Visualizzazione post con etichetta Fausto Coppi. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Fausto Coppi. Mostra tutti i post

mercoledì 27 aprile 2016

Bücher: Campionissimi

"Arrivati all'ultimo chilometro, al triangolo rosso che annuncia la fine della corsa, ci accorgiamo di quanta sofferenza ci sia nella vita dei corridori. E di quanti, tra loro, abbiano lo sguardo triste. Non è solo la durezza delle salite o delle pietre sotto le ruote, a volte è una specie di maledizione, o di malasorte [...] Perché il ciclismo è magnifico e spietato, gonfio di sogni e improvvisi risvegli. Mostra la bellezza del dolore su una bicicletta dove tutti, da bambini, siamo stati felici."
Maurizio Crosetti, Campionissimi


Ciao a tutti!
Pochi altri sport come il ciclismo sono in grado di fornire storie. Tutte diverse, l'una dall'altra. Se il calcio non può limitarsi alla semplice e pura esaltazione del singolo in quanto sport di squadra, il ciclismo può andare molto più in profondità, scavando nei sentimenti umani di questi atleti, da soli in sella ad una bicicletta, con la loro fatica e il loro dolore. I quali, talvolta, vanno a legarsi con qualcosa di ancora più grande, il sentimento popolare. E allora queste storie diventano leggenda.
Le storie che Maurizio Crosetti racconta in Campionissimi sono sicuramente leggenda. Perché leggende sono le imprese dei trenta ciclisti che Crosetti ha voluto inserire in questo volume, che ripercorre la grande storia del ciclismo dagli albori delle prime pionieristiche stagioni del ciclismo di Binda e Girardengo fino alle storie più recenti di fuoriclasse come Indurain e Pantani. Passando naturalmente per l'epopea di Coppi e Bartali e gli anni di Merckx e Gimondi. Campionissimi racconta le gesta dei più grandi, romanzi scritti nei tormenti delle più dure salite del Giro d'Italia o nel brevissimo istante della volata, sulle dure pietre delle classiche del Nord o nelle strategie tattiche di una corsa crudele come il Mondiale. Storie che di grande intensità, che raccontano il ciclismo in tutta la sua "ferocia".
Perché nelle ore trascorse davanti alla televisione nell'attesa che la corsa emetta il proprio responso, ma anche dal vivo, nella lunga attesa e poi nel veloce passaggio dei corridori, c'è qualcosa che sempre sfugge. Dietro la maschera di fatica del corridore, c'è un'anima, un carattere, c'è una guerra interiore che da fuori non si può comprendere pienamente. La tristezza di Ocaña, le frustrazioni di Gimondi, l'astuzia di Magni, la rabbia di Bettini, tanto per citare alcuni esempi tra i più personalmente apprezzati. Questo libro va oltre l'atleta e il grande gesto sportivo, semplicemente condensa in poco più di duecento pagine cento anni di battaglie per il primo posto al traguardo con le battaglie personali dei ciclisti, uomini prima di tutto.
Bis bald!
Stefano

Giudizio: 9/10 

sabato 24 ottobre 2015

Bücher: Il grande Airone

"In un pomeriggio di quasi primavera, un bambino sta giocando su un prato di Villa Borghese a Roma, sorvegliato dall'occhio vigile dei genitori. Il bambino lascia i suoi giochi perché ha sentito dire che oggi, 19 marzo, si corre la Milano-Sanremo. «Babbo», chiede il bambino, «chi ha vinto la Milano-Sanremo?» Come fa un pover'uomo alla fine degli anni Quaranta, che se ne sta a Villa Borghese a godersi il primo sole di primavera, a sapere chi ha vinto la Milano-Sanremo? Cerca di spiegare la difficoltà a suo figlio, che però non vuole sentire ragioni, ma poi finisce per trovarsi di fronte a un'alternativa: una sonora sculacciata o tirare ad indovinare. Siccome il babbo è un sostenitore ante litteram dell'educazione basata sulla persuasione, sceglie la seconda soluzione. «Coppi, ha vinto Coppi, va bene?» Il bambino torna ai suoi giochi poco persuaso. Ma la sera alla radio sente la notizia: Fausto Coppi ha vinto la Milano-Sanremo. «Come lo sapevi?», chiede il bambino. «Era facile», risponde il babbo, «vince sempre lui...» Da quel giorno il bambino tiene per Coppi, anche se in famiglia sono toscani e quindi bartaliani."
Giancarlo Governi, Il grande Airone


Chi ama il ciclismo non può fare a meno di questo libro, uno dei più completi su colui che è unanimemente riconosciuto come il più grande campione delle due ruote di tutti i tempi. Parlo del Campionissimo, Fausto Coppi. Un grande dello sport italiano in senso assoluto, un mostro in sella ad una bicicletta. Quello che non tutti sanno è la sua importanza nel contesto storico del dopoguerra italiano. Il grande Airone, libro del giornalista ed autore televisivo Giancarlo Governi, mette in luce proprio questo aspetto meno conosciuto agli appassionati. Il grande Airone fu pubblicato per la prima volta nel 1995 e ripubblicato nel 2010 con sostanziali aggiornamenti, che includono le testimonianze di un "certo" Gino Bartali, altro mito delle due ruote.
Proprio con Bartali, Coppi condivise il destino del ciclismo italiano negli anni Quaranta e nei primi anni Cinquanta. La loro fu una semplice rivalità sportiva, se ci si limita a considerare il loro rapporto interpersonale. L'opinione pubblica trasformò la rivalità in un dualismo fra due diverse visioni del mondo - e soprattutto due contrapposte appartenenze politiche: il piemontese Coppi a fianco del Partito Comunista e il toscano Bartali con la Democrazia Cristiana (nonostante entrambi non furono mai iscritti a questi partiti politici). Negli ultimi anni Cinquanta, quando l'Intramontabile Bartali decise di abbandonare le corse, i due si avvicinarono notevolmente sul piano umano, diventando due amici fraterni, accomunati dalle grandi vittorie ma da anche simili tragedie (entrambi persero i fratelli più giovani durante competizioni ciclistiche). I racconti sull'amicizia tra i due grandi fuoriclasse che divisero l'Italia pre-miracolo economico sono una delle parti più riuscite - e commoventi - del libro.
In secondo luogo – ma non meno importante, anzi forse ancora più significativo a livello storico – il libro di Governi mette in luce tutto il bigottismo imperante in quel periodo in Italia. La vita privata di Coppi, le sue vicende extraconiugali con la "Dama Bianca", furono oggetto di discussione in tutta Italia, addirittura a livello politico. A riguardo ne sapevo qualcosa, raccontato dai miei genitori e sentito in televisione a contorno dei racconti delle imprese coppiane. La gogna mediatica che dovette subire Coppi non mi stupì, ma non potevo immaginare che "solo" poco più di mezzo secolo fa, una donna potesse venire rinchiusa in prigione come una delinquente comune per la sola colpa di amare un altro uomo. Un episodio che fa riflettere sull'arretratezza del pensiero comune in Italia.
E poi c'è la storia della sua infanzia, trascorsa nella campagna alessandrina, gli inizi su una bicicletta con cui lavorava da fattorino, le prime corse, la vittoria all'esordio, nel suo primo Giro d'Italia. Il record dell'ora e la campagna d'Africa durante la Seconda Guerra Mondiale. Le grandi vittorie, le doppiette Giro-Tour e il Campionato del Mondo. Se proprio devo trovare una pecca in questo libro è il mancato riferimento ad una delle imprese più belle, la vittoria della Cuneo-Pinerolo nel Giro del 1949, simbolo della sua eterna grandezza. Ma ripeto, ne Il grande Airone è concentrata tutta la dimensione sportiva e soprattutto umana di Coppi. Sono pagine di sport e di vita che emozionano ancora, anche a distanza di decenni.
Bis bald!
Stefano

Giudizio: 9/10 

giovedì 29 gennaio 2015

Bücher: Coppi e Bartali

"Ogni impresa sportiva è un simbolo. Pindaro canta un inno alla vita, ai dolori, alle speranze, al coraggio degli uomini, e gli atleti, le loro prodezze e gli allori, le loro debolezze, tutto ciò che nello sport è vittoria e sconfitta, e la lotta, l'ebbrezza, l'amarezza, le lacrime, il sudore, il sangue, le grida di trionfo delle Odi non sono altro che simboli della vita degli uomini, delle generazioni, dei popoli. Nella rivalità fra Bartali e Coppi forse Pindaro non vedrebbe altro che il simbolo delle lotte, delle sofferenze, dei sacrifici e delle speranze che le nostre generazioni offrono alla libertà, alla pace, alla felicità degli uomini e delle nazioni."
Curzio Malaparte, Coppi e Bartali



Ciao a tutti!
Un'opera dal titolo Coppi e Bartali può far pensare ad un grande racconto dell'epopea di questi due grandi campioni. Ma una firma istrionica e brillante, come quella di Curzio Malaparte, non può limitarsi a narrare le gesta di questi eroi delle due ruote. Un'opera dal titolo Coppi e Bartali non poteva mancare alla mia raccolta di libri sul ciclismo.
Questo saggio sull'impronta che la storica rivalità tra Coppi e Bartali ha lasciato nella storia dell'Italia si legge molto velocemente - una trentina di paginette - ma lascia il segno. A mio parere, lo scritto di Malaparte, scritto nel 1949, è un'ardito preludio a tutto ciò che è stato scritto negli anni seguenti su questi campioni e sul loro rapporto. Il merito di Malaparte è essere il precursore della vera interpretazione del significato storico di questa rivalità, in un preciso momento storico in cui Bartali sta imboccando la fase decadente della sua carriera, mentre Coppi è all'apice del suo percorso ciclistico (dopo il 1949, vincerà ancora due volte il Giro e una volta il Tour e il Mondiale), quindi a "partita" ancora in corso.
Malaparte va oltre lo squisito aspetto tecnico delle grandi vittorie, preferisce soffermarsi sul valore del loro antagonismo, sulle contrapposizioni politiche, morali e religiose che hanno diviso la folla e l'opinione pubblica, ma non hanno mai potuto scindere la stretta relazione che intercorreva tra i due: guerrieri a duello in sella, amici fraterni lontano dalle strade. C'è chi pensa che lo sport non possa essere ricordato come qualcosa in grado di intaccare il corso della storia. Malaparte la pensa diversamente. E ce lo spiega raccontando due uomini. La classe e la tenacia, Fausto Coppi e Gino Bartali.
Bis bald!
Stefano

Giudizio: 9/10 ««««««««««

venerdì 2 gennaio 2015

L'airone che chiuse le ali

"Fu allora, sotto la pioggia che veniva giù mescolata alla grandine, che io vidi venire al mondo Coppi. Ne avevo visti di scalatori; avevo visto i muli come Martano e Pesenti, avevo visto il “camoscio” Camusso e la prodigiosa, isterica “pulce dei Pirenei”, Vicente Trueba. Avevo visto Binda, avevo visto Bartali. Ma adesso vedevo qualcosa di nuovo: aquila, rondine, alcione, non saprei come dire, che sotto alla frusta della pioggia e al tamburello della grandine, le mani alte e leggere sul manubrio, le gambe che bilanciavano nelle curve, le ginocchia magre che giravano implacabili, come ignorando la fatica, volava, letteralmente volava su per le dure scale del monte, fra il silenzio della folla che non sapeva chi fosse e come chiamarlo."
Orio Vergani

Coppi sul Passo Pordoi nella tappa Auronzo di Cadore-Bolzano del Giro d'Italia 1953 (fonte: poliziadistato.it)

Ciao a tutti!
Il 2 gennaio di ogni anno, il pensiero va sempre a lui, a Fausto Coppi, il "Campionissimo", il "Grande airone", chiamatelo come volete. Uno dei migliori interpreti del ciclismo più romantico, quello dei grandi distacchi, delle strade sterrate e del tubolare in spalla. O del ciclismo che univa gli italiani divisi tra DC e PCI nel primo dopoguerra, del ciclismo che faceva sognare tutti, dai piccoli ai vecchi.
Il 2 gennaio del 1960 moriva a Tortona, per una malaria non diagnosticata, quello che è unanimemente riconosciuto come il più grande ciclista di tutti i tempi.
Credo che sia importante non dimenticare mai un personaggio del calibro di Coppi. Perché ancora oggi può essere una fonte d'ispirazione per i giovani ciclisti. Perché una leggenda come Fausto, non può essere dimenticata...
A presto!
Stefano

mercoledì 6 agosto 2014

Storie di eroi in parole e musica

"È qualcosa di incredibile come Dio abbia fatto nascere il più grande campione della storia del ciclismo in un posto come Castellania, laggiù dove non c'è niente, dove la strada si interrompe."
Marco Ballestracci

Ciao a tutti!
Qualche settimana fa parlai di un libro che mi aveva straordinariamente colpito per numerosi motivi. Il libro in questione è Il dio della bicicletta, di Marco Ballestracci (vedi recensione). Senza tediare con gli avvenimenti nel mezzo, proprio ieri ho avuto il piacere di conoscere l'autore del libro. Non solo, ho anche assistito allo spettacolo in cui presentava Il dio della bicicletta ad un'interessata platea in occasione di Pralibro, una rassegna libraria che si svolge ogni estate a Prali, in Val Germanasca. Prali dista un'ora di macchina da dove vivo: non ho potuto fare a meno di godermi l'esibizione collegata a questo libro che ho letteralmente adorato. Ho pensato, "se il libro è stato così coinvolgente, non oso immaginare quanto lo sia uno spettacolo in parole e musica".


Accompagnato dal chitarrista Giorgio Pasino e introdotto dal libraio torinese Andrea Bertelli, Marco Ballestracci ha portato a Prali una presentazione alternativa della sua ultima opera. Non una conferenza, non un noioso monologo, bensì uno spettacolo appassionante, interattivo e soprattutto mai banale. Per chi ama il ciclismo, i suoi protagonisti e le storie che il "vate" Adriano De Zan amava raccontare durante le avvincenti telecronache di Giro e Tour, le vicende che Ballestracci porta in scena – tra un verso di Paolo Conte, un'esclamazione in veneto e una dolce melodia – sono pura poesia.
Cosa viene in mente ad un normale appassionato di ciclismo, magari in giovane età come il sottoscritto, quando si parla di Tourmalet, Gavia e Mont Ventoux? Probabilmente torneranno alla memoria (rispettivamente) Chiappucci al Tour del 1991, Hampsten al Giro del 1988 e il duello Pantani-Armstrong al Tour del 2000. Ballestracci conduce alla scoperta di storie non propriamente dimenticate, ma nascoste dall'oblio del tempo che passa, quella fosca cappa che si crea negli anni che solo i più grandi cantori sanno strappare via, al fine di tramandare l'epopea di un mondo che è svanito sotto i colpi della tecnologia e dei mass media. Storie di fatica, di sudore, di sacrificio. Storie che scrivono la Storia, come quella di Gino Bartali sul Tourmalet al  Tour del 1950, bersaglio dell'avversione francese verso i “voltagabbana” italiani. Storie che sono favole agrodolci, come la prima salita del Gavia e la dolorosa sconfitta di Imerio Massignan. Storie che sono tragedia e storia del ciclismo, come la morte di Tommy Simpson sulle rampe del Ventoux nel Tour del 1967. Storie che sono sempre leggende.
La prosa di Ballestracci è perfetta e si dimostra capace di attrarre gli spettatori come il miglior genere thriller. O come, per rimanere nell'ambito ciclistico, il finale di una tappa alpina del Tour de France. Gliel'avevo già promesso giorni addietro, ieri ho mantenuto la promessa: i suoi testi, da lui autografati, sono ora a casa mia, pronti per essere letti. Ma che dico, divorati. E torno a casa felice, in una notte di agosto in cui la luna illumina soffusa la Val Chisone. In cui è inevitabile pensare che quei monti e quelle colline videro sfrecciare nel 1949 Fausto Coppi verso la più grande impresa ciclistica di tutti i tempi…
È doveroso un plauso a Pralibro (per maggiori informazioni, visitare il sito internet www.pralibro.it), una manifestazione ormai giunta alla sua edizione numero 13, ma che scopro solo ora, in occasione di questo spettacolo. Peccato essere così in ritardo, in quanto l'iniziativa, un bel mix di cultura e spettacolo è decisamente ben architettata (provate ad immaginare un luogo di culto trasformato in libreria…) ed è un energico invito alla lettura. Da ripetere tassativamente: purtroppo per me, mi tocca aspettare l'estate 2015…
A presto!
Stefano

sabato 26 luglio 2014

Dal Friuli alla Sicilia, la leggenda continua

1924, Ottavio Bottecchia.
1925, Ottavio Bottecchia.
1938, Gino Bartali.
1948, Gino Bartali.
1949, Fausto Coppi.
1952, Fausto Coppi.
1960, Gastone Nencini.
1965, Felice Gimondi.
1998, Marco Pantani.
2014, finalmente, Vincenzo Nibali!


Domani a Parigi si leverà ancora una volta - la decima - più in alto di tutti il tricolore italiano. Dopo sedici anni dall'ultima affermazione, un atleta italiano si impone nella manifestazione ciclistica più importante del mondo, il Tour de France. A sedici anni di distanza dal trionfo sui Campi Elisi dell'indimenticabile Marco Pantani, ci pensa un ragazzo siciliano tutto cuore e gambe, Vincenzo Nibali, a riportarci al vertice del ciclismo.
Non è solo la vittoria di questo straordinario ragazzo, o del movimento ciclistico italiano, ma anche (e credo, soprattutto) di una nazione in crisi, che deve tirare su la testa, a livello sportivo e non. Nibali e la sua vittoria alla Grande Boucle rappresentano una gran bella speranza per un paese che ha bisogno di tornare in alto.
A presto!
Stefano

LinkWithin

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...