domenica 16 luglio 2017

La luna all'Ombrettola

Dopo la tappa più lunga, ecco che arriva la frazione con il passaggio più alto di quota. E con la quale si conclude sostanzialmente il giro della Marmolada. Domani, la lunga discesa verso Canazei sarà il veloce epilogo a tre giorni di trekking in compagnia di un maestoso massiccio come quello della Marmolada.

Dal Passo d'Ombrettola

Per raggiungere il Rifugio Contrin, avevo due possibilità di percorso. Esse coincidono con altrettanti passi: il Passo Ombretta, a quota 2704; il Passo d'Ombrettola, a quota 2864. Il gestore del Rifugio Falier mi consiglia il secondo che, sebbene comporti un dislivello e una estensione chilometrica superiori da coprire, è un sentiero migliore per panorama, sia sul versante veneto verso Rocca Pietore, sia sul versante trentino verso Canazei. Il motivo è molto semplice: il panorama è indiscutibilmente superiore salendo e scendendo dal Passo d'Ombrettola. In salita, restando il sentiero sul lato del Monte Fop e del Sasso Vernale, consente una migliore visuale sulla parete sud della Marmolada; in discesa, la vista può spaziare sulle cime che separano le due valli di San Nicolò e San Pellegrino. E non solo, come scoprirò più tardi.

La parete sud della Marmolada

Inizio la tappa molto presto. Il Rifugio Falier, come ogni rifugio CAI che si rispetti, consente di fare colazione già all'alba. E il Falier ospita sempre qualche alpinista pronto a cimentarsi con qualche via sulla sud della Marmolada, che necessita di lasciare il rifugio quando è ancora quasi notte. L'affollamento del rifugio, inoltre, mi induce a svegliarmi anticipatamente per poter essere alle 6 in prima fila per fare colazione. E così, non sono neanche le 7 che sono già in cammino verso il Passo d'Ombrettola, quando del Pelmo si intuiscono solo i contorni e alle spalle la Valle Ombretta è di un verde ancora tenue, illuminato com'è dalle prime luci del giorno. Decido di intraprendere la salita con passo tranquillo, perché so che la tappa non sarà eterna come quella del giorno precedente, ma anche perché il tallone dolorante durante la tappa precedente dà ancora fastidio.

Valle d'Ombretta alle prime luci del giorno

Salendo guardo costantemente la parete sud della Marmolada, una delle più ambite dagli alpinisti di tutto il mondo. Su questa roccia tanti fuoriclasse dell'alpinismo hanno lasciato un segno indelebile: Gino Soldà, Ettore Castiglioni, Reinhold Messner, per citarne alcuni. Altri alpinisti invece, come Heinz Mariacher, Maurizio Giordani e Armando Aste, legheranno per sempre il loro nome e la loro carriera alpinistica a questa parete. Una parete che sembra così aspra, come fatta di tante enormi e spesse dita, levigate dal tempo e dall'acqua, che si protraggono verso il ghiaccio della Marmolada. Quando i primi raggi del sole filtrano e vanno ad illuminare le punte di queste dita di roccia, la sud della Marmolada si trasforma in una superba visione.

La luna nel Vallone d'Ombrettola

A mano a mano che guadagno quota, la sud della Marmolada si cela sempre di più per far spazio ad un altro monolite, il Sasso Vernale, poca cosa rispetto alle dimensioni della Marmolada, ma che risulta imponente perché vi cammino a fianco. Il sentiero sale su regolare, ripido ma senza eccessi, prima su prati e poi sullo sfasciume tipico delle alte quote dolomitiche.
Il paesaggio roccioso che mi accompagna fino al Passo d'Ombrettola è grazia selvaggia. Sulla destra ho le forme oblunghe del Sasso Vernale, sulla sinistra si apre un circo di pietra con le vette del Monte Fop, del Sasso di Valfredda e della Cima d'Ombrettola. Uno scenario che adoro, quando mi trovo da solo, nel silenzio delle alte quote, circondato esclusivamente da roccia. I verdi prati della Valle Ombretta sono lontanissimi, attorno a me c'è solo un silenzio che viene interrotto momentaneamente da qualche piccola frana in lontananza.

Ed è solo roccia e pietrisco

Ma in realtà non sono solo. Non lontano da me ci sono tantissimi ungulati. Solo col binocolo scoprirò trattarsi di stambecchi. Inizialmente non ero riuscito a intuire se fossero stambecchi o camosci, ma la potenza del binocolo ha chiarito tutto: sono stambecchi, che essendo relativamente giovani, hanno le corna più corte. Con uno di loro, più anziano e probabilmente più abituato a trovarsi a tu per tu con l'uomo, ingaggio un emozionante faccia a faccia, a suon di scatti fotografici.

Pascolando all'ombra del Sassolungo

Sono quasi sotto il passo, dove si trova il tratto più difficile della salita. Lo sfasciume è tale che un passo in avanti ne comporta un mezzo in indietro. È la regola di questo tipo di terreno. Ma il cielo inizia a prendere sempre di più il largo, al colle manca pochissimo. Dunque arrivo al Passo d'Ombrettola. Eh, qui mi fermerò a lungo, perché il panorama che da questo passo si può osservare è qualcosa da riverire a lungo. Di fronte a me, con lo sguardo verso la discesa intercetto con la vista il gruppo del Sassolungo e del Sassopiatto, più a sinistra l'imponenza del Catinaccio. Grandiose le Cime Cadine e la Cima dell'Uomo (un altro tremila dolomitico), oltre le quali spuntano alcune lontane vette innevate: sono l'Ortles, il Cevedale e la Palla Bianca. Se invece mi giro, posso vedere tanti altri gruppi dolomitici: Croda dei Toni, Sorapiss, Antelao, Pelmo, Civetta. Ci sono vette a sufficienza per dichiarare il Passo d'Ombrettola come uno dei migliori balconi delle Dolomiti. Grazie, Dante Dal Bon (gestore del Rifugio Falier)!

Stambecco solitario

La discesa invece si rivela più ardua del previsto. Bisogna affrontare uno sfasciume come in salita, ma la differenza è che si presenta molto più ripido e in alcuni tratti non vi è segnavia. Solo dopo essere sceso di 150/200 metri - ed essermi fermato ripetute volte per togliermi dei sassolini dagli scarponi - ritrovo finalmente segnavia ed ometti di pietra, che mi rendono più agevole la discesa. Impossibile perdersi quando attorno a te c'è un deserto di roccia, ma il buonsenso del camminatore suggerisce sempre di restare su un sentiero segnato.

Il gruppo del Sassolungo visto dal Passo d'Ombrettola

Quando finisce lo sfasciume, iniziano i pascoli. E che pascoli. Verdissimi, protetti da montagne imponenti. Attraversare queste praterie è un idillio. Passeggiare tra i rododendri e i pini o tra prati al culmine della loro fioritura, dove l'unico rumore, oltre allo scroscio dei torrenti, sono le scampanellate delle mucche... Beh, questo è il paradiso!

Arrivato al Rifugio Contrin

Il Rifugio Contrin non è lontano, l'ho individuato quando ero ancora tra le pietre. Basta scendere, un passo alla volta, e raggiungerò la meta di questa tappa. Non ho fretta. È solo ora di pranzo, e in un'assolata domenica estiva, un rifugio ha molto da fare. Mancheranno cinque minuti al rifugio, io mi metto all'ombra di un piccolo pino. Guardo tutto ciò che mi circonda, e provo a vivere questi momenti intensamente. So che non potrò godere della pace e della bellezza di questi luoghi a lungo. Domani... c'è Canazei!
A presto!
Stefano

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