"Ventotto anni fa, nell'agosto 1961, ho visto sorgere il «muro» di Berlino. Ieri notte, dallo stesso posto di allora, il valico della Friedrichstrasse, battezzato poi Check Point Charlie, ho visto la fine del Muro. Di allora ricordo i volti truci dei Vopos della Ddr e quelli disperati dei berlinesi, delle famiglie separate con brutalità, che piangevano sventolando i fazzoletti dall'una e dall'altra parte. Ieri notte ho visto i Vopos cortesi e umani e i cittadini che si riabbracciavano e piangevano ma con lacrime di gioia. Allora, in quel posto diventato ombelico del mondo, tra le case in rovina si fronteggiavano minacciosi americani e russi e sembrava che potesse scoppiare la terza guerra mondiale, ieri notte, tra i moderni sbarramenti di cemento si avvertiva l'inizio di una riconciliazione in Europa.
Pochi hanno dormito ieri notte a Berlino quando si è sparsa la notizia che il muro era aperto. L'avevano annunciato poco dopo le 20 le radio e le televisioni, ma la gente non ci credeva. «È impossibile» è stata la prima reazione, hanno ammesso un po' tutti. Eppure le radio e le televisioni confermavano la strabiliante notizia. Allora decine di migliaia di persone si sono rivestite (molte erano già a letto) e sono uscite a piedi e in macchina per andare a vedere. Era proprio vero.
È stata una inebriante notte di follia, come un Capodanno o un Carnevale, con canti, hurrà, lacrime di commozione. Alle 22.36, al valico della Heinrich Heinestrasse, quando la cancellata chiusa da 28 anni e 3 mesi si è aperta, uno stridulo urlo di gioia si è levato da una fila di pedoni lunga centinaia di metri. La coda delle automobili si perdeva a vista d'occhio.
«Abito qui accanto – ha raccontato un uomo -, da 28 anni ho il muro dinanzi alla mia finestra, lo conosco solo da una parte. Ora vado a vedere come è fatto dall'altra parte». «Da tre anni non vedo mio figlio» raccontava singhiozzando una signora. E anche lei ripeteva: «Non è possibile, non ci credo». Eccitati erano i giovani che in vita loro non erano mai stati dall'altra parte della loro città. Quasi tutti dicevano «Torneremo all'alba, vogliamo soltanto vedere come è fatto di là». Mete di quasi tutti le birrerie e il famoso Kudamm, lo stradone elegante dei grandi alberghi e dei caffè e dei negozi di lusso della Berlino capitalista.
Alla domanda «Perché andate di là, volete rimanere?» quasi tutti rispondono: «Vogliamo renderci conto di come è Berlino, vogliamo respirare un po' di aria di libertà» […] Al Check Point Charlie, abitualmente riservato agli stranieri, alle 2 del mattino la coda era lunga un centinaio di metri. Alcuni Vopos scherzavano con la gente, altri stavano in disparte storditi, altri ancora arroganti angariavano i cittadini. Dall'altra parte una folla enorme aspettava i «confratelli» dell'Est. A decine erano saliti sul muro e ogni gruppetto che arrivava, padri con i figlioletti in spalla, giovani mamme con i neonati in carrozzina – veniva accolto con applausi e spumante. Ventotto anni fa – ricordo – in quello stesso posto c'erano carri armati americani sui quali soldati negri schernivano i Vopos comunisti piazzati a gambe divaricate sulla linea bianca di confine. Ricordo le mitragliatrici, il minaccioso avanzare di carri blindati che poi finivano soltanto per spruzzare gli avversari con gli idranti. Ieri notte, in quella stessa Friedrichstrasse, non c'era una sola arma in giro.
Alla Porta di Brandeburgo, simbolo di Berlino, il muro è stato aperto per meno di 4 ore. Alcune centinaia di berlinesi occidentali hanno invaso il territorio della Ddr e cercato di passare dall'altra parte sullo storico vialone Unter den Linden. I Vopos hanno fatto intervenire gli idranti e hanno irrorato, cacciandoli, gli invasori tra un'assordante selva di fischi e di urla «Il muro deve sparire!». Sembrava di essere in uno stadio, anche perché centinaia di persone erano salite in piedi sul muro e lo occupavano tutto. […]
Una giovanile signora quarantenne mi ha raccontato: «Ventotto anni fa, il 12 agosto, sono stata di là per l'ultima volta. Ero una bambina, suonava Louis Armstrong e per sentirlo avevo messo da parte i miei risparmi per tre mesi. Tornai nella Ddr verso mezzanotte, pochi minuti prima che venisse alato il muro. Da allora – e sono 339 mesi – sono in prigione, stanotte esco per la prima volta. Metterò da parte soldi per andare a sentire la Filarmonica diretta da Claudio Abbado. Il 13 agosto fu il più brutto, questo 9 novembre il più bello e straordinario giorno della mia vita. Forse è un sogno»."
di Tito Sansa, La Stampa, 11 novembre 1989
25 anni fa... (fonte: blog.zingarate.com) |
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