mercoledì 11 giugno 2014

C'è un istante che rimane lì piantato eternamente

Ciao a tutti!
Si dice che la prima volta non si scorda mai. E la mia prima volta in un concerto di Ligabue non può che definirsi indimenticabile. Per me, ragazzo di ventotto anni, Ligabue ha segnato tutte le tappe della mia infanzia e giovinezza, ha cantato canzoni che in un certo senso raccontano la mia storia, ha scritto testi che restituiscono significato ad ogni episodio della mia vita, ha suonato melodie impossibili da dimenticare, come tutti i grandi della musica italiana. Avevo dieci anni quando uscì Buon compleanno Elvis, l'album che lo consacrò definitivamente. Diciannove anni dopo, giunge dunque l'ora del primo live di Ligabue. Avviene in un luogo speciale, in quel di San Siro, il tempio dei concerti rock.

Sul palco di San Siro

L'arrivo a San Siro è sempre emozionante, perché questo è uno stadio speciale, imponente da fuori, imperiale dentro. Le vie attorno allo stadio sono colme di gente, il popolo del Liga sta lentamente arrivando, fluendo in una colonna di luridissimi paninari, bancarelle con magliette e pedanti bagarini. Tutto abbastanza normale… Non abbiamo molto tempo a disposizione per contemplare lo stadio Meazza, ci si accontenta di una porzione di patatine e della tradizionale maglietta del tour, tappa obbligatoria dell'avvicinamento al concerto. Foto di rito di fronte ad una delle inconfondibili torri di San Siro, e dentro, pronti per assistere al grande spettacolo.

San Siro è una grande discoteca

Dalla curva nord (quella dell'Inter, per intenderci) il colpo d'occhio è già impressionante. Il prato di San Siro è già pieno. Non oso immaginare che ressa ai cancelli già dalla mattina. Le tribune non sono ancora piene, ma quando entriamo manca poco più di un'ora e di lì a breve sarebbero state al completo. Il palco su cui di lì a poco si esibirà il Liga mi stupisce, degno delle migliori rockstar internazionali. Neanche per Bruce Springsteen, solitamente tra i più sobri quanto ad effetti speciali, ho visto schermi di tale metratura. Ci sarà da divertirsi, ho pensato immediatamente.

Patatine pre-concerto

Un po' di fumo inizia ad uscire dai lati del palco, e partono i primi cori. I riflettori sono ancora accesi, c'è ancora da attendere. Ligabue aspetta il buio…
Il concerto comincia alle 21.30 in una maniera che definisco immediatamente "potente". Perché sul maxischermo alle spalle compaiono una dopo l'altra scritte che si riferiscono ai recenti fatti di cronaca giudiziaria italiana: “Expo”, “Mose”. “E poi?”. Poi, un fiammifero. Non ci sono più dubbi, l'immagine del "cerino sfregato nel buio" è il segnale che il concerto di San Siro parte con Il muro del suono, una di quelle canzoni rock che Ligabue non proponeva ai suoi fan già da qualche anno. L'inizio è travolgente, Ligabue e la sua band lo sanno bene e trascinano il pubblico di Milano verso un'emozione indimenticabile.

E poi??? Si comincia!

La carica de Il muro del suono lascia spazio in me ad alcune riflessioni personali nel momento in cui ha inizio il secondo brano in scaletta, Il volume delle tue bugie. Su questo pezzo mi rendo veramente conto del valore di questo album, Mondovisione, un disco che ha accompagnato fin dall'inizio la mia avventura in Germania. Il giorno in cui lasciai l'Italia, le radio italiane trasmettevano Il sale della terra a manetta, il giorno in cui sono ritornato conoscevo l'album a memoria. Le dieci ore di macchina tra Schweinfurt e l'Italia dovevano essere coperte da buona musica. E meno male che ci pensava il Liga. Così come nel freddo inverno francone, dalle casse del mio pc uscivano frequentemente le note dei brani dei dischi di Ligabue. Si, la sua musica – e in particolare Mondovisione – ha segnato otto mesi di vita in Germania.

Pronti per entrare in curva nord

Il ritorno alle origini avviene con un classico, I ragazzi sono in giro, un must dei concerti di Ligabue. Immancabile pezzo, e come spesso accade, il brano vecchio trascina molto di più di uno recente. Il prato di San Siro diventa improvvisamente un'enorme discoteca. Sempre così, in ogni concerto che ho vissuto, dagli U2 a Bruce Springsteen.
I pezzi storici di Ligabue sono sempre incredibili: Balliamo sul mondo ha quasi un quarto di secolo di storia ma quel testo un po' provocatorio lo conoscono tutti quanti. E se qualcuno non lo conosce beh, non c'è problema, basta essere in piedi e saltare in mezzo alla folla! Urlando contro il cielo non è molto più recente rispetto a Balliamo sul mondo ma è cantata all'unisono da tutti i presenti. Hai un problema e vuoi sfogarti? No problem, canta Urlando contro il cielo con altre settantamila persone e avrai trovato la soluzione ai tuoi dilemmi. L'amore del popolo di San Siro per il rocker di Correggio si palesa tutto nel momento in cui Ligabue lascia spazio alla voce dei novantamila: con la sapiente scusa dello SCUC (una fantomatica Società Cantanti Ultra Cinquantenni) è il pubblico a cantare un medley di successi composto da Niente Paura, Viva! e Marlon Brando è sempre lui. Il pubblico le sa, le conosce alla perfezione. A me, sinceramente, dispiace non sentire la sua voce su Viva!, una delle mie canzoni preferite.

Di tutto e di più...

Mentre scorrono le canzoni (saranno ventisei alla fine), ti rendi conto perché sia così amato dal pubblico. Perché in fondo Ligabue racconta la vita, la sua, come in Per sempre, ma anche la nostra. Narra gli aspetti più comuni, più semplici, quelli della gente normale. Il suo concerto è un percorso introspettivo nell'anima di tutti, le sue parole scavano a fondo nei sentimenti che ci invadono e pervadono ogni giorno. Non necessariamente l'amore, come nella migliore tradizione melodica italiana, ma anche nel dolore che ci si può trovare ad affrontare da un giorno all'altro. Lo fa in maniera scanzonata, come in Nati per vivere, una veemente ballata rock, in maniera più riflessiva ma senza mai scadere nella depressione, come in Il giorno di dolore che uno ha, una delle mie preferite.
Ovviamente la meditazione non avviene solo sul tema del dolore che ci tocca tutti prima o dopo nella vita, ma anche sull'amore. Su Ho messo via e Piccola stella senza cielo, le due ballate romantiche che Ligabue ha voluto in scaletta, sale forte un pensiero… alla mia destra c'è Giulia. Lascio perdere per qualche minuto la macchina fotografica e la abbraccio, come è giusto fare in occasione di una canzone che mette per un attimo da parte l'irruenza rock, per diventare estrema dolcezza.

Il popolo del Liga ha sempre ragione

Le canzoni del nuovo album sono a mio parere da rivedere in versione “live”. Ciò che rimane di noi non è stata perfettamente arrangiata (o forse il sound in curva non era dei migliori?), mentre da Siamo chi siamo, secondo me la canzone più interessante del disco, mi aspettavo maggiore grinta. Emozionante invece il momento di La neve se ne frega: improvvisamente – non si sa da dove – spuntano migliaia di palloncini bianchi che si elevano nel cielo sopra San Siro, a simulare una fantomatica nevicata di inizio giugno. Nessuna delusione invece da Tu sei lei e Per sempre, due dei singoli estratti da Mondovisione: interpretazione perfetta e incredibile risposta del pubblico, che le conosceva alla perfezione. In Per sempre Ligabue si apre definitivamente al suo pubblico: alle sue spalle scorre un carillon di immagini di famiglia, splendida cornice ad un memorabile testo in cui racconta e si racconta. L'affetto è grande per un'altra delle migliori canzoni del disco, Sono sempre i sogni a dare forma al mondo, anche grazie a un'ottimamente predisposta introduzione parlata del Liga.

Stile e classe per Il muro del suono

Uno dei momenti più forti del concerto arriva con Il sale della terra, il primo singolo estratto dal nuovo album. Una serie di frasi di personaggi famosi, tra cui Hendrix, Kissinger e Montanelli, introduce il brano, un inno contro tutto il male insito nelle diverse forme di potere, un testo di rabbia (sottolineato dall'indicazione dei 23 miliardi di euro di costi diretti ed indiretti della politica in Italia) ma anche testo di speranza per tutti coloro che la speranza invece, l'hanno persa. Il brano più impegnato socialmente dell'album richiama l'urlo di San Siro.

Le tre chitarre

Il sale della terra chiude la fase più interiore e più meditativa del concerto. Dopo, solo più spazio alla gioia, all'amore, alla speranza, alla musica. Un filotto di quattro canzoni, una più urlata (dal pubblico) dell'altra: si comincia con la fiducia di Il meglio deve ancora venire, si continua con l'ode alla musica Tra palco e realtà e le dediche di Quella che non sei, per chiudere con la canzone più amata degli Anni '90, Certe notti. È uno di quei testi che avrà anche vent'anni, ma non passa mai di moda. Una volta si estraevano gli accendini, ora si illuminano gli iPhone, questa è l'unica differenza tra il 1995 ed oggi. Da sempre ammirata in radio o su cd, Certe notti cantata da Ligabue, è tutt'altra cosa. È, parafrasando Il giorno dei giorni, “lacrime e brividi”. Non serve molto accompagnamento, ci pensa quel filo di voce che rimane ancora in gola al pubblico di San Siro. Questo è un brano che tutti conoscono, un momento eterno della musica italiana.

A tutto rock!

La nevicata

Purtroppo arriva anche il momento dei saluti. Mi sarei aspettato una chiusura col botto, magari con Balliamo sul mondo o Urlando contro il cielo, ma essendo già state suonate, non immaginavo come avrebbe potuto chiudersi questa incredibile serata. Ligabue ci dà la soluzione: perché siamo tutti qui, insieme, in questo stadio, in questo caldo? Siamo qui… Con la scusa del rock'n'roll, questo il brano di chiusura. Poi arriva il momento più doloroso, più difficile, quello dei saluti, perché in fondo si vorrebbe che l'allegria che in più di due ore Ligabue ci ha dato non finisse mai, anche se la forza per continuare a cantare ormai è ancora poca. Forse perché ci sono ancora alcune canzoni che vorresti sentire, come Una vita da mediano che – pur non essendo un tifoso dell'Inter, anzi – era perfetta per essere suonata a San Siro, o come alcuni brani di Miss Mondo o Fuori come va?, album che nella scaletta sono stati trascurati.

La band di Ligabue ai saluti

Il gioco è bello quando dura poco, questo si sa. Bello, fantastico, lo è stato veramente, anzi, indimenticabile. Ligabue vuole chiudere il concerto con un ringraziamento speciale per il pubblico della sua decima volta a San Siro: “Se aveste visto cosa ho visto io da qui…grazie di cuore. Non potevo chiedere di più da questa serata incredibile”. Devo dirla tutta? Anch'io…
A presto!
Stefano

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