giovedì 27 febbraio 2014

La domenica che aspettavo

Ciao a tutti!
Cinque mesi e anche più, questo è il tempo che è dovuto trascorrere affinché un tedesco mi invitasse per un incontro di piacere. Un pranzo, una cena, o un aperitivo. Niente di tutto ciò, per più di cinque mesi. Poi arriva la persona in fondo più inaspettata, Elke, la tua insegnante di tedesco, che invita te e i tuoi compagni a casa sua per il pranzo domenicale. Questa si che è stata una gradita sorpresa, la più bella da quando mi trovo per lavoro in Germania.

Veduta di Kitzingen, altra città francone che si affaccia sul Meno

L'episodio la dice lunga sull'apertura sociale del popolo tedesco. Ovviamente non ho mai preteso che qualcuno mi invitasse a cena, tantomeno a casa sua. Mi aspettavo piuttosto un invito a fare una bevuta in qualche locale. Che non è mai arrivato, a parte prima di Natale, quando però trovarsi a bere Glühwein è quasi un rito sacro per tutti, ed è stata l'unica occasione in cui ho visto uno spiraglio di apertura nei confronti dello straniero.
Mi aspettavo di poter condividere qualche serata con i colleghi che già conoscevo prima del 14 settembre 2013, giorno in cui mi sono trasferito a Schweinfurt. Fino ad ora, buio pesto. Ed anche dai colleghi nuovi non ho mai ricevuto alcun invito. Forse in futuro qualcosa si muoverà, ma al momento, zero assoluto. Ma loro sono fatti così (specie in quest'area), sono freddi, chiusi - introversi non è la parola corretta - forse un po' diffidenti nei confronti degli stranieri, loro che hanno subito e, anche se in misura minore subiscono ancora, l'occupazione militare americana. E poi c'è l'ostacolo lingua. Se non parli il tedesco sei fuori. L'inglese lo sanno in molti, non tutti, ma tanti sono restii al suo uso. E per chi ha tentato questa avventura senza spiaccicare una sola parola di tedesco, non è facile. Il calore della nostra terra italica è cosa lontana anni luce dalla freddezza germanica.
Sia ben chiaro, non voglio essere frainteso: durante questi mesi ho conosciuto persone molto gentili, squisite, disponibili e con le quali mi sono anche divertito. Ma tutto nel contesto lavorativo, fuori è tutta un'altra solfa.

Mit der Lehrerin!

Poi arriva la domenica fatidica, una giornata in cui ho compiuto un piccolo viaggio nella cultura tedesca. Il ritrovo a casa di Elke è alle 13. Entriamo in casa e si sprigiona già un certo profumino. Ci ha preparato un pranzo veramente "tedesco". Si comincia con una zuppa a base di zucca e altre verdure, si continua con un mix di carne, verdura e pasta. Ce n'è da sfamare un esercito. Si chiude con un dessert classico, frutti di bosco con crema alla vaniglia. Al termine, combattiamo il trend sonnifero con una bella passeggiata per la città (per la cronaca, si tratta di Kitzingen - vedi foto in alto), in cui è Elke stessa a farci da guida. Una città si vive meglio, se lo si fa con una persona indigena. Un caffè, un inaspettato spettacolino del marito di Elke - illusionista per passione - e la domenica se ne va veloce come mai era successo prima. Non prima di averla ringraziata come si deve, ci ha organizzato una domenica fantastica e si è impegnata a fondo affinché andasse tutto per il meglio... Amra, la compagna di corso svedese, la quale ha vissuto il mio stesso percorso lavorativo a Schweinfurt (ha concluso proprio oggi, e se ne torna in Svezia senza troppe remore), chiarifica con una frase decisamente esplicita: "Questa è la domenica più bella da quando sono qui". Anche lei ha sofferto, forse anche più di me, la chiusura dei tedeschi nei confronti degli stranieri.
Penso che i tedeschi possano dire e criticare gli stranieri finché vogliono sulla nostra non-integrazione, però mi pare piuttosto scontato che i connazionali si ritrovino più a loro agio insieme, specie in un contesto in cui non vi è l'apertura a colui che non viene dalla Germania. Non può essere vera integrazione, questa. Nel mentre, non posso far altro che aspettare che qualcosa cambi, per quanto riguarda il mio piccolo mondo. Speranze che diventeranno realtà o verrò presto disilluso? Tre mesi - sicuri, per ora - per stabilirlo...
Bis bald!
Stefano

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