lunedì 2 gennaio 2017

Sulle tracce dell'Alta Via - Pace e visioni al Rifugio Bonatti

"Vede, io vivo in Germania in pianta stabile da qualche anno, torno in Italia solamente per qualche giorno all'anno. Questa è la quarta volta che vengo al Bonatti. Non tornavo da oltre quattro anni, sono voluto venire proprio perché ne percepivo la necessità. Quando ho bisogno di cercare la pace lontano dalla frenesia della nostra civiltà, so di poter trovare la soluzione al Bonatti. Soprattutto in inverno."
un dialogo (ipotetico)

Senza didascalia alcuna
Una sola giornata a disposizione per tornare tra i monti che amo. Una sola giornata a disposizione, perché nella tradizionale settimana di vacanza che mi è concessa tra Natale e Capodanno, vorrei fare tante cose, ma poi c'è la famiglia, ci sono gli amici e tante piccole incombenze che richiedono di essere sistemate. Una sola giornata a disposizione significa una cosa ben precisa: la meta devo sceglierla bene. Nel ristretto novero dei luoghi ai quali mi sono idealmente legato, andando per montagne, forse quello che porto più nel cuore è quel pendio sul quale sorge il Rifugio Bonatti, laddove basta un movimento veloce del collo per raggiungere con lo sguardo la Val Veny prima e le Petites Jorasses dopo. E ad esso ho legato indissolubilmente il ricordo dell'Alta Via dei Giganti.

Una campana all'ombra dell'Aiguille Noire de Peuterey

Raggiungere il Rifugio Bonatti in inverno comporta un piccolo sacrificio. Bisogna alzarsi presto: questa per me è sempre stata una abnegazione (relativa), ma d'inverno lo è ancora di più. Non lo faccio per sadomasochismo, eh. Ci sono tre evidenti motivi: il traffico della tangenziale torinese e della Torino-Aosta sono ridotti quando il sole è ben lungi dal sorgere; la Val Ferret, che in inverno si trasforma in una meravigliosa pista da fondo, è meno affollata; soprattutto, partire presto significa poter raggiungere in auto la frazione di Planpincieux, che oltre le 9 di mattina è raggiungibile solo per mezzo di una navetta.
È un sacrificio, questo, che viene ricompensato velocemente quando nel tratto autostradale tra Aosta e il tunnel del Monte Bianco inizia ad affacciarsi con forza la sagoma maestosa della cima più alta d'Europa. Sono fortunato perché il Monte Bianco è uno specchio di luce. Nonostante l'innevamento non sia dei più abbondanti, c'è neve a sufficienza per riflettere vigorosamente le prime intense luci dell'alba.

A Planpincieux, appena sceso dall'auto

All'imbocco della Val Ferret trovo la strada aperta. Risalgo velocemente la tortuosa lingua d'asfalto che conduce a Planpincieux, ansioso di poter iniziare a piedi la strada verso il Bonatti. Tutto è ghiacciato, così duro che non servono neanche le ciaspole. Non si affonda in questa neve, indurita dagli ultimi giorni di gelo e senza ulteriori innevamenti. Lascio le ciaspole in macchina, dunque, e inizio la mia risalita della Val Ferret.
Il percorso che porta verso il Rifugio Bonatti consta essenzialmente di due parti: prima, la risalita della Val Ferret, a fianco della pista per lo sci nordico, lunga ma pianeggiante, con favolosi scorci sul Monte Bianco - tra i più belli che si possano incontrare; dopo, inizia la salita vera e propria, sul versante orografico sinistro della Val Ferret: da coprire ci sono poco più di trecento metri di dislivello.

Lo spuntone di roccia della Punta Walker delle Grandes Jorasses

La salita inizia dopo i tornanti che si incontrano dopo l'abitato di Lavachey, ad un'ora di cammino da Planpincieux. Si abbandona il comodo sentiero che conduce al Rifugio Elena, svoltando a destra e risalendo il pendio opposto a quello di Grandes e Petites Jorasses. Basta seguire le tracce di chi è già salito nei giorni precedenti, con sci o ciaspole verso il rifugio - nel bosco è assai semplice, fuori un po' meno. Ricordavo il sentiero decisamente più duro. Forse perché lo affronto con comodo, senza fretta alcuna, o forse perché questa volta lo percorro con equipaggiamento leggero (un ricambio, il thermos e una banana). Servono trenta/quaranta minuti per risalire questo pendio, che nel tratto finale, prima che compaia finalmente il rifugio, diventa ripidissimo, dalle inclinazioni degne di Kitzbühel e Wengen.

L'ultimo ripido pendio con vista Monte Bianco

Al rifugio ci siamo io e il rifugio stesso – suoi abitanti inclusi. Tutto tace, non c'è alcun rumore che possa scalfire questo silenzio. L'unico segno di vita in questo biancore è il fumo che esce dal comignolo, chiara indicazione che il rifugio è aperto e vivo. Rimango un po' lì fuori, a contemplare la meraviglia che la natura che ha creato e ci permette di ammirare. Però il rifugio è ancora all'ombra e se non il sole non illumina, in inverno, c'è da battere i denti. Riparo all'interno del rifugio. Chiedo un tè e soprattutto chiedo se posso sedermi dove voglio.

Spunta il Rifugio Bonatti

Perché nell'interno del rifugio – lo dico da sempre, è uno dei rifugi più belli che io abbia mai visto – c'è una posizione dal quale si può vedere veramente tutto. La Val Veny, il Monte Bianco. Tutto quello di cui avevo bisogno in quel momento. La visione più bella, in compagnia del calore del rifugio e di un tè caldo. Guardo e contemplo con aria felice, rilassata. Di fronte allo spettacolo di questa montagna, sorseggiando con calma il mio tè – non c'è fretta, ripeto – mi sorprendo a sorridere. La visione continua ancora, perché a quel punto una buona polenta concia non me la può più negare nessuno. Tutto di fronte a quell'opera d'arte che ho di fronte, tra le foto di Bonatti che tappezzano l'interno del rifugio.

Il freddo panorama del Monte Bianco dal caldo del Rifugio Bonatti

La Val Veny, con le sue Pyramides Calcaires e il tratto finale del ghiacciaio del Miage. Tutta la cresta di Peuterey, dalla quale spunta l'Aiguille des Glaciers, e lungo la quale si guardano due giganti: l'Aiguille Noire e l'Aiguille Blanche, rispettivamente il re e il suo trono, avamposti terreni del Monte Bianco e del Monte Bianco di Courmayeur, che raramente brillano di luce così intensa nel suo versante del Pilier d'Angle (dove proprio Bonatti firmò una delle sue imprese più famose - vedi post). La Punta Walker delle Grandes Jorasses e le Petites Jorasses, sono i due Golia che guardano con aria spavalda tutti i Davide che da sotto non possono far altro che ammirare e sognare. Sognare le montagne più belle, qui si può. Ora è facile comprendere perché io sia voluto venire proprio qui.

Ombre sulla Val Ferret

Scendo a valle tra gioia e malinconia. Sono ben conscio che passerà del tempo prima che io ritorni qui, ma so che oggi ho fatto il pieno di carburante per i mesi che verranno. Ad accompagnarmi, nei prossimi giorni, così lontano da queste montagne, ci saranno le immagini di una giornata che aspettavo da tempo e che no, non poteva deludermi.
Bis bald!
Stefano

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