sabato 4 marzo 2017

Saal 600

"Perché il mondo intero sta ascoltando il crepitio delle foglie in una piccola sala del Palazzo di Giustizia di Norimberga? Sul banco degli imputati non ci sono solo venti banditi assetati di sangue. Sul banco degli imputati siedono il fascismo, la sua ideologia lupesca, la sua perfidia, la sua amoralità, la sua arroganza, la sua miseria."
Il'ja Grigor'evič Ėrenburg

Alcune delle panchine ove sedettero gli imputati del Processo di Norimberga

Da tempo desideravo tornare a Norimberga con questo preciso obiettivo: visitare la testimonianza storica di uno dei motivi per cui la seconda città della Baviera, per dimensioni, è (tristemente) nota. Parlo naturalmente del processo ai gerarchi nazisti, meglio conosciuto come il processo di Norimberga. Questa città non è solo i suoi mercatini natalizi, i Lebkuchen e i Bratwurst, gli edifici a graticcio, la sua piazza e il suo castello o le fabbriche di giocattoli, ma anche dove si è scritta una delle pagine più importanti della storia del Novecento. E, fino al mio trasferimento in Germania, l'unico motivo per cui conoscevo questa città.

L'ala che ospita il memoriale del Processo di Norimberga

Già, ma perché proprio Norimberga e non Berlino, capitale del Reich? Beh, a Berlino di edifici ancora in piedi... non ce n'erano! A Norimberga, invece, c'era un Palazzo di Giustizia quasi intatto, con la bellezza di 530 uffici e la disponibilità di carceri. E poi, perché non celebrare la "vendetta" dell'Alleanza in una città che fu la culla del nazismo? Quindi Norimberga fu. Oggi, i locali dell'ala in cui si tenne il famoso processo sono adibiti al Memorium Nuremberg Trials, il museo che, tramite documentazione video-fotografica, racconta gli eventi di quei giorni, negli undici mesi intercorsi tra l'apertura del processo, il 19 novembre del 1945 e la lettura delle sentenze il 16 ottobre 1946.
Purtroppo degli edifici non molto è visitabile. La nota stanza 600 era temporaneamente chiusa ai visitatori e anche le carceri, non si possono visitare. Peccato, perché queste sono un luogo importante nell'economia del processo, per capire come gli imputati trascorsero quei giorni. La documentazione racconta di celle singole, spartane, sorvegliate a vista dopo il suicidio di uno degli imputati (Ley). Gli imputati godevano di ottimi pasti e di una passeggiata giornaliera di venti minuti, in cui i contatti personali erano nulli.

La sala 600: non potendola visitare, eccola in plastico


La storia ci parla di un processo equo e giusto. Per tanti ma non per tutti. Sia da parte di alcuni prestigiosi esponenti giuridici dei paesi dell'Alleanza che da parte della difesa non fu così. Tra le argomentazioni vi era ad esempio la competenza stessa del tribunale chiamato a giudicare - competenza costruita dalle potenze alleate già nei vari congressi di Teheran, Yalta e Potsdam. Dalla difesa fu contestato anche lo scarso tempo a disposizione per prepararsi adeguatamente. Ma tirati in ballo dalla difesa, vi erano alcuni principi fondamentali che, effettivamente, potevano essere considerati a favore degli imputati.
Gli imputati e i loro difensori puntavano molto sullo scarico di responsabilità: in fondo, nella loro posizione, dovevano ubbidire ad un certo Adolf Hitler, sulla cui figura si potevano addossare tutte le colpe. Ma non solo, anche alcuni fatti storici supportavano la difesa dei gerarchi nazisti: il Patto di non aggressione Molotov-Van Ribbentrop del 1939 fu stipulato anche dai russi, che però si trovavano a far parte della giuria con il compito di giudicare. Altri punti di forza della difesa derivavano dal diritto romano: il tu quoque e soprattutto il nullum crimen, nulla poena sine praevia lege poenali. Il primo era una contestazione dell'accusa su un principio molto semplice: gli accusatori non erano innocenti, perché anche Russia e Stati Uniti commisero crimini di ogni genere. Per esempio: le stragi compiute a Hiroshima e Nagasaki non sono esse stesse un crimine contro l'umanità? Il secondo si basava sul fatto che non potesse sussistere crimine e quindi pena senza la presenza di leggi: il reato sul crimine contro l'umanità, durante la Seconda Guerra Mondiale, non esisteva ancora.

L'annuncio del Süddeutsche Zeitung, il più importante quotidiano della Baviera


Il museo allestito per raccontare e soprattutto tramandare alle nuove generazioni il processo di Norimberga e le sue conseguenze, spiega molto bene quanto finora detto, con l'eccezionale supporto di materiale audiovisivo. L'opera di questo museo va oltre i meri fatti che successero tra il 1945 e il 1946, narrati alla perfezione. Racconta la "vita" del processo di Norimberga, in cui venne utilizzata per la prima volta la traduzione simultanea e durante il quale il traduttore fu una figura chiave. Assieme ai testimoni e ai filmati che fecero luce su uno dei momenti più bui dell'umanità, l'Olocausto, lasciando sgomenti tutti i presenti.

Le guerre dal 1945 ad oggi. E l'elenco non è ahimè completo


Il museo spiega bene anche ciò che i più (me compreso) forse non conoscono. I dodici processi secondari di Norimberga, ai medici e agli alti funzionari della pubblica amministrazione contarono ben 177 imputati, sette condanne a morte e tantissime grazie. Il diritto internazionale subì pochissime modifiche dopo il processo di Norimberga - si dovettero aspettare le stragi in Ruanda e in Jugoslavia. E poi, quante guerre? Un pannello, a mio giudizio estremamente evocativo, mostra tutte le guerre che si sono succedute dopo il 16 ottobre del 1946, giorno dell'esecuzione dei gerarchi nazisti. Decine, centinaia. Troppe. Anche una è già crimine: questo il significato ultimo di una visita al museo del Processo di Norimberga.

Nessun commento:

Posta un commento

LinkWithin

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...