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sabato 9 aprile 2016

Bücher: Sempre con le ali ai piedi

"Ho divorato l'ultimo chilometro con la certezza assoluta che l'oro sarebbe stato mio. Una curva a sinistra mi ha infilato sotto le tribune e, dopo qualche secondo, sono stato colpito in faccia dallo schiaffo di luce dello Stadio Panathinaiko, unico luogo illuminato di una intera città immersa nell'imbrunire e in attesa dell'epilogo dell'Olimpiade."
Stefano Baldini, Sempre con le ali ai piedi


Passa sempre un po' di tempo prima che riesca a leggere i libri che compro: altre letture in corso, altri stimoli. Ho dovuto aspettare l'ennesimo periodo di malattia di quest'anno (finiranno?), per convincermi a dedicarmi a letture meno impegnative. Non ho dunque rinunciato a leggere - completandolo in poche ore - questo piccolo volume al quale sono affezionatissimo, Sempre con le ali ai piedi, del campione olimpico di maratona Stefano Baldini.
Un libro scritto da uno dei miei eroi sportivi di gioventù non può essere per me un testo qualsiasi, e lo è ancora di più questo, da Baldini stesso autografato, in occasione della mia seconda partecipazione alla Venice Marathon. Per tutti i podisti italiani, le parole di Baldini sono modello ed ispirazione.
Baldini è molto onesto e schietto nel dispensare consigli a chi corre, o per chi si vuole avvicinare alla corsa. Non lo fa con stretti tecnicismi o con superbia, lo fa con sincerità. E nella seconda parte del libro, più avvincente, in quanto parla di sé non solo come atleta di successo ma anche come uomo, Baldini racconta la sua carriera, vissuta sul filo delle grandi vittorie e anche di delusioni, infortuni e sconfitte. Scrive con umanità ed emozione. Soprattutto quando si tocca la gara che più di ogni altre l'ha consacrato, le Olimpiadi di Atene, della quale esperienza racconta tutto, tranne "ciò che ho pensato e provato imboccando il rettilineo finale". Non possiamo dargli torto, una simile scarica di emozioni è così personale che non gliela si può strappare dalla bocca. Magari ci sarà più spazio in futuro, su nuove pagine, su nuovi libri.
Bis bald!
Stefano

Giudizio: 8/10 

martedì 29 settembre 2015

Provateci, capirete

"Ha vintoo! Stefano Baldini ha vinto la madre di tutte le corse! Ha sfinito gli uomini degli altipiani, ha stroncato i guerrieri masai e ha vintoo! Oddio, ma come posso spiegarvi cosa significa veramente. D'accordo, facciamo quello che Galileo chiamava un esperimento mentale. Poniamo che abbiate tra i 30 e i 40 anni. Poniamo che siate sani e abbastanza in forma. Poniamo che uno vi abbia appena rubato il portafoglio e voi stiate correndo a tutta velocità per riacciuffarlo - un centinaio di metri, diciotto secondi - e proprio quando siete sul punto di prenderlo, scoppiate. Ecco, immaginate che mentre voi siete lì con le mani sulle ginocchia, il rumore del sangue nelle orecchie, il vostro ladro continui così per altri cento metri e poi per altri cento e per altri cento ancora, così avanti per 42 chilometri e 195 metri, cioè quattrocentoventidue volte quello che avete appena corso, sempre alla stessa velocità con cui voi stavate per avere un infarto. Bene, il ladro del nostro esperimento è Stefano Baldini, capite? Ovviamente il nostro maratoneta non ha rubato niente a nessuno, ha rivaleggiato con i più forti del momento, ivi compreso il detentore del record del mondo Paul Tergat, e ha vinto nel modo più meritato che si potesse sperare (anche l' incidente capitato allo sportivissimo De Lima a causa di un mitomane non ha influito che di pochi secondi sull'esito della gara). Eppure ho paura che non mi stia ancora spiegando, magari voi state pensando che in fondo si tratta sempre di una corsa: insomma, non è una disciplina tecnica, non è il salto con l' asta, non è il nuoto sincronizzato - Dio, la tv rende tutto maledettamente semplice. Allora proviamo così: un maratoneta di sessanta chili consuma circa 450 litri di ossigeno e perde più di tre litri di liquidi. Compie circa 21.000 passi alla massima velocità consentita dal suo organismo. Al termine dei 42.195 metri la cannibalizzazione delle fibre mitocondriali, subita in uno sforzo pari a 2200 kilocalorie, gli impedirà di camminare eretto per almeno un paio di giorni. Sì, cannibalizzazione, perché, una volta esaurite anche le ultime riserve di glicogeno scovate nel fegato, i muscoli cominciano a mangiare se stessi e lui si ritrova a poter contare solo su ossa e neuroni. A quel punto, chi lo vede da fuori pensa che gli abbiano appena sparato addosso un intero caricatore. È poco tecnico un atleta che sa correre con le ossa e i neuroni? Può sembrarvi rozzo materialismo, ma paradossalmente questi dati sul corpo sono importanti per comprendere lo spirito del maratoneta, il quale fa della propria pratica sportiva una specie di arte marziale, qualcosa che assomiglia a una disciplina interiore più che a un gesto atletico. Baldini si allena dodici volte alla settimana per complessivi duecento chilometri. Ha una perfetta conoscenza di tutto ciò che succede dentro quella macchina pensante che è il suo organismo. Ha educato il proprio metabolismo a fornirgli fin dai primi chilometri una miscela di zuccheri e grassi, cioè l' ideale per fabbricare le quantità sconsiderate di Atp che una maratona pretende. Sa amministrare le proprie risorse, e controllare i nervi, per una gara che raramente finisce prima di due ore e dieci. Non so come dire, la sua tecnica è rarefatta in un gesto più mentale che fisico. È questo che attrae le persone che corrono. E non sto parlando di professionisti, sto parlando delle centinaia di migliaia di italiane e italiani incapaci di resistere un paio di giorni senza una sgambata. Cominciano con qualche chilometro - e il k-way giacca e pantaloni, credendo che sudare faccia dimagrire - e finiscono per correre nove ore alla settimana. Chi entra nel tunnel della corsa difficilmente ne esce. Non è questione di linea - quella di solito è solo la motivazione iniziale -, la corsa, quando attecchisce, diventa un piacere irrinunciabile. Chi corre, chi lo fa abitualmente, tende a confrontarsi con i propri limiti, prova a forzarli, continua a esplorarsi, a conoscersi. Presto o tardi finisce per misurarsi con la maratona. È lì che il runner si trasforma in una specie di samurai senza spada, un guerriero consapevole della propria cosmica fragilità, duro e severo solo con se stesso. La maratona è un obiettivo personale per moltissima gente. Quella di New York è entrata nell'alfabeto visionario dei pubblicitari. Il mondo del running è fitto di relazioni, contatti, siti web per incontrarsi nei parchi e correre insieme. C' è tutta una comunità nascosta che alle otto del mattino, nelle città disabitate delle domeniche d' inverno, calza tutine in lycra e partecipa alle «non competitive». Ma ci sono anche i solisti, uomini che corrono sul bordo strada con l'esclusiva compagnia delle proprie scarpette. Magari qualche volta avrete rischiato di investirne uno. Ora sappiate che poteva trattarsi di un campione olimpico."
di Mauro Covacich, Corriere della Sera, 30 agosto 2004

L'emozione unica di una partenza (fonte: startnummermarkt.de)

sabato 29 agosto 2015

Una cattiveria speciale

"Si è alzato di buon'ora, ha buttato giù prima i cereali col miele e poi una pasta in bianco, ha indossato il pettorale n. 2157 e quella maschera di serena sofferenza che ieri ha fatto il giro del pianeta in mondovisione. Lo sguardo pietrificato, la bocca semiaperta, l'espressione immobile, gli occhi, solo gli occhi, che ruotano a destra e a sinistra, come periscopi. Poi è andato a prendersi quello a cui pensava da Sydney 2000, l'Olimpiade a cui fu costretto a rinunciare per una microfrattura da stress all'anca: la medaglia d'oro olimpica nella maratona. Aveva una maledetta fretta, Stefano Baldini da Castelnovo di Sotto: due ore, dieci minuti e cinquantacinque secondi sono un tempo ridicolo di fronte a quattro anni d’ attesa. «Quest'oro me lo sentivo, ero venuto ad Atene per fare la corsa della vita. L'inizio non è stato favorevole: andavamo troppo piano e a un certo punto mi sono venuti i crampi. Mi ha dato una mano Gharib quando è scattato al venticinquesimo chilometro: ha fatto la selezione e lì è cominciata un'altra gara. Poi sono partito io».

Una vittoria ispirante

L'aveva giurato al suo allenatore, Luciano Gigliotti, il tecnico che a Seul '88 s'era inventato uno Spyros Louis barbuto e spiritato, Gelindo Bordin, e che a Atene ha tirato fuori dal cilindro il biondino fatto di fil di ferro che alle 20.11 si è messo sotto le suole 42.195 metri d'asfalto e di fatica: «Ciao Lucio, vado a vincere l'oro». E adesso che ha mantenuto la promessa, bacia la pista dello stadio Panathinaiko e si rotola per terra, tende le mani a una volontaria per farsi tirare su in piedi e poi grida «ma vieni!» con tutto il fiato che gli rimane in gola, mentre in sottofondo Bruce Springsteen canta baby we were born to run, ragazzo siamo nati per correre. È stata una rincorsa lunga, fatta di piazzamenti (bronzo ai Mondiali 2001 e 2003), fughe (successi alla maratona di Roma '98 e di Madrid 2001) e pause per i rifornimenti: gli infortuni, le crisi di fiducia (quarto a Londra quattro mesi fa: «Avevo il morale sotto i tacchi...»), la nascita della piccola Alessia, che ieri si è presa un bel bacione in diretta tv dal suo papà, il proprietario di quella meravigliosa faccia da italiano che ha fatto la linguaccia sul podio e ha addentato la medaglia con rabbia, mentre cinque miliardi di spettatori si innamoravano della sua fossetta sul mento nel bel mezzo della cerimonia di chiusura dei Giochi 2004, un'emozione dolce dopo l'emozione feroce, quelle due ore di vita trascorse alla media di 19 km/h, da keniano bianco tra gli africani. «Devo dire la verità: nelle condizioni in cui ero oggi, non mi avrebbe battuto nessuno. Mi sono superato. Mi sento nella leggenda». Non è presunzione. È il legittimo orgoglio dell'ottavo di undici fratelli, che ha scelto la strada più impervia per entrare nella leggenda olimpica. «Questa medaglia è meravigliosa e due volte importante: è un oro olimpico ed è stato vinto in una città storica». Non ci sono dediche, se non al protagonista: «L'oro me lo tengo per me perché solo io so quanto ho sofferto per arrivarci, quanta strada ho dovuto percorrere, quanto anni di sudore ha richiesto questo successo. È il risultato di una carriera di sforzi». Questo oro gli era dovuto: «Ho semplicemente dovuto passare alla cassa per riscuotere il credito che avevo accumulato». È presto per parlare del futuro, ma qualcosa sull'onda delle emozioni si può già dire: «Con l'oro al collo faccio fatica a pensare di ritirarmi. Questo oro mi costringe ad arrivare fino a Pechino 2008». Nella sua terra, tra Castelnovo e Rubiera, dove è nato e dove si è formato atleticamente, suonano le campane. Mamma Maria e papà Tonino non hanno voluto nessuno in casa, durante la diretta della maratona, ma poi hanno aperto la porta per fare entrare gli amici, i parenti. Baldini ci riempie d'orgoglio e di certezze. Sappiamo andare in bicicletta (Bettini), sappiamo marciare (Brugnetti), sappiamo tirare di scherma e giocare a pallanuoto meglio di chiunque altro nel mondo. Sappiamo anche ingoiare la sofferenza con dignità, mantenere un'espressione serena e arrivare fino in fondo alla gara più difficile. «Mi sono allenato con una dedizione incredibile. Forse in questi mesi sono addirittura diventato più cattivo». È aumentato di peso. Servivano più muscoli sotto quel motore fantastico per reggere il confronto con i signori degli altipiani, con i maestri della maratona che da ieri hanno un nuovo maestro made in Italy, made in Castelnovo di Sotto. «Il brasiliano Lima lo tenevo d'occhio da un po'. Quando ho deciso di andarlo a prendere non c'era più niente da fare per lui». Chiede scusa: «Vado, ho voglia di cantare l'Inno». Se ne va trotterellando. Baby, he was born to run."
di Gaia Piccardi, Corriere della Sera, 30 agosto 2004

sabato 25 ottobre 2014

Alla distanza si dà del lei

Ciao a tutti!
Venezia-Mestre, Parco San Giuliano, ore 13.51. Hanno inizio le ventiquattro ore della Venice Marathon. E cominciano proprio col botto.
Il primo passo è il ritiro del pettorale e annesso chip con cui viene cronometrata la propria performance. Senza di quelli non si va da nessuna parte e addio maratona. Proprio per questo motivo, arrivo all'Exposport allestito al Parco San Giuliano di Mestre con molta tensione in corpo... Senza quel pezzo di carta e quell'aggeggio di plastica non sono mai tranquillo. A San Giuliano si respira un'aria serena. Il clima sembrerebbe quasi primaverile se non fosse per le tonalità rossastre delle foglie. Negli stand che circondano l'area "tecnica", dove si distribuiscono i pettorali e si consegnano i pacchi gara, c'è già parecchia folla. Devo attendere un pochino ma alla fine prendo la busta chiave della maratona e dunque il mio nome compare nel display di verifica del chip. Bene, tutto funziona. Una cosa è sistemata.

Con il mito della maratona italiana, Stefano Baldini

Mi giro e mi trovo di fronte un enorme tabellone griffato Asics, sponsor tecnico della Venice Marathon. È lì che gli atleti possono lasciare il loro autografo. Il loro nome. O un pensiero, o una dedica. Chi incoraggia il proprio papà, chi saluta la mamma, chi (come me) fa capire che domani darà tutto. Quest'anno questo cartellone è ancora più solenne. Campeggia l'intero tracciato della maratona... 42,195 km, finish, e il campanile di San Marco. Ci sono firme da tutto il mondo. Francia, Spagna, Germania, ma molti degli accenti che colgo arrivano anche dall'Europa Orientale. Ci sono anche alcuni asiatici, maratoneti dalle sconfinate risorse mentali. C'è proprio un mondo qui. È bello farne parte.

Asics ti sprona

Gli stand sono ovviamente a senso unico. Si parla di corsa e di corse. Prodotti alimentari per sportivi, vestiario per podisti e tanta pubblicità di svariate maratone nazionali ed internazionali. Per iniziare a capire dove tentare la prossima avventura, no? Al centro dell'area espositiva vi è anche un ampio spazio dedicato al Charity Program, la raccolta benefica di fondi per numerose associazioni no profit collegata alla Venice Marathon. Mi fermo a salutare il mio amico Luca, conosciuto al quarantesimo chilometro della Turin Marathon dell'anno scorso (anche grazie alla mia maglia bianconera indossata per l'occasione) e con il quale ho condiviso le ultime sofferenze di quel giorno. Luca rappresenta la ASLA (Associazione Sclerosi Laterale Amiotrofica), trovarlo è semplice, ed è un grande piacere scambiare dal vivo quattro chiacchiere a distanza di quasi un anno. Luca, della maglietta che mi hai donato farò buon uso. In corsa o in cima...

Numero 4709

Se c'è così tanta gente nel padiglione ci sarà un perché. Ma che dico, di perché ce ne sono addirittura due. Si chiamano Stefano Baldini e Alex Zanardi. Due che a Venezia hanno partecipato e che non hanno ulteriore bisogno di presentazioni. I due fuoriclasse sono qui a Mestre per motivi diversi. Il primo presenta qui il suo nuovo libro, in compagnia del suo maestro di corsa (e di vita), Luciano Gigliotti, uno dei più grandi tecnici della'atletica leggera di sempre. Insieme i due sono una combinazione letale. Di racconti, aneddoti, consigli e suggerimenti. Da una parte un campione olimpico di maratona, dall'altro colui che l'ha guidato al successo: occhi e orecchi non possono che essere ben attenti. Con la scusa del libro, non mi faccio scappare un autografo e una foto. Di quelle da conservare con cura...

Ai limiti del commovente...

Veramente impressionante è stata l'accoglienza riservata ad Alex Zanardi. Lui non è solo più un personaggio sportivo, ma un simbolo di rinascita e di coraggio. La gente, soprattutto quella abituata a faticare come i maratoneti, gli rende il giusto tributo. Applausi, riconoscimento e stima per un grandissimo uomo, che non si è arreso alle disgrazie della vita ma ha saputo coltivare e realizzare nuovi traguardi impensabili. È un personaggio sincero, genuino: scherza con tutti, è disponibile alla foto, all'intervista, alla domanda, alla firma. Credo che pochi potrebbero resistere con tale flemma ed ironia alla fama che gli deriva dal successo sportivo.

Con un grandissimo...

Gli incontri con Baldini e Zanardi sono ispiratori: domani cercherò di far tesoro dei loro consigli ed insegnamenti. E come dicono loro stessi, divertendosi nel cercare il proprio limite. Perché alla fine è questa l'estrema sintesi dello sport.
Ora è l'ora del riposo, importante più che mai stasera. Domani c'è da combattere una dura battaglia...
A presto!
Stefano

venerdì 29 agosto 2014

Non ci si immaginava di poter raccontare questo

"Mentre Stefano Baldini stava entrando nello stadio Panathinaiko, Luciano Gigliotti, il suo allenatore, ha frugato nello zaino. Ha affondato il braccio sino al gomito per arrivare in fondo. C'era una bandiera tricolore che aspettava, ben piegata, un segreto che aveva nascosto anche a Stefano. Gigliotti l'aveva infilata sei mesi fa. Era il primo inverno che riusciva ad allenare Stefano senza inconvenienti, senza infortuni. E Stefano correva, correva... Aveva avuto un poco di paura solo dopo la maratona di Londra, il 19 aprile, non per il quarto posto finale, ma per il morale di Baldini. «Ho dato tutto, non potevo andare forte come Rutto e Korir», raccontava Stefano. C'era un senso di impotenza in quelle parole, lo spettro che non avrebbe mai potuto raggiungere quegli africani. Gigliotti lo ha convinto a suon di allenamenti duri, di salite massacranti per preparare quelle sciabolate che decidono una gara. Salite come quella di Atene, lunghe e subdole. Sapeva che un uomo di razza contadina non si convince con le parole, che doveva dimostrargli che poteva farcela comunque e contro chiunque. Il 3 agosto, negli ultimi giorni di allenamento a St. Moritz Stefano confessava sottovoce: «Non ho paura di nessuno, sono il più forte di sempre. Adesso devo solo arrivare sano...». Già, lo spettro di quattro anni fa ai Giochi di Sydney. Anche allora lavorò duro, convinto di poter salire sul podio, ma una microfrattura da stress all'anca venti giorni prima della gara uccise le sue speranze. Giovedì sera, quando ha percorso in auto la strada da Maratona al Panathinaiko si è illuminato: «È dura, terribilmente dura. Quello che ci vuole». Aveva il fuoco dentro, quel qualcosa che va oltre gli allenamenti e i sacrifici e che non si può descrivere. Una sensazione che può anche mettere paura. Questa strada negli ultimi mesi l'aveva percorsa migliaia di volte nel suo cuore, le salite di Livigno, di Predazzo e di St. Moritz erano come quella di Glyka Nera, la porta di Atene. Migliaia di chilometri per preparare la sua sciabolata. Lunedì sera, nell'ultimo allenamento alla periferia di Modena prima della partenza per Atene, aveva anche preso a calci un dobermann che aveva cercato di azzannarlo. Nessuno e nulla stavolta potevano fermarlo, era un segno del destino. Sabato, nell'ultima conferenza stampa al Villaggio olimpico, Baldini aveva stupito per la sua sicurezza. Sentiva di potercela fare, descriveva ogni centimetro del percorso con precisione estrema e che cosa sarebbe successo.

Il trionfo che non ti aspetti (fonte: olimpiaazzurra.com)

Non è abituato a raccontare bugie o a dissimulare. In gara ha fatto quello che ha voluto, ha permesso le fughe, deciso gli inseguimenti, è scappato verso quello stadio millenario che lo attendeva. Che festa! Lo sguardo al cielo, i pugni chiusi, il bacio all'asfalto nero della pista, quella gente tutta per lui, il tricolore di Gigliotti. «Alessia, è per te», ha gridato ancora al cielo. Alessia, la figlia di tre anni che quando potrà capire sarà fiera di un papà così. E poi il giro d'onore sull'anello dove vinse Spyridon Louis, la pista sacra. «Non uscirei più da questo stadio. Qui si fa la storia, questa gente, il loro calore...». Baldini non pare neppure stanco, l'emozione lo infiamma ancora. Tante volte ha inseguito sogni poi svaniti, stavolta no, era Il sogno, quello più grande. «Lo sentivo che avrei vinto, ma adesso non ci posso credere. Oggi sono passato in cassa per riscattare il lavoro di una vita. Sì, della vita, perché ho corso ogni giorno, per me e per l'atletica. I sacrifici non mi sono mai pesati. Ne è valsa la pena». Non c'è sorpresa nei suoi avversari. Un signore come il keniano Paul Tergat, il grande favorito della vigilia, dice una frase sola: «Oggi era il più forte, lo abbiamo capito sin dai primi chilometri».

In azione nei 42,195 chilometri più famosi (fonte: fidal.it)

Stefano intanto è sballottato, tutti lo vogliono. È l'eroe dell'Olimpiade, ha vinto la maratona ad Atene la gara che merita la premiazione nella cerimonia di chiusura davanti a presidenti e ministri, sotto gli occhi del mondo. […] Gli addetti dell'organizzazione lo strattonano ancora, lo stadio Olimpico, Rogge, il primo ministro Karamanlis, l'eurovisione e il mondo intero non possono aspettare. Ecco la pista già coperta per la cerimonia di chiusura, ecco tutti gli spettatori in piedi per veder salire il tricolore sul pennone più alto. Ecco quel sì urlato da Baldini alla fine dell'inno di Mameli. È uno di noi il re dell'Olimpiade. Che bello essere italiani."
di Pierangelo Molinaro, La Gazzetta del Sport, 30 agosto 2004

martedì 12 marzo 2013

Ispirarsi alle omonime leggende

Serata indimenticabile, più di otto anni or sono. Mi trovo a rileggerla ora, a poco più di quattro giorni dalla mia seconda maratona. Commozione, non puoi far altro che assalirmi...

"Che emozione.
Quattro anni dopo la magica notte di Atene mi trovo alla partenza della mia gara, la maratona, a Pechino. Stessa maglia bianca, con il nuovo logo tricolore uguale su tutte le divise degli azzurri di ogni disciplina.
Ho il diritto di stare in prima fila perché sono Stefano Baldini e l'ultima Olimpiade, quella di Atene, quella che in questi anni ho capito conta più di qualsiasi altra, l'ho vinta io. Era il 29 agosto 2004.
Che gara, quella gara."

Mostruoso...

"Partire da Maratona, dallo stesso punto da cui partì Fidippide per annunciare ad Atene nel 490 a.C. la vittoria degli Ateniesi sui Persiani. Poi le salite e le discese per raggiungere Atene che appesantiscono le falcate dei miei avversari. Vedere il gruppone di cento atleti che si sgrana. Io che mi sento in gran forma, mentre noto che i miei avversari hanno gli occhi vuoti. Allora apro il gas e me li lascio dietro. Continuo ad andare a tutta. Sbuco per primo e da solo nel catino dello stadio Panatinaiko. La luce dei proiettori mi provoca un'enorme scarica di adrenalina. Una voce esce dagli altoparlanti e urla: "Stefano Baldini, Italy!". Lo stadio diventa un'unica, enorme bocca ed esplode in un boato.
Sento le gambe che vanno ancora più veloci di quanto vorrei. Una parte di me vorrebbe che quel momento durasse in eterno, un'altra invece vorrebbe raggiungere il traguardo il più velocemente possibile. E' come se il mio corpo autonomamente volesse trascinarmi oltre l'arrivo per catapultarmi in cima al mondo della maratona.
La mia testa riprende il controllo, alla penultima curva ho la possibilità di verificare, voltandomi appena, che sull'ultimo rettilineo percorso la distanza tra me e il mio inseguitore è incolmabile. Cerco comunque di pensare solo a correre, a mettere bene i piedi, a non fare la fine di Dorando Pietri che scoppiò a pochi metri dal traguardo (nell'ormai lontano 1908, a Londra). Faccio quello che so fare meglio: correre con equilibrio e senso tattico.
Finisco la curva a sinistra e imboccando gli ultimi cento metri comincio a lasciarmi penetrare dalle emozioni. Migliaia di flash mi assalgono, ma io guardo solo il nastro azzurro che sto per tagliare, anzi che sto per travolgere per quanto sono in forma, per quanta energia sento di avere ancora dentro nonostante 42 chilometri corsi ai 20 all'ora."
Stefano Baldini, Maratona per tutti

Orgoglio italiano alle Olimpiadi di Atene 2004

mercoledì 6 febbraio 2013

Due Perle, doppia fatica!

Ciao a tutti,
la quarta è andata. Non è andata come speravo ma se devo tirare le somme della mia quarta partecipazione ad una mezza maratona non devo assolutamente lamentarmi.
Provengo da una settimana un po' complessa: domenica 27 gennaio ho stabilito il nuovo personale sulla distanza, martedì 29 il problema al piede che mi ha condizionato per tutta la settimana (trascorsa a spalmare balsami, cremine e ad assumere antiinfiammatori)...e alla fine, domenica arrivo alla partenza della Mezza Maratona Internazionale delle Due Perle non al 100%. Stanco, sono ancora troppe le tossine di Novara. C'è un po' di timore per il piede: nonostante i farmaci, non  ero certo di non provare dolore durante la gara.
Già dopo poche centinaia di metri mi accorgo che le sensazioni non sono le stesse di sette giorni prima, mi sento più stanco e decisamente meno brillante: niente da fare, due mezze maratone in otto giorni sono troppe se si vuole fare una bella prestazione. Esperienza per il futuro. Però questa gara la volevo fare, senza ambizioni cronometriche, il percorso è decisamente più duro rispetto a Novara. Mi sarebbe piaciuto restare sotto 1h30', ma alla fine mi devo accontentare di un comunque dignitoso 1h32'38'', 260esima posizione (su 1761 partecipanti), ventottesimo di categoria.

Il porticciolo di Portofino, una delle due perle del Tigullio.

Si, alla partenza ho confessato a me stesso di volerci provare a restare sotto l'ora e mezza. E l'ho detto anche a Bruno, che ho reincontrato a due mesi e mezzo dalla Turin Marathon (è un podista che potete vedere al mio fianco in alcune foto relative alla Turin Marathon). Ho avuto modo di correre e chiaccherare al suo fianco durante alcuni tratti della mia prima maratona, ed incontrarlo qui è stato una vera sorpresa. Lui voleva stare sotto 1h28', ci è riuscito: bravo, Bruno! Alla partenza l'ho visto subito molto tonico, non potevo stargli dietro, troppo veloce per me.
Perchè fare questa gara, a sette giorni di distanza da un'altra mezza maratona? Beh, il percorso era a dir poco splendido. Correre su questa strada, a ridosso del Golfo del Tigullio è emozionante a prescindere, qualsiasi sia la tua forma fisica. Veramente stupendo, correre su un lungomare come è la strada che collega Santa Margherita Ligure a Portofino ti lascia qualcosa in più, specie per uno come me che è abituato a correre di notte, nella nebbia, al freddo.
Certo, il percorso è veramente tosto: prima un falsopiano in uscita da Santa Margherita Ligure, un altro dopo la Baia di Paraggi, poi in picchiata verso Portofino. Si, ma poi si inverte e la discesa diventa salita, e ripida, pure. A tratti, la salita che dal porticciolo di Portofino porta alla strada asfaltata è a gradoni o su ciottolato. Ed è dura, durissima. Al secondo giro percorrere questa salita è stato massacrante, il passo è crollato di colpo e sentivo come una stretta ai polmoni: micidiale. Già ne avevo poche prime, ma questo tratto di corsa ha spento ogni speranza di restare sotto i novanta minuti al traguardo. E allora corri cercando di fare bene, ma con un occhio più attento al panorama. Poi va beh, una mezza maratona sono sempre 21 chilometri, e pochi tra i miei amici sono riusciti a completare questa distanza, tanti manco ci proverebbero.

Un tratto del percorso della Mezza Maratona Internazionale delle Due Perle, nei pressi della Baia di Paraggi.

La Mezza Maratona Internazionale delle Due Perle non è una manifestazione qualsiasi. Vi partecipano atleti professionisti di livello: tra tutti il vincitore tra gli uomini, Ruggero Pertile, decimo nella maratona di Londra 2012 nonchè campione italiano di specialità. Stefano Baldini, la leggenda della maratona italiana doveva essere il testimonial della manifestazione, ma in tutta sincerità non l'ho proprio visto. E poi, date le location molto glamour, Santa Margherita Ligure e Portofino, vi partecipano molti vip. In passato questa gara è stata corsa anche da Gianni Morandi; a questa edizione hanno partecipato Giovanni Storti (del trio comico Aldo, Giovanni e Giacomo), che ho avuto modo di incrociare lungo il percorso e Pasquale Di Molfetta, in arte Linus.

Ruggero Pertile taglia per primo il traguardo e vince per la terza volta la Mezza Maratona Internazionale delle Due Perle

Niente da fare, Santa Margherita Ligure ha il suo fascino. Sinceramente, sono contento di aver fatto questa gara: ho accumulato esperienza per il futuro, è comunque un ottimo allenamento in vista di Barcellona e mi sono goduto una bella giornata di sport e di mare. Non ho rinunciato a qualche ora in spiaggia, baciato dal sole del Tigullio.
Perchè, alla fine, il resto dell'allenamento per la Maratò de Barcelona lo devo fare a casa, nel gelo, nella nebbia, nel freddo. E domenica, non c'era spazio per tutto ciò. Solo calore, emozione, gioia.
A presto,
Stefano

sabato 2 febbraio 2013

Al mare per la prima volta

Ciao a tutti,
di nuovo giorno di vigilia, oggi! Si, perchè domani è di nuovo ora di correre. Ed è di nuovo ora di mezza maratona. Una settimana dopo Novara, le location che ospiteranno la mia prossima corsa saranno Santa Margherita Ligure e Portofino, due perle della Liguria. Non a caso, la corsa di domani sarà la Mezza Maratona Internazionale delle Due Perle, giunta all'ottava edizione. E sarà la mia prima competizione podistica in una località di mare.
Hi everybody,
today is again an eve day! Yes, tomorrow is running time again. ANd it's half marathon time again. A week after Novara, the locations are going to accommodate my next race will be Santa Margherita Ligure and Portofino, two pearls of Liguria. Not by chance, the race of tomorrow will be the 8th edition of the Mezza Maratona Internazionale delle Due Perle. And it will be my first running competition in a sea-town.

Veduta aerea del promontorio di Portofino e della costa verso Santa Margherita Ligure

Ne ero giunto a conoscenza tramite un volantino ricevuto dai miei genitori, e subito ho pensato di prendervi parte: Santa Margherita Ligure e Portofino sono due località veramente suggestive e l'idea di corrervi mi ha intrigato molto fin da subito. A stimolare è sicuramente la presenza di atleti italiani di massimo livello. Tanto per dire, la Mezza Maratona Internazionale delle Due Perle ha nel suo albo d’oro i principali interpreti della maratona italiana passata, presente e futura: Stefano Baldini, Giacomo Leone, Ottavio Andriani, Daniele Meucci, Ruggero Pertile, Dennis Curzi, Daniele Caimmi e nel campo femminile Bruna Genovese, Ornella Ferrara, Valeria Straneo, Emma Quaglia, Gloria Mancini.
Il percorso è semplice: i 21,097 chilometri vengono percorsi semplicemente percorrendo (andata e ritorno)  la SS227 da Santa Margherita Ligure a Portofino per due volte. La corsa si svolge in uno dei scenari più suggestivi al mondo, con viste mozzafiato, come il passaggio all'Abbazia della Cervara, alla Baia di Paraggi, alla piazzetta di Portofino e il meraviglioso arrivo nei giardini a mare di Santa Margherita Ligure.
Il tracciato è tecnico, ci sono molte curve, specie nella zona di Portofino. Ed è un continuo saliscendi, e questo me l'immaginavo, visto che le strade litoranee sono spesso di questo tipo.
I knew about this race from a brochure given by my parents, and I immediately thank to run it: Santa Margherita Ligure and Portofino really are two lovely towns and the idea to run in immediately fascinated me. Something of stimulating is the presence of Italian athletes of the highest level. Let's say, the marathon's Italian main interpreters are in the Mezza Maratona Internazionale delle Due Perle's gold book: Stefano Baldini, Giacomo Leone, Ottavio Andriani, Daniele Meucci, Ruggero Pertile, Dennis Curzi, Daniele Caimmi and Bruna Genovese, Ornella Ferrara, Valeria Straneo, Emma Quaglia, Gloria Mancini among female athletes.
The road is simple: the 21,097 kilometers will be done (go and back) making the road SS227 from Santa Margherita Ligure to Portofino for two times. The race will take place in one of the world's most beautiful scenaries with breathtaking views, as the passage at the Abbazia della Cervara, the Paraggi Bay, the little sqaure of Portofino and the fantastic arrival on the gardens of Santa Margherita Ligure.
The road is technical, there are many curves, in the Portofino area, mainly. It's a never ending up-and-downs, but I imagined this, since the roads at the borders of the sea are of this kind.

Il percorso: due volte su e giù da Santa Margherita Ligure a Portofino

Non è tanto il tracciato che mi preoccupa. Gli allenamenti fatti a Sestriere prima della Turin Marathon furono sicuramente peggio di ciò che incontrerò domani. E poi la distanza della mezza maratona è quella a me più congeniale, quella sulla quale mi esprimo meglio.
Ciò che mi preoccupa davvero è la condizione del mio piede. Il fastidio al dorso del piede destro non se ne è ancora andato anche se va sicuramente meglio rispetto a martedì. Proprio martedì, fui costretto ad interrompere l'allenamento dopo quindici chilometri. Penso di poterla finire senza particolari problemi, questa gara. Spero che al termine, o peggio ancora nei giorni a venire, faccia ancora male. Fortunatamente, per le prossime settimane non ho in programma mezze maratone... (per ora, hehehe)
Ora, relax, domani è tempo di corsa!
But it's not the road that disturbs me. Training made in Sestriere before Turin Marathon were worse than what I'll face on tomorrow, for sure. And the half marathon distance is the most congenial, where I do my best.
What's really disturbing me is my foot's condition. The slight pain on the top of the right foot isn't completely gone away even if it's better than Tuesday. On Tuesday I had to stop the training after fifteen kilometers. I think I can finish the race without particular problems. But I hope at the end, or even worse in the next days, it'll give still sufference. Luckily in the next weeks I have no half marathons in my planning (at the moment, he he he).
Now, relax myself, tomorrow it's running time!
Stefano

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