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giovedì 16 luglio 2015

L'ultima fatica

Ciao a tutti!
Sarebbe più corretto nomenclare questo post come "la penultima fatica". Ma dentro di me, sento che non ci sono più ostacoli tra me e Courmayeur, dove domani concluderò la fatica sull'Alta Via n.2 della Valle d'Aosta. Nella nona tappa, la più lunga chilometricamente, vi era ancora un ostacolo non indifferente, la salita al Col des Chavannes, non duro, ma lunghissimo, più di tredici chilometri di salita per 1200 metri di dislivello. L'ultima paura di questa Alta Via...

È fatta!

La giornata, che da subito appare afosa, non parte con i migliori auspici. La notte non è stata buona, svegliato nel bel pieno del sonno dai francesi in stanza con noi, in procinto di affrontare il ghiacciaio del Rutor. Le gambe sembrano pesanti, e il fiato non quello dei giorni migliori. Ancora scorie della dura tappa di ieri?

Il Lac de Glacier all'ombra del Grand Assaly

La discesa verso La Thuile è molto lunga. Servono circa tre ore o poco più per raggiungerla. Il sentiero offre però molti spunti d'interesse, a partire dal fertile Plan de la Lière, ove si trova il Lac Glacier, purtroppo in ombra ma nel quale si specchia il Grand Assaly, che nella discesa domina il paesaggio circostante. Ci sono poi le tre cascate del Rutor, che vedo per la terza volta, ma senza stufarmi: sono sempre ugualmente meravigliose con la loro espressione di potenza. Dunque, c'è il panorama sul Monte Bianco e su La Thuile, che dal sentiero non mancano di fare capolino.

La prima cascata del Rutor

Il fondo della discesa è a La Joux. Prima di arrivare nel centro, però, ci sono alcuni chilometri in leggera discesa da percorrere, alcuni tagliano le curve della strada che porta a La Joux, altri sono sull'asfalto più nero (e il termometro della farmacia segna 25 gradi, un'enormità qui). Incontro anche un signore che vorrebbe darmi un passaggio in auto, ma declino l'offerta, da purista dell'Alta Via. Confesso, a quel "no, vado a piedi", ripenserò molto nelle ore successive.

La salita nel Vallone di Chavannes

A La Thuile decido di fermarmi per riprendermi dalle fatiche della discesa e per mangiare qualcosa. Le sensazioni continuano ad essere negative, fino al punto di pensare di avere la febbre. Ingerisco una Tachipirina e mi fermo ad un bar per il concentrato di carica che serve per i chilometri successivi. Quello sarà il punto di svolta della tappa.
Il cartello nel centro di La Thuile indica chiaramente che servono 4h40' per arrivare al colle. "No, sono troppe", penso io. Inizio dunque questa lunga salita con rabbia e ferocia, per dimostrare che la sentieristica si sbaglia. Aggredisco letteralmente il sentiero, soprattutto il primo terzo di salita, più ripido, e con una difficoltà in più. Per tre-quattro volte, si deve attraversare la statale che conduce al Passo del Piccolo San Bernardo. Poi c'è una svolta a destra, e qui comincia un'altra storia.

Semplicemente, Rutor

Si inizia sull'asfalto, si continua su una bella mulattiera, ma non si sale mai in modo ripido, la salita rimane sempre molto dolce. Quando il percorso è così salgo sempre fortissimo. E mi piace, perché non essendo affatto insidioso, riesco a pensare ad altre cose. Si, mille pensieri affollano la testa. Penso che questi sono gli ultimi istanti fra le mie montagne, è una miscela di sensazioni che comprende la gioia nel portare a termine questo arduo percorso e la tristezza nel sapere che presto non vedrò più per molto tempo queste montagne magiche. C'è la gioia nel sapere che fra tre giorni si torna a casa e potrò riabbracciare Giulia, c'è l'entusiasmo per un sabato che non sarà più solitario in rifugio ma con i propri amici. Ci sono tante cose nella mia testolina...

Vallon de la Lex Blanche

Ma la salita continua, e trovo stimolo nel poter vedere visivamente il colle. Il segnale giallo che indica la via per il Mont Fortin (che ho salito nel 2011) mi dà ulteriore forza. Manca pochissimo alla fine della salita, gli ultimi metri sono quasi piatti. Iniziano a comparire le vette del massiccio del Bianco, l'ometto di pietra è ad un passo... Ci sono! Il Col des Chavannes è raggiunto e davanti a me ho uno dei panorami più pazzeschi che si possano incontrare sulle Alpi. Da sinistra a destra incontro con lo sguardo l'Aiguille des Glaciers, Aiguilles de Trélatête, Monte Bianco, Aiguilles Blanches de Peuterey, Anguille Noire de Peuterey, Dente del Gigante, Dôme de Rochefort, Grandes Jorasses. Una sequenza di montagne fantastiche che è difficile da concepire senza essere qui, sul Col des Chavannes. Mi concedo il gesto del trionfo, alzando con veemenza le braccia al cielo, conscio che le fatiche di domani non saranno nulla rispetto a ciò che ho incontrato in questi nove giorni. Poi mi siedo, pago e soddisfatto di quanto fatto, a contemplare ciò che la natura ha deciso di donare a chi sale il Col des Chavannes. Dulcis in fundo, apro finalmente il botticino di genepy (come l'ho recuperato è una lunga storia) a titolo di brindisi. C'è da festeggiare e basta, ora.
Ah, per la cronaca: il Col des Chavannes l'ho salito in 3h30', non in 4h40'.

Il Rifugio Elisabetta Soldini Montanaro, ai piedi del Glacier de Trélatête

C'è ancora la discesa per il Rifugio Elisabetta Soldini Montanaro, lungo l'immenso Vallon de la Lex Blanche. Ma scorre via come niente. Sulle ali dell'entusiasmo e di fronte alle montagne più possenti d'Europa, la fatica va immediatamente in secondo piano. La testa è già a domani, il corpo si scopre essere a Courmayeur. Sono passati tre anni...tornarci con un'altra Alta Via all'attivo, deve essere sensazionale. Cose che racconterò domani. Questa è l'ultima notte di Alta Via, va vissuta fino in fondo.
A presto!
Stefano

mercoledì 15 luglio 2015

Colle de la Crosatie, la Vallée ai miei piedi

Ciao a tutti!
Doveva essere la tappa più dura e stressante. L'ottava frazione della mia Alta Via n.2, da Planaval al Rifugio Albert Deffeyes, ha mantenuto le promesse e si è rivelata assolutamente spaccagambe. Merito di numeri importanti, come i due colli da superare in giornata (Col de la Crosatie, Passo Alto) e più di due chilometri di dislivello da coprire.

Col de la Crosatie

Conoscendo la difficoltà della tappa, mi preparo a dovere. Colazione ricchissima con razione extra di caffelatte, massaggio delle gambe con arnica, cerotti per le (piccole) vesciche nei piedi, cerotto nasale. Alla mia partenza chiacchiero con l'albergatore, a cui piace fare terrorismo psicologico: "sono nove ore fino al Rifugio Deffeyes", "ci sarebbe il Passo di Planaval ma è pericoloso" , e via dicendo. Nessuna esitazione: devo seguire il percorso dell'Alta Via, che siano nove ore o più di cammino. Non c'è spazio per le scorciatoie.

La Valgrisenche dalla salita per il Col de la Crosatie

Inizio con un riscaldamento su asfalto, da Planaval a La Clusaz, all'ombra del mastio in rovina che apparteneva al casato dei D'Avise. Poi inizio finalmente sullo sterrato, su un sentiero ripido ma che permette talvolta di rifiatare, e che attraversa un vero e proprio eldorado per insetti e farfalle, mai così numerosi finora sull'Alta Via n.2 della Valle d'Aosta, merito di un'eccezionale fioritura. Fino ai primi alpeggi, il sentiero risulta essere una magnifica balconata su Planaval prima e sulla Valgrisenche tutta, dopo. Superati i primi alpeggi, invece, si arriva in una meravigliosa conca erbosa. Ciò che colpisce è la maestosità del ghiacciaio di Château Blanc, e la quantità di acqua (che proviene probabilmente dal ghiacciaio) che attraversa la piccola conca che mi ritrovo a risalire.

Glacier de Château Blanc

Attraversata la conca, supero un altro scalino, che rapidamente mi porta ad una delle più belle meraviglie valdostane, il Lac du Fond. È un lago dalle acque verdi-blu, che brilla con maggiore intensità, come un diamante, man mano che salgo in quota. È il perfetto contorno alle fotografie che scatto in direzione sud, dove c'è più bianco... Il scalino successivo mi porta al "monumento" in ricordo di Yang Yuan, lo skyrunner cinese morto nell'edizione 2013 del Tor des Geants, nella discesa del Col de la Crosatie. La salita continua, lunga, mai eccessivamente ripida, fino a quando...

Fatica, parte prima

...si arriva in cima al colle! E qui mi trovo di fronte ad uno dei più grandi spettacoli che la montagna mi abbia mai regalato. Tutte le montagne della Valle d'Aosta sono qui, sul Col de la Crosatie. Ovviamente spicca poderosa la massiccia sagoma del Monte Bianco e quindi delle Grandes Jorasses, poi girandosi in senso orario, lo sguardo incrocia le più alte vette delle Alpi. Inconfondibili il Grand Combin, il Cervino e il gruppo del Rosa. Non manca nessuno all'appello, neanche il Gran Paradiso, basta voltarsi di 180 gradi. Qui mi trattengo un po' di più, per ricaricare le batterie con la tradizionale barretta di cioccolato, per fare un po' di foto e per conversare con alcuni escursionisti alsaziani in procinto di percorrere l'Alta Via n.2 in senso opposto al mio, dai quali scopro esattamente il passaggio del Passo Alto, il secondo colle della tappa. Mi avvisano: sarà tosta per me.

Promoud

La discesa verso Promoud, l'intersezione tra le due salite/discese, è rapida, in quanto i primi centocinquanta/duecento metri di discesa sono quasi una scalinata e i successivi scorrono che è un piacere. Man mano i giganti valdostani spariscono dalla vista, prima Rosa e Cervino, poi Bianco e infine le Grandes Jorasses. Ma è già stato superato mezzogiorno, e in una discesa sotto il sole non desidero altro che poter ritrovare la boscaglia, per avere un po' di fresco. A Promoud mi fermo ancora, per rifocillarmi in vista dell'imminente salita e anche per rilassarmi fisicamente. Ce n'è bisogno...

In cima sul Passo Alto! 

La salita inizia immediatamente superato il ponticello sul torrente. Inizialmente è dolce, si affianca l'omonimo bivacco (rovinato, non distrutto, da una valanga, e non bruciato, come erroneamente comunicatomi al Rifugio Miserin - andrebbe riparato!!!) e si entra in un bosco di pini. Quando inizia a camminare tra le pietre, la strada diventa dura. Si sale lungo questo lunghissimo vallone detritico che ha un doppio volto, ripido su sentiero, leggero sulle pietre, dove sembra una scala. A tratti c'è da faticare enormemente, ma sono convinto che la salita, se affrontata con forze fresche non sarebbe stata così dura. Invece io ho già i 1300 metri del Col de la Crosatie, e questa salita al Passo Alto è letale. Mi fermo più di una volta a rifiatare e quando raggiungo, finalmente, dopo una notevole serpentina nel macereto, lo scollinamento, mi concedo di alzare le braccia al cielo, perché so che le salite dure sono probabilmente finite con quest'ultima, il Passo Alto.

Ghiacciaio e laghi des Usselettes

Il panorama non è altrettanto strabiliante come quello del Col de la Crosatie, ma comunque importante. C'è un punto di vista nuovo: con le spalle al sentiero già battuto, si può ammirare in tutta la sua desolatezza il Glacier des Usselettes e gli omonimi laghetti dal tipico azzurro "glaciale", oltre ai compagni di salita, il Mont Pit e il Monte Paramont. Tutto bello, ma c'è ancora una discesa da compiere. Ed è lunga, eterna. Sono veramente stanco e a tratti mi pare di camminare a mo' di zombie. Quel che è certo è che ho rallentato l'andatura. Trovo comunque più di un motivo per fermarmi qua e là, per scattare qualche foto. Prima è la Comba des Usselettes (una favolosa conca in cui si trova un ambiente decisamente paludoso), poi è il Grand Assaly (imponente cima che quasi fa ombra al Rifugio Deffeyes), quindi del ghiacciaio del Rutor - e dei suoi laghi - sempre impressionante.

È l'arrivo: il Rifugio Deffeyes, davanti al Grand Assaly e davanti alla Comba des Usselettes

Un'ultima salitella conduce al rifugio. Il letto e la calorica cena del Deffeyes sono meritati premi per una tappa estremamente impegnativa che mi ha decisamente avvicinato a Courmayeur. Ancora parecchi chilometri, domani, con La Thuile da superare. Poi potrò (quasi) dire di avercela fatta, ancora una volta...
A presto!
Stefano

martedì 7 luglio 2015

Tempi di attesa

Ciao a tutti!
È il giorno di vigilia, oggi. Un giorno sempre un po' strano, in cui si concentra l'attesa di mesi e settimane, trascorse a riflettere, a sognare, sperare. Si torna dunque in montagna, su montagne vere. E che montagne, le più alte d'Europa, forse anche le più belle. Sicuramente, quelle che io amo di più. Le collinette della Rhön sulle quali pensavo di trovare un buon surrogato di montagna sono lontane ora. Ora ci sono solamente giganti di pietra e ghiaccio, sui quali sentieri non vedo l'ora di costruire una nuova avventura, da portare sempre con me. Esattamente come poco meno di tre anni fa, quando a completai la mia prima alta via, l'Alta Via dei Giganti.

Val Veny. Foto di archivio, 25 giugno 2011

Non nascondo comunque un po' di preoccupazione. Ma credo sia normale. Nonostante una parte del percorso sia già a me conosciuta (credo circa il 15%), ci sono molti punti sconosciuti che possono essere insidiosi. Non è un alta via pericolosa (non lo era neanche l'Alta Via dei Giganti), ma ci saranno sicuramente porzioni di sentiero esposte. Penso soprattutto ai due passaggi che superano i tremila metri, come il Col Lauson (tra la Valle di Cogne o la Valsavarenche) o il Col d'Entrelor (tra la Valsavarenche e la Valle di Rhêmes) e alla possibilità di incontrare nevai sul sentiero. Confido nelle temperature torride di questi giorni e nell'arguzia degli antichi camminatori che scelsero i punti più liberi da neve per i loro sentieri.

Salendo al Rifugio Deffeyes. Foto di archivio, 16 giugno 2012

Già, il caldo record. L'anticiclone africano Flegetonte dovrebbe concedermi tempo molto stabile almeno per la prima metà di alta via, ma la tendenza è positiva anche per la prossima settimana. Si consoliderebbe dunque la tradizione (positiva) nell'indovinare le settimane giuste per affrontare un lungo cammino in montagna. Già nel 2012, sull'Alta Via dei Giganti, e nel 2013, sull'Alta Via dei Camosci, nelle Dolomiti, sono stato molto fortunato.
Dall'altro lato, il caldo pare sarà atroce anche in quota. Per esperienza, le ondate di caldo torrido si fanno sentire anche in montagna se alle prese con il trekking (con uno zaino pesante). In passato, mi sono trovato a sostituire la maglia anche una volta ogni ora, pur di non dover camminare con indumenti lerci di sudore.

Lago Combal, Val Veny. Foto di archivio, 26 giugno 2011

L'allenamento è forse il fattore più incognito. Data l'assenza di vere montagne attorno a me, non ho potuto allenarmi sul terreno vero e proprio che incontrerò da domani. Ho dovuto rassegnarmi ad un allenamento che a piace definire "surrogato", un mix di simulazioni e di tecniche prese in prestito alla maratona. Micidiali ripetute nelle brevi ma ripidi salite dei quartieri residenziali nella zona orientale di Schweinfurt, un vero spezzafiato. Molti chilometri sul pianeggiante (alcuni anche in bici), ma soprattutto dislivelli importanti coperti sul tapis roulant.
Ecco un po' di numeri che possono spiegare meglio l'allenamento in vista dell'Alta Via n.2:
- attività per un totale di 632 chilometri percorsi (129 di corsa, 176 in bici, 327 di passeggiate e trekking);
- attività indoor per un totale di 42 chilometri (quasi tutti sul tappeto), attività outdoor per un totale di 590 chilometri;
-  9294 metri di dislivello coperti (1793 in corsa, 6132 sul tapis roulant, 1369 in passeggiate e trekking).

Il ghiacciaio del Rutor. Foto di archivio, 17 giugno 2012

Anche quest'anno lo zaino sarà uno dei fattori che incideranno di più. Il peso rimane all'incirca quello di sempre, intorno ai venti chilogrammi (24 alla partenza, per la precisione). Proprio per questo, l'allenamento svolto in palestra, su addome, spalle e schiena, sarà fondamentale. Tutte riflessioni che faccio a cuore e mente aperta, anche se alla fine, tutti i conti si faranno solo a partire da domani... quando comincerò da Donnas i 176 chilometri che mi porteranno (mi auguro) a Courmayeur.
A presto e... hold on!
Stefano

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