giovedì 14 gennaio 2016

Agli albori della scienza

In passato ho scoperto che il giorno successivo ad una maratona una fra le migliori idee può essere quella di visitare un museo. Si rilassa la mente, si cammina un po' e le gambe rimangono attive. Anche dopo la Firenze Marathon ho pensato che si potesse visitare un museo. Poi, a Firenze vi è l'imbarazzo della scelta: Uffizi, Bargello, Accademia, per citarne alcuni. Ma con solo due ore di tempo a disposizione, causa aereo, e soprattutto senza l'esperta di arte al mio fianco, ho preferito optare su una scelta totalmente inusuale ed alternativa, il Museo Galileo.

Galileo Galilei, padre della scienza moderna

Sia ben chiaro, non è un museo dedicato al grande scienziato pisano, forse il più grande precursore della scienza "moderna". Il Museo Galileo, che trova spazio nelle stanze di Palazzo Castellani, antico edificio con vista sull'Arno, va oltre il personaggio a cui è dedicato. Una visita al Museo Galileo è un viaggio nel mondo della scienza, quando essa era ai suoi albori. Il viaggio ripercorre la storia della fisica, della chimica e della matematica attraverso una impressionante raccolta - dal valore inestimabile - di oggetti provenienti dalle collezioni fiorentine dei Medici (al primo piano) e dei Lorena (al secondo piano).

Uno dei pezzi più pregiati della collezione medicea, la sfera armillare di Antonio Santucci

In sole due ore non è facile neanche per me, amante della scienza e che con la chimica e la fisica ci lavoro tutti i giorni, comprendere a fondo i meccanismi degli strumenti che trovano spazio nelle sale del Museo Galileo. C'è un sentimento di tenerezza, compassione - non so come definirlo - nell'osservare macchinari, oggi conservati come reliquie, che hanno permesso nei secoli scorsi di determinare le più importanti leggi che regolano l'universo. Sono sensazioni che scaturiscono dal mero confronto con le apparecchiature dei giorni nostri - elettroniche, precise, sofisticate.

Le cere ostetriche

Prendiamo per esempio i microscopi. Io trascorro regolarmente dalle due alle quattro ore della mia giornata lavorativa su un microscopio ottico. E poi guardo queste apparecchiature, che sembrano appartenere ad un'altra era geologica. I principi di funzionamento rimangono gli stessi, ma sono passati tre secoli. Che progressi, che grandi passi ha fatto il genere umano nella tecnica. E potrei continuare con il banco chimico. Quello esposto al Museo Galileo risale all'epoca del granduca Pietro Leopoldo (XVIII secolo): che bello poter vedere e poter immaginare chimici al lavoro, intenti a rivelare all'umanità i segreti che regolano la materia.

Apparecchiatura microscopica - proprio come oggi

Nondimeno impressionano altri oggetti presenti nelle sale del Museo Galileo. Su tutti spiccano i cannocchiali di Galileo - gli originali! - e le immense apparecchiature per le esperienze di chimica e di fisica, che mostrano quanto fosse all'avanguardia il movimento scientifico toscano. Una sorta di commozione mi pervade quando noto - in alto, non ben esposta - un primissimo esemplare di tavola periodica: molto rozza, perché tale non era ancora, ma sarebbe giunta poco dopo. E colpiscono le cere ostetriche, che mostrano numerosi casi di complicazioni durante il parto o di malformazioni ai feti, atlanti tridimensionali che sono stupefacenti.

Palazzo Castellani, sede del Museo Galileo

Si può non essere amanti della scienza o della tecnica, ma posso garantire che il Museo Galileo non può lasciare indifferenti. Perché si può essere brillanti conoscitori della fisica, o si può fare l'espressione stralunata di chi non mai capito un acca di chimica, ma non si può non provare stupore di fronte a ciò che è l'alba della scienza.
Bis bald!
Stefano

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