venerdì 31 gennaio 2014

Hello, goodbye - L'avventura continua

Ciao a tutti!
Quando annunciai la mia partenza per Schweinfurt avevo fissato un preciso limite temporale: 28 febbraio 2014. Da quel momento ogni momento era buono per la mia scelta: rimanere a svolgere la mia professione in Germania oppure tornare ad esercitare il mio lavoro in Italia. Un'opzione non da poco di questi tempi, dove il lavoro scarseggia e il poter pure scegliere dove è una rarità. Ciononostante, è una scelta dura, durissima. In Germania ci sono tante cose, luoghi, abitudini (in misura minore anche persone), che non vorrei mai abbandonare. E dall'altro lato c'è tutto il resto che ho lasciato in Italia quattro mesi e mezzo fa.

In una delle città più belle finora visitate, Norimberga

Comunque andrà a finire, mi troverò a rinunciare a qualcosa di importante. Ma la parola "fine" non è ancora proprio vicina. L'avventura in Germania, la mia Deutschland-experience, non finirà tra un mese. La conclusione di questo "viaggio", oppure l'inizio di un nuovo capitolo, sono posticipati al 31 maggio. Ancora tre mesi di permanenza in più in Baviera. Più tempo per riflettere sulle scelte di vita future, più tempo per migliorare il mio tedesco, più mesi per integrarsi maggiormente. Non da ultimo, tre mesi per poter viaggiare in lungo e in largo in Germania. Sapendo che potrebbero essere gli ultimi o anche i primi.
Ma non è ancora la fine, non per ora.
Bis bald!
Stefano

giovedì 30 gennaio 2014

Bucher: Stoner

"Come riesce l'autore in questo miracolo letterario? A oggi ho letto Stoner tre volte e non sono del tutto certo di averne colto il segreto, ma alcuni aspetti del libro mi sono apparsi chiari. E la verità è che si possono scrivere dei pessimi romanzi su delle vite emozionanti e che la vita più silenziosa, se esaminata con affetto, compassione e grande cura, può fruttare una straordinaria messe letteraria."
Peter Cameron, postfazione di Stoner


Ciao a tutti!
Il libro che mi accingo a recensire in questo post, Stoner di John Edward Williams, è in realtà un testo sul quale è già stato detto molto: uscito nel 1965, ha riscoperto grazie ad una ristampa datata 2003 una seconda giovinezza, grazie anche al crescente passaparola tra i lettori. E grazie - non va dimenticato - ad uno stile narrativo pulito, senza fronzoli, ma carico di riflessione, insieme alle tematiche e alle domande che il lettore è inevitabilmente costretto a porsi durante la lettura.
Il protagonista di questo romanzo è William Stoner, un ricercatore dell'Università del Missouri. Una vita piatta, senza grandi avventure o momenti di notevole intensità. Un percorso lineare, quello di Stoner: la vita nei campi, l'università, il dottorato, uno sfortunato matrimonio, una famiglia da dimenticare, una carriera stentata. I contrasti con i colleghi, una relazione extraconiugale, la famiglia a pezzi e infine il lento declino verso la morte. Apparentemente una biografia scialba: fin dalle prime pagine si intuisce che il filo conduttore potrebbe essere all'incirca questo. Un libro incredibilmente lento, soprattutto all'inizio. In realtà è una fase (molto lunga, si interrompe intorno al decimo capitolo) che propedeutica al finale, che è di tutt'altro livello. I personaggi che compongono il mosaico dell'esistenza di Stoner sono diversi e molteplici e ognuno conferisce al protagonista un lato caratteriale diverso che lo influenzerà lungo il prosieguo del romanzo. Ed a suo modo, ognuno influenza il corso della storia, perché il protagonista non può altro che subire le situazioni alle quali si trova dinanzi.
Le ultime pagine di Stoner sono un assolo straziante, un capolavoro che lascia un solco netto e profondo nell'animo del lettore, un turbinio di riflessioni scandito da una domanda chiara: "cosa ti aspettavi?". È un romanzo straordinariamente vero, sincero, che invita il lettore a riflettere sul senso delle nostre azioni, sul perché si agisce in una maniera piuttosto che in un'altra, sul perché si decide di vivere la propria vita seguendo talune direzioni.
Bis bald!
Stefano

Giudizio: 8/10 ««««««««««

mercoledì 29 gennaio 2014

Occhio al prezzo! - Puntata n.1

Ciao a tutti!
Avevo citato in un post di settembre 2013 e in un post di ottobre 2013 come era stata positivamente traumatica la mia prima esperienza con i supermercati tedeschi. Fin da subito, avevo avuto l'impressione che la storiella che noi italiani siamo abituati a sentirci narrare, quella che in Germania gli stipendi sono più alti e con essi anche il costo della vita, fosse per l'appunto, solo una storiella. Mi sembrava effettivamente di aver acquistato merce per un valore di circa 20 € e invece mi ritrovai alla cassa a dover sborsarne solo 14.

Uno scontrino da urlo

Sulla scia di quanto avvenuto, mi sarei promesso di condurre un'indagine un po' più approfondita sull'argomento, senza entrare in dettagli statistici che non posso conoscere ma con metodo e criterio. Non ho ancora i dati che servono, però lunedì scorso ho avuto modo di rivivere nuovamente il flash che ebbi circa quattro mesi fa. Esco da lavoro, mi reco al Kaufland di Schweinfurt, il supermercato più vicino al mio ufficio, per fare il pieno settimanale di ortofrutta e generi alimentari. Un chilo di yogurt, 1500 grammi di arance, un chilo di clementine, due chili di mele, due pacchi di insalata in busta da 200 grammi, più un pacchetto di cialdine da portare a lavoro. Il tutto per un totale di poco più di 12 €. Non ero avvezzo a fare la spesa al supermercato in Italia, però qualcosa che non mi torna c'è...
Decido allora di capirne qualcosa in più e conduco una piccola ricerca, al fine di trovare una risposta alle mie domande. Trovo la conferma che mi aspettavo, paragonando i numeri del mio scontrino con i dati dell'Osservatorio Prezzi e tariffe del Ministero dello Sviluppo Economico. Il tutto è illustrato nella tabella raffigurata in basso.


Il confronto che si può vedere nell'immagine in alto è quanto speso da me una settimana fa e i tre indici riscontrati nel mese di novembre 2013 (nella provincia di Torino) dall'Osservatorio Prezzi e tariffe: quotazione minima, quotazione media e quotazione massima per le varie tipologie di merce presenti nella tabella (N.B.: ho escluso volutamente il caffè dallo "studio" in quanto articolo che non suppongo abbia simile in Italia, le cialde tedesche sono diverse da quelle italiane).
Il risultato che ne risulta è, a parer mio, sconcertante. Quanto ho speso, si colloca esattamente a metà tra la cifra minima e la cifra media che si spenderebbero in Italia. La mia ricerca non è valida statisticamente, certo, ma traggo due conclusioni:
   1) il costo della vita in Germania non può essere considerato superiore a quello italiano, altrimenti avrei pagato una cifra decisamente superiore a 13 €;
   2) il costo della vita in Germania è decisamente inferiore a quello italiano, in quanto nel mio computo gravano due fattori: in primo luogo, nella mia ricerca sono incluse merci importate da Italia e Spagna (arance e clementine), quindi che dovrebbero essere soggette ad una sorta di rincaro; in secondo luogo, l'insalata da me acquistata è in busta (che può essere fino a due volte più costosa rispetto a quella fresca), mentre il dato italiano è relativo al prodotto fresco.
Cosa fa la differenza qui in Germania? Sarà l'effetto dell'imposta sul valore aggiunto (qui chiamata MwSt) qui al 7% invece del 22% italiano? Sarà che in Italia tutto è tassato all'inverosimile? O sono i nostri commercianti dediti al lucrare alle spalle del cittadino? Non voglio e non posso sentenziare sulle colpe degli uni o degli altri, ma sono fermamente convinto che noi cittadini, assieme a chi ci governa in Italia e in Europa, si debba aprire una seria riflessione su questo genere di dati.
Bis bald!
Stefano

martedì 28 gennaio 2014

Consoliamoci

Ciao a tutti!
Con un ginocchio mal conciato l'unica cosa da fare è agire come da titolo. Già, consolarsi. Con cosa, però? Se correre non si può e pedalare tanto meno? Con il passato recente. Come ogni anno, la rivista Correre pubblica la maxiclassifica della maratona italiana.
In cosa consiste? Il meccanismo è molto semplice quanto laborioso: si prendono i risultati di tutte le maratone in cui partecipano atleti italiani, si selezionano i migliori tempi e in base a quelli si stila una classifica di tutti i maratoneti italiani. L'anno scorso era stata una piacevole sorpresa, e speravo di poter migliorare nel 2013. E così è stato. Il miglioramento sul tempo è cosa nota: da 3h22' di Torino 2012 al 3h18' di Venezia 2013...

La mia "scheda" delle maratone 2013

...ma il miglioramento nella graduatoria non ancora. Passo dalla posizione 5996 alla posizione 5036, quasi mille posizioni non sono mica male, e recupero circa venticinque posizioni nella mia categoria, (TM, per gli atleti da 20 a 29 anni di età), raggiungendo la piazza numero 214. Niente male, sono assai soddisfatto. Chissà - e gli scongiuri sono d'obbligo - se questa posizione sarà migliorabile nel 2014. Visto come è iniziato l'anno, la vedo molto dura; però i maratoneti sono gente dura, abituata a non mollare.
Ciò che però, in fondo, più mi fa piacere è il dato relativo al numero totale dei maratoneti in classifica: si è passati dai 29935 atleti del 2012 a ben 30964: più di atleti in classifica. Questo è un buon segnale, vuol dire che il movimento podistico, già in notevole espansione negli ultimi anni, sta ulteriormente crescendo. Anzi, sta correndo...
Bis bald!
Stefano

lunedì 27 gennaio 2014

Sonata solitaria n.1

"La solitudine è angosciosa, ma è un percorso, acutizza le sensibilità, ti forza a cercare in te stesso la soluzione."
Walter Bonatti

Masherbrum, Karakorum, 7821 metri

domenica 26 gennaio 2014

Bucher: L'amore è un difetto meraviglioso

Ciao a tutti!
L'idea che sta alla base de L'amore è un difetto meraviglioso (titolo originale: The Rosie Project), il romanzo d'esordio di Graeme Simsion, sceneggiatore australiano prestato alla scrittura, è semplice: può un uomo di incredibile capacità intellettiva a mettere da parte tutto ciò che è logica e matematica per poter abbandonarsi alla magia dell'amore?


Don Tillman, il protagonista del romanzo, è un professore di genetica presso l'Università di Melbourne. Don è una sorta di automa: classifica le persone non in base al loro carattere ma dal loro IMC, ha uno schedario mentale di attività che vengono nomenclate come "progetti"; ogni singolo compito della giornata ha una collocazione oraria precisa dalla quale è vietato uscire.
Don vuole innamorarsi. Già, ma con chi? Inizia così il "Progetto moglie", una pazza idea matematica secondo la quale Don avrebbe potuto scovare fra centinaia l'anima gemella. Niente fumatrici, niente vegane, niente amanti del gelato gusto albicocca. Ma la verità, si sa, sta nel mezzo. E per fortuna di Don (e del lettore), il nostro genio si imbatterà in Rosie, una persona ben diversa dal suo concetto di "moglie", ma che gli farà scoprire che a volte le deviazioni sono soluzioni migliori dei percorsi lineari. Con lei ha inizio il "Progetto padre". Sul quale non posso fare cenno, la mia recensione non vuole essere una sorta di spoiler. "Moglie" e "Padre": due progetti, due storie apparentemente parallele, ma profondamente intrecciate tra loro, senza l'una non avrebbe senso l'altra. Che troveranno un finale a tratti inaspettato.
Scrittura semplice ed incisiva, e un modo diverso di interpretare una già esplorata tematica - la ricerca dell'anima gemella - sono i punti vincenti di questo fresco e coinvolgente romanzo. Che presto diventerà film... (come volevasi dimostrare).
Bis bald!
Stefano

Giudizio: 10/10 ««««««««««

sabato 25 gennaio 2014

Deutscher Meister

Ciao a tutti!
Quello di domenica non era che l'antipasto, un piccolo annuncio. Ed è ora giunto il momento di parlare della visita all'Allianz Arena e al museo che all'interno racconta la storia del team che sta dominando la scena calcistica degli ultimi anni, il Bayern Monaco.
In realtà ben pochi sanno che la storia del Bayern Monaco è quasi interamente storia recente degli ultimi cinquanta anni. Il primo titolo di Germania risale al 1932, ma da qui al ritorno alla vittoria in Bundesliga passano ben trentasette anni, di cui molti in Seconda Divisione. Nel 1969 inizia infatti un'altra storia, quella del club più vincente di Germania: ventitré Campionati tedeschi, sedici Coppe di Germania, sei Coppe di Lega, quattro Supercoppe di Germania, cinque Champions League, una Coppa delle Coppe, una Coppa UEFA, una Supercoppa Europea, due Coppe Intercontinentali, un Mondiale per club.

Storia di solo qualche mese fa: la quinta Champions League conquistata battendo il Borussia Dortmund

L'arrivo all'Allianz Arena è ben diverso dalla due precedenti occasioni. La prima volta, per una semplice visita esterna, a fine novembre con Giulia, accadeva in occasione del match di campionato contro l'Eintracht Braunschweig: un grande catino rosso che esplode di tifo. La seconda è per assistere ad una partita, l'ultimo match dell'anno tra le mura amiche contro l'Amburgo. La terza, una settimana fa, è ben diversa. Nessuna luce, pochi tifosi. L'Allianz Arena, nella sua veste bianca e non illuminata, si confonde egregiamente nella nebbia. Serve avvicinarsi fino alla zona-tornelli per poter tornare a vedere la superficie della sua copertura.

La scala che ogni giocatore percorre per entrare in campo

I primi passi nel "FC Bayern München Erlebniswelt" mi lasciano un po' perplesso. Non vi è libertà all'interno del percorso di visita del museo. E lo stadio è visitabile esclusivamente con una guida, solo ad un certo orario ben preciso: apparentemente tutto perfetto, una guida può spiegare meglio questo mondo che si è abituati a vedere solo in televisione, ma allo stesso tempo non si può vivere a fondo, con la tranquillità e il tempo che serve, certe sensazioni.
Su tutte, quelle dell'ingresso sul terreno di gioco. L'uscita, come viene concepita in tutti gli stadi moderni, prevede un'ingresso dal basso verso l'alto, in stile gladiatori in un'arena - settantamila perone che guardano ogni movimento di ogni tuo singolo muscolo. Effettivamente, fa una certa sensazione...

Pronti per entrare sul terreno di gioco...

La visita guidata è in lingua inglese: all'inizio del tour la guida ci chiede che squadra tifiamo, affermando scherzosamente che non voleva tifosi del Chelsea nel gruppo (nel 2012 il Chelsea sconfisse nella finale di Champions League all'Allianz Arena proprio il Bayern Monaco ). C'è gente di tutte le nazioni, la fama del Bayern Monaco, soprattutto dopo tre finali di Champions League in quattro anni e con il trionfo del 2013 sul Borussia Dortmund, è totale.

Un cartonato reparto offensivo del Bayern

La visita guidata permette di conoscere aspetti interessanti del mondo-Allianz Arena, su tutte la netta separazione degli spazi e degli spogliatoi (pure le panchine!) tra le due squadre di Monaco di Baviera: i Roten del Bayern Monaco e i Löwen del Monaco 1860, il secondo team che milita in Seconda Divisione. Corridoi separati, aree separate, sala stampa in comune ma sedie diverse, spogliatoi separati. Ah, gli spogliatoi. Un armadietto per giocatore: basta vedere la foto in alto. E che foto: sembrano delle divinità greche in posa. Gli scatti dei fan nella stanza si concentrano sui più noti, Arjen Robben, Franck Ribery, Mario Mandžukić, Bastian Schweinsteiger... I flash delle donne sono invece tutti per Manuel Neuer...

Spogliatoi

La visita guidata permette comunque di venire a conoscenza di qualche particolare in più che meglio spiega come questo stadio sia un capolavoro architettonico e l'organizzazione all'interno una macchina collaudatissima. Più di 25.000 lampade che illuminano una copertura fatta di circa 2.800 diamanti di PTFE per un totale di circa 66.000 metri quadrati.
Il numero che però più mi ha impressionato è la quantità di cibo e bevande vendute in un singolo match di Bundesliga. I vegetariani e gli astemi si tappino le orecchie: viene venduto all'incirca un wurstel al secondo e ogni spettatore mediamente beve più di un litro di birra!!!

Ed è solo un fine telo di plastica...

L'area prettamente museale è interessante ma la considero qualitativamente inferiore al museo del Barcellona all'interno del Camp Nou (tralasciando che non la si può visitare con la dovuta calma - le visite allo stadio sono programmate a orari ben precisi). Tutto quanto è più pasticciato e senza un vero filo conduttore dotato di logica.
Cosa si può vedere? Le solite cose che si trovano nei musei di una squadra di calcio: sempre le stesse, ma ogni volta una sensazione nuova. Le maglie dei grandi campioni di questa squadra, i numerosi trofei, le foto dei momenti più salienti della storia del club e numerosi filmati. Qua e là, qualche chicca: abbigliamenti particolari dei tifosi, tagliandi di ingresso a partite disputatesi molti anni fa, scarpe ormai consunte dei campioni degli anni Settanta.

I titoli di Deutscher Meister tutti in bella fila

Da buon italiano, mi sono fermato all'istante quando su uno schermo veniva proiettato un video che risale al 1998: la famosissima conferenza stampa di Giovanni Trapattoni, allora era il coach del Bayern Monaco. Rimane un pezzo di storia di sport e del giornalismo sportivo. Pochi minuti di tedesco raffazzonato che sono entrati di diritto nella leggenda del calcio sia italiano che tedesco. In Italia è ricordato per l'epiteto "Strunz!" (e non sto a dire il perché), nonostante il Trap volesse chiamare in causa un giocatore che faceva di cognome proprio Strunz. In Germania è popolare per il finale: "ich habe fertig!", che vuol dire "io sono finito", mentre il vero intento del Trap era di dire "io ho finito". Si, è un episodio che merita di essere approfondito con un post dedicato, è uno dei momenti più idonei a raccontare il rapporto tra italiani e tedeschi.

Abbigliamento da tifoso

Una delle attrazioni del museo è sicuramente la "sala riunioni", la Präsidiumszimmer. Una piccola stanza, un tavolo, qualche sedia. Ma lì i top manager della squadra bavarese, gente come Karl-Heinz Rummenigge, Franz Beckenbauer e Uli Hoeneß hanno fatto (e stanno facendo) la storia del club. Lì si decidono le sorti della squadra più amata di Germania. Chi lo può dire, magari tra qualche mese - così dicono i rumor più fantasiosi - pure un giocatore come Lionel Messi potrebbe mettere la sua firma ad un contratto che lo legherebbe al club di Monaco di Baviera.

I trionfi dell'epoca d'oro negli anni Settanta

Un area è dedicata alle grandi stelle del club: un po' come ad Hollywood, c'è una sorta di "Walk of fame". Dunque, una stella è dedicata ad ogni giocatore che qui ha lasciato un segno indelebile. Ma i fari sono puntati soprattutto sul periodo d'oro del Bayern negli anni Settanta, quando militavano giocatori come Sepp Maier, Paul Breitner, Franz Beckenbauer e Gerd Müller. Quando, dal 1974 al 1976, il Bayern si aggiudicò la Champions League in tre edizioni consecutive.

Il terreno dell'Allianz Arena illuminato da luci solari per il mantenimento del manto erboso

Poi raggiungi l'area allestita per l'anno dei record, il 2013. Ammiri un po' il tutto. E mi chiedo quando anche la Juventus riuscirà a vivere anche solo una piccola parte di tutto questo trionfo. Noi bianconeri, per il momento ci ispiriamo proprio al modello del Bayern per tornare grandi anche in Europa. Incrociamo le dita...
Bis bald!
Stefano

venerdì 24 gennaio 2014

Nostalgie da colmare

Ciao a tutti!
Quando la solitudine si fa devastante e manca terribilmente il calore della natia Italia - come solo nella fredda Germania a gennaio può essere - è ora di tirare fuori le armi migliori a propria disposizione. Quelle che solo l'italiano può sfoderare dal proprio arsenale: il cibo. Fortunatamente con me ho un po' di specialità italiane che aiutano ad alleviare la distanza con il proprio paese. E in questo caso, iniziare un weekend (che si prevede all'insegna del maltempo) con qualche nota positiva...
Ringraziando Barbara per la gentile "intercessione", stasera mi godo una cenetta a base di specialità 100% italiane: direttamente dall'amata Valle d'Aosta, due salumi decisamente "slurp", mocetta e rosa d'Aosta; dal cuore dell'Emilia-Romagna, un assaggio di Parmigiano reggiano di primissima qualità... senza dimenticare l'immancabile pasta pomodoro e basilico e un caffè fatto come si deve, come solo noi italiani sappiamo farlo.

Slurp!

Missione di stasera: annegare le sensazioni di solitudine nel cibo. Nel cibo di qualità, rigorosamente.
Bis bald!
Stefano

giovedì 23 gennaio 2014

Bucher: Le ho mai raccontato del vento del Nord & La settima onda

Ciao a tutti!
I libri che mi accingo a recensire in questo post sono ormai letture dell'anno passato. Ciononostante, ci tengo molto a recensirli. Per motivi affettivi, e perché hanno segnato il mio nuovo modo di leggere: un modo multimediale, all'avanguardia. Anch'io, da qualche mese, mi sono convertito alla lettura tramite e-book reader. Preferirò sempre la carta a questo strumento freddo. La carta è speciale. Devo però riconoscere che la praticità dell'e-book reader, soprattutto quando sono in viaggio (ad esempio, durante i comodi viaggi in treno su e giù per la Baviera), è inarrivabile.


Le letture che propongo in questo post sono due libri dello scrittore austriaco Daniel Glattauer, Le ho mai raccontato del vento del Nord e La settima onda, rispettivamente il secondo la continuazione del primo. L'idea di fondo è semplice: un semplice errore di battitura dà il via ad uno scambio epistolare ambientato ai giorni nostri. Niente carta, solo mail. Ed è così, per caso, che due persone si scoprono, si conoscono e realizzano le loro affinità. Nessun episodio è lasciato al libero racconto dei protagonisti, tutto è incasellato in uno strumento - la posta elettronica - che è normalmente è freddo, ma che quando viene chiamata in causa per descrivere un sentimento, può dispensare gli aspetti più celati di una persona. Per Leo ed Emmi sarà proprio così, sopraffatti dallo scoprire qualcosa di nuovo e profondamente forte e passionale nel proprio amico "di tastiera". Ma non sarà solo amicizia...
Due libri che volano via velocemente: il batti e ribatti serrato tra il cinico Leo e la mutevole Emmi ha poche pause, macigni per la speranza del lettore ma scandite magistralmente nel contesto del racconto, dagli abbandoni di uno o dell'altro. I dialoghi sono sostenuti, vibranti, hanno quel qualcosa di hemingwayiano che ti costringe a fermarsi per poter capire chi è che scrive cosa. Tanta è l'affinità... Due libri leggeri proprio perché sono istantanee dei sogni di molti: chi non sogna una storia d'amore così intrigante e misteriosa. E dove non è l'attrazione fisica, ma il sentimento quasi esclusivamente cerebrale, il faro guida della relazione.



Le ho mai raccontato del vento del Nord è a mio parere superiore a La settima onda. Il primo è più imprevedibile, forse come è giusto che sia, mentre il sequel non è privo di forzature in funzione del gran finale, che diventa piuttosto prevedibile. Però, quel che conta, è che si arrivi in fondo, felici della scelta. E che il giorno dopo si pensi "uhm, però un po' mi mancano Emmi e Leo". Così per me è stato. Lettura consigliatissima a chi vuole svagare la testa per qualche ora, in attesa che qualche sceneggiatore di Hollywood non provi a costruirci su un film...
Bis bald!
Stefano

Giudizio de Le ho mai raccontato del vento del Nord: 10/10 ««««««««««
Giudizio de La settima onda: 8/10 ««««««««««
>>> vedi recensione di Le ho mai raccontato del vento del Nord e La settima onda su Stelladineve.

mercoledì 22 gennaio 2014

Lasciatevi sorprendere

Ciao a tutti!
Domenica scorsa non è stato solo il giorno del Bayern Monaco e del viaggio nel suo mondo all'interno dell'Allianz Arena (vedi post), ma anche della scoperta di un mondo tutto bavarese ma che è uno dei simboli della Germania in tutto il mondo. Sto parlando del famoso marchio automobilistico BMW, che proprio a Monaco di Baviera ha il suo quartier generale, nonché un complesso che è riduttivo definire pazzesco: sede, museo, officina e salone espositivo, tutto racchiuso in poco meno di 750 metri quadri nell'area del quartiere olimpico.

Cultura, competenza, mobilità

Il nome stesso della casa contiene già l'origine e il senso di appartenenza al territorio. BMW significa "fabbrica bavarese di motori" (Bayerische Motoren Werke) e il suo logo è un'elica stilizzata in cui sono racchiusi proprio i colori del Land bavarese, il bianco e l'azzurro.
La storia della BMW è l'emblema della Germania del XX secolo, un continuo alternarsi di grandi risultati e difficili depressioni lungo i decenni: nata sotto l'impulso delle commesse di guerra del primo conflitto mondiale, ha saputo brillantemente convertirsi in azienda leader nel settore delle moto e della nautica. Il periodo post-Seconda Guerra Mondiale è il più duro: negli anni Cinquanta il mercato motociclistico subisce una drastica e costante riduzione delle commesse a favore del crescente mercato automobilistico. I primi segni di ripresa si intravedono negli anni Sessanta, ma la rinascita vera e propria avviene negli anni Settanta con l'uscita della BMW 700: da qui ha inizio un percorso inarrestabile, che ha portato BMW ad essere uno tra i brand più importanti nel mercato automobilistico.

La ricchezza di BMW

Oltre ad essere un'azienda che fattura qualcosa come 70 miliardi di euro annui, BMW è sinonimo inconfutabile di eleganza e raffinatezza dei suoi prodotti. Stile - anche favorito dai numerosi designer italiani che hanno collaborato con BMW - e precisione delle automobili con il marchio dell'elica sono caratteristiche riconosciute a livello unanime nel mondo.

La "pila" di auto

Il museo che rende onore alla storia ed al successo della casa bavarese è racchiuso in un edificio alquanto singolare, una sorta di calice argenteo, proprio ai piedi del palazzo che funge da sede principale. Vedo in questo edificio una sorta di coppa, di trofeo, quasi a voler simboleggiare il trionfo del marchio BMW nel mondo.
Appena entrati, non si è che impressionati dalla cifra stilistica dell'area espositiva. Tutto quanto all'insegna di un look squadrato e deciso come le vetture BMW e luci tenui che ben esaltano la brillantezza dei modelli storici esposti lungo i tre piani del museo.

BMW R32, la prima moto uscita dalle officine di Monaco: è il 1923

Uno sguardo al futuro è dato dalla rampa (un po' di lingottiana memoria) che si trova a destra dell'ingresso. Di concezione ipermoderna, proietta il visitatore verso il "nuovo" della BMW: i prototipi futuristici della casa bavarese e l'ultimo marchio acquisito, la storica Rolls Royce.
Poi è solo passato, un passato fatto di classe, tecnologia ed innovazione.

La Vision, l'auto del futuro secondo BMW

Questo è... design

Ciò che a mio parere rende questo museo assai interessante è il percorso che il visitatore segue attraverso la storia dell'innovazione che la casa bavarese ha saputo apportare nel mondo dei motori e della tecnica automobilistica a partire dagli anni Trenta ad oggi. Ogni settore (automobili, motociclette, motori, aerodinamica, design) viene sviluppato con dovizia di particolari tecnici: il turista medio probabilmente non conosce e non comprende a fondo la potenza delle novità introdotte da BMW, ma solo vedere ciò che ha saputo creare negli anni è impressionante.

Le BMW Serie 3 nel corso dei decenni

La Z3 guidata da Pierce Brosnan in 007 - Goldeneye

La sezione delle auto storiche è sicuramente una delle più gettonate. Nonostante la tecnica abbia sempre esercitato un grosso fascino in me, non ho una grande conoscenza in tema, e lo si capisce dal fatto che fra tutti i modelli esposti quello che segnalo con più piacere è la Z3 apparsa in Goldeneye, uno dei film della saga di James Bond.
E da seguace delle corse automobilistiche, non si può che rimanere stupiti da quella che è la loro frontiera estrema, la Formula 1. Due sono i modelli esposti, la Brabham-BMW di Nelson Piquet (stagione 1985, se non erro) e la BMW-Sauber di Nick Heidfeld (stagione 2009). Il tifoso - come il sottoscritto - è costretto a fermarsi per qualche secondo ad osservare i particolari di questi bolidi, di questi concentrati di tecnologia superlativa.

La BMW-Sauber guidata da Nick Heidfeld nella stagione 2009 del Mondiale di Formula 1

Il ponte che attraversa Lerchenauer-Straße conduce dal BMW Museum al BMW Welt. Un ponte futuristico che trasporta dal passato (un museo di modelli storici) al futuro (le macchine attualmente in produzione). Ho già parlato di cosa è esternamente l'edificio che ospita il BMW Welt, e non mi soffermerò ulteriormente. Internamente non è molto diverso, e continua a stupire per le dimensioni e gli spazi enormi che vi si sviluppano. Però non si respira più l'aura di storia e il fascino del passato: entrando si cala in fretta nella dimensione più commerciale del marchio. E tutta la magia viene meno. Presunti centauri salgono sulla sella degli ultime moto sfornate dalle officine di BMW, padri di famiglia toccano con mano i curati allestimenti dei modelli più recenti. E figli scatenati che corrono tra una vettura e l'altra. Questo non è il mio mondo, e la mia resistenza all'interno di questo luna park motoristico non dura più di dieci minuti. Meglio il caos della München Hauptbahnhof...

Un BMW Welt immerso nella nebbia di gennaio

Al di là della parte meno interessante di questo incredibile complesso, ritengo che la visita al BMW Museum sia un must per gli appassionati di automobili e di tecnica. BMW è solo uno dei migliori esempi del potere bavarese nel mondo della tecnologia. Vogliamo parlare di Siemens, Audi e Grundig?
Bis bald!
Stefano

martedì 21 gennaio 2014

Il lunedì blu

Ciao a tutti!
Secondo un'astrusa equazione matematica messa a punto da un ricercatore della Cardiff University, ieri, lunedì 19 gennaio, è il giorno più triste dell'anno. Viene chiamato "Blue Monday". L'equazione che stabilisce quale sia il giorno più triste prende in considerazione diversi fattori, tra i quali le condizioni meteorologiche, la distanza dal Natale, i debiti accumulati, la motivazione personale e parametri alquanto aleatori come la necessità di darsi da fare. Esito dell'equazione: il giorno più triste dell'anno è il terzo lunedì di gennaio.
Credo poco a queste "invenzioni", tanto più se plasmate da un psicologo. Tuttavia, la giornata di ieri è stata personalmente tutt'altro che esaltante. A due settimane dalla prima diagnosi del problema che sta affliggendo il mio ginocchio, era venuta ora di fare il punto della situazione.

Ah, il mio malandato ginocchio!

I primi passi verso il recupero del ginocchio sono stati intrapresi con l'arrivo in Germania: subito ginnastica per rinforzare il vasto mediano obliquo. Assieme a questi esercizi, una bella dose di antiinfiammatori ed antidolorifici, i quali comunque mi hanno dato un certo beneficio (o un effetto placebo?), più integratori alimentari a base di glucosamina e collagene per cercare di rinforzare la cartilagine. Ok, due settimane di ginnastica e di integratori forse non sono sufficienti. Però non mi aspettavo di riscontrare, alla prima uscita in bici lo stesso dolore patito una settimana prima sulla cyclette; e neanche un fastidio non trascurabile - forse anche peggiore rispetto a due settimane fa - ogni qualvolta mi trovassi a salire una rampa di scale (e durante una intera giornata di lavoro, risalgo quantomeno quindici piani). Scale e bicicletta: questi i due gesti che più portano sofferenza al mio malandato ginocchio destro. Esattamente quando porto in flessione la gamba ed avviene lo scorrimento della rotula sul femore.
Terminato domenica il periodo di cura "anti-anti-anti", ho voluto provare comunque la reazione del ginocchio allo stimolo più importante, quello della corsa. Immaginavo non sarebbe andato a buon fine, ma non così in fretta. Un bel riscaldamento di un quarto d'ora e i soliti esercizi di stretching, poi comincio a correre, bello deciso. Dopo 900 metri di corsa inizio ad avvertire i primi fastidi, ma è dopo 1200 metri, corsi a 4'55"/km che quella sensazione diventa male. Mi fermo immediatamente, è inutile continuare ad aver male e so bene che questa spiacevole sensazione non passerà.
Insomma, miglioramenti non ce ne sono stati e neanche minimi, anzi, quando faccio le scale sembra quasi che faccia più male rispetto a due settimane fa. Non urge recuperare velocemente: con la propria salute non si scherza e questo genere di recuperi richiede tempo, ma urge capire a fondo il problema. Mi sono ormai messo in testa che se devo tornare in Italia per farmi "risonare magneticamente" il ginocchio, lo farò. Così come con una visita ortopedica o una seduta fisioterapica. Non vedo molte altre soluzioni, ora.
Accantonata l'idea di essere pronto per preparare una maratona in aprile, voglio concentrarmi su un bel recupero in vista dell'estate. Quello è il mio vero obiettivo. Anche perché di maratone, ho scoperto, ce ne sono tutto l'anno.
Bis bald!
Stefano

lunedì 20 gennaio 2014

Erfurt, viaggio al centro della Germania

Ciao a tutti!
La Germania non è solo la Baviera. Per una volta esco dai suoi confini e mi addentro nel Land che si trova a nord, la Turingia. Il viaggio in Germania continua proprio da Erfurt, la capitale di questo Land.
Il titolo del post non è casuale: Erfurt è da considerarsi esattamente il centro geografico del paese. Provate a tracciare un rettangolo che circoscrive il perimetro nazionale tedesco; determinate il suo centro, ed esso cadrà a brevissima distanza da Erfurt. Il cuore della Germania è proprio qui.

Il Krämerbrücke, simbolo di Erfurt

Entrare in Turingia significa anche superare la "cortina di ferro", quel confine che separava l'Europa in due aree, quella occidentale ad influenza statunitense e quella orientale ad influenza sovietica. O detto in altri modi, il confine tra la Germania Ovest e la Germania Est. I segni della DDR si vedono eccome ad Erfurt. A parte l'inquietante urbanistica della periferia, ci si accorge in fretta che si è un altra Germania quando scopri che una delle arterie principali del traffico di Erfurt è intitolata a Juri Gagarin, il famoso astronauta russo, nonché primo uomo lanciato nello spazio. Nella Germania Ovest qualcosa di simile non credo sia facile da rintracciare.

La Domplatz con le sagome inconfondibili del Dom (a sinistra) e della Severikirche (a destra)

Arrivare ad Erfurt significa entrare in un piccolo micromondo completamente diverso dal resto della Germania. La poco frequentata A71 che collega Schweinfurt a Sangerhausen attraversa la Thüringer Wald, la foresta della Turingia, ed alcune alture che sfiorano i mille metri di altitudine. Proprio per questo motivo l'autostrada non è lineare come al solito ma è ricca di curve, saliscendi e soprattutto gallerie (e si deve viaggiare a 80 km/h). Però è un'occasione per godersi dall'abitacolo della propria vettura un paesaggio diverso dal solito, in cui colline e dolci pendii boscosi la fanno da padrone.

La Grüne Apotheke  e la Haus zur Hohen Lilie, due delle case più affascinanti di Domplatz

Erfurt è probabilmente una delle città tedesche più legate alla figura di Martin Lutero. Nonostante la fama del teologo sassone sia storicamente legata alla città di Wittenberg, dove diede vita al movimento protestante che porta il suo nome, è ad Erfurt che Lutero coltivò le fondamenta del suo pensiero. Qui frequentò l'università, ai tempi una delle più grandi e rinomate di Germania. Proprio nelle chiese di Erfurt, in particolare nella Augustinerkirche e della Michaeliskirche, Martin Lutero cominciò a predicare.

Domplatz

Il connubio tra la religione ed Erfurt trova l'esito più spettacolare in Domplatz, la piazza del duomo cittadino. Questa spianata, enorme, a tratti sconfinato, è una tra le più spettacolari piazze finora viste in Germania. A ovest, le sagome del Dom e della Severikirche fanno da contraltare al profano lato orientale, fatto di case dalle facciate rinascimentali o dalla classica struttura a graticcio (tra tutte la Grüne Apotheke e la Haus zur Hohen Lilie).
Il duomo è meraviglia per gli appassionati d'arte. L'ingresso, chiamato non a caso "Triangel", è quanto di più strano abbia mai visto in un edificio religioso: è fatto da un doppio portale posto su due lati di un triangolo isoscele. Quello che dà verso la piazza è l'ingresso "laico", per i fedeli; quello posteriore è l'ingresso "sacro", per i sacerdoti. La struttura interna è decisamente influenzata dalla storia costruttiva dell'edificio, fatta di un cuore romanico poi ampliato in stile tardogotico nei secoli successivi. Colpisce la ricchezza dell'altare barocco e delle vetrate che lo circondano.

Il "Triangel" di ingresso al Dom di Erfurt

La meraviglia del Dom, il suo altare barocco con le vetrate sullo sfondo

Se il Dom con la Domplatz rappresenta di certo un'immagine significativa della città, non bisogna dimenticare che questa città veniva definita la "Roma della Turingia", per la presenza di numerosi edifici religiosi. In poco più di un chilometro quadrato (l'estensione del centro storico), si contano ben diciotto chiese: alcune chiuse, altre aperte, altre diroccate. La più affascinante, per la notevole attrattiva che fornisce al visitatore, è la già citata Augustinerkirche, cuore dell'antico monastero agostiniano.

Haus zum breiten Herd

Erfurt non è solo religione ed edifici ad essa connessi. Proprio dietro l'area del Dom sorge infatti sulla collina del Petersberg, la cittadella militare barocca eretta da un'architetto italiano, Antonio Petrini. Un italiano che qui in Germania ha lasciato il segno: non a caso, lo avevamo già "incontrato" a Würzburg, dove ha edificato lo Juliusspital ed alcune chiese. Da qui si domina l'intera città di Erfurt, ma sinceramente un po' stride quel contrasto tra monotoni grattacieli e aguzze sagome di torri e campanili, che qui pullulano come lumache dopo un temporale estivo.

Dom e Severikirche visti dal Petersberg

L'edificio che più di altri rimane però simbolo di Erfurt è il ponte sul Gera, il Krämerbrücke. Questo ponte non è un ponte come tutti gli altri. Esso è infatti "coperto" da numerosi edifici (un po' come Ponte Vecchio a Firenze) dalla solita facciata a graticcio che risalgono al XVII secolo. Essi sono tuttora abitati e qui trovano ancora spazio piccole botteghe e negozi di specialità tipiche della zona (come la Thüringer Bratwurst, il salsicciotto locale già menzionato in un post di dicembre). Il ponte detiene un record insolito, quello di essere il ponte abitato più lungo d'Europa. Questo edificio, risparmiato dalle bombe della Seconda Guerra Mondiale - che tutto sommato non infierirono su Erfurt - è oggi il cuore pulsante della festa principale della città, la Krämerbrückenfest.

Saluti da Erfurt!

Esattamente come sul Krämerbrücke, anche il centro storico è riccamente cosparso di edifici a graticcio. Se ne trovano ovunque, e questo anche grazie ai pochi danni subiti dalla città durante il secondo conflitto mondiale. Si trovano anche alcuni palazzi dalla decoratissima facciata rinascimentale, la Haus zum breiten Hard e la Haus zum roten Ochsen, entrambe rivolte su Fischmarkt, la piazza presso la quale teneva banco l'antico mercato del pesce.
Un vero piacere, passeggiare per le vie di Erfurt: ponti, canali, piccole piazze e numerose botteghe, piccoli flash di atmosfere a volte antiche. La notevole vivacità, sia nel centro storico che nella zona più esterna, mi ha decisamente stupito, soprattutto pensando ad altre città più famose di Erfurt che ho avuto modo di visitare in Baviera. Beh, se non è questo il cuore della Germania...
Bis bald!
Stefano

domenica 19 gennaio 2014

Eindrucksvoll

Ciao a tutti!
Dopo il match di Bundesliga, è arrivata anche l'ora di addentrarsi nel mondo dell'FC Bayern München. Si, mi trovo proprio all'Allianz Arena, dove ho appena completato il tour del museo del team campione di Germania, d'Europa e del mondo, nonché la visita all'interno dello stadio. Era tassativa questa visita, l'Allianz Arena è un must per tutti i tifosi del grande calcio.

I cinque trofei conquistati dal Bayern Monaco nel 2013

Sensazioni? Lo dice il titolo del post... impressionante!
Bis bald!
Stefano

sabato 18 gennaio 2014

Bucher: Marina Bellezza

Ciao a tutti!
L'idea di inaugurare una nuova area di A spasso tra i Giganti, quella dedicata alle mie letture, con questo libro mi è piaciuta moltissimo fin da subito. Un titolo intrigante, Marina Bellezza, tanto per cominciare. Un racconto vero, a suo modo crudo, ambientato in un angolo d'Italia che per me vuol dire un bella fetta di passato che se ne è andato da anni: la Valle Cervo, Biella, e il Biellese. La trama si svolge per la maggiore in questa terra dura, così come duri - e spigolosi - sono i suoi protagonisti, Marina e Andrea.


Due ragazzi dal passato tormentato, Marina ed Andrea. Rispettivamente una bellissima ragazza che sfida le sue origini alla ricerca del successo nello showbiz ed un tenebroso giovane che le origini le vuole riscoprire cercando di intraprendere l'attività agricola del nonno. Due vie diverse per uscire dalla crisi che attanaglia questa terra, specchio dell'Italia di oggi, povera, con poche speranze e tante promesse infrante. Apparentemente impossibile un amore, tra due soggetti così inevitabilmente diversi.
Eppure è proprio la loro storia d'amore il filo conduttore di tutto il romanzo, immersi in un panorama che la Avallone conosce perfettamente, come dimostra la dovizia di particolari nelle località (l'autrice è biellese). All'interno di questo fil rouge si inseriscono personaggi che non fanno fatica ad essere catalogati come perfetti "italiani di oggi": l'alcolizzata madre di Marina, e suo padre, una sorta di nouveau conte Mascetti; Elsa, l'idealista e bonaria ragazza cotta persa di Andrea; il padre di Andrea, quello "che si è fatto da solo" e il fratello maggiore di Andrea, Ermanno, il figlio "migliore" che ha fatto carriera in America. Una storia tanto impossibile quanto vera, realistica, e mai tanto attuale, dato il contesto socio-culturale in cui è ambientata. Una storia che odora di tristezza (tanto che all'inizio dicevo che il titolo del romanzo avrebbe dovuto essere Marina Tristezza), ma dalla quale traspira sempre un flebile soffio di speranza, una vocina di guerra contro l'ineluttabile.
Quella della Avallone è una scrittura semplice tanto come l'idea di fondo del romanzo. Partenza in sordina, finale travolgente. Di quelli che anche se è l'una di notte e la sveglia suona alle sei, bisogna comunque continuare, bisogna capire quali saranno i prossimi errori di Marina e Andrea. I quali, un po' come da bravi italiani, ne escono sempre, talvolta più forti di prima.
Bis bald!
Stefano

Giudizio: 9/10 ««««««««««
>>> vedi recensione di Marina Bellezza su Scusate, devo andare a leggere.

venerdì 17 gennaio 2014

Appunti di viaggio 2013, Carcassonne

Ciao a tutti!
Il 2013 è terminato da un pezzo ma per ciò che mi riguarda ha ancora qualcosa da raccontare, mai citato (o quasi mai) prima. Momenti di vita spensierata, ore di turismo collaterali al vero evento, in giro per il mondo, che ho voluto chiamare "appunti di viaggio".

Comincio da Carcassonne: Francia sud-occidentale, Linguadoca per la precisione. Come ci sono arrivato? In realtà, "mi ci hanno portato". Non ero solo, in questo spicchio di Francia, ma con i compagni di trekking del CAI Uget con i quali stavo finendo di condividere una delle settimane più intense e spensierate della mia vita, quella dei Pirenei. L'ultimo giorno a Gavarnie, il più brutto della settimana, non invogliava a mettersi sul sentiero. C'è un lungo viaggio da affrontare, ma fermarsi lungo la strada può essere una buona idea per rendere l'ultima trasferta più sopportabile.

Ingresso occidentale di Carcassonne

Inizialmente doveva essere Lourdes. "Nah...", penso io, assolutamente indifferente davanti a tutta quella povera gente con tutto il loro carico di aspettative che ben presto sarebbero disilluse. Rincaro la dose, sarebbe stata una vera perdita di tempo. Su questi luoghi pseudo-mistici ho la mia idea, atea, agnostica, potete chiamarla come volete. A me è già bastato esser stato a San Giovanni Rotondo per mettere una pietra sopra su tutti questi luoghi di finta religiosità. Inizia nel frattempo a circolare la voce di un'alternativa, questa famigerata Carcassonne. Città a me ignota se non per un omonimo gioco in scatola: tutto ciò che viene sarà sempre meglio di Lourdes.

Visuale della cittadella fortificata dalla città "bassa"

Il castello di Carcassonne

La scelta si rivelerà ottima: Carcassonne è una di quelle città in cui pare che il tempo si sia improvvisamente fermato. Quando si entra all'interno della doppia cinta di mura che circonda la città si torna dritti dritti al Medioevo. Vista dal basso, la cittadella fortificata sembra veramente inattaccabile. La circondano tre chilometri di compatta muraglia (tutti percorribili a piedi), la proteggono più di cinquanta robuste torri. E all'interno, un castello a sua volta protetto da fossato. Una vera e propria roccaforte per tutti coloro che cercavano difesa tra le sue mura.

Tra le possenti mura

La storia di Carcassonne, quella più famosa, è legata proprio ad un assedio. Agosto 1209: in piena crociata albigese, quella voluta dal papa di turno contro i Catari, la città si trova messa sotto scacco. Dopo una settimana di inferno, senza acqua, la città capitola di fronte all'esercito crociato. La leggenda vuole che il prezzo che gli abitanti dovettero pagare per aver salva la vita fu uscirne completamente nudi.
Da quel momento, l'inizio del declino. La città va in rovina, così come le sue mura. Solo nel XIX secolo si deciderà di intraprendere un recupero di questo gioiello dell'architettura: un intervento che porterà, più di cent'anni dopo a dichiarare Carcassonne Patrimonio Mondiale dell'Umanità.

Mura e torri, mura e torri...

Le mura di Carcassonne nel loro lato orientale

Ciò che si respira quando si entra in questa città, è un'atmosfera sognante. La Provenza non è propriamente vicina, ma il microclima simile - molto secco - la ricorda. Vicoli stretti e rigorosamente in pietra, negozietti che riportano il turista ad un tempo lontano, la sensazione di trovarsi in un mondo che è lontano anni luce dal nostro. Un fascino decisamente tutto suo, quello di Carcassonne.

Foto di gruppo al "monumento dell'alpinista"...

Una città in cui vorrei tornare sicuramente, insieme a Giulia, che so apprezzerebbe in tutti i sensi. Carcassonne rimarrà comunque indissolubilmente legata al trekking pirenaico. La tappa a Carcassonne non è stata che il capitolo finale di una bellissima settimana, di quelle che rimangono dentro.
Carcassonne legata ad una favolosa avventura tra le montagne: oh, sarà proprio sorte ma è proprio nella cittadella di Carcassonne che troviamo il miglior monumento all'alpinista. Un'enorme piccozza... segno del destino?
Bis bald!
Stefano

giovedì 16 gennaio 2014

Tutto per il dodicesimo uomo

"Per i 2974 biglietti messi a disposizione dall'Arsenal FC, abbiamo ricevuto più di 18000 ordini. Il prezzo del biglietto richiesto dall'Arsenal FC è £ 62 (€ 75) ciascuno. L'anno scorso il sostegno dei tifosi del Bayern è stato formidabile. Particolarmente degno di nota è stato il gran numero di tifosi del Bayern che hanno seguito non solo i match principali, ma erano ad ogni partita. Il fatto è, che questa assidua presenza, non solo prende una grande quantità di tempo, ma lascia anche un grande buco nel portafoglio. Il Bayern ha pertanto deciso di sovvenzionare i biglietti per la trasferta con l’Arsenal con quasi 90.000 €, così ogni tifoso del Bayern che acquisterà un biglietto per la partita di Londra il 19 febbraio pagherà solo € 45 (invece dei normali 75 €). Questo è inteso come un piccolo ringraziamento per il vostro grande supporto nel 2013."
Qualche tifoso di calcio, soprattutto italiano, potrebbe non crederci. In questo mondo, nessuno regala niente a nessuno. Ma non è un sogno, è un stralcio tradotto in italiano del comunicato comparso l'8 gennaio sul sito web del Bayern Monaco (link).

I campioni d'Europa e del Mondo in carica alle prese con il riscaldamento prima del match contro l'Amburgo

Riepiloghiamo: 75 € circa di biglietto, 150 € di viaggio aereo ai quali aggiungo 45 € di extra: la trasferta di un tifoso del Bayern per seguire la propria squadra nella trasferta londinese ammonta a 270 €. Non proprio una cifra modica, eh. Ci pensa la società ad incentivarti, però. Che la crisi si faccia sentire pure in Germania e i tifosi non possano permettersi un simile viaggio? Mi riesce difficile pensarlo, in quanto l'Allianz Arena è abbonato al 100%... Qui però succede, e c'è una società di calcio, un perfetto esempio di sapiente gestione sportiva ed economica  - senza alcuna necessità di fiumi di petrorubli, bizzarri sceicchi o fantomatici magnati indonesiani - che porta a casa trofei, e può non solo piazzare ogni anno acquisti di altissimo livello (ieri Mario Götze, domani Robert Lewandowski) e ingaggi milionari ma anche pagare parte della trasferta ai propri tifosi.
Con tutto ciò che c'era da vincere nella propria bacheca, sborsare 90.000 €, per una società come il Bayern, è come pagare un espresso al bar. Anni luce dalla realtà italiana, quando per una trasferta puoi incrociare un tifoso elemosinare qualche spicciolo davanti allo stadio...
Bis bald!
Stefano

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