaginate la mia soddisfazione nel gustare una vera pasta all'amatriciana...

Pronto per tornare sotto il Colosseo dopo 42 chilometri

Ora si va a preparare tutto l'occorrente per domani, canotta, spille, pettorale. Applicare i cerotti antivesciche, rifilare le unghie per l'ultima volta, mettere l'orologio in carica, preparare lo zaino. Inizio a respirare un po' di paura, tensione, nervosismo, la miscela di stati d'animo tipica della vigilia e delle ore prima della maratona. Può sembrare strano, ma è per queste emozioni che vive un maratoneta, è per questi momenti che ci si allena mesi, si suda e si fatica. Questa è l'ora in cui si inizia a percepire che gli sforzi fatti vengono riassunti in tre ore di corsa.
Ed è anche l'ora del riposo. Domani si corre!
A presto!
Stefano

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