Decido di recarmi all'unico negozio di Schweinfurt nel quale so di poter trovare delle calze per la corsa. È da qualche giorno, infatti, che mi ritrovo con delle piccole vesciche sulla pianta del piede. Urge sostituirle. Entro in negozio, studio un attimino la zona delle calzature e faccio dunque la mia scelta.
Sto per presentarmi alla cassa quando una curiosa ragazza dal viso acuminato e dalla voce androgina punta me e Giulia e ci rivolge a noi: «fsdfäsd ßdgäüc xvsdim apüas dcöqnq ven ryaeßvd fzen». Io ho lo sguardo letteralmente perso nel vuoto e non ho il tempo di provare la replica che mi anticipa Giulia: «zakßs dfvqpw oeirutzalsk djäfg müßcbn übersetzen» (übersetzen significa tradurre). Sostanzialmente mi voleva proporre un'offerta 3x2. Ma io punto dritto alla cassa, pronto a pagare, deciso a scappare al più presto da questo negozio. Sembra filare tutto liscio, quando la commessa, con tono decisamente più ammaliante, mi chiede «Eine Tüte?».
Milioni di tute... (fonte: bastelmoewenshop.com) |
Secondo momento di panico totale. Dunque, io sono entrato qui per comprarmi delle calze. Perché questa qui mi vuole propinare un capo di abbigliamento di cui non ho affatto bisogno? Ma soprattutto, perché lo fa dopo il mio pagamento? C'è qualcosa di maledettamente complicato che non torna. A risvegliarmi dal brutto sogno è ancora una volta Giulia: «Ti chiede se vuoi una borsa». Per un paio di calze? No, no, per l'amor del cielo, andiamocene solo.
All'uscita, scoppiamo a ridere: die Tüte significa sacchetto. E io ovviamente, cosa potevo aver capito se non tuta? (oh, amici tedeschi e germanofili, non condannatemi: essendo in un negozio di abbigliamento sportivo, credo che il dubbio fosse lecito)
Bis bald!
Stefano
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