Se non fosse stato per Giulia, una mostra di settanta opere inglesi dell'Ottocento sarebbe scivolata via senza colpo ferire. Svoltasi a Torino in una sorta di ramo di Palazzo Reale altrimenti detto Palazzo Chiablese, "Preraffaelliti - L'utopia della bellezza" è stata veramente una fantastica occasione per conoscere un genere a me finora sconosciuto, se non per qualche accenno che Giulia mi fece in occasione della visita alla Alte Nationalgalerie di Berlino.
La mostra porta a Torino settanta opere degli artisti della Confraternita dei Preraffaelliti, una corrente artistica inglese dell'Ottocento, tutte provenienti dalla Tate Gallery di Londra. Una mostra veramente unica per un genere unico, particolare, ma ricco di fascino.
Ophelia (1851-1852) di John Everett Millais |
Gli elementi insoliti sono veramente tanti, a partire dal nome stesso. Preraffaelliti... prima di Raffaello: il nome è dovuto al rifiuto dei concetti di ideale estetico incarnati nello stile di Raffaello Sanzio. La tecnica e lo stile sono decisamente non convenzionali, come non convenzionale era ciò che rappresentavano: i temi delle loro opere si rifanno alle opere di Dante Alighieri, William Shakespeare e ai cicli medievali, nonché a uno dei romanzi più fantasiosi, la Bibbia. Le loro opere sono descritte, quasi a mo' di didascalia, da estratti dei loro scritti (erano anche poeti e scrittori), in basso o addirittura sulla cornice. Anche il modo stesso di portare a termine un'opera è decisamente non stereotipato: prediligevano la pittura all'aria aperta, utilizzavano modelle per i soggetti femminili - che spesso erano anche le loro amanti, infatti compaiono più volte nei loro quadri. Il quadro simbolo di queste modalità pittoriche è l'Ophelia di John Everett Millais, l'opera in foto, nonché dipinto "di copertina" della mostra.
Visitare una selezione di loro opere è un po' come entrare in un mondo in cui la natura e le figure sono espresse in maniera del tutto nuova, sempre alla costante ricerca della perfezione estetica, e decisamente innovativa, rispetto a come si è abituati a vedere nei libri di storia dell'arte.
Avrei voluto fare uscire questo post decisamente prima, in maniera da concedere tempo ai lettori di provare ad approfondire, ma non mi è stato possibile. Le opere rientreranno dunque a Londra; per chi volesse ammirarle c'è sempre la Tate Gallery, oppure il catalogo della mostra (vedi link). Entrambi da non mancare.
A presto!
Stefano
Nessun commento:
Posta un commento