Ciao a tutti!
La tappa di oggi doveva essere una tappa più tranquilla e riposante rispetto agli scorsi giorni. Le attese non sono state tradite. Nonostante si dovessero salire 1400 metri di dislivello, non pochi, i quattordici chilometri da percorrere da Champorcher al Rifugio Sogno di Berdzé sono stati un bel modo per "riposare" il corpo. E soprattutto, è stata una tappa che mi ha regalato meravigliosi scenari, anche grazie allo scollinamento della Fenêtre de Champorcher, non il più alto passo ma già ad una quota importante, oltre 2800 metri.
La tappa di oggi doveva essere una tappa più tranquilla e riposante rispetto agli scorsi giorni. Le attese non sono state tradite. Nonostante si dovessero salire 1400 metri di dislivello, non pochi, i quattordici chilometri da percorrere da Champorcher al Rifugio Sogno di Berdzé sono stati un bel modo per "riposare" il corpo. E soprattutto, è stata una tappa che mi ha regalato meravigliosi scenari, anche grazie allo scollinamento della Fenêtre de Champorcher, non il più alto passo ma già ad una quota importante, oltre 2800 metri.
La mattina si presenta nuovamente calda, leit motiv climatico del momento, e con qualche nube in più. Prima di lasciare l'albergo, dopo aver finalmente fatto una colazione come Dio comanda, gironzolo per Château, la frazione capoluogo di Champorcher. È assolutamente una località suggestiva, grazie alle tipiche e perfettamente conservate costruzioni in pietra, alla chiesa e alla vecchia torre. Dopodiché, si parte alla volta della Valle di Cogne.
Si inizia su asfalto per portarsi fino alla frazione di Chardonney, poi, dopo aver oltrepassato il torrente Ayasse, inizia una salita degna di nota. La chiamano "la Scaletta di Dondena", forse perché è in sostanza una vera e propria scala, specie nei tratti più ripidi, che conduce alle porte dei paradisiaci pascoli della conca di Dondena. Si attraversa un fitto bosco di abeti e larici, sempre in salita (con qualche salutare pausa), con qualche sguardo sull'Ayasse e i suoi affluenti. Quando il mio altimetro indica una quota di circa 1900 metri, il bosco tende a diradarsi per far spazio a praterie fiorite, case in pietra sparse, cascate selvagge e ben più addomesticate mandrie. Questi sono pascoli che sapevo essere meravigliosi, ritrovarli cinque anni dopo, potervici camminare in totale relax (nonostante i venti chili sulle spalle) è un grande piacere.
Nei pressi del Rifugio Dondena, ex Casa Reale di Caccia del Re Vittorio Emanuele II, a quota 2186 metri, il sentiero diventa un'ampia e comoda mulattiera. Mi fermo un attimo per far riposare la schiena e consumare un caffè con il quale affrontare la seconda metà di salita (tra l'altro, la cameriera del Dondena mi sta facendo riconsiderare il concetto di femminilità delle donne da rifugio...). La mulattiera, detta "le Chemin du Roi" continua a risalire la vallata, quasi sempre senza pendenza eccessiva. Le fioriture sono ricche e varie, ma c'è un elemento che disturba. È un elettrodotto che proviene dalla Valle di Cogne e taglia tutta la Valle di Champorcher. Un vero e proprio mostro. Non ci si può fare niente, solo continuare a salire, fino a raggiungere il Rifugio Miserin, posto in corrispondenza dell'omonimo lago e del Santuario della Madonna delle Nevi, un edificio che risale addirittura al XVII secolo, sede di una processione che unisce le genti di Cogne e di Champorcher. Merito della Fenêtre de Champorcher, valico di facile accessibilità e che per secoli fu uno dei valichi più importanti delle Alpi, anche a livello commerciale. Di qui transitava infatti buona parte del materiale ferroso dalle miniere di Cogne diretto verso il Piemonte.
La sosta al Rifugio Miserin è più lunga del previsto. Scambio qualche parola (ed esperienza di montagna) con due escursionisti astigiani prima e con la rifugista dopo, la quale, un po' per caso, mi informa che un punto di appoggio dell'Alta Via, il Bivacco Promoud è bruciato. Non dovevo fermarmi lì nella traversata dalla Valgrisenche a La Thuile, ma ero curioso di vedere questo bivacco descritto come struttura modello. Poi ricomincio la salita, con una bella novità: le nuvole sono letteralmente scomparse dal cielo.
La Fenêtre de Champorcher pare assai lontana ma in realtà mi separano meno di trecento metri di salita, su un comodo sentiero che si sviluppa lungo i pendii del Bec Cotasse, a tratti interrotto da qualche nevaio. Lungo l'ultimo tratto di salita compaiono alla vista altri due laghi oltre al Miserin, il Lac Blanc e il Lac Noir. Si, uno ha veramente le acque chiare e l'altro più scure. L'ultimo tratto di salita, su ghiaietta, è veramente ripido. Ma è l'ultimo sforzo di giornata prima della discesa finale. E poi, tutti gli sforzi vengono gratificati dalla visuale che la Fenêtre de Champorcher offre ai miei: verso est si domina l'alta Valle di Champorcher, verso ovest la vista spazia sul Vallone dell'Urtier, sul (finalmente) gruppo del Gran Paradiso e sulla Grivola. È uno spettacolo superbo, la Fenêtre de Champorcher è certamente uno dei più maestosi valichi alpini finora incontrati.
Dispiace dover lasciare questo passo, che porterò a lungo nel cuore, ma c'è una tappa da concludere e soprattutto un letto da "abbracciare" al Rifugio Sogno di Berdzé. Dista poche centinaia di metri più in basso e tramite un comodissimo sentiero a serpentina, mai ripido o pericoloso, lo raggiungo in mezz'ora circa. Dall'alto sembra così piccolo, il Rifugio Sogno di Berdzé, come un timido baluardo nella vastità del Vallone dell'Urtier, ma invece, come scoprirò poco dopo, è di dimensioni notevoli. Anche la terza tappa se ne va, dunque. E non sono particolarmente stanco: merito del rodaggio o di una tappa complessivamente più facile delle precedenti? Importa poco, in fondo.
Trascorro la serata a parlare con i gestori del Rifugio Sogno di Berdzé e con i clienti che vi trascorreranno la notte. È sempre bello scambiare opinioni ed esperienze con coloro che amano la montagna (e non solo: si è parlato addirittura di maratone!). Per questo li ringrazio: hanno (mi rivolgo a loro: avete) spezzato la solitudine di due giorni sostanzialmente vissuti lontano dal contatto umano. È il potere del rifugio, un ambiente che sa far incontrare e unire le persone: toscani, piemontesi, veneti e romani non sono mai stati più felici insieme di stasera. Certo, davanti a queste montagne, un piatto di polenta e spezzatino, è tutto molto molto più facile... Domani sarà lunga fino al Rifugio Sella, ma nutro in me la speranza vitale di poter rivivere una serata come questa, meravigliosa, che sto chiudendo con questo post.
A presto!
Stefano
A presto!
Stefano
Nessun commento:
Posta un commento