giovedì 17 marzo 2016

Orgoglio - The day after

Riavvolgo un attimo il nastro: ore 22.34, ottavi di finale di Champions League, partita di ritorno, Bayern Monaco-Juventus 1-2, recupero del tempo regolamentare. Una palla da spazzare in tribuna va sul piede dell'ex di turno, che la butta senza pensarci troppo in mezzo all'area. Arriva un certo Thomas Müller (già, proprio lui, cosa dicevo?) e la sbatte dentro. Supplementari consegnati ai bavaresi e il resto si sa come va a finire: 4-2 per i campioni di Germania e ciao ciao Champions League. Quando l'arbitro fischia la fine dell'incontro scorre tutto davanti ai tuoi occhi: le cose meravigliose viste fin lì (che gol, quello dello 0-2), seguite in un mix di estasi ed incredulità, ma soprattutto le cose brutte: le occasioni sprecate da Morata sullo 0-2, l'errore di Lichtsteiner che sul 2-2 appoggia la palla a Neuer invece di sfondare quella rete, a Sturaro che ciabatta a porta sguarnita nell'area piccola, Evra che parte palla al piede e sanguinosamente la perde.

Ripartire con grinta (fonte: footballmole.com)

Molti tifosi non avranno dormito e un po' li capisco. Io queste cose le vivo con più serenità. Le uniche lacrime versate per una partita sono datate 1994 per il famoso rigore calciato altissimo da Baggio. Ma avevo otto anni. Il calcio è un gioco bellissimo, il più bello di tutti. Ma rimane un gioco. E ieri sera, nonostante tutto, io mi sono divertito a vedere la mia squadra tenere testa ad uno dei club più forti e più titolati del mondo.
La serenità che posso mostrare oggi non si può neanche immaginare in Italia. Fatte ovviamente le dovute eccezioni, con interisti frustrati e i napoletani blateranti non si può aprire una discussione seria di calcio, sarebbe un po' come convincere Berlusconi a diventare gay. La serenità di oggi, che deriva da una prestazione super, della quale non posso che essere orgoglioso, è anche merito di un ambiente che ama il calcio, ma che da esso non ne rimane sopraffatto.

2-2, la partità e psicologicamente chiusa (© imago/Moritz Müller)

Oggi, in ufficio, ho distribuito Glückwunschen a tutti i colleghi che sapevo essere tifosi del Bayern. Era giusto ed onesto così, perché alla fine chi segna vince, e loro hanno segnato di più. Stop. Sfiorare l'impossibile non basta, bisogna realizzarlo. Questo è il calcio, se non si accetta questo dogma si vada pure a seguire il badminton.
Con i miei colleghi ho dunque aperto una serena discussione, un po' in inglese, un po' di tedesco, sulla partita di ieri. Qualcosa che non avrei mai potuto credere: ero pronto agli sfottò, ho ricevuto i complimenti. I tedeschi ne capiscono di calcio, indubbiamente, ed è stato bello confrontarsi con loro. Intensamente ed onestamente. Sanno bene che hanno sì superato il turno, ma non senza faticare perché a contendersi la qualificazione c'era una squadra tostissima. Dopo questa partita, credo proprio che, per l'onestà di pensiero di questa società (anche un certo Rummenigge si è complimentato) e di questa tifoseria, sosterrò il Bayern nel suo cammino in Champions League.

Ricordo di una delle partite di Champions League più pazze della mia vita

Qualcuno è arrivato addirittura a chiedermi se ero triste oggi, nel mio generale stupore. Ma non potevo essere triste, dopo una simile prestazione. Potevo solo essere contento, nonostante il risultato negativo. Il mio capo del personale mi ha fatto dono di una sciarpa del Bayern, in amicizia, senza alcun intento provocatorio. Magari la metterò da qualche parte in casa, a ricordo di una delle più belle emozioni calcistiche vissute in trent'anni di vita e di uno dei "day-after" più incredibili a cui ho assistito.
Bis bald!
Stefano

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