giovedì 31 dicembre 2015

Ein deutsches Jahr

Ciao a tutti!
Un altro anno volge al termine, e come tutti quanti sono in attesa di quello che sta per cominciare, che (fortunatamente) si preannuncia non meno stimolante e ricco di eventi rispetto al 2015. Quello che si conclude è l'anno che ricorderò, come ho scritto nel titolo del post, come l'anno "tedesco", in quanto è stato vissuto per intero in Germania, fatte salve vacanze e qualche trasferta di rientro nella terra natia.
Il nostro primo anno in Germania ha coinciso con tre eventi direttamente legati a questo paese, che hanno segnato, in modo più o meno decisivo, la storia del 2015: la tragedia Germanwings, l'ondata di migranti siriani in Baviera (piccolo tassello di una vicenda più grave e complessa, quella della guerra all'ISIS) e lo scandalo Volkswagen. Il caso è poi strano, eh? Tre eventi, diversi tra loro, che però ci hanno restituito un'immagine diversa del popolo tedesco, lontana dai soliti stereotipi. Non meno forte, ma più umana e probabilmente più vulnerabile.

2015: un anno felice

E che dire del nostro primo anno interamente trascorso in terra teutonica? Decisamente positivo, così positivo che non abbiamo alcuna voglia di rientrare in questa "terra dei problemi" che si chiama Italia, quantomeno non a breve. Un po' di nostalgia c'è, è ovvio, ma il piacere di vivere qui è tale per cui non stiamo minimamente pensando ad un rientro.

Su Ponte Vecchio durante la Firenze Marathon 2015

Ricorderò il 2015 certamente per le due maratone corse, in aprile ad Amburgo e a fine novembre a Firenze. Due corse molto diverse tra loro ma entrambe sono state egualmente esperienze straordinarie - e due fatiche immani. Preparate in modo diverso, ma con la solita passione, mi hanno dato l'opportunità di riscoprire due città come Amburgo e Firenze, tanto meravigliose quanto antitetiche. E grazie alle quali ho avuto modo di alzare l'asticella dei miei limiti. Prossima barriera da superare, le tre ore e dieci minuti...

Sull'ultima fatica dell'Alta Via n.2

Ma se devo portare nel cuore qualcosa di questo anno, non ho dubbi sulla scelta: con me porto un'estate straordinaria, una delle più belle mai vissute. A luglio ho completato un progetto che tenevo nell'affollato cassetto di sogni e desideri, l'Alta Via n.2 della Valle d'Aosta, con la quale ho chiuso il cerchio delle Alte Vie valdostane, iniziato tre anni or sono proprio con la nascita di questo blog. Condizioni climatiche eccezionali e montagne ancora più strabilianti hanno reso questo viaggio dal Gran Paradiso al Monte Bianco, nelle Alpi più belle che conosca, un'esperienza difficile da ripetere in futuro.
Rimanendo in tema montagna, con la giornata di oggi si chiude anche l'anno del Cervino. Il 2015 ha celebrato il centocinquantesimo anniversario dalle prime salite alla Gran Becca, ossia le imprese di Whymper e di Carrel.

Non ci sono parole...

E poi c'è la vacanza parigina. Perché finalmente ho vissuto questa città in tutto il suo fascino, perché è la città più bella del mondo (Venezia esclusa), perché è l'ultima vacanza da fidanzati ma quella più attesa da innamorati. Tutto ciò che è stato questa settimana ha fatto accrescere a dismisura la rabbia e il dolore per quanto è poi accaduto qualche mese dopo nella capitale francese, attaccata da un manipolo di terroristi senza coscienza alcuna. E non ha che aumentato il desiderio di tornare al più presto possibile a Parigi. Magari per una maratona?
Non nel 2016, però, questo è certo. L'anno che verrà ha già in serbo molti progetti. Tutti da scoprire su A spasso tra i Giganti.
A presto e tanti Auguri di Buon 2016 a tutti!
Stefano

mercoledì 30 dicembre 2015

Sulle tracce dell'Alta Via - Al Rifugio Bertone

Ciao a tutti!
Queste vacanze di Natale trascorse in Italia hanno lasciato poco tempo per alcune passioni che la Germania ha accantonato. Una giornata con gli amici, i pranzi e le cene in famiglia, qualche regalo da distribuire e gli appuntamenti per il matrimonio venturo. Per la montagna, in queste feste vestita d'autunno, a causa della neve non scesa in questa fase iniziale dell'inverno, ho avuto poco tempo a disposizione.

Qualcuno ha ancora dubbi sul perché io ami queste montagne? 

Ho dovuto aspettare il penultimo giorno dell'anno, in viaggio verso Valtournenche, per recarmi nelle montagne che più amo, quelle valdostane. Poco tempo e la voglia di tornare sui sentieri dell'Alta Via, mi hanno portato in un luogo simbolo: Courmayeur e il Monte Bianco. Avevo voglia di passeggiare un po' e allo stesso tempo potermi godere un panorama eccezionale, complice la bella giornata di sole. Meta scelta: Rifugio Bertone, l'ultimo punto tappa dell'Alta Via n.1! E, incurante dell'arrivo del premier Renzi a Courmayeur per le vacanze di fine-inizio anno, ho superato il caos regnante nell'ultimo comune italiano prima di entrare in Francia e ho raggiunto le case di Villair, dove ha inizio la salita.

Neve... Non spingere!

Ricordavo un sentiero più duro per salire ai 1996 metri del Rifugio Bertone. Ricordavo gente che tre anni fa ansimava disperata lungo la salita. Non mi è parso dunque vero salire quei 600-700 metri di dislivello in appena cinquanta minuti (1h30-1h45' da cartelli) - complice il peso minimal del mio zaino. Quel giorno di oltre anni fa, c'erano parecchie nuvole in cielo, non potei godere di un simile panorama. Che stavolta è senza ombre, senza alcun accenno di grigio o di bianco nel cielo. Tutta la purezza della roccia e del ghiaccio è perfettamente delineata, i contorni di pareti leggendarie sono assolutamente vivi.

Rifugio Bertone

Quel giorno di tre anni fa, poi, ero maggiormente impegnato a guardare in basso che in alto. Stavo per raggiungere Courmayeur dopo due settimane di fatiche incredibili. E il Monte Bianco, allora coperto dalle nubi, era quasi una cornice del traguardo ambito, Courmayeur. Ora no. Sono tornato qui per rendere il giusto onore ad uno dei più straordinari punti panoramici delle Alpi, da dove si può ammirare la più grande vetta d'Europa.

Contemplazione di fine anno

Il rifugio è eccezionalmente aperto, ripagato dai tanti turisti che, non potendo sciare per assenza di neve, si godono una giornata di vacanza sui sentieri. Mi bevo un tè caldo e intanto guardo ciò che la natura ci ha regalato. Una regione straordinaria, una montagna possente, da ammirare e rimirare. Lunga vita al Monte Bianco!
A presto!
Stefano

martedì 29 dicembre 2015

La vetta di casa

"Ho scalato montagne in tutti i continenti, ma al ritorno il Cervino mi è apparso sempre più bello e provo una grande gioia quando accompagno in montagna i bambini e li vedo impazienti di seguirmi, incantati, affascinati quando gli spiego il Cervino."
Jean Bich

Un bianco di buon auspicio

lunedì 28 dicembre 2015

Maestri che vanno, miti che restano

Il trittico del Natale di quest'anno se ne è andato, e nel silenzio si è portato via un grande uomo di sport, vero e proprio mentore di campioni. Giovedì 24 dicembre è morto Carlo Vittori. Questo nome a molti non dirà molto. Ma chi si interessa di sport e atletica leggera lo conoscerà come lo storico allenatore di Pietro Mennea. Colui che vide nel fisico gracile di un ragazzotto pugliese la potenzialità per diventare un dominatore della pista e della corsa di velocità, al pari dei giganti dell'Unione Sovietica e dei mostri di oltreoceano. L'artefice del record del mondo sui 200 metri piani e dell'oro olimpico di Mosca 1980 fu proprio questo maestro marchigiano che fece della schiettezza e dell'onestà i cardini della sua carriera da atleta prima e da allenatore dopo. Uno di quei personaggi che non poteva che fare del bene a tutto il panorama sportivo italiano. Soprattutto ora, in un'atletica leggera sconquassata da scandali per doping e dalla credibilità ai minimi storici, uno come Vittori avrebbe fatto molto comodo...

Vittori e Mennea in allenamento (fonte: lastampa.it)

"Se ne è andato nel sonno, alla vigilia di Natale, a 84 anni ben portati, colmi di una vis polemica che lo ha sempre tenuto destissimo: non uscivano i giornali, la notizia è stata data in tv, alla radio e sul web scarna e accoppiata al suo allievo più famoso, Pietro da Barletta. Sabato c'è stato il funerale, in una chiesa ascolana piena di compaesani, colleghi, ex atleti che gli hanno riempito la vita e se ne sono visti rimeritati invece che come atleti e basta, come persone. Ieri l'Ascoli ha giocato la domenica natalizia di B con il lutto al braccio, e ha vinto. Porta bene anche alla memoria… E pensare che Carlo Vittori è stata una figura italiana assai importante, certamente oltre le sue prestazioni da sprinter dei primi anni'50 con partecipazione olimpica, a Helsinki, e da tecnico per tutto il periodo successivo, con la fama internazionale dagli anni '70 ai '90, come mentore di Mennea, curatore del record mondiale di Marcello Fiasconaro, faber della carriera di molti velocisti di primo livello quando in questo Paese esisteva ancora l'atletica. Tanto importante da lasciare in coloro che lo hanno conosciuto bene un'impronta da vero Maestro, quelli per capirci che da un pezzo latitano quaggiù, da noi, e che sono decisivi in ogni settore della vita per la trasmissione del sapere, sia individuale che sociale. [...] Con la semplificazione ignorante dell'idea di sport ho incrociato professionalmente i guantoni negli ultimi quarant'anni. Una volta, quando ne scrivevo o tentavo di scriverne sulla prima Repubblica, Scalfari il supremo mi obiettò: "Ma che cosa intendi per cultura sportiva, eh? Che dovrei mettermi a fare ginnastica?". Gli avrebbe magari fatto bene, ma non era certamente quello il punto. Il punto è proprio Vittori, e i Maestri (pochi, sempre meno, oggi all'apparenza praticamente introvabili) che hanno lasciato un segno nelle varie contrade dell'esistenza. Carlo aveva il concetto preciso e centrifugo dello sport come salute interiore ed esteriore per una società migliore, più rispettosa del corpo nel dubbio che esista un'anima. Dello sport come scuola di vita, della scuola che contenesse lo sport. Dell'educazione che deve discendere da entrambi. E dell'atletica leggera che è la disciplina più naturale del mondo ed è alla base di qualunque sport o gioco che sia. Se corri, salti, lanci sei per forza di diritto in ogni fase storica dell'uomo. [...] Oggi sono proprio i Maestri che mancano ai giovani, atleti o no che siano. Tutto questo ha espresso con la sua personalità all'apparenza sempre urticante, in realtà profondamente attenta all'altro l'uomo di Ascoli, che ha girato il mondo onorato dalle scuole di atletica più rinomate rimanendo l'uomo di Ascoli, nient'affatto rozzo e invece finissimo conoscitore di individui. Il paradosso è che quindi Mennea è stato solo il titolo più cubitale di un lungo percorso di conoscenza, in cui il successo e il denaro (che cominciava a dilagare) sono stati posti a latere, perché non intralciassero il senso dell'impresa. Sono arrivati, certo, ma dopo… E le battaglie di Vittori contro l'establishment dei Nebiolo, il doping, recentemente lo sfascio dell'atletica leggera mentre si straparla con il solito metodo arraffone di Olimpiadi a Roma, insomma il potere che ignora e fa danni, sono state instancabili per tutta la vita. Andrebbe quindi sollevato in alto soprattutto per questo, per ciò che ha rappresentato anche come esempio e non tanto o solo per i risultati. [...]"
Oliviero Beha, Il Fatto Quotidiano, 28 dicembre 2015

domenica 27 dicembre 2015

Weihnachtsmarkt, Anno Domini 2015

Sono i mercatini di Natale più belli del mondo.
Sono quelli che ogni anno affollano le piazze della Germania. Sono unici e inimitabili. Ovvero, ci provano, ad imitarli, ma non c'è verso. Il calore e l'atmosfera che le città tedesche sanno trasmettere durante l'Avvento sono assolutamente impareggiabili.
Queste foto che ho scattato durante i mercatini visitati nel 2015, alcuni di questi già visitati negli scorsi anni, vorrebbero essere una sincera testimonianza di ciò che rappresentano i Weihnachtsmarkt in Germania, per tutti coloro che volessero avvicinarsi a questo magico mondo. Quantomeno, ci provo: lasciatevi ispirare dall'Avvento "made in Germany"...
A presto!
Stefano
















































Foto scattate dai Weihnachtsmarkt di Erfurt, Würzburg, Rothenburg ob der Tauber e Schweinfurt.

sabato 26 dicembre 2015

Bücher: Imerio

"Mentre attendeva che il ventre generoso della certosa partorisce le testimonianze fotografiche di quel giorno, 8 giugno 1960, Alessio prese a recuperare informazioni su ciò che era accaduto sulla strada che unisce Trento a Bormio: duecentoventinove chilometri appuntiti dal Campo Carlo Magno al Passo del Tonale, culminanti poi su quello che alcuni cronisti avevano rinominato, già prima della corsa, con l'epiteto di «Monte Maledetto»: il Passo di Gavia. La cronaca raccontava dell'epica sfida tra Gastone Nencini e Jacques Anquetil, con il corridore italiano gettato lungo la spaventosa discesa del Gavia per tentare di recuperare i tre minuti e due secondi di distacco che lo separavano dal francese maglia rosa, conquistati nella cronometro Seregno-Lecco che Jacquot aveva imperiosamente vinto. Nencini rischiò la vita, oltrepassò i limiti dell'equilibrismo, ma perse il Giro per ventotto secondi. La sua impresa lungo la discesa dal monte, però, lo equiparò per valore al vincitore e appena un mese dopo la sua carriera venne coronata dalla vittoria al Tour de France. Jacques Anquetil e Gastone Nencini erano eroi splendidi, riverberanti di gloria, ma quell'8 giugno 1960, lungo la strada che saliva e scendeva dal Passo di Gavia, altri personaggi si erano forgiati. Uno tra loro aveva la cristallina fisionomia dell'eroe tragico, e in quel giorno indimenticabile aveva indossato i panni di Ettore. Era un ragazzo veneto di ventitré anni: secco e, a guardarlo bene, un po' zoppo. Un ragazzo ardente nel nome: Imerio."
Marco Ballestracci, Imerio


Tutto il senso del libro di cui mi accingo a parlare sta nel suo sottotitolo: “romanzo di dannate fatiche”. Non bisogna però cadere nell'errore di credere che Imerio, di Marco Ballestracci, sia soltanto un libro su una storia di ciclismo; e nemmeno una biografia sul ciclista che ha ispirato il romanzo, Imerio Massignan. Imerio è un viaggio dentro un pezzo di storia dell'Italia, e più in particolare del Veneto, la regione da cui proviene l'autore.
Imerio Massignan non fu un ciclista di quelli che riempivano gli albi d'oro. Nonostante le sue enormi doti da scalatore, non vinse molto, a causa di un pessimo rapporto con la fortuna e a causa delle circostanze "politiche" avverse. Eppure la storia di questo corridore veneto, uno dei più forti all'interno del movimento ciclistico italiano a cavallo tra gli anni '50 e gli anni '60, è quasi un pretesto per raccontare il fenomeno dell'emigrazione. In Imerio, la fatica di Massignan sui pedali viaggia parallelamente a quella dei suoi compaesani che lasciavano la propria terra per andare a lavorare in Francia o in Svizzera, da braccianti, o da manovali. Perché il lavoro, nel Veneto del secondo dopoguerra, era una specie di chimera. E allora bisognava partire. Ballestracci racconta bene questo periodo storico (glielo chiederò, se è figlio di emigranti) e descrive ancora meglio i sentimenti degli emigrati – anch'io, che ho lasciato l'Italia, sebbene in ben altra situazione, mi ritrovo spesso nelle sue parole. Lo fa con estrema genuinità, utilizzando in parte il dialetto veneto.
Ciò che più mi ha profondamente colpito di Imerio, è il racconto dell'orgoglio dell'italiano all'estero. Commoventi, quelle emozioni. Sono le emozioni degli operai italiani che supplicano il loro superiore francese per ottenere un giorno di permesso, con l'unico scopo di poter raggiungere le strade del Tour, con la speranza che in quel giorno di fuga da una realtà fatta di sudore e sacrificio, fosse un italiano (o magari un veneto, talvolta un compaesano!) ad alzare le braccia al cielo. E che, nonostante i disastri della guerra, nonostante la povertà, fosse più forte l'orgoglio nell'essere italiani.
A presto!
Stefano

Giudizio: 10/10 

venerdì 25 dicembre 2015

Un sorriso di festa: Buon Natale!

It's Christmas time, and there's no need to be afraid
At Christmas time, we let in light and banish shade
And in our world of plenty, we can spread a smile of joy
Throw your arms around the world
At Christmas time
Band Aid, Do they know it's Christmas


I miei migliori Auguri di Buon Natale a tutti voi, lettori di A spasso tra i Giganti, e ai vostri cari!

Stefano

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