giovedì 13 luglio 2017

Attorno al regno del sesto grado

Sarà iperturistico, iperfrequentato, ipermonetizzato, ma il Giro delle Tre Cime di Lavaredo rimane sempre un itinerario da favola. Proprio per questa ragione, quando stavo iniziando a coltivare nella mia mente l'idea di tornare nelle Dolomiti per una settimana di trekking, non avevo dubbio alcuno sul dove avrei voluto essere. Sulle Tre Cime, sull'anello che - congiungendo i rifugi Auronzo, Lavaredo e Locatelli-Innerkofler -permette di ammirare tutta l'unicità di queste vette.

La combinazione montagna/rifugio più famosa delle Alpi

Le Tre Cime di Lavaredo, che in realtà sarebbero ben di più (non si considerano Cima Piccolissima, Punta Frida e Sasso di Landro), non sono solo le più famose vette dolomitiche, sono icone, sono simboli. Come la Tour Eiffel per Parigi o il Colosseo per Roma. Come il Cervino per svizzeri e valdostani. Non a caso, le Tre Cime di Lavaredo sono sulla copertina di mappe, guide e libri sulle Dolomiti. Sono un fenomeno culturale, intriso di una carica simbolica dall'orogenesi ben più tardiva rispetto a quella che le rende uniche al mondo. Di fenomeno si tratta, se oltre cinquantamila persone all'anno si recano ai loro piedi per poter stare qualche ora sotto questi muri che hanno fatto sognare generazioni di alpinisti.

Cime piccole, piccolissime

Già, la verticalità delle Tre Cime di Lavaredo non trova paragoni in nessun altro gruppo montuoso delle Alpi. La parete nord della Cima Grande fu uno dei cinque "problemi alpinistici irrisolti", fino al 1933 quando Emilio Comici e i fratelli Dimai aprirono la prima via su questa parete apparentemente inviolabile, via che tuttora è un pensiero fisso nella testa di tanti alpinisti. Non da meno è la parete nord della Cima Ovest, meno frequentata perché più arcigna, ma che fu inviolata addirittura dopo, rispetto alla Cima Grande: era il 1935 quando Riccardo Cassin e Vittorio Ratti firmarono una delle "prime" più celebrate della storia dell'alpinismo.

Rifugio Lavaredo, sullo sfondo il Cadini di Misurina

La morfologia delle Tre Cime è ben visibile dal Rifugio Locatelli-Innerkofler. Il massiccio appare come lacerato, laddove la doccia si tinge di giallo. Questa colorazione è dovuta allo scioglimento di un ghiacciaio che, togliendo il sostegno a della roccia instabile, ha causato crolli catastrofici. I quali segni sono ancora ben visibili sulla porzione di sentiero tra il Rifugio Locatelli-Innerkofler e il Rifugio Auronzo, che corre a fianco di ampi ghiaioni. I ghiaioni alla base sono elementi essenziali per l'estetica delle Tre Cime di Lavaredo. Senza di essi l'effetto visivo di queste pareti, che sembrano uscire dal nulla lacerando cielo e nuvole, non sarebbe affatto lo stesso...

Tre lame che si ergono nel cielo

Inizio il mio giro delle Tre Cime dal Rifugio Lavaredo, base di questi giorni di escursioni nelle Dolomiti di Sesto, incastonato ai piedi della Cima Piccola. La Cima Piccola fu metaforicamente sede di una polemica che ebbe molta risonanza ai tempi (correva l'anno 1998). I protagonisti furono due vere e proprie anime libere nel loro settore: l'alpinista Reinhold Messner e lo scrittore Erri De Luca. Messner andò all'attacco contro la "mistificazione" della montagna, sempre più profanata da infrastrutture e violata da persone lontane anni luce dallo spirito sacro che dovrebbe muovere gli animi in montagna. De Luca dichiarò invece che, durante la salita dello Spigolo Giallo della Cima Piccola (una delle vie classiche delle Tre Cime di Lavaredo), non si sentì affatto infastidito dalla moltitudine di folla che in basso percorreva i comodi sentieri che ruotano attorno alle Tre Cime - oltre a ribadire la non esclusività della montagna. C'è la montagna per chi sale i sesti gradi e per chi può camminare un'ora su un comodo sentiero. Come la penso io? Io mi schiero in mezzo: frequentare la montagna è diritto di tutti, ma entro certi limiti. La gestione del lato sud delle Tre Cime è infatti...più che discutibile.

Vista orientale delle Tre Cime di Lavaredo

Il giro comincia con una prima salita tranquilla verso la Forcella Lavaredo, dalla quale si gode di una delle tre principali prospettive delle pareti nord delle Tre Cime, quella orientale; certamente è la migliore per rendersi conto della verticalità totale della Cima Grande e della Cima Ovest. Nei migliori dei casi, la parete è un muro. Nel peggiore, è un tetto che obbliga ad evoluzioni vietate dalla fisica. È mattina, il cielo è ancora terso, le condizioni migliori per godere al meglio di uno degli scorci più famosi delle Alpi. Bisogna fare in fretta con le foto, comunque: su questa forcella soffia un deciso vento che invita a riparare verso quote più basse e aree più protette.

Piccoli uomini sulla grande nord della C

Scendendo dalla Forcella Lavaredo per raggiungere il Rifugio Locatelli-Innerkofler, si entra nel Parco Naturale delle Tre Cime (una delle sei aree protette della Provincia di Bolzano). Ecco la differenza di gestione tra Bolzano e Belluno, i primi cercano di conservare e preservare l'area, limitando l'accesso di automobili e anche mountain-bike; i secondi costruiscono un parcheggio che è un insulto per chi ama la montagna. Le Tre Cime di Lavaredo sono cippi di confine, non solo tra due regioni, due province e due aree linguistiche, ma anche (soprattutto) tra due diverse filosofie di come si vuole intendere la montagna.

Contemplazione estatica

Raggiungo il Rifugio Locatelli-Innerkofler seguendo il sentiero più comodo e largo, più a valle, quello che scende per poi impennarsi improvvisamente in vista del rifugio. Interessante per me osservare la quantità di fiori a bordo del sentiero: mi sono sempre chiesto come i fiori riescano a trarre nutrimento dall'ambiente roccioso. Questo tratto è sicuramente uno dei sentieri più panoramici delle Alpi, perché oltre all'ombra (reale) del Monte Paterno si aggiunge l'ombra delle Tre Cime di Lavaredo. Al Rifugio Locatelli-Innerkofler c'è già molto movimento, ma ne ero conscio. Questo è uno dei rifugi più desiderati delle Alpi, e centocinquanta posti non sono talvolta sufficienti a contenere la richiesta di pernottamenti. E poi ci sono le ferrate, quelle al Sasso di Sesto, alla Torre di Toblin e soprattutto al Monte Paterno. Quest'ultima non è solo una delle vie ferrate più frequentate ma ha anche una ragguardevole valenza storica. Proprio qui, il 4 luglio 1915 perse la vita Sepp Innerkofler, alpinista e guida alpina a cui è dedicato il rifugio più noto ai piedi delle Tre Cime. Fu ucciso durante una ricognizione che guidò personalmente con un manipolo di soldati austriaci, con l'intento di riconquistare il Monte Paterno in mani italiane. I fatti non sono molto chiari, per alcuni Innerkofler era conscio di andare a morte certa (così come ne erano consci i suoi superiori...), per altri la guida fu uccisa dal fuoco amico. Quel che è certo è che l'esercito italiano tributò a Innerkofler il giusto riconoscimento al nemico. Paradossale invece come il rifugio, oltre che a Sepp Innerkofler, sia intitolato all'asso dell'aviazione italiana Antonio Locatelli - che sulle Tre Cime non lasciò di certo un'impronta enorme come quella di Innerkofler. Che unire i nomi di due eroi, un italiano e un austriaco, fosse un tentativo di riconciliazione?

Il Rifugio Locatelli-Innerkofler, ai piedi del Sasso di Sesto

Dal Rifugio Locatelli-Innerkofler le fotografie che scatto sono numerose ma provvedo ad utilizzare anche il binocolo per provare ad intercettare qualche alpinista alle prese con la dolomia delle Tre Cime. Individuo una cordata di quatto persone sulla via Comici-Dimai alla Cima Grande, e una cordata di due persone sulla Ovest, incerto se sulla via Cassin o sulla direttissima degli Scoiattoli. Le Tre Cime di Lavaredo, e mi riferisco soprattutto alla Cima Grande e alla Cima Ovest, sono state spesso territorio di grandi conquiste e battaglie alpinistiche. Memorabili le sfide negli anni Trenta per salire per la prima volta le pareti nord, e verso la fine dei Cinquanta per firmare la prima direttissima sulla nord della Cima Ovest.

Roccia e fiori

Per terminare il giro delle Tre Cime imbocco il sentiero che scende nel Pian da Rin, una prateria che è circondata da un bastione roccioso enorme, così alto che preclude la vista delle pareti nord. Riguadagnando quota, le nord riprendono forma, una forma diversa perché questa è frutto di luci, angoli e profondità. Costruzioni che la natura ha modellato in costante movimento. La visuale occidentale delle Tre Cime lascia a bocca aperta per la verticalità della Ovest e per il suo spaventoso "tetto", qualcosa indicato solo ai temerari e ai più grandi fuoriclasse dell'arrampicata libera. Fu proprio il versante occidentale delle Tre Cime a comparire in una stampa del 1861, pubblicata da due esploratori inglesi sul libro illustrato The Dolomite Mountains, a dare il via al fenomeno del turismo su queste montagne. Ma l'angolazione ovest è perfetta per godere della meraviglia della natura che sono le Dolomiti e nella fattispecie le Tre Cime di Lavaredo: la morfologia a strati della roccia dolomitica. Impressionante come queste cime, così apparentemente inviolabili, divine e immortali, non siano altro che (semplicisticamente parlando) una serie di strati di roccia calcarea, uno sopra l'altro, che si innalzano provocatorie fino a quasi tremila metri.

Rifugio Auronzo... nell'occhio del ciclone? 

La salita prosegue fino alla Forcella Col di Mezzo, aggirando così il meno celebre Sasso di Landro. Qui si rientra in territorio veneto, ed ecco che compare lo scempio. La strada delle Tre Cime, un'opera importante che collega Misurina al Rifugio Auronzo, ma soprattutto il maxi parcheggio che deturpa un panorama di prim'ordine. Cadini di Misurina, Sorapiss, Cristallo, Croda Rossa. E poi un parcheggio. D'accordo, un pedaggio di 25 euro per ogni macchina, con l'attuale afflusso turistico, porta nelle casse del comune di Auronzo di Cadore una cifra sicuramente superiore al milione di euro. Come biasimare questo modello gestionale? Io non sono contro la strada: come ci si sarebbe arrivato il Giro d'Italia, senza? Cosa si dovrebbe dire dello Stelvio, allora? No, sono contro l'accesso indiscriminato ad automobili e moto. Una navetta elettrica sarebbe un bel segno di cambiamento, in chiave ecologica. Meno traffico, meno inquinanti e (forse) qualche marmotta in più sui prati sotto le Tre Cime.

Il "tetto" della nord della Cima Ovest

Raggiungo il Rifugio Auronzo per rifocillarmi e per godere dell'incredibile cafonaggine di chi viene su, cose che non sono avvezze a chi è abituato alla fatica dell'andar per sentieri o per vie di arrampicata. Il giro delle Tre Cime di Lavaredo è questo e tanto altro, perché sui sentieri ci sono persone che probabilmente non hanno mai messo degli scarponi da montagna, e anche anziani dall'iperventilazione sostenuta, come se un collasso potesse prenderseli via da un momento all'altro. Questo sentieri, grazie alle infrastrutture che il lato bellunese delle Tre Cime ha messo in campo, ha consentito l'invasione di turisti tutto fuorché "selezionati", con grave impatto sugli equilibri dell'area. Non è questa la montagna che sogno, ma per amore di questo spettacolo che sono le Tre Cime di Lavaredo, ingoio il boccone amaro e vado avanti nel cammino.

Vista occidentale delle Tre Cime di Lavaredo

Che prosegue sul sentiero più calpestato delle Dolomiti, quello tra il Rifugio Auronzo e il Rifugio Lavaredo. Nessuna difficoltà, percorribile anche con un passeggino, volendo. È una passerella ai piedi delle pareti sud delle Tre Cime, che solo il tira e molla tra nuvole e roccia rende piacevole. Oltre ai Cadini di Misurina, un fitto sistema di guglie scoscese e di ripidi ghiaioni...prossima meta di un prossimo viaggio nelle Dolomiti? Dopo una piccola cappella ai piedi della Cima Grande, ecco che compare il Rifugio Lavaredo. Il mio tour attorno alle Tre Cime è concluso, tra incomparabile bellezza e un po' di delusione per l'eccessivo sfruttamento turistico. Ma questa è la mia terza volta che giro attorno alle Tre Cime di Lavaredo, qualcosa vorrà pur dire: che ne sia perdutamente innamorato? Io la risposta ce l'ho da sempre. E non può che essere affermativa.
A presto!
Stefano

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